Truxima – Rituximab: Scheda Tecnica e Prescrivibilità

Truxima

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Truxima: ultimo aggiornamento pagina: (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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Truxima 500 mg concentrato per soluzione per infusione

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Ogni flaconcino contiene 500 mg di rituximab.

Ogni ml di concentrato contiene 10 mg di rituximab.

Rituximab è un anticorpo monoclonale chimerico murino/umano ottenuto con tecniche di ingegneria genetica, costituito da una immunoglobulina glicosilata con le regioni costanti IgG1 di origine umana e con le sequenze della regione variabile della catena leggera e della catena pesante di origine murina. L’anticorpo viene prodotto utilizzando una coltura di cellule di mammifero in sospensione (ovariche di Hamster Cinese) e purificato con cromatografia affine e scambio ionico, incluse procedure specifiche di inattivazione e rimozione virale.

Eccipienti con effetti noti:

Questo medicinale contiene 263,2 mg di sodio per flaconcino da 50 mL equivalente a 13,2% dell’assunzione massima giornaliera raccomandata dall’OMS che corrisponde a 2 g di sodio per un adulto.

Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

03.0 Forma farmaceutica

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Concentrato per soluzione per infusione. Liquido limpido e incolore.

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Truxima è indicato negli adulti per le seguenti indicazioni: Linfoma non-Hodgkin (LNH)

Truxima è indicato per il trattamento di pazienti affetti da linfoma follicolare al III-IV stadio precedentemente non trattati, in associazione con chemioterapia.

La terapia di mantenimento con Truxima è indicata per il trattamento di pazienti con linfoma follicolare che rispondono a terapia di induzione.

Truxima in monoterapia è indicato per il trattamento di pazienti con linfoma follicolare al III-IV stadio che sono chemioresistenti o che sono alla loro seconda o successiva ricaduta dopo chemioterapia.

Truxima è indicato per il trattamento di pazienti affetti da linfoma non-Hodgkin, CD20 positivo, diffuso a grandi cellule B, in associazione con chemioterapia CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina,

vincristina, prednisolone). Leucemia linfatica cronica (LLC)

Truxima in associazione con chemioterapia è indicato per il trattamento di pazienti con leucemia linfatica cronica (LLC) precedentemente non trattata e recidiva/refrattaria. Sono disponibili solo dati limitati sull’efficacia e la sicurezza per pazienti precedentemente trattati con anticorpi monoclonali, incluso Truxima, o per pazienti refrattari a un trattamento precedente con Truxima più chemioterapia.

Vedere paragrafo 5.1 per ulteriori informazioni. Artrite reumatoide

Truxima in associazione con metotrexato è indicato per il trattamento dell’artrite reumatoide attiva di grado severo in pazienti adulti che hanno mostrato un’inadeguata risposta o un’intolleranza ad altri farmaci antireumatici modificanti la malattia (DMARD), compresi uno o più inibitori del fattore di necrosi tumorale (TNF).

Truxima ha mostrato di ridurre la percentuale di progressione del danno articolare, come valutato mediante raggi X e di migliorare le funzioni fisiche, quando somministrato in associazione con metotrexato.

Granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica

Truxima in associazione con glucocorticoidi è indicato per il trattamento di pazienti adulti con granulomatosi con poliangite (di Wegener) (GPA) e poliangite microscopica (MPA) attiva di grado severo.

Pemfigo volgare

Truxima è indicato per il trattamento di pazienti con pemfigo volgare (PV) da moderato a grave.

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Truxima deve essere somministrato sotto lo stretto controllo di un operatore sanitario esperto e in un ambiente con immediata disponibilità di apparecchiature per la rianimazione (vedere paragrafo 4.4).

Premedicazione e trattamento profilattico

La premedicazione con un farmaco antipiretico ed un antistaminico, ad esempio paracetamolo e difenidramina, deve sempre essere assunta prima di ogni somministrazione di Truxima.

In pazienti affetti da linfoma non-Hodgkin e leucemia linfatica cronica (LLC) la premedicazione con glucocorticoidi deve essere presa in considerazione se Truxima non è somministrato in associazione con chemioterapia contenente glucocorticoidi.

Per i pazienti con LLC si raccomanda la profilassi con adeguata idratazione e somministrazione di uricostatici iniziando 48 ore prima dell’inizio della terapia per ridurre il rischio di sindrome da lisi tumorale. Per i pazienti con LLC la cui conta dei linfociti è > 25 x 109/L si raccomanda di somministrare prednisone/prednisolone 100 mg per via endovenosa immediatamente prima dell’infusione di Truxima per diminuire la percentuale e la gravità delle reazioni acute da infusione e/o la sindrome da rilascio di citochine.

In pazienti affetti da artrite reumatoide, granulomatosi con poliangite (di Wegener) o poliangite microscopica in remissione patologica o da pemfigo volgare, la premedicazione con 100 mg di metilprednisolone per via endovenosa deve essere completata 30 minuti prima dell’infusione di Truxima, al fine di ridurre l’incidenza e la gravità delle reazioni correlate all’infusione (IRR).

In pazienti affetti da granulomatosi con poliangite (di Wegener) o poliangite microscopica è raccomandata la somministrazione di metilprednisolone per via endovenosa alla dose di 1.000 mg/die da 1 a 3 giorni prima della prima infusione di Truxima (l’ultima dose di metilprednisolone può essere somministrata nello stesso giorno della prima infusione di Truxima). Questa deve essere seguita da prednisone per via orale alla dose di 1 mg/kg/die (non si devono superare gli 80 mg/die e la riduzione a scalare della dose deve avvenire quanto più rapidamente possibile secondo la condizione clinica) durante dopo la fase di induzione di 4 settimane del trattamento con Truxima.

Per i pazienti con granulomatosi con poliangite/poliangite microscopica o con pemfigo volgare, durante e successivamente al trattamento con Truxima, è raccomandata la profilassi per la polmonite da Pneumocystis jiroveci (PCP), come appropriato in accordo alle linee guida locali sulla pratica clinica.

Posologia

Linfoma non-Hodgkin

Linfoma non-Hodgkin follicolare

Terapia di associazione

La dose raccomandata di Truxima in associazione con chemioterapia per il trattamento di induzione di pazienti con linfoma follicolare precedentemente non trattati o ricaduti/refrattari è: 375 mg/m2 di superficie corporea per ciclo, fino a 8 cicli.

Truxima deve essere somministrato il giorno 1 di ogni ciclo di chemioterapia, dopo somministrazione endovenosa della componente glucocorticoidea della chemioterapia, se applicabile.

Terapia di mantenimento

Linfoma follicolare precedentemente non trattato

La dose raccomandata di Truxima usata come trattamento di mantenimento per pazienti con linfoma follicolare precedentemente non trattati che hanno risposto al trattamento di induzione è: 375 mg/m2 di superficie corporea una volta ogni due mesi (iniziando 2 mesi dopo l’ultima dose della terapia di induzione) fino alla progressione della malattia o per un periodo massimo di due anni (12 infusioni in totale).

Linfoma follicolare ricaduto/refrattario

La dose raccomandata di Truxima usata come trattamento di mantenimento per pazienti con linfoma follicolare ricaduto/resistente che hanno risposto al trattamento di induzione è: 375 mg/m2 di superficie corporea una volta ogni 3 mesi (iniziando 3 mesi dopo l’ultima dose della terapia di induzione) fino alla progressione della malattia o per un periodo massimo di due anni (8 infusioni totali).

Monoterapia

Linfoma follicolare ricaduto/refrattario

La dose raccomandata di Truxima in monoterapia usata come trattamento di induzione per pazienti adulti con linfoma follicolare allo stadio III-IV che sono chemioresistenti o che sono alla loro seconda o successiva ricaduta dopo chemioterapia è: 375 mg/m2 di superficie corporea, somministrata come infusione e.v. una volta alla settimana per quattro settimane.

Per il ritrattamento con Truxima in monoterapia per pazienti che hanno risposto al precedente trattamento con Truxima in monoterapia per linfoma follicolare ricaduto/refrattario, la dose raccomandata è: 375 mg/m2 di superficie corporea, somministrata come infusione endovenosa una volta alla settimana per quattro settimane (vedere paragrafo 5.1).

Linfoma non-Hodgkin diffuso a grandi cellule B

Truxima deve essere impiegato in associazione con chemioterapia CHOP. Il dosaggio raccomandato è

di 375 mg/m2 di superficie corporea, somministrato il giorno 1 di ogni ciclo di chemioterapia per 8 cicli dopo infusione endovenosa della componente glucocorticoidea del CHOP. Non sono ancora state stabilite la sicurezza e l’efficacia di Truxima in associazione con altre chemioterapie nel linfoma non- Hodgkin diffuso a grandi cellule B.

Aggiustamenti del dosaggio durante il trattamento

Non sono raccomandate riduzioni della dose di Truxima. Quando Truxima è somministrato in associazione con chemioterapia, si devono applicare le riduzioni standard del dosaggio per i medicinali chemioterapici.

Leucemia linfatica cronica

Il dosaggio raccomandato di Truxima in associazione con chemioterapia in pazienti precedentemente non trattati e recidivi/refrattari è di 375 mg/m2 di superficie corporea somministrato il giorno 0 del primo ciclo di trattamento seguito da 500 mg/m2 di superficie corporea somministrato il giorno 1 di ogni ciclo successivo per 6 cicli totali. La chemioterapia deve essere somministrata dopo infusione di Truxima.

Artrite reumatoide

Ai pazienti in terapia con Truxima deve essere consegnata la scheda di allerta per il paziente ad ogni infusione.

Un ciclo di Truxima consiste di due infusioni endovenose da 1.000 mg ciascuna. Il dosaggio raccomandato di Truxima è di 1.000 mg per infusione endovenosa, seguita da una seconda infusione endovenosa di 1.000 mg due settimane dopo.

La necessità di ulteriori trattamenti deve essere valutata 24 settimane dopo il ciclo precedente. Il ritrattamento deve essere effettuato in quel momento se l’attività residua della malattia rimane, altrimenti deve essere ritardato fino a quando l’attività residua della malattia ricompare.

I dati disponibili suggeriscono che la risposta clinica di solito è raggiunta entro 16-24 settimane di un ciclo iniziale di trattamento. Nei pazienti nei quali non si evidenzia un beneficio terapeutico entro questo periodo di tempo, deve essere attentamente riconsiderato se continuare la terapia.

Granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica

Ai pazienti trattati con Truxima deve essere consegnata la scheda di allerta per il paziente ad ogni infusione.

Induzione della remissione

Il dosaggio raccomandato di Truxima per la terapia d’induzione della remissione della granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica è di 375 mg/m2 di superficie corporea, somministrato per infusione endovenosa una volta alla settimana per 4 settimane (4 infusioni totali).

Terapia di mantenimento

Dopo la fase d’induzione della remissione con Truxima, la terapia di mantenimento deve essere iniziata non prima che siano trascorse 16 settimane dall’ultima infusione di Truxima.

Dopo la fase d’induzione della remissione con altri immunosoppressori impiegati per il trattamento standard, la terapia di mantenimento con Truxima deve essere iniziata durante il periodo di 4 settimane successivo alla remissione della malattia.

La somministrazione di Truxima deve avvenire mediante due infusioni endovenose da 500 mg ciascuna, separate da un intervallo di due settimane, e seguite successivamente da un’infusione endovenosa da 500 mg ogni 6 mesi. Dopo l’ottenimento della remissione (assenza di segni e sintomi clinici) il trattamento dei pazienti con Truxima deve proseguire per almeno 24 mesi. Per i pazienti potenzialmente esposti a un rischio superiore di ricaduta i medici devono valutare un prolungamento

della terapia di mantenimento con Truxima, fino a una durata massima di 5 anni. Pemfigo volgare

Ai pazienti trattati con Truxima deve essere consegnata la scheda di allerta per il paziente ad ogni infusione.

Il dosaggio raccomandato di Truxima per il trattamento del pemfigo volgare è di 1000 mg per infusione endovenosa, seguita, due settimane dopo, da una seconda infusione endovenosa di 1000 mg in associazione a un ciclo di glucocorticoidi con riduzione a scalare della dose.

Terapia di mantenimento

Ai mesi 12 e 18 e, successivamente, ogni 6 mesi, se necessario, in base alla valutazione clinica deve essere somministrata per via endovenosa un’infusione di mantenimento di 500 mg.

Trattamento della ricaduta

In caso di ricaduta, i pazienti possono essere trattati con 1000 mg per via endovenosa. In base alla valutazione clinica l’operatore sanitario deve altresi prendere in considerazione la ripresa o l’incremento della dose di glucocorticoidi da somministrare al paziente.

La somministrazione delle infusioni successive può avvenire non prima che siano trascorse 16 settimane dall’infusione precedente.

Popolazioni particolari

Anziani

Non è necessaria la modifica del dosaggio in pazienti anziani (di età > 65 anni).

Popolazione pediatrica

La sicurezza e l’efficacia di Truxima nei bambini e negli adolescenti al di sotto dei 18 anni di età non è ancora stata stabilita. Non ci sono dati disponibili.

Modo di somministrazione

La soluzione di Truxima preparata deve essere somministrata per infusione endovenosa tramite una linea dedicata. Non deve essere somministrata come push o bolus endovenoso.

I pazienti devono essere attentamente monitorati per l’insorgenza della sindrome da rilascio di citochine (vedere paragrafo 4.4). Ai pazienti che sviluppano reazioni gravi, soprattutto grave dispnea, broncospasmo o ipossia, deve essere immediatamente interrotta l’infusione. I pazienti con linfoma non-Hodgkin devono poi essere valutati per la presenza di sindrome da lisi tumorale tramite l’effettuazione di appropriati esami di laboratorio e in presenza di infiltrazione polmonare tramite radiografia del torace. In tutti i pazienti, l’infusione non deve essere ripresa fino alla completa risoluzione di tutti i sintomi e alla normalizzazione dei valori di laboratorio e della radiografia del torace. A questo punto l’infusione può essere ripresa inizialmente a una velocità ridotta della metà rispetto a quella precedentemente adottata. Qualora le stesse gravi reazioni avverse dovessero verificarsi una seconda volta, la decisione di interrompere il trattamento deve essere attentamente considerata caso per caso.

