Truxima: è un farmaco sicuro? Come funziona?

Truxima (Rituximab): sicurezza e modo d’azione

Truxima (Rituximab) è un farmaco che serve per curare le seguenti malattie:

Truxima è indicato negli adulti per le seguenti indicazioni: Linfoma non-Hodgkin (LNH)

Truxima è indicato per il trattamento di pazienti affetti da linfoma follicolare al III-IV stadio precedentemente non trattati, in associazione con chemioterapia.

La terapia di mantenimento con Truxima è indicata per il trattamento di pazienti con linfoma follicolare che rispondono a terapia di induzione.

Truxima in monoterapia è indicato per il trattamento di pazienti con linfoma follicolare al III-IV stadio che sono chemioresistenti o che sono alla loro seconda o successiva ricaduta dopo chemioterapia.

Truxima è indicato per il trattamento di pazienti affetti da linfoma non-Hodgkin, CD20 positivo, diffuso a grandi cellule B, in associazione con chemioterapia CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina,

vincristina, prednisolone). Leucemia linfatica cronica (LLC)

Truxima in associazione con chemioterapia è indicato per il trattamento di pazienti con leucemia linfatica cronica (LLC) precedentemente non trattata e recidiva/refrattaria. Sono disponibili solo dati limitati sull’efficacia e la sicurezza per pazienti precedentemente trattati con anticorpi monoclonali, incluso Truxima, o per pazienti refrattari a un trattamento precedente con Truxima più chemioterapia.

Vedere paragrafo 5.1 per ulteriori informazioni. Artrite reumatoide

Truxima in associazione con metotrexato è indicato per il trattamento dell’artrite reumatoide attiva di grado severo in pazienti adulti che hanno mostrato un’inadeguata risposta o un’intolleranza ad altri farmaci antireumatici modificanti la malattia (DMARD), compresi uno o più inibitori del fattore di necrosi tumorale (TNF).

Truxima ha mostrato di ridurre la percentuale di progressione del danno articolare, come valutato mediante raggi X e di migliorare le funzioni fisiche, quando somministrato in associazione con metotrexato.

Granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica

Truxima in associazione con glucocorticoidi è indicato per il trattamento di pazienti adulti con granulomatosi con poliangite (di Wegener) (GPA) e poliangite microscopica (MPA) attiva di grado severo.

Pemfigo volgare

Truxima è indicato per il trattamento di pazienti con pemfigo volgare (PV) da moderato a grave.

Truxima: come funziona?

Ma come funziona Truxima? Qual è il suo esatto meccanismo d’azione? Su quali organi del corpo agisce? Vediamolo insieme.

Farmacodinamica di Truxima

Categoria farmacoterapeutica: agenti antineoplastici, anticorpi monoclonali, codice ATC: L01XC02

Truxima è un medicinale biosimilare. Informazioni più dettagliate sono disponibili sul sito web della Agenzia europea dei medicinali: http://www.ema.europa.eu.

Rituximab si lega in modo specifico all’antigene transmembranico CD20, una fosfoproteina non glicosilata, che si trova sui linfociti pre-B e sui linfociti B maturi. L’antigene viene espresso su oltre il 95 % di tutti i linfomi non-Hodgkin a cellule B (NHLs).

Il CD20 si ritrova nelle cellule B normali e neoplastiche, ma non sulle cellule staminali emopoietiche, sulle cellule pro-B, sulle plasmacellule normali o su altri tessuti normali. L’antigene non viene internalizzato dopo legame anticorpale e non viene disseminato dalla superficie cellulare. Il CD20 non circola nel sangue come antigene libero e quindi non compete con il legame degli anticorpi.

Il dominio Fab del rituximab si lega all’antigene CD20 sui linfociti B e il dominio Fc può attivare le funzioni effettrici del sistema immunitario con lo scopo di provocare la lisi delle cellule B. I meccanismi possibili della lisi cellulare mediata dall’effettore comprendono la citotossicità complemento-dipendente (CDC) attraverso il legame con il C1q e la citotossicità cellulare anticorpo- dipendente (ADCC) mediata da uno o più recettori Fc? sulla superficie di granulociti, macrofagi e cellule NK. E’ stato anche dimostrato che il legame del rituximab all’antigene CD20 sui linfociti B induce la morte cellulare per apoptosi.

La conta delle cellule B periferiche è scesa al di sotto dei valori normali successivamente alla somministrazione della prima dose di rituximab. Nei pazienti trattati per tumori ematologici, il ripristino delle cellule B è iniziato entro 6 mesi dal trattamento e generalmente ritorna ai livelli di normalità entro 12 mesi dopo il completamento della terapia, sebbene in alcuni pazienti il recupero può essere più lungo (con una mediana di recupero di 23 mesi dopo la terapia di induzione). Nei pazienti con artrite reumatoide, la deplezione immediata delle cellule B nel sangue periferico è stata osservata in seguito a due infusioni da 1.000 mg ciascuna di rituximab, separate da un intervallo di 14 giorni. La conta periferica delle cellule B inizia ad aumentare dalla settimana 24 e segnali di ripristino si osservano nella maggior parte dei pazienti dalla settimana 40, sia quando rituximab è somministrato in monoterapia, sia quando è somministrato in associazione con metotrexato. Una

piccola percentuale di pazienti ha manifestato una deplezione prolungata delle cellule B periferiche per 2 anni o oltre dopo l’ultima dose di rituximab. Nei pazienti con granulomatosi con poliangite o poliangite microscopica, il numero delle cellule B del sangue periferico si è ridotto a < 10 cellule/µl dopo due infusioni settimanali di rituximab 375 mg/m2, ed è rimasto a questo livello nella maggior parte dei pazienti fino al time point di 6 mesi. La maggior parte dei pazienti (81 %) ha mostrato segni di ricostituzione delle cellule B con conta > 10 cellule/µl entro 12 mesi, raggiungendo l’87 % dei pazienti entro il mese 18.

Esperienza clinica nel linfoma non-Hodgkin e nella leucemia linfatica cronica

Linfoma follicolare

Monoterapia

Trattamento iniziale, settimanale per 4 dosi

Nello studio registrativo, 166 pazienti con NHL ricaduto o chemioresistente a basso grado o follicolare a cellule B hanno ricevuto 375 mg/m

2

di rituximab in infusione endovenosa una volta alla settimana per quattro settimane. La percentuale di risposte globali (ORR) nella popolazione valutata secondo l’intent to treat analysis (ITT) è stata del 48 % (IC95 % 41 % – 56 %) con un 6 % di risposte complete (CR) e un 42 % di risposte parziali (PR). La proiezione della mediana del tempo alla progressione (TTP) per i pazienti che hanno risposto è stata di 13,0 mesi. In un’analisi per sottogruppi, l’ORR è stata più elevata in pazienti con sottotipi istologici IWF B, C e D rispetto a quelli con sottotipo istologico IWF A (58 % contro 12 %), in pazienti con diametro maggiore della lesione < 5 cm rispetto a quelli con diametro > 7 cm (53 % contro 38 %) e in pazienti con ricaduta chemiosensibile rispetto a quelli con ricaduta chemioresistente (definita come durata della risposta < 3 mesi) (50 % contro 22 %). L’ORR nei pazienti precedentemente trattati con trapianto di midollo osseo autologo (ABMT) è stata del 78 % contro il 43 % dei pazienti non precedentemente trattati con ABMT. Età, sesso, grado di linfoma, diagnosi iniziale, presenza o assenza di malattia bulky, LDH normale o elevata, presenza di malattia extranodale non hanno avuto un effetto statisticamente significativo (test esatto di Fisher) sulla risposta a rituximab. Una correlazione statisticamente significativa è stata identificata tra la percentuale di risposta e il coinvolgimento del midollo osseo. Il 40 % dei pazienti con coinvolgimento del midollo osseo ha risposto contro il 59 % dei pazienti senza coinvolgimento del midollo osseo

(p = 0,0186). Questo risultato non è stato supportato dall’analisi cosiddetta “stepwise logistic regression” nella quale i seguenti fattori sono stati identificati come fattori prognostici: tipo istologico, positività bcl-2 al basale, resistenza all’ultima chemioterapia e malattia bulky.

Trattamento iniziale, settimanale per 8 dosi

In uno studio multicentrico, a un singolo braccio di trattamento, 37 pazienti con NHL ricaduto o chemioresistente, a basso grado o follicolare a cellule B hanno ricevuto rituximab 375 mg/m2 in infusione endovenosa settimanale per otto dosi. L’ORR è stata del 57 % (Intervallo di confidenza (IC) al 95 %: 41 % – 73 %; CR 14 %, PR 43 %) con una proiezione della mediana del TTP per i pazienti responsivi di 19,4 mesi (intervallo da 5,3 a 38,9 mesi).

Trattamento iniziale, malattia bulky, settimanale per 4 dosi

In un pool di dati di 3 studi, 39 pazienti con NHL ricaduto o chemioresistente, malattia bulky (singola lesione ? 10 cm di diametro), a basso grado o follicolare a cellule B, hanno ricevuto rituximab

375 mg/m2 in infusione endovenosa settimanale per quattro dosi. L’ORR è stata del 36 % (IC95 %

21 % – 51 %; CR 3 %, PR 33 %) con una mediana di TTP per i pazienti responsivi di 9,6 mesi (intervallo 4,5-26,8 mesi).