Le reazioni correlate all’infusione (infusion-related reactions, IRR) lievi o moderate (vedere paragrafo 4.8) generalmente rispondono alla riduzione della velocità di infusione. Quando i sintomi migliorano, la velocità di infusione può essere aumentata.

Prima infusione

La velocità di infusione iniziale raccomandata è 50 mg/h; dopo i primi 30 minuti, può essere aumentata con incrementi di 50 mg/h ogni 30 minuti, fino a un massimo di 400 mg/h.

Successive infusioni

Per tutte le indicazioni

Le successive dosi di Truxima possono essere somministrate con una velocità iniziale di 100 mg/h e aumentate di 100 mg/h ad intervalli di 30 minuti, fino a un massimo di 400 mg/h.

Solo per l’artrite reumatoide

Schema alternativo per la somministrazione più rapida delle infusioni successive

Se con la prima o le successive infusioni somministrate alla dose di 1.000 mg di Truxima, secondo lo schema infusionale standard, i pazienti non hanno manifestato una reazione grave correlata all’infusione, la seconda infusione e quelle successive possono essere somministrate a una velocità maggiore, alla stessa concentrazione delle infusioni precedenti (4 mg/ml per un volume di 250 ml). Iniziare l’infusione a una velocità di 250 mg/h per i primi 30 minuti e in seguito di 600 mg/h per i successivi 90 minuti. Se l’infusione più rapida risulta ben tollerata, è possibile impiegare il medesimo schema infusionale per la somministrazione delle infusioni successive.

L’infusione più rapida non deve essere somministrata a pazienti affetti da malattie cardiovascolari clinicamente significative comprese le aritmie o che in passato hanno manifestato gravi reazioni all’infusione di rituximab o a qualsiasi terapia biologica precedente.

04.3 Controindicazioni

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Controindicazioni all’uso nel linfoma non-Hodgkin e nella leucemia linfatica cronica

Ipersensibilità al principio attivo, alle proteine di origine murina o ad uno qualsiasi degli altri eccipienti elencati nel paragrafo 6.1.

Infezioni attive, gravi (vedere paragrafo 4.4).

Pazienti in uno stato di immunocompromissione severa.

Controindicazioni all’uso nell’artrite reumatoide, nella granulomatosi con poliangite, nella poliangite microscopica e nel pemfigo volgare

Ipersensibilità al principio attivo, alle proteine di origine murina o ad uno qualsiasi degli altri eccipienti elencati nel paragrafo 6.1.

Infezioni attive, gravi (vedere paragrafo 4.4).

Pazienti in uno stato di immunocompromissione severa.

Scompenso cardiaco grave (classe IV New York Heart Association) o malattia cardiaca grave e non controllata (vedere paragrafo 4.4 per altri disordini cardiaci).

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Per migliorare la tracciabilità dei medicinali biologici, il nome commerciale e il numero di lotto del prodotto somministrato devono essere chiaramente registrati (o dichiarati) nella cartella clinica del paziente.

Eccipienti: Questo prodotto medicinale contiene 11,5 mmol (o 263,2 mg) di sodio per 50 mL flaconcino. Ciò va tenuto presente nei pazienti che seguono una dieta povera di sodio.

Leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML)

A tutti i pazienti in terapia con rituximab per l’artrite reumatoide, granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica o il pemfigo volgare deve essere consegnata la scheda di allerta per il paziente ad ogni infusione. La scheda di allerta contiene importanti informazioni di sicurezza per i pazienti riguardo il rischio potenzialmente maggiore di infezioni, compresa la PML.

Casi fatali molto rari di PML sono stati riportati in seguito all’utilizzo di rituximab. I pazienti devono essere monitorati ad intervalli regolari per ogni sintomo neurologico nuovo o in peggioramento o per segni indicativi di PML. In caso di sospetta PML, le ulteriori somministrazioni devono essere sospese fino a quando la diagnosi di PML sia stata esclusa. Il medico deve valutare il paziente per determinare se i sintomi sono indicativi di disfunzione neurologica e, se cosi fosse, se questi sintomi sono potenzialmente indicativi di PML. Deve essere considerata una consulenza neurologica se clinicamente indicata.

In caso di dubbio, deve essere presa in considerazione un’ulteriore valutazione, che includa esami quali la RMN preferibilmente con contrasto, il test del liquido cerebrospinale (CSF) per valutare il DNA del virus JC e ripetute valutazioni neurologiche.

Il medico deve essere particolarmente attento ai sintomi indicativi di PML che il paziente può non notare (ad esempio sintomi cognitivi, neurologici o psichiatrici). Occorre inoltre consigliare al paziente di informare il proprio partner o chi si prende cura di lui riguardo il trattamento, poiché essi possono notare sintomi dei quali il paziente non è a conoscenza.

Se un paziente sviluppa PML, la somministrazione di rituximab deve essere definitivamente interrotta.

A seguito della ricostituzione del sistema immunitario nei pazienti immunocompromessi con PML, si sono notati stabilizzazione o miglioramento. Non è noto se la diagnosi precoce di PML e la sospensione della terapia con rituximab possano portare ad una stabilizzazione o ad un miglioramento simili.

Linfoma non-Hodgkin e leucemia linfatica cronica

Reazioni correlate all’infusione

Rituximab è associato a reazioni correlate all’infusione (IRR), a loro volta potenzialmente associate al rilascio di citochine e/o altri mediatori chimici. La sindrome da rilascio di citochine può risultare clinicamente indistinguibile dalle reazioni acute di ipersensibilità.

Questo insieme di reazioni, che include sindrome da rilascio di citochine, sindrome da lisi tumorale e reazioni anafilattiche e di ipersensibilità, è descritto di seguito.

Durante l’uso successivo alla commercializzazione di rituximab in formulazione endovenosa sono state segnalate severe reazioni con esito fatale correlate all’infusione, la cui insorgenza si è verificata in un intervallo di tempo compreso tra 30 minuti e 2 ore dopo l’inizio della prima infusione endovenosa di rituximab. Tali reazioni sono state caratterizzate da eventi polmonari e in alcuni casi hanno compreso rapida lisi tumorale e sintomi della sindrome da lisi tumorale oltre a febbre, brividi, brividi febbrili, ipotensione, orticaria, angioedema e altri sintomi (vedere paragrafo 4.8).

La sindrome grave da rilascio di citochine è caratterizzata da dispnea grave, spesso accompagnata da broncospasmo e ipossia, oltre a febbre, brividi, , orticaria e angioedema. Questa sindrome può essere associata ad alcune caratteristiche della sindrome da lisi tumorale come iperuricemia, iperkaliemia, ipocalcemia, iperfosfatemia, insufficienza renale acuta, concentrazione elevata di lattato deidrogenasi (LDH) e può essere associata ad insufficienza respiratoria acuta e morte. L’insufficienza respiratoria acuta può essere accompagnata da eventi quali l’infiltrazione interstiziale polmonare o l’edema polmonare, visibili alla radiografia del torace. La sindrome si manifesta frequentemente entro una o due ore dall’inizio della prima infusione. I pazienti con anamnesi di insufficienza polmonare o con infiltrazione tumorale del polmone possono essere esposti a un rischio superiore di scarsi risultati e devono essere trattati con maggiore cautela. Ai pazienti che sviluppano sindrome grave da rilascio di

citochine deve essere immediatamente sospesa l’infusione (vedere paragrafo 4.2) e deve essere somministrato un trattamento sintomatico aggressivo. Poiché il miglioramento iniziale dei sintomi clinici può essere seguito da un peggioramento, questi pazienti devono essere monitorati attentamente fino alla risoluzione o all’esclusione della sindrome da lisi tumorale e dell’infiltrazione polmonare.

L’ulteriore trattamento dei pazienti dopo la completa risoluzione di sintomi e segni ha raramente portato al ripetersi della sindrome grave da rilascio di citochine.

I pazienti con elevata massa tumorale o con elevato numero (≥ 25 x 109/l) di cellule neoplastiche circolanti come i pazienti con LLC, che possono essere esposti a un rischio maggiore di sindrome da rilascio di citochine particolarmente grave, devono essere trattati soltanto con estrema cautela. Questi pazienti devono essere monitorati molto attentamente per tutto il corso della prima infusione. In tali pazienti deve essere preso in considerazione, per la prima infusione, l’utilizzo di una velocità di infusione ridotta o una suddivisione della dose in due giorni durante il primo ciclo e a ogni ciclo successivo se la conta dei linfociti è ancora > 25 x 109/l.

Nel 77 % dei pazienti trattati con rituximab sono state osservate reazioni avverse di ogni tipo correlate all’infusione (compresa la sindrome da rilascio di citochine accompagnata da ipotensione e broncospasmo nel 10 % dei pazienti) (vedere paragrafo 4.8). Questi sintomi sono generalmente reversibili con l’interruzione dell’infusione di rituximab e con la somministrazione di farmaci antipiretici, antistaminici e, occasionalmente, ossigeno, soluzioni saline endovena o farmaci broncodilatatori, e glucocorticoidi se necessario. Per le reazioni gravi vedere la sindrome da rilascio di citochine descritta sopra.

In seguito alla somministrazione endovenosa di proteine sono state riportate nei pazienti reazioni di tipo anafilattico e altre reazioni di ipersensibilità. Diversamente dalla sindrome da rilascio di citochine, le reazioni di ipersensibilità si verificano solitamente entro minuti dall’inizio dell’infusione. In caso di reazione allergica nel corso della somministrazione di rituximab, i prodotti medicinali per il trattamento delle reazioni di ipersensibilità, ad es. epinefrina (adrenalina), antistaminici e glucocorticoidi, devono essere disponibili per l’uso immediato. Le manifestazioni cliniche dell’anafilassi possono apparire simili alle manifestazioni cliniche della sindrome da rilascio di citochine (descritta sopra). Le reazioni attribuite a ipersensibilità sono state riportate con minor frequenza rispetto a quelle attribuite al rilascio di citochine.

Ulteriori reazioni riportate in alcuni casi sono state infarto del miocardio, fibrillazione atriale, edema polmonare e trombocitopenia acuta reversibile.

Durante la somministrazione di rituximab si può verificare ipotensione, pertanto si deve prendere in considerazione la sospensione di medicinali anti-ipertensivi 12 ore prima dell’infusione di rituximab.

Disordini cardiaciNei pazienti trattati con rituximab si sono verificati casi di angina pectoris, aritmia cardiaca, come flutter atriale e fibrillazione, insufficienza cardiaca e/o infarto miocardico. Pertanto i pazienti con anamnesi di malattia cardiaca e/o chemioterapia cardiotossica devono essere attentamente monitorati.

Tossicità ematologiche

Sebbene rituximab non sia mielosoppressivo in monoterapia, deve essere posta particolare attenzione nel considerare il trattamento di pazienti con neutrofili < 1,5 x 109/l e/o con conta delle

piastrine < 75 x 109/l, poiché per questo tipo di popolazione si ha una limitata esperienza clinica. Rituximab è stato utilizzato in 21 pazienti che avevano effettuato trapianto di midollo osseo autologo e in altri gruppi a rischio con una presumibile ridotta funzionalità midollare senza indurre mielotossicità.

Durante la terapia con rituximab deve essere eseguita regolarmente la conta ematica completa, inclusa la conta dei neutrofili e delle piastrine.

Infezioni

Infezioni gravi, anche fatali, possono avvenire durante la terapia con rituximab (vedere paragrafo 4.8). Rituximab non deve essere somministrato a pazienti con infezioni attive gravi (ad esempio tubercolosi,

sepsi e infezioni opportunistiche, vedere paragrafo 4.3).

I medici devono essere cauti quando prendono in considerazione l’uso di rituximab in pazienti con storia di infezioni ricorrenti o croniche o con condizioni di base che possono ulteriormente predisporre i pazienti a infezioni gravi (vedere paragrafo 4.8).

Casi di riattivazione di epatite B sono stati riportati in soggetti che hanno ricevuto rituximab incluse segnalazioni di epatite fulminante ad esito fatale. La maggior parte di questi soggetti riceveva anche chemioterapia citotossica. Informazioni limitate provenienti da uno studio in pazienti con LLC recidiva/refrattaria suggeriscono che il trattamento con rituximab può anche peggiorare l’esito di infezioni di epatite B primarie. Lo screening per il virus dell’epatite B (HBV) deve essere effettuato in tutti i pazienti prima di iniziare il trattamento con rituximab e dovrebbe almeno includere il dosaggio dell’HBsAg e dell’HBcAb. Questi test possono poi essere integrati con altri marcatori appropriati secondo le linee guida locali. I pazienti con infezione attiva di epatite B non devono essere trattati con rituximab. I pazienti con sierologia positiva per epatite B (sia HBsAg che HBcAb) devono essere valutati da un clinico epatologo prima dell’inizio del trattamento e devono essere monitorati e seguiti secondo gli standard clinici locali per prevenire la riattivazione dell’epatite B.

Casi molto rari di leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) sono stati riportati durante l’uso successivo alla commercializzazione di rituximab nel LNH e nella LLC (vedere paragrafo 4.8). La maggior parte dei pazienti aveva ricevuto rituximab in associazione con chemioterapia o come parte di un programma trapiantologico con cellule staminali ematopoietiche.

Immunizzazione

La sicurezza dell’immunizzazione con vaccini virali vivi, in seguito alla terapia con rituximab, non è stata studiata per pazienti con LNH e LLC e non si raccomanda la vaccinazione con vaccini con virus vivo. I pazienti trattati con rituximab possono ricevere vaccinazioni con virus non vivo. Comunque le percentuali di risposta ai vaccini con virus non vivo possono essere ridotte. In uno studio non randomizzato, pazienti con LNH a basso grado ricaduto che hanno ricevuto rituximab in monoterapia quando confrontati con controlli non trattati di volontari sani hanno avuto una più bassa percentuale di risposte alla vaccinazione con antigeni di richiamo del tetano (16 % rispetto a 81 %) e neoantigeni Keyhole Limpet Haemocyanin (KLH) (4 % rispetto a 76 % quando valutati per un aumento nel titolo anticorpale > 2 volte). Per pazienti con LLC sono prevedibili risultati simili considerando le similitudini tra le due patologie, tuttavia ciò non è stato valutato mediante studi clinici.

La media dei titoli anticorpali pre-terapeutici contro un pannello di antigeni (Streptococcus pneumoniae, influenza A, parotite, rosolia, varicella) è stata mantenuta per almeno 6 mesi dopo il trattamento con rituximab.

Reazioni cutanee

Sono state segnalate reazioni cutanee gravi quali la necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e la sindrome di Stevens-Johnson, alcune ad esito fatale (vedere paragrafo 4.8). In caso di tali eventi, se si sospetta una correlazione a rituximab, il trattamento deve essere interrotto permanentemente.

Artrite reumatoide, granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica

Popolazioni con artrite reumatoide naïve al metotrexato (MTX)

L’uso di rituximab non è raccomandato nei pazienti naïve al MTX dal momento che non è stato stabilito un rapporto rischio-beneficio favorevole.

Reazioni correlate all’infusione

Rituximab è associato a reazioni correlate all’infusione (IRR), che possono essere associate al rilascio di citochine e/o di altri mediatori chimici.

Sono stati riportati casi gravi di IRR con esito fatale in pazienti con artrite reumatoide nella fase post- marketing. Nel trattamento dell’artrite reumatoide la maggior parte delle reazioni correlate all’infusione negli studi clinici erano di intensità lieve-moderata. I sintomi più comuni erano reazioni allergiche come cefalea, prurito, irritazione alla gola, arrossamenti, rash, orticaria, ipertensione e

piressia. In generale, la proporzione di pazienti che manifestavano una qualche reazione all’infusione era più alta dopo la prima infusione che dopo la seconda in qualsiasi ciclo di trattamento. L’incidenza di IRR diminuiva nei cicli successivi (vedere paragrafo 4.8). Le reazioni riportate erano generalmente reversibili con la riduzione della velocità dell’infusione o l’interruzione della somministrazione di rituximab e l’assunzione di antipiretici, antistaminici e, occasionalmente, ossigeno, soluzione salina endovena o broncodilatatori, e glucocorticoidi, se necessario. Monitorare attentamente i pazienti con condizioni cardiache preesistenti e quelli che hanno manifestato precedenti reazioni avverse cardiopolmonari. In funzione della severità delle IRR e all’intervento necessario, interrompere temporaneamente o definitivamente la somministrazione di rituximab. Nella maggior parte dei casi, l’infusione può essere ripresa riducendo la velocità al 50 % (per esempio da 100 mg/h a 50 mg/h), quando i sintomi sono stati completamente risolti.

Medicinali per il trattamento delle reazioni di ipersensibilità, ad es. epinefrina (adrenalina), antistaminici e glucocorticoidi, devono essere disponibili per l’uso immediato, in caso di reazioni allergiche durante la somministrazione di rituximab.

Non ci sono dati relativi alla sicurezza di rituximab nei pazienti con scompenso cardiaco moderato (classe III NYHA) o malattia cardiaca grave e non controllata. Nei pazienti trattati con rituximab, si è osservato che condizioni preesistenti di ischemia cardiaca, quali l’angina pectoris, sono divenute sintomatiche, cosi come fibrillazione e flutter atriale. Pertanto, nei pazienti con anamnesi di cardiopatia, e in quelli che hanno manifestato precedenti reazioni avverse cardiopolmonari, prima del trattamento con rituximab deve essere considerato il rischio di complicanze cardiovascolari conseguenti alle reazioni infusionali e i pazienti devono essere attentamente monitorati durante la somministrazione. Durante l’infusione di rituximab si può verificare ipotensione, pertanto si deve prendere in considerazione la sospensione di medicinali anti-ipertensivi 12 ore prima dell’infusione di rituximab.

Le IRR per i pazienti con granulomatosi con poliangite, poliangite microscopica e pemfigo volgare erano coerenti con quelle osservate negli studi clinici condotti in pazienti con artrite reumatoide (vedere paragrafo 4.8).

Disordini cardiaciNei pazienti trattati con rituximab si sono verificati casi di angina pectoris, aritmia cardiaca, come flutter e fibrillazione atriale, insufficienza cardiaca e/o infarto miocardico. Pertanto, i pazienti con anamnesi di malattia cardiaca devono essere attentamente monitorati (vedere “Reazioni correlate all’infusione”, sopra).

Infezioni

Sulla base del meccanismo d’azione di rituximab e della conoscenza che le cellule B svolgono un ruolo importante nel mantenimento della normale risposta immune, i pazienti hanno un incremento del rischio di infezioni in seguito alla terapia con rituximab (vedere paragrafo 5.1). Infezioni gravi, inclusi eventi fatali, possono verificarsi durante la terapia con rituximab (vedere paragrafo 4.8). Rituximab non deve essere somministrato ai pazienti con infezione attiva grave (ad es. tubercolosi, sepsi e infezioni opportunistiche, vedere paragrafo 4.3) o ai pazienti gravemente immunocompromessi (ad es. laddove i valori di CD4 o CD8 sono molto bassi). I medici devono prestare attenzione nel considerare l’impiego di rituximab nei pazienti con anamnesi di infezioni ricorrenti o croniche o con condizioni sottostanti che possono ulteriormente predisporre i pazienti a gravi infezioni ad es. ipogammaglobulinemia (vedere paragrafo 4.8). Si raccomanda che i livelli di immunoglobuline siano determinati prima dell’inizio del trattamento con rituximab.

I pazienti che manifestano segni e sintomi di infezione in seguito a trattamento con rituximab, devono essere prontamente valutati e adeguatamente trattati. Prima di iniziare un ciclo successivo di trattamento con rituximab, i pazienti devono essere rivalutati per qualsiasi rischio potenziale di infezioni.

Casi molto rari di leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) ad esito fatale sono stati riportati in seguito all’impiego di rituximab per il trattamento dell’artrite reumatoide e di patologie autoimmuni inclusi il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) e la vasculite.

Infezione da Epatite B

Casi di riattivazione dell’epatite B, inclusi quelli a esito fatale, sono stati riportati nei pazienti affetti da artrite reumatoide, granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica che hanno ricevuto rituximab.

Lo screening per il virus dell’epatite B (HBV) deve essere effettuato in tutti i pazienti prima dell’inizio del trattamento con rituximab e dovrebbe almeno includere il dosaggio dell’HBsAg e dell’HBcAb.

Questi test possono poi essere integrati con altri marcatori appropriati secondo le linee guida locali. I pazienti con infezione attiva di epatite B non devono essere trattati con rituximab. I pazienti con sierologia positiva per epatite B (sia HBsAg che HBcAb) devono essere valutati da un clinico epatologo e devono essere monitorati e seguiti secondo gli standard clinici locali per prevenire la riattivazione dell’epatite B.

Neutropenia ad insorgenza tardiva

Misurare i neutrofili prima di ciascun ciclo di rituximab e ad intervalli regolari fino a 6 mesi dopo l’interruzione del trattamento e in caso di segni o sintomi di infezione (vedere paragrafo 4.8).

Reazioni cutanee

Sono state segnalate reazioni cutanee gravi quali la necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e la sindrome di Stevens-Johnson, alcune ad esito fatale (vedere paragrafo 4.8). In caso di tali eventi, se si sospetta una correlazione a rituximab, il trattamento deve essere interrotto permanentemente.

Immunizzazione

I medici devono rivedere lo status delle vaccinazioni del paziente e seguire le linee guida vigenti per l’immunizzazione prima della terapia con rituximab. La vaccinazione deve essere completata almeno 4 settimane prima della prima somministrazione di rituximab.

La sicurezza dell’immunizzazione con vaccini virali vivi seguente alla terapia con rituximab non è stata studiata. Perciò la vaccinazione con vaccini con virus vivo non è raccomandata durante la terapia con rituximab o durante il periodo di deplezione delle cellule B periferiche.

I pazienti trattati con rituximab possono ricevere vaccinazioni con virus non vivo. Comunque, le percentuali di risposta ai vaccini con virus non vivo possono essere ridotte. In uno studio randomizzato, pazienti con artrite reumatoide trattati con rituximab e metotrexato hanno avuto percentuali di risposta sovrapponibili a quelle dei pazienti che hanno ricevuto solo metotrexato agli antigeni di richiamo del tetano (39 % rispetto a 42 %), ridotte percentuali al vaccino polisaccaride del pneumococco (43 % rispetto a 82 % ad almeno 2 sierotipi di anticorpi anti-pneumococco) e ai neoantigeni KLH (47 % rispetto a 93 %), quando dati 6 mesi dopo rituximab. Se vengono richieste vaccinazioni con virus non vivo durante la terapia con rituximab, queste devono essere completate almeno 4 settimane prima dell’inizio del successivo ciclo di rituximab.

Nell’esperienza globale di ripetuti trattamenti di rituximab in un anno nell’ambito dell’artrite reumatoide, le percentuali di pazienti con titoli anticorpali positivi contro S. pneumoniae, influenza, parotite, rosolia, varicella e tossina del tetano sono state generalmente simili alle percentuali al basale.

Co-somministrazione di altri DMARD nel trattamento dell’artrite reumatoide

Non è raccomandata la co-somministrazione di rituximab e di terapie antireumatiche diverse da quelle specificate nell’indicazione e nella posologia relative all’artrite reumatoide.

Ci sono dati limitati da studi clinici per valutare pienamente la sicurezza dell’uso sequenziale dopo rituximab di altri DMARD (inclusi inibitori del TNF e altri biologici) (vedere paragrafo 4.5). I dati disponibili indicano che la percentuale di infezioni clinicamente rilevanti è invariata quando tali terapie sono utilizzate in pazienti precedentemente trattati con rituximab; comunque i pazienti devono essere strettamente osservati per segni di infezione se agenti biologici e/o DMARD vengono utilizzati dopo la terapia con rituximab.

Neoplasie

I medicinali immunomodulatori possono aumentare il rischio di neoplasie. Sulla base dell’esperienza limitata con rituximab nei pazienti affetti da artrite reumatoide (vedere paragrafo 4.8) i dati attuali non sembrano suggerire un incremento del rischio di neoplasie. Tuttavia, al momento non si può escludere il possibile rischio di sviluppo di tumori solidi.

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

Indice

Al momento si hanno dati limitati sulla possibile interazione di medicinali con rituximab.

In pazienti con LLC, la co-somministrazione con rituximab non sembra avere un effetto sulla farmacocinetica di fludarabina o ciclofosfamide. In aggiunta, non c’è un apparente effetto di fludarabina e ciclofosfamide sulla farmacocinetica di rituximab.

La co-somministrazione con metotrexato non ha avuto alcun effetto sulla farmacocinetica di rituximab nei pazienti con artrite reumatoide.

I pazienti che hanno sviluppato anticorpi anti-proteine murine (HAMA) anticorpi anti-farmaco (ADA) possono avere reazioni allergiche o di ipersensibilità quando vengono trattati con altri anticorpi monoclonali diagnostici o terapeutici.

In pazienti con artrite reumatoide, 283 pazienti hanno ricevuto successivamente una terapia con un DMARD biologico dopo rituximab. In questi pazienti, la percentuale di infezioni clinicamente rilevanti durante la terapia con rituximab è stata 6,01 su 100 pazienti/anno confrontata con 4,97 su 100 pazienti/anno dopo il trattamento con il DMARD biologico.

04.6 Gravidanza e allattamento

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Contraccezione negli uomini e nelle donne

Dato che rituximab ha un lungo tempo di ritenzione nei pazienti con deplezione di cellule B, le donne in età fertile devono usare metodi contraccettivi efficaci nel corso del trattamento e fino a 12 mesi dal completamento della terapia con rituximab.

Gravidanza

È noto che le immunoglobuline IgG oltrepassano la barriera placentare.

I livelli di cellule B nei neonati umani in seguito a esposizione materna a rituximab non sono stati valutati nel corso degli studi clinici. Non ci sono dati adeguati e ben controllati di studi su donne in gravidanza, comunque in neonati nati da madri esposte a rituximab durante la gravidanza sono state riportate transitoria deplezione delle cellule-B e linfocitopenia. Effetti simili sono stati osservati negli studi condotti sugli animali (vedere paragrafo 5.3). Per questo motivo non si deve somministrare rituximab in donne in gravidanza ad eccezione che il possibile beneficio superi il potenziale rischio.

Allattamento al seno

Non è noto se rituximab sia escreto nel latte materno. Tuttavia, poiché le IgG materne sono escrete nel latte umano e il rituximab è stato rilevato nel latte di scimmie che allattano, le donne non devono allattare al seno durante il trattamento con rituximab e nei 12 mesi successivi al trattamento con rituximab.

Fertilità

Gli studi condotti sugli animali non hanno rivelato effetti deleteri di rituximab a carico degli organi riproduttivi.

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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Non sono stati effettuati studi sugli effetti di rituximab sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari, anche se l’attività farmacologica e le reazioni avverse ad oggi riportate suggeriscono che rituximab non altera o altera in modo trascurabile la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari.

04.8 Effetti indesiderati

Indice

Esperienza clinica nel linfoma non-Hodgkin e nella leucemia linfatica cronica

Riassunto del profilo di sicurezza

Il profilo di sicurezza globale di rituximab nel linfoma non-Hodgkin e nella leucemia linfatica cronica si basa su dati di pazienti in studi clinici e sulla sorveglianza post-marketing. Questi pazienti sono stati trattati con rituximab in monoterapia (come trattamento di induzione o come trattamento di mantenimento post-induzione) o in associazione con chemioterapia.

Le reazioni avverse da farmaco (ADR) osservate più frequentemente in pazienti che hanno ricevuto rituximab sono state le IRR che sono avvenute nella maggior parte dei pazienti durante la prima infusione. L’incidenza di sintomi correlati all’infusione diminuisce significativamente con le successive infusioni ed è meno dell’1 % dopo otto dosi di rituximab.

Gli eventi infettivi (soprattutto batterici e virali) si sono verificati nel 30-55 % circa dei pazienti con LNH trattati in studi clinici e nel 30-50 % circa dei pazienti con LLC trattati in studi clinici.