Ritrattamento, settimanale per 4 dosi

In uno studio multicentrico, con un singolo braccio di trattamento, 58 pazienti con NHL ricaduto o chemioresistente a basso grado o follicolare a cellule B, che avevano ottenuto una risposta clinica obiettiva ad un precedente ciclo di trattamento con rituximab, sono stati ritrattati con 375 mg/m2 di rituximab in infusione endovenosa settimanale per quattro dosi. Tre di questi pazienti avevano ricevuto due cicli di rituximab prima di essere arruolati e, così, hanno ricevuto un terzo ciclo nello studio. Due pazienti sono stati ritrattati due volte nello studio. Per i 60 ritrattamenti nello studio, la

ORR è stata del 38 % (IC95 % 26 % – 51 %; 10 % CR, 28 % PR) con una proiezione della mediana del TTP per i pazienti responsivi di 17,8 mesi (intervallo 5,4-26,6). Questo dato si presenta migliore rispetto al TTP ottenuto dopo il primo ciclo di rituximab (12,4 mesi).

Trattamento iniziale, in combinazione con chemioterapia

In uno studio clinico in aperto randomizzato, 322 pazienti totali con linfoma follicolare precedentemente non trattati sono stati randomizzati a ricevere o chemioterapia CVP (ciclofosfamide 750 mg/m2, vincristina 1,4 mg/m2 fino a un massimo di 2 mg il giorno 1, e prednisolone 40 mg/m2/die i giorni 1-5) ogni 3 settimane per 8 cicli o rituximab 375 mg/m2 in associazione con CVP (R-CVP).

Rituximab è stato somministrato il primo giorno di ogni ciclo di trattamento. 321 pazienti totali (162 R-CVP, 159 CVP) hanno ricevuto la terapia e sono stati analizzati per efficacia. La mediana di follow- up dei pazienti era 53 mesi. R-CVP ha portato a un beneficio significativo rispetto a CVP per l’endpoint primario, cioè il tempo al fallimento del trattamento (27 mesi rispetto a 6,6 mesi,

p < 0,0001, log-rank test). La percentuale di pazienti con risposta tumorale (RC, RCu, RP) è stata significativamente più elevata (p < 0,0001, test del chi-quadrato) nel gruppo R-CVP (80,9 %) rispetto al gruppo CVP (57,2 %). Il trattamento con R-CVP ha prolungato significativamente il tempo alla progressione della malattia o alla morte se confrontato a CVP, 33,6 mesi e 14,7 mesi, rispettivamente (p< 0,0001, log-rank test). La mediana di durata della risposta è stata di 37,7 mesi nel gruppo R-CVP e di 13,5 mesi nel gruppo CVP (p < 0,0001, log-rank test).

La differenza tra i gruppi di trattamento riguardo la sopravvivenza globale ha evidenziato una differenza clinica significativa (p = 0,029, log-rank test stratificato per centro): la percentuale di sopravvivenza a 53 mesi è stata 80,9 % per i pazienti nel gruppo R-CVP in confronto a 71,1 % per i pazienti nel gruppo CVP.

Anche i risultati di altri tre studi randomizzati con impiego di rituximab in associazione con regimi di chemioterapia diversi da CVP (CHOP, MCP, CHVP/Interferone-?) hanno dimostrato miglioramenti significativi in termini di percentuali di risposta, parametri dipendenti dal tempo e sopravvivenza globale. I risultati più importanti di tutti e quattro gli studi sono riassunti nella tabella 6.

Tabella 6 Riassunto dei risultati più importanti dei quattro studi randomizzati di fase III che hanno valutato il beneficio di rituximab con diversi regimi di chemioterapia nel linfoma follicolare.

Studio Trattamento, N Mediana di FU, mesi ORR,
%
CR,
%
Mediana TTF/PFS/ EFS
mesi
OS
percentuali,
%
M39021 CVP, 159
R-CVP, 162
53 57

81

10

41

Mediana TTP: 14,7
33,6
p< 0,0001
53-mesi 71,1
80,9
p = 0,029
GLSG’00 CHOP, 205
R-CHOP, 223
18 90

96

17

20

Mediana TTF: 2,6 anni
Non raggiunta p < 0,001
18-mesi 90
95
p = 0,016
OSHO-39 MCP, 96
R-MCP, 105
47 75

92

25

50

Mediana PFS: 28,8 Non raggiunta
p < 0,0001
48-mesi 74
87
p = 0,0096
FL2000 CHVP-IFN, 183
R-CHVP-IFN,
175
42 85

94

49

76

Mediana EFS: 36 Non raggiunta
p < 0,0001
42-mesi 84
91
p = 0,029
Studio Trattamento, N Mediana di FU,
mesi
ORR,
%
CR,
%
Mediana TTF/PFS/ EFS
mesi
OS
percentuali,
%

EFS – Sopravvivenza libera da eventi TTP – Tempo alla progressione o morte

PFS – Sopravvivenza libera da progressione TTF – Tempo al fallimento del trattamento

OS percentuali – percentuali di sopravvivenza al tempo dell’analisi

Terapia di mantenimento

Linfoma follicolare non precedentemente trattato

In uno studio prospettico, in aperto, internazionale, multicentrico, di fase III 1.193 pazienti con linfoma follicolare avanzato non precedentemente trattato hanno ricevuto terapia di induzione con

R-CHOP (n = 881), R-CVP (n = 268) o R-FCM (n = 44), in base alla scelta dello sperimentatore. Un totale di 1.078 pazienti hanno risposto alla terapia di induzione, dei quali 1.018 sono stati randomizzati alla terapia di mantenimento con rituximab (n = 505) o osservazione (n = 513). I due gruppi di trattamento erano ben bilanciati riguardo le caratteristiche al basale e lo stato di malattia. Il trattamento di mantenimento con rituximab è stato costituito da una singola infusione di rituximab somministrato alla dose di 375 mg/m2 di superficie corporea ogni 2 mesi fino a progressione della malattia o per un periodo massimo di 2 anni.

L’analisi primaria prespecifica è stata condotta a un tempo mediano di osservazione di 25 mesi dalla randomizzazione, la terapia di mantenimento con rituximab ha prodotto un miglioramento clinicamente rilevante e statisticamente significativo dell’endpoint primario della sopravvivenza libera da progressione (PFS) valutata dallo sperimentatore se confrontato con l’osservazione in pazienti con linfoma follicolare non precedentemente trattati (tabella 7).

Un beneficio significativo dato dal trattamento di mantenimento con rituximab è stato osservato anche per gli endpoint secondari sopravvivenza libera da eventi (EFS), tempo al successivo trattamento anti- linfoma (TNLT), tempo alla successiva chemioterapia (TNCT) e percentuale di risposta globale (ORR) nell’analisi primaria (tabella 7).

I dati ottenuti dal follow-up esteso di pazienti nello studio (follow-up mediano di 9 anni) hanno confermato il beneficio a lungo termine della terapia di mantenimento di rituximab in termini di PFS, EFS, TNLT e TNCT (tabella 7).

Tabella 7 Sintesi dei risultati di efficacia di mantenimento con Rituximab vs. osservazione all’analisi primaria definita dal protocollo e dopo 9 anni di follow-up mediano (analisi finale)

Analisi primaria
(FU mediano: 25
Analisi finale
(FU mediano: 9
Osservazione Rituxima Osservazione Rituxima
Primario di efficacia
Sopravvivenza libera da
NR NR 4,06 anni 10,49 anni
progressione (mediana)
log-rank valore di p <0,0001 <0.0001
rischio relativo (95% IC) 0,50 (0,39; 0,64) 0.61 (0,52; 0,73)
riduzione di rischio 50% 39%
Secondario di efficacia
Sopravvivenza globale (mediana) NR NR NR NR
log-rank valore di p 0,7246 0,7948
hazard ratio (95% IC) 0,89 (0,45; 1,74) 1.04 (0,77; 1,40)
riduzione di rischio 11% -6%
Sopravvivenza libera da eventi (mediana) 38 mesi NR 4.04 anni 9.25 anni
log-rank valore di p <0,0001 <0,0001
rischio relativo (95% IC) 0,54 (0,43; 0,69) 0,64 (0,54; 0,76)
riduzione di rischio 46% 36%
TNLT (mediana) NR NR 6,11 anni NR
log-rank valore di p 0,0003 <0,0001
rischio relativo (95% IC) 0,61 (0,46; 0,80) 0,66 (0,55; 0,78)
riduzione di rischio 39% 34%
TNCT (mediana) NR NR 9.32 anni NR
log-rank valore di p 0,0011 0.0004
rischio relativo (95% IC) 0,60 (0,44; 0,82) 0,71 (0,59; 0,86)
riduzione di rischio 40% 39%
Percentuale di risposta globale * 55% 74% 61% 79%
Test del chi-quadrato valore di p <0,0001 <0,0001
odds ratio (95% IC) 2,33 (1,73; 3,15) 2,43 (1,84; 3,22)
Risposta completa (CR/CRu) 48% 67% 53% 67%
percentuale *
Test del chi-quadrato valore di p <0,0001 <0,0001
odds ratio (95% IC) 2,21 (1,65; 2,94) 2,34 (1,80; 3,03)

*al termine del mantenimento/osservazione; risultati dell’analisi finale basati sulla mediana di follow-up di 73 mesi. FU: follow-up; NR: non raggiungibile al tempo del cut off clinico; TNCT: tempo al successivo trattamento chemioterapico; TNLT: tempo al successivo trattamento anti-linfoma.

La terapia di mantenimento con rituximab ha fornito un consistente beneficio in tutti i sottogruppi testati: sesso (maschi, femmine), età (< 60 anni, >= 60 anni), FLIPI score (?1, 2 o ?3), terapia di induzione (R-CHOP, R-CVP o R-FCM) e indipendentemente dalla qualità della risposta alla terapia di induzione (CR, CRu o PR). Analisi esplorative del beneficio del trattamento di mantenimento hanno mostrato un effetto meno pronunciato nei pazienti anziani (> 70 anni di età), tuttavia le dimensioni del campione erano ridotte.

Linfoma follicolare ricaduto/refrattario

In uno studio prospettico, in aperto, internazionale, multicentrico, di fase III, 465 pazienti con linfoma follicolare ricaduto/resistente sono stati randomizzati in una prima fase alla terapia di induzione con CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e prednisolone; n = 231) o rituximab più CHOP

(R-CHOP, n = 234). I due gruppi di trattamento sono stati ben bilanciati riguardo le caratteristiche al basale e lo status di malattia. Un totale di 334 pazienti che hanno ottenuto una remissione completa o parziale dopo la terapia di induzione sono stati randomizzati in una seconda fase a terapia di mantenimento con rituximab (n = 167) o osservazione (n = 167). Il trattamento di mantenimento con rituximab era costituito da una singola infusione di rituximab a 375 mg/m2 di superficie corporea somministrata ogni 3 mesi fino alla progressione di malattia o per un periodo massimo di due anni.

L’analisi finale di efficacia ha incluso tutti i pazienti randomizzati in entrambe le parti dello studio. Dopo una mediana del tempo di osservazione di 31 mesi per i pazienti randomizzati nella fase di induzione, R-CHOP ha migliorato significativamente la prognosi di pazienti con linfoma follicolare ricaduto/resistente se confrontato con CHOP (vedere tabella 8).

Tabella 8 Fase di induzione: elenco dei risultati di efficacia di CHOP confrontato con R-CHOP (mediana del tempo di osservazione pari a 31 mesi).

CHOP R-CHOP valore p Riduzione del rischio1)
Variabili primarie di
efficacia
ORR2) CR2)
PR2)
74 %

16 %

58 %

87 %

29 %

58 %

0,0003
0,0005
0,9449
NA NA
NA

1) La stima è stata calcolata con il rischio relativo.

2) Ultima risposta tumorale come valutata dallo sperimentatore. Il test statistico “primario” per “risposta” è stato il trend test di CR rispetto a PR rispetto a non-risposta (p < 0,0001).

Abbreviazioni: NA, non disponibile; ORR: percentuale di risposte globali; CR: risposta completa; PR: risposta parziale.

Per i pazienti randomizzati alla fase di mantenimento dello studio, la mediana del tempo di osservazione è stata di 28 mesi dalla randomizzazione per il mantenimento. Il trattamento di mantenimento con rituximab ha portato ad un miglioramento clinico rilevante e statisticamente significativo per quanto riguarda l’endpoint primario, la PFS (tempo dalla randomizzazione per il mantenimento alla ricaduta, progressione di malattia o morte), quando confrontato con la sola osservazione (p < 0,0001 log-rank test). La mediana di PFS è stata di 42,2 mesi nel braccio mantenimento con rituximab rispetto a 14,3 mesi nel braccio osservazione. Usando l’analisi della regressione di Cox, il rischio di andare incontro a progressione di malattia o morte è stato ridotto del 61 % con il trattamento di mantenimento con rituximab rispetto alla sola osservazione (IC al 95 %: 45 % – 72 %). La stima di Kaplan-Meier della percentuale di pazienti liberi da progressione a 12 mesi è stata del 78 % nel gruppo di mantenimento con rituximab rispetto al 57 % nel gruppo osservazione. Un’analisi della sopravvivenza globale ha confermato il beneficio significativo del mantenimento con rituximab rispetto all’osservazione (p = 0,0039 log-rank test). Il trattamento di mantenimento con rituximab ha ridotto il rischio di morte del 56 % (IC al 95 %: 22 % – 75 %).

Tabella 9 Fase di mantenimento: elenco dei risultati di efficacia di rituximab rispetto a osservazione (28 mesi di mediana del tempo di osservazione).

Parametri di efficacia Stima di Kaplan-Meier della mediana del tempo all’evento (mesi) Riduzione del rischio
Osservazione
(N = 167)
Rituximab
(N = 167)
Log-rank
valore p
Sopravvivenza libera da
progressione (PFS)
14,3 42,2 < 0,0001 61 %
Sopravvivenza globale NR NR 0,0039 56 %
Tempo ad un nuovo trattamento anti-linfoma
Sopravvivenza libera da malattiaa
20,1
16,5
38,8
53,7
< 0,0001
0,0003
50 %

67 %

Analisi dei sottogruppi
PFS
CHOP 11,6 37,5 < 0,0001 71 %
R-CHOP 22,1 51,9 0,0071 46 %
CR 14,3 52,8 0,0008 64 %
PR 14,3 37,8 < 0,0001 54 %
OS
CHOP NR NR 0,0348 55 %
R-CHOP NR NR 0,0482 56 %

NR: non raggiunto; a: applicabile solo a pazienti che ottengono una CR

Il beneficio del trattamento di mantenimento con rituximab è stato confermato in tutti i sottogruppi analizzati indipendentemente dal regime di induzione (CHOP o R-CHOP) o dalla qualità di risposta al trattamento di induzione (CR o PR) (tabella 9). Il trattamento di mantenimento con rituximab ha prolungato significativamente la mediana di PFS in pazienti che hanno risposto alla terapia di induzione con CHOP (mediana di PFS 37,5 mesi rispetto a 11,6 mesi, p< 0,0001) come in quelli che hanno risposto a induzione con R-CHOP (mediana di PFS 51,9 mesi rispetto a 22,1 mesi, p = 0,0071). Anche se i sottogruppi erano piccoli, il trattamento di mantenimento con rituximab ha determinato un significativo beneficio in termini di sopravvivenza globale per entrambi i sottogruppi di pazienti, sia quello che ha risposto a CHOP sia quello che ha risposto a R-CHOP, sebbene sia richiesto un più

lungo follow-up per confermare questa osservazione.

Linfoma non-Hodgkin diffuso a grandi cellule B

In uno studio randomizzato, in aperto, un totale di 399 pazienti anziani (età compresa tra 60 e 80 anni) non precedentemente trattati, con linfoma diffuso a grandi cellule B, ha ricevuto cicli standard di chemioterapia CHOP (ciclofosfamide 750 mg/m2, doxorubicina 50 mg/m2, vincristina 1,4 mg/m2 fino ad un massimo di 2 mg somministrati il giorno 1, e prednisolone 40 mg/m2/die somministrato i giorni 1-5) ogni 3 settimane per otto cicli, o rituximab 375 mg/m2 in associazione con CHOP (R-CHOP).

Rituximab è stato somministrato il primo giorno del ciclo di trattamento.

L’analisi finale dei dati di efficacia ha incluso tutti i pazienti randomizzati (197 CHOP, 202 R-CHOP) ed ha presentato una mediana della durata di follow-up di circa 31 mesi. I due gruppi di trattamento erano ben bilanciati per quanto riguarda le caratteristiche e lo stato della malattia al basale. L’analisi finale ha confermato che il trattamento con R-CHOP è stato associato ad un miglioramento clinicamente rilevante e statisticamente significativo nella durata della sopravvivenza libera da eventi (il parametro di efficacia primario; mentre gli eventi erano la morte, la ricaduta o la progressione del linfoma, o il passaggio ad un nuovo trattamento anti-linfoma) (p = 0,0001). La stima di Kaplan-Meier della mediana di durata della sopravvivenza libera da eventi è stata di 35 mesi nel braccio R-CHOP contro i 13 mesi nel braccio CHOP, rappresentando una riduzione del rischio del 41 %. A 24 mesi, la stima della sopravvivenza globale è stata del 68,2 % nel braccio R-CHOP verso il 57,4 % nel braccio CHOP. Una successiva analisi della durata della sopravvivenza globale, effettuata ad una mediana di durata di follow-up di 60 mesi, ha confermato il beneficio del trattamento R-CHOP sul CHOP

(p = 0,0071), rappresentando una riduzione del rischio del 32 %.

L’analisi di tutti i parametri secondari (percentuale di risposte, sopravvivenza libera da progressione, sopravvivenza libera da malattia, durata della risposta) ha verificato l’efficacia del trattamento

R-CHOP confrontato a CHOP. La percentuale di risposte complete dopo 8 cicli è stata del 76,2 % nel gruppo R-CHOP e del 62,4 % nel gruppo CHOP (p = 0,0028). Il rischio di progressione di malattia si è ridotto del 46 % e il rischio di ricaduta del 51 %.