Le reazioni avverse da farmaco gravi più frequentemente riportate o osservate sono state:

IRR (incluse la sindrome da rilascio di citochine e la sindrome da lisi tumorale), vedere paragrafo 4.4.

Infezioni, vedere paragrafo 4.4.

Eventi cardiovascolari, vedere paragrafo 4.4.

Altre ADR gravi riportate includono la riattivazione di epatite B e la PML (vedere paragrafo 4.4). Tabella delle reazioni avverse

Le frequenze delle ADR riportate con rituximab in monoterapia o in associazione con chemioterapia

sono riassunte nella tabella 1. All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine decrescente di gravità. La frequenza è definita come molto comune (≥ 1/10), comune (da ≥ 1/100 a < 1/10), non comune (da ≥ 1/1.000 a < 1/100), raro (da ≥ 1/10.000 a < 1/1.000),

molto raro (< 1/10.000) e non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).

Le ADR identificate solo durante la sorveglianza post-marketing e per le quali non è possibile stimare una frequenza, sono elencate sotto la voce “non nota”.

Tabella 1 ADR riportate negli studi clinici o durante la sorveglianza post-marketing in pazienti con LNH e LLC trattati con rituximab in monoterapia/mantenimento o in associazione con chemioterapia

Classificazione per sistemi e organi Molto comune Comune Non comune Raro Molto raro Non nota8
Infezioni ed infestazioni infezioni batteriche, infezioni virali,
+bronchite
sepsi,
+polmonite,
+infezione
febbrile,
+herpes zoster,
+infezioni del tratto respiratorio, infezioni fungine, infezioni a eziologia sconosciuta,
+bronchite
acuta,
+sinusite,
epatite B1
infezioni virali gravi2, Pneumocysti s jirovecii PML
Patologie del sistema emolinfopoietico neutropenia, leucopenia,
+neutropenia
febbrile,
+trombocitopeni
a
anemia,
+pancitopenia,
+granulocitopeni
a
disturbi della coagulazione, anemia aplastica, anemia emolitica,
linfoadenopatia
aumento transitorio nel siero del livello delle IgM3 neutropenia tardiva3
Disturbi del sistema immunitario reazioni correlate all’infusione, angioedema ipersensibilità anafilassi sindrome da lisi tumorale, sindrome da rilascio delle citochine4,
malattia da siero
trombocitopeni a acuta reversibile correlata all’infusione4
Disturbi del metabolismo e della nutrizione iperglicemia, perdita di peso, edema periferico, edema facciale, aumento della LDH,
ipocalcemia
Disturbi psichiatrici depressione,
nervosismo
Patologie del sistema nervoso parestesia, ipoestesia, agitazione, insonnia,
vasodilatazione, capogiro, ansia
disgeusia neuropatia periferica, paralisi del nervo facciale5 neuropatia dei nervi cranici, perdita di altri sensi5
Patologie dell’occhio disturbi della lacrimazione,
congiuntivite
perdita grave della vista5
Patologie dell’orecchio e del
labirinto
Tinnito, otalgia perdita dell’udito5
Patologie cardiache +infarto
miocardico4 e 6, aritmia,
+fibrillazione
atriale, tachicardia,
+disturbi cardiaci
+insufficienza
del ventricolo sinistro,
+tachicardia
sopraventricolare
,
+tachicardia
ventricolare,
+angina,
+ischemia
miocardica, bradicardia
gravi patologie cardiache4 e 6 insufficienza cardiaca4 e 6
Patologie vascolari ipertensione,
ipotensione ortostatica, ipotensione
vasculite
(soprattutto cutanea), vasculite
leucocitoclastic a
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche broncospasmo 4,
patologie respiratorie, dolore toracico, dispnea,
incremento della tosse, rinite
asma,
bronchiolite obliterante, disturbi polmonari, ipossia
malattia
polmonare interstiziale7
insufficienza
respiratoria4
infiltrati
polmonari
Patologie gastrointestinali nausea vomito, diarrea,
dolore addominale, disfagia, stomatite, costipazione, dispepsia, anoressia,
irritazione della gola
dilatazione
addominale
perforazione
gastro- intestinale7
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo prurito, rash,
+alopecia
orticaria,
sudorazione, sudorazioni notturne,
+disordini
della cute
reazioni
cutanee bollose gravi, sindrome di Stevens- Johnson, necrolisi epidermica tossica
(sindrome di Lyell)7
Patologie del sistema muscoloscheletric o, del tessuto
connettivo e delle ossa
Ipertonia,
mialgia, artralgia, dolore alla schiena, dolore al collo,
dolore
Patologie renali e
urinarie
insufficienza
renale4
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione febbre, brividi,
astenia, cefalea
dolore in sede
tumorale, vampate, malessere, sindrome da freddo,
+stanchezza,
+brividi,
+insufficienza
multi-organo4
dolore al sito di
infusione
Esami diagnostici diminuzione dei
livelli di IgG

Per ciascuna voce, la frequenza si è basata sulle reazioni di qualsiasi grado (da lieve a grave) ad eccezione delle voci contrassegnate con "+" dove la frequenza si è basata solo sulle reazioni gravi (≥ di grado 3 secondo i criteri di tossicità comuni NCI). E’ riportata solo la frequenza più elevata osservata negli studi.

1 Include riattivazione e infezioni primarie; frequenza basata sul regime R-FC nella LLC recidiva/refrattaria.

2 Vedere anche la sottostante sezione “Infezioni”.

3 Vedere anche la sottostante sezione “Reazioni avverse ematologiche”.

4 Vedere anche la sottostante sezione relativa alle reazioni avverse correlate all’infusione. Raramente riportati casi fatali.

5 Segni e sintomi di neuropatia dei nervi cranici. Si è manifestata in tempi diversi fino a vari mesi dal completamento della terapia con rituximab.

6 Osservate soprattutto in pazienti con precedenti patologie cardiache e/o chemioterapia cardiotossica e sono state soprattutto associate con reazioni correlate all’infusione.

7 Inclusi casi fatali.

I seguenti termini sono stati riportati come eventi avversi durante gli studi clinici; tuttavia, sono stati riportati con un’incidenza simile o inferiore nei bracci rituximab rispetto ai bracci di controllo: tossicità ematologica, infezione neutropenica, infezione del tratto urinario, disturbi sensoriali, piressia. Segni e sintomi caratteristici di una reazione correlata all’infusione sono stati riportati in più del 50 % dei pazienti in studi clinici e sono stati osservati soprattutto durante la prima infusione, generalmente nelle prime due ore. Questi sintomi comprendono soprattutto febbre, brividi e rigidità. Altri sintomi includono vampate, angioedema, broncospasmo, vomito, nausea, orticaria/rash, stanchezza, cefalea, irritazione della gola, rinite, prurito, dolore, tachicardia, ipertensione, ipotensione, dispnea, dispepsia, astenia e sintomi della sindrome da lisi tumorale. Reazioni correlate all’infusione gravi (come broncospasmo, ipotensione) si sono verificate fino al 12 % dei casi. Ulteriori reazioni riportate in alcuni casi sono state infarto del miocardio, fibrillazione atriale, edema polmonare e trombocitopenia acuta reversibile. Esacerbazione di condizioni cardiache preesistenti come angina pectoris o insufficienza cardiaca congestizia oppure gravi patologie cardiache (insufficienza cardiaca, infarto del miocardio, fibrillazione atriale), edema polmonare, insufficienza multi-organo, sindrome da lisi tumorale, sindrome da rilascio da citochine, insufficienza renale e insufficienza respiratoria sono state riportate con una frequenza inferiore o sconosciuta. L’incidenza di sintomi correlati all’infusione è diminuita sostanzialmente con le infusioni successive ed è < 1 % dei pazienti dall’ottavo ciclo di trattamento contenente rituximab.

Descrizione di una selezione di reazioni avverse

Infezioni

Rituximab induce deplezione delle cellule B nel 70-80 % circa dei pazienti, ma questo evento è stato associato ad una diminuzione delle immunoglobuline sieriche solo in una minoranza di pazienti.

Infezioni localizzate da candida come da Herpes zoster sono state riportate con una incidenza più elevata nel braccio contenente rituximab in studi randomizzati. Infezioni gravi sono state riportate nel 4 % circa dei pazienti trattati con rituximab in monoterapia. Frequenze più elevate di tutte le infezioni, incluse infezioni di grado 3 o 4, sono state osservate durante il trattamento di mantenimento con rituximab della durata di due anni se confrontate con l’osservazione. Non si è verificata tossicità cumulativa in termini di infezioni riportate nel periodo di trattamento della durata di due anni. In

aggiunta, durante il trattamento con rituximab sono state riportate altre infezioni virali gravi, sia nuove, che riattivate o esacerbate, alcune delle quali sono state fatali. La maggior parte dei pazienti aveva ricevuto rituximab in associazione con la chemioterapia o come parte di un trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Esempi di queste infezioni virali gravi sono infezioni causate da virus herpetici (Citomegalovirus, Virus Varicella Zoster e Herpes Simplex), JC virus (leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML)) e virus dell’epatite C. Durante gli studi clinici sono stati anche

riportati casi di PML ad esito fatale che si sono verificati dopo la progressione della malattia e il ritrattamento. Sono stati riportati casi di riattivazione di epatite B, la maggior parte dei quali si sono verificati in pazienti che hanno ricevuto rituximab in associazione con chemioterapia citotossica. In pazienti con LLC recidiva/refrattaria, l’incidenza di infezione di epatite B di grado 3/4 (riattivazione e infezione primaria) è stata del 2 % in R-FC vs 0 % in FC. Si è osservata progressione del sarcoma di Kaposi in pazienti esposti a rituximab con sarcoma di Kaposi preesistente. Questi casi si sono verificati in indicazioni non approvate e la maggior parte dei pazienti erano HIV positivi.

Reazioni avverse ematologiche

Negli studi clinici con impiego di rituximab in monoterapia somministrato per 4 settimane, anomalie

ematologiche si sono verificate in una minoranza di pazienti e sono state generalmente lievi e reversibili. Neutropenia grave (grado 3/4) è stata riportata nel 4,2 % dei pazienti, anemia nell’1,1 % e trombocitopenia nell’1,7 % dei pazienti. Durante il trattamento di mantenimento con rituximab della durata di due anni, leucopenia (5 % vs 2 %, grado 3/4) e neutropenia (10 % vs 4 %, grado 3/4) sono state riportate con un’incidenza più elevata quando confrontata con l’osservazione. L’incidenza di trombocitopenia è stata bassa (< 1 %, grado 3/4) e non è stata differente tra i bracci di trattamento.

Durante il trattamento negli studi con rituximab in associazione con chemioterapia, leucopenia di grado 3/4 (R-CHOP 88 % vs CHOP 79 %, R-FC 23 % vs FC 12 %), neutropenia (R-CVP 24 % vs CVP 14 %; R-CHOP 97 % vs CHOP 88 %, R-FC 30 % vs FC 19 % nella LLC precedentemente non trattata), pancitopenia (R-FC 3 % vs FC 1 % nella LLC precedentemente non trattata), sono state riportate generalmente con frequenze più elevate quando confrontate con chemioterapia da sola.

Comunque, l’incidenza più elevata di neutropenia in pazienti trattati con rituximab e chemioterapia non è stata associata ad una incidenza più alta di infezioni e infestazioni se confrontata con pazienti trattati con sola chemioterapia. Studi sulla LLC precedentemente non trattata e in recidiva/refrattaria hanno stabilito che nel 25 % dei pazienti trattati con R-FC la neutropenia è stata prolungata (definita come conta dei granulociti neutrofili inferiore a lx109/l tra il giorno 24 e il giorno 42 dopo l’ultima dose) o si è verificata con un esordio tardivo (definito come conta dei granulociti neutrofili inferiore a lx109/l oltre il giorno 42 dopo l’ultima dose nei pazienti che non avevano una precedente neutropenia prolungata o che avevano recuperato prima del giorno 42) dopo il trattamento con rituximab e FC. Non sono state riportate differenze nell’incidenza di anemia. Sono stati riportati alcuni casi di neutropenia tardiva che si sono verificati più di quattro settimane dopo l’ultima infusione di rituximab. Nello studio di prima linea sulla LLC, i pazienti in stadio Binet C hanno manifestato più eventi avversi nel braccio R-FC rispetto al braccio FC (R-FC 83 % vs FC 71 %). Nello studio sulla LLC recidiva/refrattaria, è stata riportata trombocitopenia di grado ¾ nell’11 % dei pazienti nel gruppo R- FC vs il 9 % dei pazienti nel gruppo FC.

Negli studi con rituximab in pazienti con macroglobulinemia di Waldestrom, aumenti transitori dei livelli sierici di IgM sono stati osservati dopo l’inizio del trattamento, i quali possono essere associati con iperviscosità e sintomi correlati. L’aumento transitorio di IgM generalmente ritorna almeno al livello basale entro 4 mesi.

Reazioni avverse cardiovascolari

Negli studi clinici con rituximab in monoterapia sono state riportate reazioni cardiovascolari nel 18,8 % dei pazienti con ipotensione e ipertensione quali eventi più frequentemente segnalati. Sono stati riportati durante l’infusione casi di aritmia di grado 3 o 4 (incluse tachicardia ventricolare e sopraventricolare) e angina pectoris. Durante il trattamento di mantenimento, l’incidenza di disordini cardiaci di grado 3/4 è stata paragonabile tra i pazienti trattati con rituximab e l’osservazione. Eventi cardiaci sono stati riportati come eventi avversi seri (inclusa la fibrillazione atriale, l’infarto del miocardio, l’insufficienza ventricolare sinistra, l’ischemia del miocardio) nel 3 % dei pazienti trattati con rituximab in confronto a < 1 % dell’osservazione. Negli studi di valutazione di rituximab in associazione con chemioterapia, l’incidenza di aritmie cardiache di grado 3 e 4, soprattutto aritmie

sopraventricolari come tachicardia e flutter/fibrillazione atriale, è stata più elevata nel gruppo R-CHOP (14 pazienti, 6,9 %) se confrontato con il gruppo CHOP (3 pazienti, 1,5 %). Tutte queste aritmie si sono verificate nel contesto dell’infusione di rituximab o sono state associate con condizioni predisponenti quali febbre, infezione, infarto acuto del miocardio o patologia respiratoria e cardiovascolare preesistente. Non è stata osservata differenza tra il gruppo R-CHOP e CHOP in termini di incidenza di altri eventi cardiaci di grado 3 e 4, inclusi l’insufficienza cardiaca, la patologia del miocardio e le manifestazioni di patologia delle arterie coronariche. Nella LLC, l’incidenza globale di disordini cardiaci di grado 3 o 4 è stata bassa sia nello studio di prima linea (4 % R-FC, 3 % FC) che nello studio sulla recidiva/refrattaria (4 % R-FC, 4 % FC).

Apparato respiratorio

Sono stati riportati casi di malattia polmonare interstiziale, alcuni con esito fatale.

Patologie neurologiche

Durante il periodo di trattamento (fase della terapia di induzione costituita da R-CHOP per un

massimo di otto cicli) quattro pazienti (2 %) trattati con R-CHOP, tutti con fattori di rischio cardiovascolare hanno manifestato accidenti tromboembolici cerebrovascolari durante il primo ciclo di trattamento. Non c’è stata differenza tra i gruppi di trattamento in termini di incidenza di altri eventi tromboembolici. Al contrario, tre pazienti (1,5 %) hanno avuto eventi cerebrovascolari nel gruppo CHOP, i quali si sono manifestati tutti durante il periodo di follow-up. Nella LLC, l’incidenza globale di disordini del sistema nervoso di grado 3 o 4 è stata bassa sia nello studio di prima linea (4 % R-FC, 4 % FC) che nello studio sulla recidiva/refrattaria (3 % R-FC, 3 % FC).

Sono stati riportati casi di sindrome encefalopatica posteriore reversibile (PRES) / sindrome leucoencefalopatica posteriore reversibile (RPLS). I segni e i sintomi includevano disturbi visivi, cefalea, convulsioni e alterazioni dello stato mentale, con o senza ipertensione associata. Una diagnosi di PRES/RPLS, richiede conferma con imaging cerebrale. I casi riportati hanno riconosciuto fattori di rischio per PRES/RPLS, inclusi il concomitante stato di malattia del paziente, ipertensione, terapia immunosoppressiva e/o chemioterapia.

Patologie gastrointestinali

E’ stata osservata perforazione gastrointestinale che in alcuni casi ha portato a morte in pazienti che ricevevano rituximab per il trattamento di linfoma non-Hodgkin. Nella maggior parte di questi casi, rituximab era somministrato con la chemioterapia.

Livelli di IgG

Nello studio clinico che ha valutato rituximab nel trattamento di mantenimento nel linfoma follicolare ricaduto/refrattario, la mediana dei livelli di IgG è stata sotto il limite inferiore di normalità (LLN)

(< 7 g/l) dopo il trattamento di induzione sia nel gruppo osservazione che nel gruppo rituximab. Nel gruppo osservazione, la mediana dei livelli di IgG è aumentata successivamente sopra il LLN, ma è rimasta costante nel gruppo rituximab. La percentuale di pazienti con livelli di IgG sotto il LLN è stata del 60 % circa nel gruppo rituximab nei due anni del periodo di trattamento, mentre è diminuita nel gruppo osservazione (36 % dopo due anni).

Nei pazienti pediatrici trattati con rituximab sono stati osservati un piccolo numero di casi spontanei e di letteratura riferiti a ipogammaglobulinemia, in alcuni casi gravi e che hanno richiesto una terapia sostitutiva con immunoglobuline a lungo termine. Le conseguenze della deplezione a lungo termine delle cellule B nei pazienti pediatrici non sono note.

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Sono stati segnalati molto raramente casi di necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e sindrome di Stevens-Johnson, alcuni ad esito fatale.

Sottopopolazioni di pazienti – rituximab in monoterapia

Pazienti anziani (≥ 65 anni):

L’incidenza delle ADR di tutti i gradi e di grado 3/4 è stata simile nei pazienti anziani rispetto a pazienti più giovani (< 65 anni).

Malattia bulky

Si è verificata un’incidenza più elevata di ADR di grado 3/4 in pazienti con malattia bulky rispetto a pazienti senza malattia bulky (25,6 % vs 15,4 %). L’incidenza di ADR di ogni grado è stata simile in questi due gruppi.

Ritrattamento

La percentuale di pazienti che hanno riportato ADR durante il ritrattamento con ulteriori cicli di rituximab è stata simile alla percentuale di pazienti che hanno riportato ADR durante l’esposizione iniziale (ADR di ogni grado e di grado 3/4).

Sottopopolazioni di pazienti – Terapia di associazione con rituximab

Pazienti anziani (≥ 65 anni)

L’incidenza di eventi avversi di grado 3/4 a livello dell’apparato emolinfopoietico è stata più alta in pazienti anziani se confrontati a pazienti più giovani (< 65 anni), con leucemia linfatica cronica

precedentemente non trattata o recidiva/refrattaria. Esperienza clinica nell’artrite reumatoide

Riassunto del profilo di sicurezza

Il profilo di sicurezza globale di rituximab nell’artrite reumatoide si basa sui dati provenienti da pazienti trattati in studi clinici e dalla sorveglianza post-marketing.

Il profilo di sicurezza di rituximab in pazienti con artrite reumatoide da moderata a grave è riassunto nelle sezioni sottostanti. Negli studi clinici più di 3.100 pazienti hanno ricevuto almeno un ciclo di trattamento e sono stati seguiti per un periodo variabile da 6 mesi a più di 5 anni; circa 2.400 pazienti hanno ricevuto due o più cicli di trattamento con oltre 1.000 pazienti sottoposti a 5 o più cicli. Le informazioni sulla sicurezza raccolte durante l’esperienza post marketing riflettono il profilo atteso per le reazioni avverse già osservato negli studi clinici per rituximab (vedere paragrafo 4.4).

I pazienti hanno ricevuto 2 dosi da 1.000 mg di rituximab separate da un intervallo di due settimane, in associazione con metotrexato (10-25 mg/settimana). Le infusioni di rituximab sono state somministrate dopo infusione endovenosa di 100 mg di metilprednisolone; i pazienti hanno anche ricevuto un trattamento con prednisone orale per 15 giorni.

Elenco delle reazioni avverse sotto forma di tabella

Le reazioni avverse sono elencate nella tabella 2. La frequenza è definita come molto comune (≥ 1/10), comune (da ≥ 1/100 a < 1/10), non comune (da ≥ 1/1.000 a < 1/100) e molto raro (< 1/10.000).

All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine decrescente di gravità.

Le reazioni avverse più frequenti ritenute dovute all’assunzione di rituximab sono state le IRR. L’incidenza totale di IRR negli studi clinici è stata del 23 % con la prima infusione ed è diminuita con le infusioni successive. IRR gravi sono state non comuni (0,5 % dei pazienti) e si presentavano prevalentemente durante il ciclo iniziale. In aggiunta alle reazioni avverse osservate negli studi clinici sull’artrite reumatoide condotti con rituximab, sono stati riportati durante l’esperienza post-marketing leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) (vedere paragrafo 4.4) e reazione simil malattia da siero.

Tabella 2 Riassunto delle reazioni avverse da farmaco riportate negli studi clinici o durante la sorveglianza post-marketing che si sono verificate nei pazienti con artrite reumatoide che hanno ricevuto rituximab

Classificazione per sistemi e organi Molto comune Comune Non comune Raro Molto raro
Infezioni e Infestazioni infezione del tratto respiratorio superiore, infezioni
del tratto urinario
bronchiti, sinusiti, gastroenteriti, tinea pedis PML, riattivazione dell’epatite B
Patologie del
sistema emolinfopoietico
neutropenia1 Neutropenia tardiva2 Reazione simil malattia da siero
Classificazione per
sistemi e organi
Molto comune Comune Non comune Raro Molto raro
Disturbi del sistema
immunitario
3Reazioni correlate
all’infusione (ipertensione, nausea, rash, piressia, prurito, orticaria, irritazione alla gola, vampate, ipotensione, rinite, rigidità, tachicardia, affaticamento, dolore orofaringeo, edema periferico,
eritema)
3Reazioni
correlate all’infusione (edema generalizzato, broncospasmo, dispnea, edema laringeo, edema angioneurotico, prurito generalizzato, anafilassi, reazione anafilattoide)
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Disturbi del metabolismo e della
nutrizione
ipercolesterolemia
Disturbi psichiatrici depressione, ansia
Patologie del sistema nervoso cefalea parestesia,
emicrania vertigini, sciatica
Patologie cardiache angina pectoris,
fibrillazione atriale, insufficienza cardiaca,
infarto del miocardio
flutter atriale
Patologie gastrointestinali Dispepsia, diarrea,
reflusso gastroesofageo, ulcerazione della bocca, dolore della
parte addominale superiore
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo alopecia Necrolisi Epidermica
Tossica (sindrome di
Lyell), sindrome di Stevens-Johnson5
Patologie del sistema
muscoloscheletrico
artralgia / dolore
muscoloscheletrico, osteoartrite, borsiti
Esami diagnostici ridotti livelli di
IgM4
ridotti livelli di
IgG4

1 Categoria di frequenza derivante dai valori di laboratorio raccolti nell’ambito del monitoraggio laboratoristico di routine

negli studi clinici.

2 Categoria di frequenza derivante dai dati post-marketing.

3 Reazioni che si verificano durante o entro le 24 ore dall’infusione. Vedere anche il sottostante paragrafo sulle reazioni correlate all’infusione. Le IRR possono anche dipendere da ipersensibilità e/o dal meccanismo d’azione.

4 Include osservazioni raccolte nell’ambito del monitoraggio laboratoristico di routine.

5 Include casi fatali.

Cicli ripetuti

Cicli ripetuti di trattamento sono associati ad un profilo di reazioni avverse simile a quello osservato in seguito alla prima esposizione. La percentuale di tutte le reazioni avverse successivamente alla prima esposizione a rituximab era più alta durante i primi 6 mesi e diminuiva in seguito. Questo si verificava soprattutto per le IRR (più frequentemente durante il primo trattamento), l’esacerbazione dell’artrite reumatoide e le infezioni; tutte queste erano più frequenti nei primi 6 mesi di trattamento.

Descrizione di una selezione di reazioni avverse

Reazioni correlate all’infusione

Negli studi clinici le reazioni avverse da farmaco (ADR) più frequenti dopo il trattamento con

rituximab erano le IRR (vedere tabella 2). Tra i 3.189 pazienti trattati con rituximab, 1.135 (36 %) ha mostrato almeno una IRR con 733/3.189 (23 %) di pazienti che hanno manifestato una IRR successiva alla prima infusione del primo trattamento con rituximab. L’incidenza delle IRR diminuisce con le infusioni successive. Negli studi clinici meno dell’1 % (17/3.189) dei pazienti hanno manifestato un IRR grave. Non ci sono state IRR di grado 4 secondo i criteri comuni di tossicità (CTC) e nessun caso di morte dovuto a IRR negli studi clinici. La proporzione di eventi di grado 3 secondo CTC e le IRR che portavano alla sospensione del trattamento si riduceva nel corso dei trattamenti e risultavano rare dal terzo ciclo in poi. La premedicazione con glucocorticoide endovena ha ridotto in modo significativo l’incidenza e la gravità delle IRR (vedere paragrafi 4.2 e 4.4). Sono stati riportati casi gravi di IRR con esito fatale nella fase post-marketing.

In uno studio disegnato per valutare la sicurezza di un’infusione più rapida di rituximab in pazienti affetti da artrite reumatoide, ai pazienti con artrite reumatoide attiva da moderata a grave che non hanno manifestato una IRR grave durante o entro le 24 ore successive alla prima infusione studiata, è stato concesso di sottoporsi a un’infusione endovenosa di rituximab della durata di 2 ore. I pazienti con anamnesi di grave reazione all’infusione di una terapia biologica per l’artrite reumatoide non sono stati ammessi allo studio. L’incidenza, le tipologie e la gravità delle IRR erano coerenti con i dati storici. Non sono state osservate IRR gravi.

Infezioni

L’incidenza globale di infezioni era di circa 94 su 100 pazienti/anno nel gruppo trattato con rituximab. Le infezioni erano soprattutto da lievi a moderate e comprendevano principalmente infezioni delle vie aeree superiori e del tratto urinario. L’incidenza delle infezioni gravi o che richiedevano antibiotico e.v. era di circa 4 su 100 pazienti/anno. L’incidenza delle infezioni gravi non ha mostrato alcun aumento significativo in seguito a cicli ripetuti con rituximab. Nel corso degli studi clinici sono state riportate infezioni del basso tratto respiratorio (inclusa pneumonia), con incidenza simile nei gruppi trattati con rituximab rispetto ai gruppi di controllo.

Casi di leucoencefalopatia multifocale progressiva con esito fatale sono stati riportati in seguito all’uso di rituximab per il trattamento di patologie autoimmuni. Queste includono l’artrite reumatoide e patologie autoimmuni fuori indicazione, quali il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) e la vasculite.

Sono stati riportati casi di riattivazione di epatite B in pazienti con linfoma di non-Hodgkin che avevano ricevuto rituximab in combinazione con chemioterapia citotossica (vedere linfoma non- Hodgkin). Molto raramente sono state anche riportate riattivazioni di infezione da epatite B in pazienti con AR che avevano ricevuto rituximab (vedere paragrafo 4.4).

Reazioni avverse cardiovascolari

Reazioni cardiache gravi sono state osservate con un’incidenza di 1,3 su 100 pazienti/anno tra quelli trattati con rituximab e 1,3 su 100 pazienti/anno nei pazienti trattati con placebo. La proporzione di pazienti con reazioni cardiache (tutte o gravi) non è aumentata nei vari cicli.

Eventi neurologici

Sono stati segnalati casi di sindrome encefalopatica posteriore reversibile (PRES)-sindrome leucoencefalopatica posteriore reversibile (RPLS). Segni e sintomi includevano disturbi della vista, mal di testa, convulsioni e alterazione dello stato mentale, con o senza ipertensione associata. Una diagnosi di PRES/RPLS richiede la conferma attraverso imaging cerebrale. I casi descritti presentavano fattori di rischio noti per PRES/RPLS, tra cui la malattia di base dei pazienti, ipertensione, terapia immunosoppressiva e/o chemioterapia.