In tutti i sottogruppi di pazienti (sesso, età, IPI aggiustato per età, stadio di Ann Arbor, ECOG, ?2- microglobulina, LDH, albumina, sintomi B, malattia bulky, siti extranodali, coinvolgimento del midollo osseo), i rapporti di rischio di sopravvivenza libera da eventi e sopravvivenza globale (R- CHOP confrontato a CHOP) sono stati meno di 0,83 e 0,95 rispettivamente. R-CHOP è stato associato ad un miglioramento della prognosi sia in pazienti ad alto che a basso rischio secondo l’IPI aggiustato per età.

Dati di laboratorio clinico

Non sono state osservate risposte da parte dei 67 pazienti sottoposti all’esame per la ricerca degli anticorpi umani contro il topo (HAMA). Dei 356 pazienti sottoposti all’esame per la ricerca degli anticorpi anti-farmaco (ADA), l’1,1% (4 pazienti) è risultato positivo.

Leucemia linfatica cronica

In due studi in aperto randomizzati, un totale di 817 pazienti con LLC precedentemente non trattati e 552 pazienti con LLC recidiva/refrattaria, sono stati randomizzati a ricevere chemioterapia FC (fludarabina 25 mg/m2, ciclofosfamide 250 mg/m2, i giorni 1-3) ogni 4 settimane per 6 cicli o rituximab in associazione con FC (R-FC). Rituximab è stato somministrato al dosaggio di 375 mg/m2 durante il primo ciclo, un giorno prima della chemioterapia, e al dosaggio di 500 mg/m2 il giorno 1 di ogni ciclo di trattamento successivo. I pazienti sono stati esclusi dallo studio sulla LLC recidiva/refrattaria se erano stati precedentemente trattati con anticorpi monoclonali o se erano refrattari (definito come fallimento nel raggiungere una remissione parziale per almeno 6 mesi) alla fludarabina o a qualsiasi analogo nucleosidico. Un totale di 810 pazienti (403 R-FC, 407 FC) per lo studio di prima linea (tabella 10a e tabella 10b) e 552 pazienti (276 R-FC, 276 FC) per lo studio sulla recidiva/refrattaria (tabella 11), sono stati analizzati per efficacia.

Nello studio di prima linea, dopo una mediana del tempo di osservazione di 48,1 mesi, la mediana della PFS è stata di 55 mesi nel gruppo R-FC e di 33 mesi nel gruppo FC (p < 0,0001, log-rank test).

L’analisi della sopravvivenza globale ha dimostrato un beneficio significativo del trattamento con R- FC rispetto alla sola chemioterapia con FC (p = 0,0319, log-rank test) (tabella 10a). Il beneficio in termini di PFS è stato osservato in modo coerente nella maggior parte dei sottogruppi dei pazienti analizzati secondo il rischio di malattia al basale (nello specifico stadi Binet A-C) (tabella 10b).

Tabella 10a Trattamento di prima linea della leucemia linfatica cronica

Descrizione dei risultati di efficacia di rituximab più FC vs. FC da sola – 48,1 mesi mediana del tempo di osservazione.

Parametri di efficacia Stima di Kaplan-Meier
della mediana del tempo all’evento (mesi)
Riduzione del rischio
FC (N = 409) R-FC (N = 408) Log-rank valore p
Sopravvivenza libera da progressione
(PFS)
32,8 55,3 < 0,0001 45 %
Sopravvivenza globale NR NR 0,0319 27 %
Sopravvivenza libera da eventi 31,3 51,8 < 0,0001 44 %
Percentuale di risposte (CR, nPR, o PR)
Percentuale di CR
72,6 %
16,9 %
85,8 %
36,0 %
< 0,0001
< 0,0001
n.a.
n.a.
Durata della risposta* 36,2 57,3 < 0,0001 44 %
Sopravvivenza libera da malattia
(DFS)**
48,9 60,3 0,0520 31 %
Tempo al nuovo trattamento 47,2 69,7 < 0,0001 42 %

Percentuale di risposte e percentuale di CR analizzate secondo il test del chi-quadrato. NR: non raggiunto; n.a.: non applicabile.

*: applicabile solo ai pazienti che ottengono una CR, nPR, PR.

**: applicabile solo ai pazienti che ottengono una CR.

Tabella 10b Trattamento di prima linea della leucemia linfatica cronica

Hazard ratio della sopravvivenza libera da progressione secondo lo stadio Binet (ITT) – 48,1 mesi mediana del tempo di osservazione

Sopravvivenza libera da progressione (PFS) Numero di pazienti Hazard ratio (IC al 95 %) valore p (Wald test, non
corretto)
FC R-FC
Stadio Binet A 22 18 0,39 (0,15; 0,98) 0,0442
Stadio Binet B 259 263 0,52 (0,41; 0,66) < 0,0001
Stadio Binet C 126 126 0,68 (0,49; 0,95) 0,0224

IC: Intervallo di confidenza

Nello studio sulla recidiva/refrattaria, la mediana della sopravvivenza libera da progressione (obiettivo primario) è stata di 30,6 mesi nel gruppo R-FC e 20,6 mesi nel gruppo FC (p = 0.0002, log-rank test). Il beneficio in termini di PFS è stato osservato in quasi tutti i sottogruppi di pazienti analizzati secondo il rischio di malattia al basale. Un lieve ma non significativo miglioramento nella sopravvivenza globale è stato riportato nel braccio R-FC confrontato con il braccio FC.

Tabella 11 Trattamento della leucemia linfatica cronica recidiva/refrattaria – descrizione dei risultati di efficacia di rituximab più FC vs sola FC (25,3 mesi mediana del tempo di osservazione)

Parametri di efficacia Stima di Kaplan-Meier della mediana del tempo all’evento (mesi) Riduzione del rischio
FC
(N = 276)
R-FC
(N = 276)
Log-Rank
valore p
Sopravvivenza libera da
progressione (PFS)
20,6 30,6 0,0002 35 %
Sopravvivenza globale 51,9 NR 0,2874 17 %
Sopravvivenza libera da eventi 19,3 28,7 0,0002 36 %
Percentuale di risposte (CR, nPR, o PR)
Percentuale di CR
Durata della risposta * Sopravvivenza libera da malattia (DFS)**
Tempo al nuovo trattamento
58,0 %
13,0 %
27,6
42,2
34.2
69,9 %
24,3 %
39,6
39,6
NR
0,0034
0,0007
0,0252
0,8842
0.0024
n.a.
n.a.

31 %
?6 %

35 %

Percentuale di risposte e percentuale di CR analizzate secondo il test del chi-quadrato.

*: applicabile solo ai pazienti che ottengono una CR, nPR, PR; NR = non raggiunto; n.a. = non applicabile.

**: applicabile solo ai pazienti che ottengono una CR.

Anche i risultati di altri studi di supporto con l’impiego di rituximab in associazione con altri regimi di chemioterapia (inclusi CHOP, FCM, PC, PCM, bendamustina e cladribina) per il trattamento di pazienti con LLC precedentemente non trattati e/o recidivi/refrattari, hanno evidenziato un’alta percentuale di risposte globali con benefici in termini percentuali di PFS, sebbene con una tossicità poco più alta (soprattutto mielotossicità). Questi studi supportano l’uso di rituximab con ogni chemioterapia.

I dati provenienti da circa 180 pazienti pre-trattati con rituximab hanno dimostrato un beneficio clinico (incluse CR) e supportano il ritrattamento con rituximab.

Popolazione pediatrica

L’Agenzia Europea dei Medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con rituximab in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per linfoma follicolare e leucemia linfatica cronica. Vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico.

Esperienza clinica nell’artrite reumatoide

L’efficacia e la sicurezza di rituximab nell’alleviare i sintomi e i segni dell’artrite reumatoide in pazienti con inadeguata risposta agli inibitori del TNF sono state dimostrate in uno studio registrativo randomizzato, controllato, in doppio-cieco, multicentrico (Studio 1).

Lo Studio 1 ha valutato 517 pazienti con inadeguata risposta o intolleranza a uno o più farmaci inibitori del TNF. I pazienti eleggibili avevano un’artrite reumatoide attiva, diagnosticata in accordo con i criteri dell’American College of Rheumatology (ACR). Rituximab è stato somministrato in

2 infusioni e.v. separate da un intervallo di 15 giorni. I pazienti hanno ricevuto 2 x 1.000 mg infusioni endovenose di rituximab o placebo in associazione con MTX. Tutti i pazienti hanno ricevuto in concomitanza 60 mg di prednisolone per via orale nei giorni 2-7 e 30 mg nei giorni da 8 a 14 dopo la prima infusione. L’endpoint primario era la proporzione di pazienti che raggiungevano una risposta ACR20 alla settimana 24. I pazienti erano seguiti oltre le 24 settimane per gli obiettivi a lungo termine, che includevano la valutazione radiografica a 56 settimane e a 104 settimane. Durante questo periodo, l’81 % dei pazienti provenienti dal gruppo placebo originale ha ricevuto rituximab tra le settimane 24

e 56, nell’ambito di un’estensione del protocollo di studio in aperto.

Studi con rituximab in pazienti con artrite in fase early (pazienti non precedentemente trattati con metotrexato e pazienti con inadeguata risposta al metotrexato ma non ancora trattati con inibitori del TNF-alfa) hanno raggiunto i loro endpoint primari. rituximab non è indicato per questi pazienti dal momento che i dati di sicurezza sul trattamento a lungo termine con rituximab non sono sufficienti, in particolare riguardo al rischio di sviluppare neoplasie o PML.

Risultati dell’attività della malattia

Rituximab in associazione con metotrexato ha aumentato significativamente la percentuale di pazienti che ha raggiunto almeno il 20 % di miglioramento nella risposta ACR, rispetto ai pazienti trattati con metotrexato da solo (tabella 12). In tutti gli studi registrativi il beneficio del trattamento era simile nei pazienti, indipendentemente da età, sesso, superficie corporea, etnia, numero di precedenti trattamenti o stato della malattia.

Miglioramenti clinicamente e statisticamente significativi sono stati osservati anche in tutte le singole componenti della risposta ACR (conta delle articolazioni dolenti e tumefatte, valutazione globale del paziente e del medico, indice di disabilità (HAQ), valutazione del dolore e delle proteine C reattive (mg/dl)).

Tabella 12 Risultati della risposta clinica all’endpoint primario dello Studio 1 (popolazione ITT).

Risultato† Placebo+MTX Rituximab + MTX (2 x 1.000 mg)
Studio 1 N = 201 N = 298
ACR20
ACR50 ACR70
36 (18 %)

11 (5 %)

3 (1 %)

153 (51 %)***

80 (27 %)***

37 (12 %)***

Risposta EULAR
(buona/moderata)
44 (22 %) 193 (65 %)***
Variazione media del
DAS
?0,34 ?1,83***

† Risultato a 24 settimane

Differenza significativa dal placebo + MTX al time point primario: ***p ? 0,0001

I pazienti trattati con rituximab in associazione con metotrexato presentavano una riduzione significativamente maggiore nel DAS28 (Disease Activity Score) rispetto ai pazienti trattati con metotrexato da solo (tabella 12). Analogamente, in tutti gli studi una risposta EULAR (European League Against Rheumatism) da buona a moderata è stata raggiunta da un numero significativamente più elevato di pazienti trattati con rituximab e metotrexato rispetto ai pazienti trattati con metotrexato da solo (tabella 12).

Risposta radiologica

Il danno articolare strutturale è stato accertato radiologicamente ed espresso come variazione del punteggio Sharp totale modificato (mTSS) e dei suoi componenti, il punteggio dell’erosione e il punteggio del restringimento della rima articolare.

Nello Studio 1, effettuato in soggetti con risposta inadeguata o intolleranza alle terapie con uno o più antagonisti del TNF che hanno ricevuto rituximab in associazione con metotrexato, i pazienti hanno evidenziato alla 56a settimana una progressione a livello radiografico significativamente minore rispetto a quelli che originariamente hanno ricevuto metotrexato in monoterapia. Dei pazienti trattati originariamente con metotrexato in monoterapia, l’81 % ha ricevuto rituximab come terapia di salvataggio tra le settimane 16 e 24, o come prolungamento dello studio, prima della 56a settimana. Inoltre, una percentuale più elevata di pazienti che ha ricevuto l’originale trattamento con rituximab/MTX non ha evidenziato progressione delle lesioni erosive nell’arco delle 56 settimane (tabella 13).

Tabella 13 Risultati radiologici dopo 1 anno (popolazione mITT)

Placebo+MTX Rituximab + MTX

2 x 1.000 mg

Studio 1 (n = 184) (n = 273)
Variazione media dal basale: 1,01*
Punteggio Sharp totale 2,30
modificato
Punteggio dell’erosione 1,32 0,60*
Punteggio del 0,98 0,41**
restringimento della rima
articolare
Percentuale di pazienti senza 46 % 53 %, NS
modifiche radiologiche
Percentuale di pazienti con 52 % 60 %, NS
nessuna progressione erosiva

150 pazienti originariamente randomizzati nello Studio 1 per placebo+ MTX, hanno ricevuto almeno un ciclo di RTX + MTX in un anno.

p < 0,05, ** p < 0,001 Abbreviazione: NS, non significativo.

L’inibizione della percentuale di progressione del danno articolare è stata anche osservata sul lungo termine. L’analisi radiografica a 2 anni nello Studio 1 ha dimostrato una significativa riduzione della progressione del danno articolare strutturale nei pazienti che avevano ricevuto rituximab in associazione con metotrexato rispetto a quelli con il solo metotrexato e così pure una percentuale significativamente più alta di pazienti senza progressione del danno articolare oltre i 2 anni.

Funzionalità fisica e risultati sulla qualità di vita

Riduzioni significative nei punteggi dell’indice di disabilità (HAQ-DI) e dell’astenia (FACIT-Fatigue) sono stati osservati nei pazienti trattati con rituximab rispetto a pazienti trattati con metotrexato da solo. La percentuale di pazienti trattati con rituximab che hanno mostrato una differenza minima clinicamente importante (MCID) nel HAQ-DI (definita come una riduzione del punteggio totale individuale > 0,22) era anche maggiore di quella riscontrata nei pazienti che hanno ricevuto il solo metotrexato (tabella 14).

E’ stato dimostrato un significativo miglioramento nella salute in termini di qualità della vita con un significativo miglioramento sia nel punteggio della salute fisica (PHS) sia nel punteggio della salute mentale (MHS) dell’SF-36. Inoltre, una percentuale significativamente più alta di pazienti ha raggiunto MCID per questi punteggi (tabella 14).

Tabella 14 Risultati sulla funzione fisica e sulla qualità di vita alla settimana 24 nello studio 1.

Risultati† Placebo+MTX Rituximab + MTX
(2 x 1.000 mg)
n = 201 n = 298
0,1 ?0,4***
Variazione media del HAQ-DI
% HAQ-DI MCID 20 % 51 %
Variazione media del FACIT-T ?0,5 ?9,1***
Variazione media del SF-36 n = 197
0,9
n = 294
5,8***
PHS
% SF-36 PHS MCID
13 % 48 %***
Variazione media del SF-36 1,3 4,7**
MHS
% SF-36 MHS MCID 20 % 38 %*

† Risultati alla settimana 24.

Differenza significativa dal placebo al time point primario: * p< 0,05, **p< 0,001, ***p? 0,0001. MCID HAQ- DI ? 0,22, MCID SF-36 PHS > 5,42, MCID SF-36 MHS > 6,33.

Efficacia nei pazienti sieropositivi agli autoanticorpi (RF e o anti-CCP)

I pazienti sieropositivi al Fattore Reumatoide (RF) e/o al Peptide Ciclico Citrullinato (anti-CCP) che sono stati trattati con rituximab in associazione con metotrexato hanno mostrato una migliore risposta rispetto ai pazienti negativi ad entrambi.

I risultati di efficacia nei pazienti trattati con rituximab sono stati analizzati sulla base dello stato degli autoanticorpi prima dell’inizio del trattamento. Alla settimana 24, i pazienti che erano sieropositivi all’RF e/o agli anti-CCP al basale hanno avuto una probabilità significativamente maggiore di raggiungere le risposte ACR20 e 50 rispetto ai pazienti sieronegativi (p = 0,0312 e p = 0,0096) (tabella 15). Questi risultati sono stati replicati alla settimana 48, dove la sieropositività autoanticorpale ha significativamente incrementato la probabilità di raggiungere l’ACR70. Alla settimana 48 i pazienti sieropositivi hanno una probabilità 2-3 volte maggiore di raggiungere una risposta ACR rispetto ai pazienti sieronegativi. I pazienti sieropositivi presentavano anche una riduzione significativamente maggiore del DAS28-VES rispetto ai pazienti sieronegativi (Figura 1).

Tabella 15 Riepilogo dell’efficacia sulla base dello stato autoanticorpale al basale

Settimana 24 Settimana 48
Sieropositivi (n = 514) Sieronegativi (n = 106) Sieropositivi (n = 506) Sieronegativi (n = 101)
ACR20 (%) 62,3* 50,9 71,1* 51,5
ACR50 (%) 32,7* 19,8 44,9** 22,8
ACR70 (%) 12,1 5,7 20,9* 6,9
Risposta EULAR (%) 74,8* 62,9 84,3* 72,3
Variazione media del DAS28
VES
?1,97** ?1,50 ?2,48*** ?1,72

Livelli significativi sono stati definiti come * p< 0,05, **p< 0,001, ***p< 0,0001.

Figura 1: Variazione dal basale del DAS28-VES sulla base dello stato autoanticorpale al basale

<.. image removed ..>

Efficacia nel lungo termine con cicli ripetuti di terapia

Il trattamento con rituximab in associazione con metotrexato per cicli multipli ha dato notevoli miglioramenti nei segni clinici e nei sintomi dell’artrite reumatoide, come indicato dai risultati ACR, DAS28-VES e risposte EULAR che erano evidenti in tutte le popolazioni studiate (Figura 2). Si sono osservati sostanziali miglioramenti nella funzione fisica come indicato dal punteggio HAQ-DI e dalla percentuale di pazienti che hanno ottenuto MCID per HAQ-DI.