Neutropenia

In seguito a trattamento con rituximab sono stati osservati casi di neutropenia, la maggior parte dei quali erano transitori e di intensità lieve o moderata. La neutropenia può verificarsi diversi mesi dopo la somministrazione di rituximab (vedere paragrafo 4.4).

Negli studi clinici controllati verso placebo, lo 0,94 % (13/382) dei pazienti trattati con rituximab e lo 0,27 % (2/731) dei pazienti trattati con placebo ha sviluppato neutropenia grave.

Nell’esperienza post-marketing eventi neutropenici, inclusa neutropenia ad esordio tardivo grave e persistente, alcuni dei quali sono stati associati ad infezioni fatali, sono stati segnalati raramente.

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Sono stati segnalati molto raramente casi di necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e sindrome di Stevens-Johnson, alcuni ad esito fatale.

Anomalie di laboratorio

In pazienti con artrite reumatoide trattati con rituximab è stata osservata ipogammaglobulinemia (IgG o IgM sotto il limite inferiore della norma). Non c’è stato aumento della percentuale di infezioni generali o gravi in seguito a bassi livelli di IgG o IgM (vedere paragrafo 4.4).

Nei pazienti pediatrici trattati con rituximab sono stati osservati un piccolo numero di casi spontanei e di letteratura riferiti a ipogammaglobulinemia, in alcuni casi gravi e che hanno richiesto una terapia sostitutiva con immunoglobuline a lungo termine. Le conseguenze della deplezione a lungo termine delle cellule B nei pazienti pediatrici non sono note.

Esperienza clinica nella granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica

Induzione della remissione

In uno studio clinico 99 pazienti sono stati trattati con rituximab (375 mg/m2, una volta alla settimana per 4 settimane) e glucocorticoidi per l’induzione della remissione della granulomatosi con poliangite e della poliangite microscopica (vedere paragrafo 5.1).

Le ADR elencate nella tabella 3 rappresentano tutti gli eventi avversi che si sono verificati con un’incidenza 5 % nel gruppo rituximab e ad una frequenza più alta rispetto al gruppo di confronto.

Tabella 3: Reazioni avverse da farmaco verificatesi a 6 mesi in 5 % dei pazienti che hanno ricevuto rituximab per l’induzione della remissione della granulomatosi con poliangite e della poliangite microscopica e ad una frequenza più alta rispetto al gruppo di confronto.

Sistema corporeo
Reazione avversa
Rituximab (n=99)
Infezioni ed infestazioni
Infezioni del tratto urinario 7 %
Bronchite 5 %
Herpes zoster 5 %
Nasofaringite 5 %
Patologie del sistema emolinfopoietico
Trombocitopenia 7 %
Disturbi del sistema immunitario
Sindrome da rilascio delle citochine 5 %
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Iperpotassiemia 5 %
Disturbi psichiatrici
Insonnia 14 %
Patologie del sistema nervoso
Capogiro 10 %
Tremore 10 %
Patologie vascolari
Ipertensione 12 %
Rossore 5 %
Sistema corporeo
Reazione avversa
Rituximab (n=99)
Patologie respiratorie, toraciche
e mediastiniche
Tosse 12 %
Dispnea 11 %
Epistassi 11 %
Congestione nasale 6 %
Patologie
gastrointestinali
Diarrea 18 %
Dispepsia 6 %
Costipazione 5 %
Patologie della cute e
del tessuto sottocutaneo
Acne 7 %
Patologie del sistema muscoloscheletrico
e del tessuto connettivo
Spasmi muscolari 18 %
Artralgia 15 %
Dolore alla schiena 10 %
Debolezza muscolare 5 %
Dolore muscoloscheletrico 5 %
Dolore alle estremità 5 %
Patologie sistemiche e condizioni relative
alla sede di somministrazione
Edema periferico 16 %
Esami diagnostici
Riduzione dell’emoglobina 6 %

Terapia di mantenimento

In un ulteriore studio clinico 57 pazienti in totale affetti da granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica attiva di grado grave, in remissione patologica, sono stati trattati con rituximab per il mantenimento della remissione (vedere paragrafo 5.1).

Tabella 4 Reazioni avverse da farmaco verificatesi in 5% dei pazienti che hanno ricevuto rituximab come terapia di mantenimento per granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica e ad una frequenza più alta rispetto al gruppo di confronto.

Classificazione per sistemi e organi
Reazione avversa da farmaco1
Rituximab (n=57)
Infezioni ed infestazioni
Bronchite 14%
Rinite 5%
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Piressia 9%
Malattia simil-influenzale 5%
Edema periferico 5%
Patologie gastrointestinali
Diarrea 7%
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Dispnea 9%
Traumatismo, avvelenamento e
complicazioni da procedura
Reazioni correlate all’infusione2 12%
1Gli eventi sono stati considerati reazioni avverse da farmaco soltanto dopo un’attenta valutazione e laddove risultasse almeno ragionevolmente possibile l’esistenza di un nesso causale tra il prodotto medicinale e l’evento avverso.

2 Informazioni più dettagliate sulle reazioni correlate all’infusione sono fornite nel paragrafo
“Descrizione di una selezione di reazioni avverse da farmaco”.

Il profilo di sicurezza complessivo è risultato coerente con quello ben definito di rituximab nelle indicazioni autoimmuni approvate, ivi incluse granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica. Nel complesso il 4% dei pazienti nel braccio trattato con rituximab ha manifestato eventi avversi che hanno comportato l’interruzione della terapia. Gli eventi avversi nel braccio trattato con rituximab erano, per la maggior parte, di intensità da lieve a moderata. Nel braccio trattato con rituximab nessun paziente ha sviluppato eventi avversi con esito fatale.

Gli eventi più frequentemente segnalati e considerati reazioni avverse da farmaco sono stati infezioni e reazioni correlate all’infusione.

In uno studio di sicurezza a lungo termine di tipo osservazionale, 97 pazienti affetti da granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica hanno ricevuto il trattamento con rituximab (media di 8 infusioni [range da 1 a 28]) fino a un massimo di 4 anni, a discrezione dei rispettivi medici e secondo la loro pratica abituale. Il profilo di sicurezza complessivo è risultato coerente con quello ben definito di rituximab nell’artrite reumatoide e nella granulomatosi con poliangite/poliangite microscopica, e non sono state segnalate nuove reazioni avverse da farmaco.

Descrizione di una selezione di reazioni avverse da farmaco

Reazioni correlate all’infusione

Nello studio clinico che ha valutato l’induzione della remissione in pazienti affetti da granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica attiva di grado severo, le IRR sono state definite come qualsiasi evento avverso verificatosi entro 24 ore dall’infusione e considerato correlato all’infusione dallo sperimentatore nella popolazione studiata per la sicurezza. Dei 99 pazienti trattati con rituximab e il 12 (12%) hanno manifestato almeno una IRR. Tutte le IRR erano di grado 1 o 2 secondo CTC. L’IRR più comune comprendeva la sindrome da rilascio di citochine, vampate di calore, irritazione alla gola e tremore. rituximab è stato somministrato in associazione con glucocorticoidi per via endovenosa che possono ridurre l’incidenza e la severità di questi eventi.

Nello studio clinico che ha valutato la terapia di mantenimento, 7 su 57 (12%) pazienti nel braccio trattato con rituximab hanno manifestato almeno una IRR. L’incidenza dei sintomi indicativi di IRR è risultata maggiore durante o dopo la prima infusione (9%), mentre è diminuita con le infusioni successive (< 4%). Tutti i sintomi di IRR erano di intensità lieve o moderata e sono stati riportati principalmente sotto le voci “Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche” e “Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo” della classificazione per sistemi e organi.

Infezioni

Nello studio clinico sull’induzione della remissione, che ha coinvolto 99 pazienti trattati con rituximab, il tasso complessivo di infezioni è stato circa 237 per 100 paziente-anno (95 % IC 197-285) all’endpoint primario a 6 mesi. Le infezioni erano prevalentemente da lievi a moderate e consistevano principalmente in infezioni del tratto respiratorio, herpes zoster ed infezioni del tratto urinario. Il tasso di infezioni serie era di circa 25 per 100 paziente-anno.

L’infezione grave più frequentemente segnalata nel gruppo rituximab è stata la polmonite con una

frequenza del 4 %.

Nello studio clinico sulla terapia di mantenimento, 30 su 57 (53%) pazienti nel braccio trattato con rituximab hanno manifestato infezioni. L’incidenza di infezioni di qualsiasi grado è risultata simile tra i bracci di trattamento. Le infezioni erano prevalentemente lievi e moderate e quelle più frequentemente segnalate nel braccio trattato con rituximab includevano infezioni del tratto respiratorio superiore, gastroenterite, herpes zoster e infezioni del tratto urinario. L’incidenza di infezioni gravi è risultata simile in entrambi i gruppi di trattamento (circa 12%). L’infezione grave più frequentemente segnalata nel gruppo rituximab è stata la bronchite di intensità lieve o moderata.

Neoplasie

Nello studio clinico sull’induzione della remissione, l’incidenza di neoplasie nei pazienti trattati con rituximab negli studi clinici riferiti alla granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica era di 2,00 per 100 paziente-anno alla data di chiusura comune dello studio (quando l’ultimo paziente aveva completato il periodo di follow-up).

Sulla base del rapporto standardizzato per l’incidenza, l’incidenza di neoplasie sembra essere simile a quanto precedentemente riportato in pazienti con vasculite ANCA associata.

Reazioni avverse cardiovascolari

Nello studio clinico sull’induzione della remissione, si sono verificati eventi cardiaci con un tasso di circa 273 per 100 paziente-anno (95 % IC 149-470) all’endpoint primario a 6 mesi. Il tasso di eventi cardiaci seri era di 2,2 per 100 paziente-anno (95 % IC 3-15). L’evento avverso segnalato più frequentemente è stata la tachicardia (4 %) e la fibrillazione atriale (3 %) (vedere paragrafo 4.4).

Eventi neurologici

Nell’ambito delle patologie autoimmuni sono stati segnalati casi di sindrome encefalopatica posteriore reversibile (PRES)-sindrome leucoencefalopatica posteriore reversibile (RPLS). Segni e sintomi includevano disturbi della vista, mal di testa, convulsioni e alterazione dello stato mentale, con o senza ipertensione associata. Una diagnosi di PRES/RPLS richiede la conferma attraverso imaging cerebrale. I casi descritti presentavano fattori di rischio noti per PRES/RPLS, tra cui la malattia di base dei pazienti, ipertensione, terapia immunosoppressiva e / o chemioterapia.

Riattivazione dell’epatite B

Un piccolo numero di casi di riattivazione di epatite B, alcuni ad esito fatale, sono stati segnalati in pazienti affetti da granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica in trattamento con rituximab nella fase post-marketing.

Ipogammaglobulinemia

In pazienti affetti da granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica in trattamento con rituximab, è stata osservata ipogammaglobulinemia (IgA, IgG o IgM al di sotto del limite inferiore di normalità). Dopo lo sviluppo di bassi livelli di IgA, IgG o IgM non è stato osservato alcun incremento del tasso di infezioni complessive o di infezioni serie.

Nello studio clinico sull’induzione della remissione, a 6 mesi, gruppo rituximab, il 27 %, 58 % e 51 % dei pazienti con livelli normali di immunoglobuline al basale avevano bassi livelli di IgA, IgG e IgM, rispettivamente rispetto al 25 %, 50 % e 46 % del gruppo ciclofosfamide.

Nello studio clinico sulla terapia di mantenimento, non sono state osservate differenze clinicamente significative tra i due bracci di trattamento, né riduzioni dei livelli totali di immunoglobuline (IgG, IgM o IgA) per l’intera durata dello stesso.

Neutropenia

Nello studio clinico sull’induzione della remissione, il 24 % dei pazienti nel gruppo rituximab (singolo ciclo) e il 23 % dei pazienti nel gruppo ciclofosfamide hanno sviluppato neutropenia di grado 3 o superiore secondo CTC. La neutropenia non è stata associata ad un osservato incremento di infezioni serie nei pazienti trattati con rituximab. .

Nello studio clinico sulla terapia di mantenimento, l’incidenza di neutropenia di qualsiasi grado è risultata pari allo 0% per i pazienti trattati con rituxiamb rispetto al 5% per i pazienti trattati con azatioprina.

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Sono stati riportati molto raramente episodi di necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e sindrome di Stevens-Johnson, alcuni con esito fatale.

Esperienza clinica nel pemfigo volgare

Riassunto del profilo di sicurezza

Il profilo di sicurezza di rituximab in associazione a terapia con bassa dose di glucocorticoidi a breve termine nel trattamento di pazienti con pemfigo volgare è stato valutato in uno studio clinico di fase III, randomizzato, controllato, multicentrico e in aperto, condotto su pazienti affetti da pemfigo, di cui 38 con pemfigo volgare (PV). Questi ultimi, randomizzati al gruppo rituximab, hanno ricevuto un’infusione endovenosa iniziale di 1000 mg il giorno 1 e una seconda infusione endovenosa di 1000 mg il giorno 15. La somministrazione per via endovenosa delle dosi di mantenimento da 500 mg è avvenuta al mese 12 e 18. Al momento della ricaduta i pazienti potevano essere trattati con un’infusione endovenosa di 1000 mg (vedere paragrafo 5.1).

Il profilo di sicurezza di rituximab in pazienti affetti da pemfigo volgare è risultato coerente con quello osservato in pazienti affetti da artrite reumatoide e granulomatosi con poliangite/poliangite microscopica.

Elenco delle reazioni avverse sotto forma di tabella

Le ADR riportate nella tabella 5 rappresentano tutti gli eventi avversi che si sono verificati con un tasso  5% nei pazienti affetti da pemfigo volgare trattati con rituximab, con una differenza assoluta

 2% in termini di incidenza tra il gruppo trattato con rituximab e il gruppo trattato con prednisone a dose standard fino al mese 24. Nessun paziente ha dovuto interrompere la terapia a causa di una ADR.