Figura 2: Risposte ACR per 4 cicli di trattamento (24 settimane dopo ciascun ciclo (Within Patient, Within Visit) in pazienti con inadeguata risposta agli inibitori del TNF (n = 146)

<.. image removed ..>

Risultati dal laboratorio clinico

Negli studi clinici, un totale di 392 su 3.095 (12,7 %) pazienti con artrite reumatoide sono risultati positivi agli ADA in seguito a trattamento con rituximab. Nella maggior parte dei pazienti, l’insorgenza di ADA non era associata a peggioramento clinico o ad un incrementato rischio di reazioni a infusioni successive. La presenza di ADA può essere associata ad un peggioramento delle reazioni infusionali o allergiche dopo la seconda infusione di cicli successivi.

Popolazione pediatrica

L’Agenzia Europea dei Medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con rituximab in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per artrite autoimmune. Vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico.

Esperienza clinica nella granulomatosi con poliangite (di Wegener) e nella poliangite microscopica

Induzione della remissione

Un totale di 197 pazienti di età pari o superiore a 15 anni con granulomatosi con poliangite (75 %) e poliangite microscopica (24 %) attiva e di grado grave sono stati arruolati e trattati nello studio di non inferiorità multicentrico, randomizzato, in doppio cieco con confronto attivo.

I pazienti sono stati randomizzati in un rapporto 1:1 a ricevere o ciclofosfamide per via orale giornaliera (2 mg/kg/die) per 3-6 mesi o rituximab (375 mg/m2) una volta alla settimana per

4 settimane. Tutti i pazienti nel braccio ciclofosfamide hanno ricevuto terapia di mantenimento con azatioprina durante il follow-up. I pazienti di entrambi i bracci hanno ricevuto 1.000 mg di metilprednisolone in bolo per via endovenosa (o un altro glucocorticoide a dose equivalente) al giorno da 1 a 3 giorni, seguiti da prednisone per via orale (1 mg/kg/die, senza superare gli 80 mg/die). La riduzione del prednisone è stata completata entro 6 mesi dall’inizio del trattamento in studio.

La misura dell’obiettivo primario era il raggiungimento della remissione completa a 6 mesi definita come punteggio di Birmingham Vasculitis Activity per granulomatosi di Wegener (BVAS/WG) di 0, e assenza di terapia con glucocorticoidi. Il margine di non inferiorità predefinito per la differenza tra i trattamenti era del 20 %. Lo studio ha dimostrato la non inferiorità di rituximab rispetto a ciclofosfamide per la remissione completa (CR) a 6 mesi (tabella 16).

L’efficacia è stata osservata sia per i pazienti di nuova diagnosi sia per i pazienti con malattia recidivante (tabella 17).

Tabella 16 Percentuale di pazienti che hanno raggiunto la remissione completa a 6 mesi (Intent-to-Treat Population*)

Rituximab (n = 99) Ciclofosfamide (n = 98) Differenza tra i trattamenti (Rituximab-
ciclofosfamide)
Tasso 63,6 % 53,1 % 10,6 %
95,1 %b IC (?3,2 %,
24,3 %) a

– IC = intervallo di confidenza.

– * Imputazione del caso peggiore.

a La non inferiorità era dimostrata nel momento in cui il limite inferiore (?3,2 %) era maggiore del margine di non inferiorità predefinito (?20 %).

b Il livello di confidenza al 95,1 % riflette un ulteriore 0,001 alfa per considerare un’analisi ad interim di efficacia.

Tabella 17 Remissione completa a 6 mesi in base allo stato di malattia

Rituximab Ciclofosfamide Differenza (IC al 95 %)
Tutti i pazienti Nuova diagnosi Recidivanti n = 99
n = 48
n = 51
n = 98
n = 48
n = 50
Remissione completa
Tutti i pazienti 63,9 % 53,1 % 10,6 % (-3,2, 24,3)
Nuova diagnosi 60,4 % 64,6 % ?4,2 % (?23,6, 15,3)
Recidivanti 66,7 % 42,0 % 24,7 % (5,8, 43,6)

L’attribuzione del caso peggiore è applicata ai pazienti con dati mancanti.

Remissione completa a 12 e 18 mesi

Nel gruppo rituximab, il 48 % dei pazienti ha raggiunto la CR a 12 mesi e il 39 % dei pazienti ha raggiunto la CR a 18 mesi. Nei pazienti trattati con ciclofosfamide (seguita da azatioprina per il mantenimento della remissione completa), il 39 % dei pazienti ha raggiunto la CR a 12 mesi e il 33 % dei pazienti ha raggiunto la CR a 18 mesi. Dal mese 12 al mese 18, nel gruppo rituximab, sono state osservate 8 recidive rispetto a 4 nel gruppo ciclofosfamide.

Esami di laboratorio

Un totale di 23 su 99 (23 %) pazienti trattati con rituximab nello studio sull’induzione della remissione sono risultati positivi ad ADA entro 18 mesi. Nessuno dei 99 pazienti trattati con rituximab era positivo ad ADA allo screening. Nell’ambito del suddetto studio la presenza di ADA non ha avuto alcun effetto negativo apparente sulla sicurezza o sull’efficacia.

Terapia di mantenimento

In uno studio prospettico, multicentrico, controllato e in aperto, un totale di 117 pazienti (88 affetti da granulomatosi con poliangite, 24 da poliangite microscopica e 5 da vasculite ANCA associata limitata al rene) in remissione patologica sono stati randomizzati al trattamento con azatioprina (59 pazienti) o rituximab (58 pazienti). Dopo il trattamento di associazione con glucocorticoidi e ciclofosfamide in bolo i pazienti inclusi, di età compresa tra 21 e 75 anni e con malattia di nuova diagnosi o recidivante, erano in remissione completa. La maggioranza dei pazienti risultava ANCA- positiva alla diagnosi o durante il decorso della malattia e presentava una vasculite necrotizzante dei vasi di piccolo calibro istologicamente confermata con un fenotipo clinico di granulomatosi con poliangite/poliangite microscopica oppure una vasculite ANCA associata limitata al rene oppure entrambe.

La terapia d’induzione della remissione consisteva in prednisone per via endovenosa, somministrato a discrezione dello sperimentatore e preceduto, in alcuni pazienti, da metilprednisolone in bolo, e in ciclofosfamide in bolo fino all’ottenimento della remissione dopo 4-6 mesi. In quel momento, ed entro 1 mese al massimo dalla somministrazione dell’ultimo bolo di ciclofosfamide, i pazienti sono

stati randomizzati al trattamento con rituximab (due infusioni endovenose da 500 mg ciascuna separate da un intervallo di due settimane [il giorno 1 e il giorno 15], seguite da un’infusione endovenosa da 500 mg ogni 6 mesi per 18 mesi), o al trattamento con azatioprina (somministrata per via orale alla dose di 2 mg/kg/die per 12 mesi, successivamente alla dose di 1,5 mg/kg/die per 6 mesi e, infine, alla dose di 1 mg/kg/die per 4 mesi [trascorsi questi 22 mesi si verificava l’interruzione della terapia]). Per il

trattamento con prednisone si è proceduto alla riduzione a scalare della dose e, successivamente, al mantenimento di un basso dosaggio (circa 5 mg/die) per almeno 18 mesi dopo la randomizzazione. La riduzione a scalare della dose di prednisone e la decisione di interrompere il trattamento con lo stesso dopo 18 mesi sono stati rimessi alla discrezione dello sperimentatore.

Tutti i pazienti sono stati seguiti fino al mese 28 (10 o 6 mesi dopo, rispettivamente, l’ultima infusione di rituximab o l’ultima dose di azatioprina). A tutti i pazienti con conta di linfociti T CD4+ inferiore a 250 per millimetro cubo è stato richiesto di sottoporsi alla profilassi per la polmonite da Pneumocystis jirovecii.

La misura di outcome primaria era il tasso di ricaduta grave al mese 28.

Risultati

Al mese 28 si è verificata ricaduta grave (definita come la ricomparsa di segni clinici e/o laboratoristici indicativi di attività della vasculite [BVAS > 0] che potrebbero comportare danno o insufficienza d’organo oppure risultare potenzialmente letali) in 3 (5%) pazienti nel gruppo rituximab e in 17 (29%) pazienti nel gruppo azatioprina (p=0,0007). Ricadute minori (non potenzialmente letali né comportanti grave danno d’organo) si sono invece manifestate in sette (12%) pazienti nel gruppo rituximab e in otto (14%) pazienti nel gruppo azatioprina.

Le curve relative al tasso di incidenza cumulativa hanno mostrato che il tempo alla prima ricaduta grave è risultato maggiore nei pazienti trattati con rituximab a partire dal mese 2 e che tale condizione è stata mantenuta fino al mese 28 (Figura 3).

Percentuale di pazienti con prima recidiva grave

Figura 3: Incidenza cumulativa nel tempo della prima ricaduta grave

<.. image removed ..>

Tempo di sopravvivenza (Mesi)

Numero di soggetti con recidive gravi
Azatioprina 0 0 3 3 5 5 8 8 9 9 9 10 13 15 17
Rituximab 0 0 0 0 1 1 1 1 1 1 1 1 3 3 3
Numero di soggetti a rischio
Azatioprina 59 56 52 50 47 47 44 44 42 41 40 39 36 34 0
Rituximab 58 56 56 56 55 54 54 54 54 54 54 54 52 50 0

N.B.: In assenza di eventi, i pazienti sono stati censurati al mese 28.

Esami di laboratorio

Nell’ambito dello studio clinico sulla terapia di mantenimento un totale di 6 su 34 (18%) pazienti trattati con rituximab ha sviluppato ADA e la presenza di tali anticorpi non ha avuto alcun effetto negativo apparente sulla sicurezza o sull’efficacia.