Tabella 5 Reazioni avverse da farmaco verificatesi nei pazienti affetti da pemfigo volgare trattati con rituximab nell’ambito dello studio clinico fino al mese 24

Classificazione per sistemi e organi
Reazione avversa da farmaco
Rituximab  prednisone a bassa dose (n  38)
Traumatismo, avvelenamento e complicazioni da procedura
Reazioni correlate all’infusione* 58%
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Alopecia 13%
Prurito 5%
Orticaria 5%
Patologie della cute 5%
Disturbi psichiatrici
Disturbo depressivo persistente 13%
Depressione maggiore 5%
Irritabilità 5%
Infezioni ed infestazioni
Infezione da virus herpetici 8%
Herpes zoster 5%
Herpes orale 5%
Congiuntivite 5%
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Stanchezza 8%
Piressia 5%
Patologie del sistema nervoso
Cefalea 5%
Capogiro 5%
Patologie gastrointestinali
Dolore al quadrante addominale superiore 5%
Patologie cardiache
Tachicardia 5%
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Dolore muscoloscheletrico 5%
Tumori benigni, maligni e
non specificati (cisti e polipi compresi)
Papilloma cutaneo 5%
* Le IRR hanno incluso i sintomi raccolti in occasione della visita successiva prevista dopo ogni infusione e gli eventi avversi verificatisi il giorno dell’infusione o un giorno dopo la stessa.
I sintomi/termini preferiti associati alle IRR più frequentemente riportati hanno incluso cefalea, brividi, ipertensione, nausea, astenia e dolore.

Descrizione di una selezione di reazioni avverse

Reazioni correlate all’infusione

Nello studio clinico sul pemfigo volgare le reazioni correlate all’infusione (IRR) sono state comuni (58%) e quasi tutte di intensità da lieve a moderata. La percentuale di pazienti che ha manifestato una IRR è stata pari al 29% (11 pazienti), 40% (15 pazienti), 13% (5 pazienti) e 10% (4 pazienti) a seguito, rispettivamente, della prima, della seconda, della terza e della quarta infusione. Nessun paziente ha dovuto interrompere la terapia a causa di una IRR. La tipologia e la gravità dei sintomi di IRR sono risultate simili a quelle osservate nei pazienti affetti da artrite reumatoide e granulomatosi con poliangite/poliangite microscopica.

Infezioni

Nel gruppo rituximab 14 pazienti (37%) hanno manifestato infezioni correlate al trattamento rispetto a 15 pazienti (42%) nel gruppo prednisone a dose standard. Le infezioni più frequentemente segnalate nel gruppo rituximab sono state infezioni da herpes simplex e zoster, bronchite, infezioni del tratto urinario, infezioni fungine e congiuntivite. Tre pazienti (8%) nel gruppo rituximab hanno manifestato, in totale, 5 infezioni gravi (polmonite da Pneumocystis jirovecii, trombosi infettiva, discite intervertebrale, infezione polmonare, sepsi da Staphylococcus) e un paziente (3%) nel gruppo prednisone a dose standard ha sviluppato un’infezione grave (polmonite da Pneumocystis jirovecii).

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale

è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell’Allegato V.

04.9 Sovradosaggio

Indice

Dagli studi clinici condotti sull’uomo è disponibile una limitata esperienza con dosi superiori a quella approvata per la formulazione endovenosa di rituximab. La più alta dose di rituximab per via endovenosa testata finora sull’uomo è 5.000 mg (2250 mg/m2), sperimentata in uno studio con aumento scalare della dose in pazienti affetti da leucemia linfatica cronica. Non sono stati identificati ulteriori segnali di sicurezza.

I pazienti che manifestano sovradosaggio devono interrompere immediatamente l’infusione ed essere attentamente monitorati.

Successivamente alla commercializzazione sono stati riportati cinque casi di sovradosaggio di rituximab. Tre di questi casi non hanno riportato eventi avversi. I due eventi avversi che sono stati riportati erano sintomi simil-influenzali con una dose di 1,8 g di rituximab e insufficienza respiratoria ad esito fatale con una dose da 2 g di rituximab.

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

Indice

Categoria farmacoterapeutica: agenti antineoplastici, anticorpi monoclonali, codice ATC: L01XC02

Truxima è un medicinale biosimilare. Informazioni più dettagliate sono disponibili sul sito web della Agenzia europea dei medicinali: http://www.ema.europa.eu.

Rituximab si lega in modo specifico all’antigene transmembranico CD20, una fosfoproteina non glicosilata, che si trova sui linfociti pre-B e sui linfociti B maturi. L’antigene viene espresso su oltre il 95 % di tutti i linfomi non-Hodgkin a cellule B (NHLs).

Il CD20 si ritrova nelle cellule B normali e neoplastiche, ma non sulle cellule staminali emopoietiche, sulle cellule pro-B, sulle plasmacellule normali o su altri tessuti normali. L’antigene non viene internalizzato dopo legame anticorpale e non viene disseminato dalla superficie cellulare. Il CD20 non circola nel sangue come antigene libero e quindi non compete con il legame degli anticorpi.

Il dominio Fab del rituximab si lega all’antigene CD20 sui linfociti B e il dominio Fc può attivare le funzioni effettrici del sistema immunitario con lo scopo di provocare la lisi delle cellule B. I meccanismi possibili della lisi cellulare mediata dall’effettore comprendono la citotossicità complemento-dipendente (CDC) attraverso il legame con il C1q e la citotossicità cellulare anticorpo- dipendente (ADCC) mediata da uno o più recettori Fcγ sulla superficie di granulociti, macrofagi e cellule NK. E’ stato anche dimostrato che il legame del rituximab all’antigene CD20 sui linfociti B induce la morte cellulare per apoptosi.

La conta delle cellule B periferiche è scesa al di sotto dei valori normali successivamente alla somministrazione della prima dose di rituximab. Nei pazienti trattati per tumori ematologici, il ripristino delle cellule B è iniziato entro 6 mesi dal trattamento e generalmente ritorna ai livelli di normalità entro 12 mesi dopo il completamento della terapia, sebbene in alcuni pazienti il recupero può essere più lungo (con una mediana di recupero di 23 mesi dopo la terapia di induzione). Nei pazienti con artrite reumatoide, la deplezione immediata delle cellule B nel sangue periferico è stata osservata in seguito a due infusioni da 1.000 mg ciascuna di rituximab, separate da un intervallo di 14 giorni. La conta periferica delle cellule B inizia ad aumentare dalla settimana 24 e segnali di ripristino si osservano nella maggior parte dei pazienti dalla settimana 40, sia quando rituximab è somministrato in monoterapia, sia quando è somministrato in associazione con metotrexato. Una

piccola percentuale di pazienti ha manifestato una deplezione prolungata delle cellule B periferiche per 2 anni o oltre dopo l’ultima dose di rituximab. Nei pazienti con granulomatosi con poliangite o poliangite microscopica, il numero delle cellule B del sangue periferico si è ridotto a < 10 cellule/µl dopo due infusioni settimanali di rituximab 375 mg/m2, ed è rimasto a questo livello nella maggior parte dei pazienti fino al time point di 6 mesi. La maggior parte dei pazienti (81 %) ha mostrato segni di ricostituzione delle cellule B con conta > 10 cellule/µl entro 12 mesi, raggiungendo l’87 % dei pazienti entro il mese 18.

Esperienza clinica nel linfoma non-Hodgkin e nella leucemia linfatica cronica

Linfoma follicolare

Monoterapia

Trattamento iniziale, settimanale per 4 dosi

Nello studio registrativo, 166 pazienti con NHL ricaduto o chemioresistente a basso grado o follicolare a cellule B hanno ricevuto 375 mg/m

2

di rituximab in infusione endovenosa una volta alla settimana per quattro settimane. La percentuale di risposte globali (ORR) nella popolazione valutata secondo l’intent to treat analysis (ITT) è stata del 48 % (IC95 % 41 % – 56 %) con un 6 % di risposte complete (CR) e un 42 % di risposte parziali (PR). La proiezione della mediana del tempo alla progressione (TTP) per i pazienti che hanno risposto è stata di 13,0 mesi. In un’analisi per sottogruppi, l’ORR è stata più elevata in pazienti con sottotipi istologici IWF B, C e D rispetto a quelli con sottotipo istologico IWF A (58 % contro 12 %), in pazienti con diametro maggiore della lesione < 5 cm rispetto a quelli con diametro > 7 cm (53 % contro 38 %) e in pazienti con ricaduta chemiosensibile rispetto a quelli con ricaduta chemioresistente (definita come durata della risposta < 3 mesi) (50 % contro 22 %). L’ORR nei pazienti precedentemente trattati con trapianto di midollo osseo autologo (ABMT) è stata del 78 % contro il 43 % dei pazienti non precedentemente trattati con ABMT. Età, sesso, grado di linfoma, diagnosi iniziale, presenza o assenza di malattia bulky, LDH normale o elevata, presenza di malattia extranodale non hanno avuto un effetto statisticamente significativo (test esatto di Fisher) sulla risposta a rituximab. Una correlazione statisticamente significativa è stata identificata tra la percentuale di risposta e il coinvolgimento del midollo osseo. Il 40 % dei pazienti con coinvolgimento del midollo osseo ha risposto contro il 59 % dei pazienti senza coinvolgimento del midollo osseo

(p = 0,0186). Questo risultato non è stato supportato dall’analisi cosiddetta “stepwise logistic regression” nella quale i seguenti fattori sono stati identificati come fattori prognostici: tipo istologico, positività bcl-2 al basale, resistenza all’ultima chemioterapia e malattia bulky.

Trattamento iniziale, settimanale per 8 dosi

In uno studio multicentrico, a un singolo braccio di trattamento, 37 pazienti con NHL ricaduto o chemioresistente, a basso grado o follicolare a cellule B hanno ricevuto rituximab 375 mg/m2 in infusione endovenosa settimanale per otto dosi. L’ORR è stata del 57 % (Intervallo di confidenza (IC) al 95 %: 41 % – 73 %; CR 14 %, PR 43 %) con una proiezione della mediana del TTP per i pazienti responsivi di 19,4 mesi (intervallo da 5,3 a 38,9 mesi).

Trattamento iniziale, malattia bulky, settimanale per 4 dosi

In un pool di dati di 3 studi, 39 pazienti con NHL ricaduto o chemioresistente, malattia bulky (singola lesione ≥ 10 cm di diametro), a basso grado o follicolare a cellule B, hanno ricevuto rituximab

375 mg/m2 in infusione endovenosa settimanale per quattro dosi. L’ORR è stata del 36 % (IC95 %

21 % – 51 %; CR 3 %, PR 33 %) con una mediana di TTP per i pazienti responsivi di 9,6 mesi (intervallo 4,5-26,8 mesi).

Ritrattamento, settimanale per 4 dosi

In uno studio multicentrico, con un singolo braccio di trattamento, 58 pazienti con NHL ricaduto o chemioresistente a basso grado o follicolare a cellule B, che avevano ottenuto una risposta clinica obiettiva ad un precedente ciclo di trattamento con rituximab, sono stati ritrattati con 375 mg/m2 di rituximab in infusione endovenosa settimanale per quattro dosi. Tre di questi pazienti avevano ricevuto due cicli di rituximab prima di essere arruolati e, cosi, hanno ricevuto un terzo ciclo nello studio. Due pazienti sono stati ritrattati due volte nello studio. Per i 60 ritrattamenti nello studio, la

ORR è stata del 38 % (IC95 % 26 % – 51 %; 10 % CR, 28 % PR) con una proiezione della mediana del TTP per i pazienti responsivi di 17,8 mesi (intervallo 5,4-26,6). Questo dato si presenta migliore rispetto al TTP ottenuto dopo il primo ciclo di rituximab (12,4 mesi).

Trattamento iniziale, in combinazione con chemioterapia

In uno studio clinico in aperto randomizzato, 322 pazienti totali con linfoma follicolare precedentemente non trattati sono stati randomizzati a ricevere o chemioterapia CVP (ciclofosfamide 750 mg/m2, vincristina 1,4 mg/m2 fino a un massimo di 2 mg il giorno 1, e prednisolone 40 mg/m2/die i giorni 1-5) ogni 3 settimane per 8 cicli o rituximab 375 mg/m2 in associazione con CVP (R-CVP).

Rituximab è stato somministrato il primo giorno di ogni ciclo di trattamento. 321 pazienti totali (162 R-CVP, 159 CVP) hanno ricevuto la terapia e sono stati analizzati per efficacia. La mediana di follow- up dei pazienti era 53 mesi. R-CVP ha portato a un beneficio significativo rispetto a CVP per l’endpoint primario, cioè il tempo al fallimento del trattamento (27 mesi rispetto a 6,6 mesi,

p < 0,0001, log-rank test). La percentuale di pazienti con risposta tumorale (RC, RCu, RP) è stata significativamente più elevata (p < 0,0001, test del chi-quadrato) nel gruppo R-CVP (80,9 %) rispetto al gruppo CVP (57,2 %). Il trattamento con R-CVP ha prolungato significativamente il tempo alla progressione della malattia o alla morte se confrontato a CVP, 33,6 mesi e 14,7 mesi, rispettivamente (p< 0,0001, log-rank test). La mediana di durata della risposta è stata di 37,7 mesi nel gruppo R-CVP e di 13,5 mesi nel gruppo CVP (p < 0,0001, log-rank test).

La differenza tra i gruppi di trattamento riguardo la sopravvivenza globale ha evidenziato una differenza clinica significativa (p = 0,029, log-rank test stratificato per centro): la percentuale di sopravvivenza a 53 mesi è stata 80,9 % per i pazienti nel gruppo R-CVP in confronto a 71,1 % per i pazienti nel gruppo CVP.

Anche i risultati di altri tre studi randomizzati con impiego di rituximab in associazione con regimi di chemioterapia diversi da CVP (CHOP, MCP, CHVP/Interferone-α) hanno dimostrato miglioramenti significativi in termini di percentuali di risposta, parametri dipendenti dal tempo e sopravvivenza globale. I risultati più importanti di tutti e quattro gli studi sono riassunti nella tabella 6.