Esperienza clinica nel pemfigo volgare

L’efficacia e la sicurezza di rituximab in associazione a terapia con bassa dose di glucocorticoidi (prednisone) a breve termine sono state valutate in pazienti di nuova diagnosi affetti da pemfigo da moderato a grave (74 casi di pemfigo volgare [PV] e 16 casi di pemfigo foliaceo [PF]) nell’ambito di uno studio randomizzato, in aperto, controllato e multicentrico. I pazienti, di età compresa tra 19 e 79 anni, non erano stati sottoposti a terapie precedenti per il pemfigo. In base alla gravità della malattia, definita secondo i criteri di Harman, nella popolazione PV, 5 (13%) dei pazienti nel gruppo rituximab e 3 (8%) dei pazienti nel gruppo prednisone a dose standard presentavano malattia moderata, mentre 33 (87%) dei pazienti nel gruppo rituximab e 33 (92%) dei pazienti nel gruppo con prednisone a dose standard presentavano malattia grave.

I pazienti sono stati stratificati in funzione della gravità della malattia al basale (moderata o grave) e randomizzati in un rapporto 1:1 al trattamento con rituximab e prednisone a bassa dose o al trattamento con il solo prednisone a dose standard. I pazienti randomizzati al gruppo rituximab hanno ricevuto un’infusione endovenosa iniziale di rituximab da 1000 mg il giorno 1 in associazione a prednisone orale alla dose di 0,5 mg/kg/die gradualmente diminuita nell’arco di 3 mesi in presenza di malattia moderata, o di 1 mg/kg/die gradualmente diminuita nell’arco di 6 mesi in presenza di malattia grave, e una seconda infusione di 1000 mg il giorno 15. La somministrazione delle infusioni di mantenimento da 500 mg di rituximab è avvenuta al mese 12 e 18. I pazienti randomizzati al gruppo prednisone a dose standard hanno ricevuto prednisone orale a una dose

iniziale di 1 mg/kg/die gradualmente diminuita nell’arco di 12 mesi in presenza di malattia moderata, o di 1,5 mg/kg/die gradualmente diminuita nell’arco di 18 mesi in presenza di malattia grave. I pazienti nel gruppo rituximab che presentavano ricaduta potevano essere trattati con un’infusione aggiuntiva di rituximab da 1000 mg in associazione alla reintroduzione o all’incremento graduale della dose di prednisone. Le infusioni di mantenimento e in caso di ricaduta sono state

somministrate non prima che fossero trascorse 16 settimane dall’infusione precedente.

L’obiettivo primario dello studio era la remissione completa (epitelizzazione completa e assenza di lesioni nuove e/o accertate) al mese 24 senza l’uso di prednisone per due o più mesi (RCsenza

? 2 mesi).

Risultati

Per quanto riguarda il raggiungimento di RCsenza

? 2 mesi al mese 24 nei pazienti affetti da pemfigo volgare, lo studio ha mostrato risultati statisticamente significativi a favore di rituximab più prednisone a bassa dose rispetto al solo prednisone a dose standard (vedere tabella 18).

Tabella 18 Percentuale di pazienti affetti da pemfigo volgare che ha raggiunto la remissione completa senza terapia corticosteroidea per due o più mesi al mese 24 (Intent-to- Treat Population – PV)

IC al 95%b

Valore di pa

Prednisone

N=36

Rituximab

+

Prednisone

Numero di pazienti responsivi (tasso di risposta

34 (89,5%) 10 (27,8%) <0,0001 61,7% (38,4;

76,5)

a Il valore di p è ricavato mediante test esatto di Fisher con correzione secondo il metodo mid-P.

b L’intervallo di confidenza al 95% è calcolato utilizzando il metodo del punteggio con la correzione per la continuità descritto da Newcombe.

Rispetto ai pazienti trattati con prednisone a dose standard, durante il periodo di trattamento di 24 mesi il numero di pazienti trattati con rituximab più prednisone a bassa dose nei quali l’uso della terapia corticosteroidea è risultato assente o minimo (dose di prednisone pari o inferiore a10 mg/die) dimostra che rituximab è un farmaco risparmiatore di steroidi (Figura 4).

Figura 4: Numero di pazienti senza o con minimo uso della terapia corticosteroidea

(?10 mg/die) nel corso del tempo

<.. image removed ..>

Valutazione retrospettiva post-hoc dal laboratorio clinico

A 18 mesi, un totale di 19 su 34 (56%) pazienti affetti da pemfigo volgare trattati con rituximab è risultato positivo ad ADA. La rilevanza clinica della formazione di ADA nei pazienti affetti da pemfigo volgare trattati con rituximab non è chiara.


Truxima: come si assorbe e si elimina?

Abbiamo visto qual è il meccanismo d’azione di Truxima, ma è altrettanto importante conoscere in quanto tempo viene assorbito dall’organismo per capire quanto tempo il farmaco impiegherà ad agire, attraverso quali vie viene eliminato (ad esempio fegato o reni) per sapere quali organi va ad impegnare e, per ultimo, in quanto tempo viene eliminato per avere idea di quando non avremo più il farmaco nell’organismo.

Tutte queste informazioni sono indicate nel paragrafo “Farmacocinetica” che segue.

Farmacocinetica di Truxima

Linfoma non-Hodgkin

Sulla base di un’analisi farmacocinetica di popolazione condotta su 298 pazienti con LNH che hanno ricevuto un’infusione singola o infusioni multiple di rituximab come agente singolo o in associazione con terapia CHOP (dosi di rituximab utilizzate comprese tra 100 e 500 mg/m

2

), le stime tipiche di popolazione relative alla clearance non specifica (CL1), alla clearance specifica (CL2) con il probabile contributo delle cellule B o della massa tumorale, e al volume di distribuzione del compartimento centrale (V1) sono state 0,14 l/die, 0,59 l/die e 2,7 l, rispettivamente. La mediana stimata dell’emivita di eliminazione terminale di rituximab è stata di 22 giorni (intervallo: 6,1-52 giorni). La conta delle cellule CD19-positive al basale e il diametro delle lesioni tumorali misurabili hanno contribuito in parte alla variabilità nella CL2 di rituximab come rilevato dai dati di 161 pazienti che hanno assunto 375 mg/m

2

come infusione endovenosa per 4 dosi settimanali. I pazienti con conta di cellule CD19- positive più elevate o lesioni tumorali più ampie hanno avuto una CL2 più elevata. Comunque, è rimasta una grande componente di variabilità inter-individuale per la CL2 dopo correzione per conta di cellule CD19-positive e diametro delle lesioni tumorali. Il V1 è variato sulla base dell’area di superficie corporea (Body Surface Area, BSA) e della terapia CHOP. Questa variabilità nel V1 (27,

1 % e 19,0 %) determinata dall’intervallo della BSA (da 1,53 a 2,32 m2) e dalla terapia CHOP concomitante, rispettivamente, è stata relativamente piccola. Età, sesso e performance status WHO non hanno avuto effetto sulla farmacocinetica di rituximab. Questa analisi suggerisce che è poco probabile che l’aggiustamento della dose di rituximab con ognuna delle covariate valutate risulti in una riduzione significativa della sua variabilità farmacocinetica.

Rituximab, somministrato come infusione endovenosa alla dose di 375 mg/m2 a intervalli settimanali per 4 dosi a 203 pazienti con LNH naïve a rituximab, ha determinato una Cmax

media dopo la quarta infusione di 486 µg/ml (intervallo: 77,5-996,6 µg/ml). Rituximab è stato rilevabile nel siero dei

pazienti 3-6 mesi dopo il completamento dell’ultimo trattamento.

Dopo la somministrazione di rituximab alla dose di 375 mg/m2 come infusione e.v. a intervalli settimanali per 8 dosi a 37 pazienti con LNH, la Cmax

media è aumentata a ogni successiva infusione, variando da una media di 243 µg/ml (intervallo: 16-582 µg/ml) dopo la prima infusione a 550 µg/ml (intervallo: 171-1177 µg/ml) dopo l’ottava infusione.

Il profilo farmacocinetico di rituximab quando è somministrato come 6 infusioni di 375 mg/m2 in associazione con 6 cicli di chemioterapia CHOP è stato simile a quello visto con solo rituximab.

Leucemia linfatica cronica

Rituximab è stato somministrato attraverso infusione endovenosa con la dose del primo ciclo di 375 mg/m2 aumentata a 500 mg/m2 per ogni ciclo successivo, per 5 dosi, in associazione con fludarabina e ciclofosfamide in pazienti con LLC. La media della Cmax

(N = 15) dopo la quinta

infusione di 500 mg/m2 è stata 408 ?g/ml (intervallo 97-764 ?g/ml) e la media dell’emivita terminale è

stata di 32 giorni (intervallo 14-62 giorni). Artrite reumatoide

In seguito a due infusioni endovenose di rituximab alla dose di 1.000 mg, a distanza di due settimane, l’emivita terminale media era di 20,8 giorni (intervallo da 8,58 a 35,9 giorni), la clearance sistemica media era di 0,23 l/giorno (intervallo da 0,091 a 0,67 l/die) e il volume di distribuzione medio allo stato stazionario era di 4,6 l (intervallo da 1,7 a 7,51 l). Le analisi farmacocinetiche di popolazione degli stessi dati hanno dato valori medi simili per la clearance e l’emivita sistemiche, di 0,26 l/die e 20,4 giorni, rispettivamente. Le analisi farmacocinetiche di popolazione hanno rivelato che la BSA e il sesso erano le covarianti più significative per spiegare la variabilità interindividuale nei parametri di farmacocinetica. Dopo aggiustamento per BSA, i soggetti maschi avevano un volume di distribuzione maggiore e una clearance più veloce dei soggetti di sesso femminile. Le differenze farmacocinetiche correlate al sesso non sono state considerate clinicamente rilevanti e non è stato necessario alcun aggiustamento del dosaggio. Non sono disponibili dati di farmacocinetica nei pazienti con insufficienza renale o epatica.

La farmacocinetica di rituximab è stata valutata dopo due dosi endovenose (e.v.) da 500 mg e

1.000 mg al giorno 1 e 15 in quattro studi. In tutti questi studi, la farmacocinetica di rituximab è risultata dose proporzionale oltre l’intervallo limitato di dosaggio studiato. Il valore medio della Cmax

di rituximab nel siero dopo la prima infusione era compreso tra 157 e 171 ?g/ml per il dosaggio 2 x 500 mg e tra 298 e 341 ?g/ml per il dosaggio 2 x 1.000 mg. Dopo la seconda infusione, il valore medio della Cmax era compreso tra 183 e 198 ?g/ml per il dosaggio 2 × 500 mg e compresi tra 355 e 404 ?g/ml per il dosaggio 2 × 1.000 mg. L’emivita media dell’eliminazione terminale era compresa tra 15 e 16 giorni per il dosaggio 2 x 500 mg e tra 17 e 21 giorni per il dosaggio 2 × 1.000 mg. Il valore medio della Cmax era tra 16 e 19 % più alto dopo la seconda infusione rispetto alla prima infusione per entrambi i dosaggi.

La farmacocinetica di rituximab è stata valutata a seguito di due dosi e.v. da 500 mg e 1.000 mg dopo il ritrattamento nel secondo ciclo. Il valore medio della Cmax di rituximab nel siero dopo la prima infusione era compreso tra 170 e 175 ?g/ml per il dosaggio 2 x 500 mg e tra 317 e 370 ?g/ml per il dosaggio 2 x 1.000 mg. Dopo la seconda infusione, il valore medio di Cmax era di 207 ?g/ml per il dosaggio 2 x 500 mg e tra 377 e 386 ?g/ml per il dosaggio 2 x 1.000 mg. L’emivita media dell’eliminazione terminale dopo la seconda infusione, dopo il secondo ciclo, era di 19 giorni per il dosaggio 2 x 500 mg e tra 21 e 22 giorni per il dosaggio 2 x 1.000 mg. I parametri farmacocinetici per rituximab erano paragonabili nel corso dei due cicli di trattamento.

I parametri farmacocinetici nella popolazione di soggetti con inadeguata risposta agli anti TNF, sottoposti allo stesso schema posologico (2 x 1.000 mg e.v., a distanza di 2 settimane), erano simili con una concentrazione sierica massima media di 369 µg/ml e un’emivita terminale media di

19,2 giorni.

Granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica

In base alle analisi farmacocinetiche di popolazione dei dati di 97 pazienti con granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica che hanno ricevuto 375 mg/m2 di rituximab una volta alla settimana per quattro settimane, l’emivita media dell’eliminazione terminale stimata era di 23 giorni (range da 9 a 49 giorni). La clearance media e il volume di distribuzione di rituximab erano di

0,313 l/die (range da 0,116 a 0,726 l/die) e 4,50 l (range da 2,25 a 7,39 l) rispettivamente. I parametri farmacocinetici di rituximab in questi pazienti appaiono simili a quelli che sono stati osservati nei pazienti con artrite reumatoide.


Truxima: è un farmaco sicuro?

Abbiamo visto come Truxima agisce e come si assorbe e si elimina; ma come facciamo a sapere se Truxima è un farmaco sicuro?

Prima di tutto è necessario leggere quali sono i dati sulla sicurezza che vengono riportati nella scheda tecnica del farmaco.

Si tratta di dati forniti dalla casa produttrice e basati su un certo numero di lavori scientifici eseguiti prima della commercializzazione: si tratta dei cosiddetti “Dati preclinici di sicurezza”, che riportiamo nel prossimo paragrafo.

Truxima: dati sulla sicurezza

Il rituximab si è rivelato altamente specifico per l’antigene CD20 sulle cellule B. Gli studi sulla tossicità effettuati nella scimmia cynomolgus non hanno rivelato altri effetti se non l’attesa deplezione farmacologica delle cellule B nel sangue periferico e nel tessuto linfonodale.

Studi di tossicità evolutiva sono stati condotti nelle scimmie cynomolgus con dosi fino a 100 mg/kg (trattamento nei giorni di gestazione 20-50) e hanno dimostrato che non c’è evidenza di tossicità per il feto dovuta a rituximab. In ogni caso, negli organi linfoidi del feto è stata osservata la deplezione farmacologica delle cellule B dose-dipendente, che si è mantenuta fino a dopo la nascita ed è stata associata ad una riduzione dei livelli di IgG negli animali neonati affetti. La conta delle cellule B è ritornata ai valori normali in questi animali entro 6 mesi dalla nascita e non ha compromesso le reazioni all’immunizzazione.

Non stati effettuati i test standard per indagare la mutagenicità, in quanto tali esami non sono rilevanti per questa molecola. Non sono stati eseguiti studi a lungo termine sugli animali per la definizione del potenziale carcinogenico del rituximab.

Non sono stati eseguiti studi specifici per determinare gli effetti di rituximab sulla fertilità. In generale negli studi di tossicità condotti sulle scimmie cynomolgus non sono stati osservati effetti deleteri a carico degli organi riproduttivi maschili o femminili.


Dopo la commercializzazione di un farmaco, vengono tuttavia attuate delle misure di controllo dagli organi preposti, per monitorare comunque tutti gli effetti collaterali che dovessero manifestarsi nell’impiego clinico.

Tutti gli effetti collaterali segnalati nella fase di commercializzazione del farmaco, vengono poi riportati nella scheda tecnica nei paragrafi “effetti indesiderati” e “controindicazioni”.

Truxima: si può prendere insieme ad altri farmaci?

Un altro importante capitolo da non dimenticare per valutare se un farmaco è sicuro o no, è quello delle interazioni con altri farmaci.

Può infatti capitare che un farmaco, di per sé innocuo, diventi pericoloso se associato ad alcuni altri farmaci.

Questo è vero anche per i prodotti erboristici: classico è l’esempio dell’ “Erba di San Giovanni” (Iperico) che interagisce con alcuni farmaci anticoagulanti aumentandone l’efficacia e mettendo quindi il paziente a rischio di emorragie.

Esaminiamo allora quali sono le interazioni possibili di Truxima

Truxima: interazioni

Al momento si hanno dati limitati sulla possibile interazione di medicinali con rituximab.

In pazienti con LLC, la co-somministrazione con rituximab non sembra avere un effetto sulla farmacocinetica di fludarabina o ciclofosfamide. In aggiunta, non c’è un apparente effetto di fludarabina e ciclofosfamide sulla farmacocinetica di rituximab.

La co-somministrazione con metotrexato non ha avuto alcun effetto sulla farmacocinetica di rituximab nei pazienti con artrite reumatoide.

I pazienti che hanno sviluppato anticorpi anti-proteine murine (HAMA) anticorpi anti-farmaco (ADA) possono avere reazioni allergiche o di ipersensibilità quando vengono trattati con altri anticorpi monoclonali diagnostici o terapeutici.

In pazienti con artrite reumatoide, 283 pazienti hanno ricevuto successivamente una terapia con un DMARD biologico dopo rituximab. In questi pazienti, la percentuale di infezioni clinicamente rilevanti durante la terapia con rituximab è stata 6,01 su 100 pazienti/anno confrontata con 4,97 su 100 pazienti/anno dopo il trattamento con il DMARD biologico.


Truxima: posso guidare la macchina se lo prendo?

Un capitolo poco noto e molto sottovalutato è quello degli effetti di un farmaco sui riflessi e quindi sulla capacità di guidare la macchina o di effettuare lavori pericolosi.

Molti farmaci riducono la capacità di reazione, oppure possono causare vertigini o abbassamenti di pressione che possono essere molto pericolosi per chi guida o effettua lavori in cui le capacità fisiche sono importanti: basti pensare agli operai che lavorano su impalcature o che operano su macchinari come presse o forni

E’ sempre bene quindi leggere attentamente questo piccolo ma molto importante paragrafo della Scheda Tecnica del farmaco.

Truxima: effetti sulla guida e sull’uso di macchinari

Non sono stati effettuati studi sugli effetti di rituximab sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari, anche se l’attività farmacologica e le reazioni avverse ad oggi riportate suggeriscono che rituximab non altera o altera in modo trascurabile la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari.

Per approfondire l’argomento, per avere ulteriori raccomandazioni, o per chiarire ogni dubbio, si raccomanda di leggere l’intera Scheda Tecnica del Farmaco