Tabella 6 Riassunto dei risultati più importanti dei quattro studi randomizzati di fase III che hanno valutato il beneficio di rituximab con diversi regimi di chemioterapia nel linfoma follicolare.

Studio Trattamento, N Mediana di FU, mesi ORR,
%
CR,
%
Mediana TTF/PFS/ EFS
mesi
OS
percentuali,
%
M39021 CVP, 159
R-CVP, 162
53 57

81

10

41

Mediana TTP: 14,7
33,6
p< 0,0001
53-mesi 71,1
80,9
p = 0,029
GLSG’00 CHOP, 205
R-CHOP, 223
18 90

96

17

20

Mediana TTF: 2,6 anni
Non raggiunta p < 0,001
18-mesi 90
95
p = 0,016
OSHO-39 MCP, 96
R-MCP, 105
47 75

92

25

50

Mediana PFS: 28,8 Non raggiunta
p < 0,0001
48-mesi 74
87
p = 0,0096
FL2000 CHVP-IFN, 183
R-CHVP-IFN,
175
42 85

94

49

76

Mediana EFS: 36 Non raggiunta
p < 0,0001
42-mesi 84
91
p = 0,029
Studio Trattamento, N Mediana di FU,
mesi
ORR,
%
CR,
%
Mediana TTF/PFS/ EFS
mesi
OS
percentuali,
%

EFS – Sopravvivenza libera da eventi TTP – Tempo alla progressione o morte

PFS – Sopravvivenza libera da progressione TTF – Tempo al fallimento del trattamento

OS percentuali – percentuali di sopravvivenza al tempo dell’analisi

Terapia di mantenimento

Linfoma follicolare non precedentemente trattato

In uno studio prospettico, in aperto, internazionale, multicentrico, di fase III 1.193 pazienti con linfoma follicolare avanzato non precedentemente trattato hanno ricevuto terapia di induzione con

R-CHOP (n = 881), R-CVP (n = 268) o R-FCM (n = 44), in base alla scelta dello sperimentatore. Un totale di 1.078 pazienti hanno risposto alla terapia di induzione, dei quali 1.018 sono stati randomizzati alla terapia di mantenimento con rituximab (n = 505) o osservazione (n = 513). I due gruppi di trattamento erano ben bilanciati riguardo le caratteristiche al basale e lo stato di malattia. Il trattamento di mantenimento con rituximab è stato costituito da una singola infusione di rituximab somministrato alla dose di 375 mg/m2 di superficie corporea ogni 2 mesi fino a progressione della malattia o per un periodo massimo di 2 anni.

L’analisi primaria prespecifica è stata condotta a un tempo mediano di osservazione di 25 mesi dalla randomizzazione, la terapia di mantenimento con rituximab ha prodotto un miglioramento clinicamente rilevante e statisticamente significativo dell’endpoint primario della sopravvivenza libera da progressione (PFS) valutata dallo sperimentatore se confrontato con l’osservazione in pazienti con linfoma follicolare non precedentemente trattati (tabella 7).

Un beneficio significativo dato dal trattamento di mantenimento con rituximab è stato osservato anche per gli endpoint secondari sopravvivenza libera da eventi (EFS), tempo al successivo trattamento anti- linfoma (TNLT), tempo alla successiva chemioterapia (TNCT) e percentuale di risposta globale (ORR) nell’analisi primaria (tabella 7).

I dati ottenuti dal follow-up esteso di pazienti nello studio (follow-up mediano di 9 anni) hanno confermato il beneficio a lungo termine della terapia di mantenimento di rituximab in termini di PFS, EFS, TNLT e TNCT (tabella 7).

Tabella 7 Sintesi dei risultati di efficacia di mantenimento con Rituximab vs. osservazione all’analisi primaria definita dal protocollo e dopo 9 anni di follow-up mediano (analisi finale)

Analisi primaria
(FU mediano: 25
Analisi finale
(FU mediano: 9
Osservazione Rituxima Osservazione Rituxima
Primario di efficacia
Sopravvivenza libera da
NR NR 4,06 anni 10,49 anni
progressione (mediana)
log-rank valore di p <0,0001 <0.0001
rischio relativo (95% IC) 0,50 (0,39; 0,64) 0.61 (0,52; 0,73)
riduzione di rischio 50% 39%
Secondario di efficacia
Sopravvivenza globale (mediana) NR NR NR NR
log-rank valore di p 0,7246 0,7948
hazard ratio (95% IC) 0,89 (0,45; 1,74) 1.04 (0,77; 1,40)
riduzione di rischio 11% -6%
Sopravvivenza libera da eventi (mediana) 38 mesi NR 4.04 anni 9.25 anni
log-rank valore di p <0,0001 <0,0001
rischio relativo (95% IC) 0,54 (0,43; 0,69) 0,64 (0,54; 0,76)
riduzione di rischio 46% 36%
TNLT (mediana) NR NR 6,11 anni NR
log-rank valore di p 0,0003 <0,0001
rischio relativo (95% IC) 0,61 (0,46; 0,80) 0,66 (0,55; 0,78)
riduzione di rischio 39% 34%
TNCT (mediana) NR NR 9.32 anni NR
log-rank valore di p 0,0011 0.0004
rischio relativo (95% IC) 0,60 (0,44; 0,82) 0,71 (0,59; 0,86)
riduzione di rischio 40% 39%
Percentuale di risposta globale * 55% 74% 61% 79%
Test del chi-quadrato valore di p <0,0001 <0,0001
odds ratio (95% IC) 2,33 (1,73; 3,15) 2,43 (1,84; 3,22)
Risposta completa (CR/CRu) 48% 67% 53% 67%
percentuale *
Test del chi-quadrato valore di p <0,0001 <0,0001
odds ratio (95% IC) 2,21 (1,65; 2,94) 2,34 (1,80; 3,03)

*al termine del mantenimento/osservazione; risultati dell’analisi finale basati sulla mediana di follow-up di 73 mesi. FU: follow-up; NR: non raggiungibile al tempo del cut off clinico; TNCT: tempo al successivo trattamento chemioterapico; TNLT: tempo al successivo trattamento anti-linfoma.

La terapia di mantenimento con rituximab ha fornito un consistente beneficio in tutti i sottogruppi testati: sesso (maschi, femmine), età (< 60 anni, >= 60 anni), FLIPI score (≤1, 2 o ≥3), terapia di induzione (R-CHOP, R-CVP o R-FCM) e indipendentemente dalla qualità della risposta alla terapia di induzione (CR, CRu o PR). Analisi esplorative del beneficio del trattamento di mantenimento hanno mostrato un effetto meno pronunciato nei pazienti anziani (> 70 anni di età), tuttavia le dimensioni del campione erano ridotte.

Linfoma follicolare ricaduto/refrattario

In uno studio prospettico, in aperto, internazionale, multicentrico, di fase III, 465 pazienti con linfoma follicolare ricaduto/resistente sono stati randomizzati in una prima fase alla terapia di induzione con CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e prednisolone; n = 231) o rituximab più CHOP

(R-CHOP, n = 234). I due gruppi di trattamento sono stati ben bilanciati riguardo le caratteristiche al basale e lo status di malattia. Un totale di 334 pazienti che hanno ottenuto una remissione completa o parziale dopo la terapia di induzione sono stati randomizzati in una seconda fase a terapia di mantenimento con rituximab (n = 167) o osservazione (n = 167). Il trattamento di mantenimento con rituximab era costituito da una singola infusione di rituximab a 375 mg/m2 di superficie corporea somministrata ogni 3 mesi fino alla progressione di malattia o per un periodo massimo di due anni.

L’analisi finale di efficacia ha incluso tutti i pazienti randomizzati in entrambe le parti dello studio. Dopo una mediana del tempo di osservazione di 31 mesi per i pazienti randomizzati nella fase di induzione, R-CHOP ha migliorato significativamente la prognosi di pazienti con linfoma follicolare ricaduto/resistente se confrontato con CHOP (vedere tabella 8).

Tabella 8 Fase di induzione: elenco dei risultati di efficacia di CHOP confrontato con R-CHOP (mediana del tempo di osservazione pari a 31 mesi).

CHOP R-CHOP valore p Riduzione del rischio1)
Variabili primarie di
efficacia
ORR2) CR2)
PR2)
74 %

16 %

58 %

87 %

29 %

58 %

0,0003
0,0005
0,9449
NA NA
NA

1) La stima è stata calcolata con il rischio relativo.

2) Ultima risposta tumorale come valutata dallo sperimentatore. Il test statistico “primario” per “risposta” è stato il trend test di CR rispetto a PR rispetto a non-risposta (p < 0,0001).

Abbreviazioni: NA, non disponibile; ORR: percentuale di risposte globali; CR: risposta completa; PR: risposta parziale.

Per i pazienti randomizzati alla fase di mantenimento dello studio, la mediana del tempo di osservazione è stata di 28 mesi dalla randomizzazione per il mantenimento. Il trattamento di mantenimento con rituximab ha portato ad un miglioramento clinico rilevante e statisticamente significativo per quanto riguarda l’endpoint primario, la PFS (tempo dalla randomizzazione per il mantenimento alla ricaduta, progressione di malattia o morte), quando confrontato con la sola osservazione (p < 0,0001 log-rank test). La mediana di PFS è stata di 42,2 mesi nel braccio mantenimento con rituximab rispetto a 14,3 mesi nel braccio osservazione. Usando l’analisi della regressione di Cox, il rischio di andare incontro a progressione di malattia o morte è stato ridotto del 61 % con il trattamento di mantenimento con rituximab rispetto alla sola osservazione (IC al 95 %: 45 % – 72 %). La stima di Kaplan-Meier della percentuale di pazienti liberi da progressione a 12 mesi è stata del 78 % nel gruppo di mantenimento con rituximab rispetto al 57 % nel gruppo osservazione. Un’analisi della sopravvivenza globale ha confermato il beneficio significativo del mantenimento con rituximab rispetto all’osservazione (p = 0,0039 log-rank test). Il trattamento di mantenimento con rituximab ha ridotto il rischio di morte del 56 % (IC al 95 %: 22 % – 75 %).

Tabella 9 Fase di mantenimento: elenco dei risultati di efficacia di rituximab rispetto a osservazione (28 mesi di mediana del tempo di osservazione).

Parametri di efficacia Stima di Kaplan-Meier della mediana del tempo all’evento (mesi) Riduzione del rischio
Osservazione
(N = 167)
Rituximab
(N = 167)
Log-rank
valore p
Sopravvivenza libera da
progressione (PFS)
14,3 42,2 < 0,0001 61 %
Sopravvivenza globale NR NR 0,0039 56 %
Tempo ad un nuovo trattamento anti-linfoma
Sopravvivenza libera da malattiaa
20,1
16,5
38,8
53,7
< 0,0001
0,0003
50 %

67 %

Analisi dei sottogruppi
PFS
CHOP 11,6 37,5 < 0,0001 71 %
R-CHOP 22,1 51,9 0,0071 46 %
CR 14,3 52,8 0,0008 64 %
PR 14,3 37,8 < 0,0001 54 %
OS
CHOP NR NR 0,0348 55 %
R-CHOP NR NR 0,0482 56 %

NR: non raggiunto; a: applicabile solo a pazienti che ottengono una CR

Il beneficio del trattamento di mantenimento con rituximab è stato confermato in tutti i sottogruppi analizzati indipendentemente dal regime di induzione (CHOP o R-CHOP) o dalla qualità di risposta al trattamento di induzione (CR o PR) (tabella 9). Il trattamento di mantenimento con rituximab ha prolungato significativamente la mediana di PFS in pazienti che hanno risposto alla terapia di induzione con CHOP (mediana di PFS 37,5 mesi rispetto a 11,6 mesi, p< 0,0001) come in quelli che hanno risposto a induzione con R-CHOP (mediana di PFS 51,9 mesi rispetto a 22,1 mesi, p = 0,0071). Anche se i sottogruppi erano piccoli, il trattamento di mantenimento con rituximab ha determinato un significativo beneficio in termini di sopravvivenza globale per entrambi i sottogruppi di pazienti, sia quello che ha risposto a CHOP sia quello che ha risposto a R-CHOP, sebbene sia richiesto un più

lungo follow-up per confermare questa osservazione.

Linfoma non-Hodgkin diffuso a grandi cellule B

In uno studio randomizzato, in aperto, un totale di 399 pazienti anziani (età compresa tra 60 e 80 anni) non precedentemente trattati, con linfoma diffuso a grandi cellule B, ha ricevuto cicli standard di chemioterapia CHOP (ciclofosfamide 750 mg/m2, doxorubicina 50 mg/m2, vincristina 1,4 mg/m2 fino ad un massimo di 2 mg somministrati il giorno 1, e prednisolone 40 mg/m2/die somministrato i giorni 1-5) ogni 3 settimane per otto cicli, o rituximab 375 mg/m2 in associazione con CHOP (R-CHOP).

Rituximab è stato somministrato il primo giorno del ciclo di trattamento.

L’analisi finale dei dati di efficacia ha incluso tutti i pazienti randomizzati (197 CHOP, 202 R-CHOP) ed ha presentato una mediana della durata di follow-up di circa 31 mesi. I due gruppi di trattamento erano ben bilanciati per quanto riguarda le caratteristiche e lo stato della malattia al basale. L’analisi finale ha confermato che il trattamento con R-CHOP è stato associato ad un miglioramento clinicamente rilevante e statisticamente significativo nella durata della sopravvivenza libera da eventi (il parametro di efficacia primario; mentre gli eventi erano la morte, la ricaduta o la progressione del linfoma, o il passaggio ad un nuovo trattamento anti-linfoma) (p = 0,0001). La stima di Kaplan-Meier della mediana di durata della sopravvivenza libera da eventi è stata di 35 mesi nel braccio R-CHOP contro i 13 mesi nel braccio CHOP, rappresentando una riduzione del rischio del 41 %. A 24 mesi, la stima della sopravvivenza globale è stata del 68,2 % nel braccio R-CHOP verso il 57,4 % nel braccio CHOP. Una successiva analisi della durata della sopravvivenza globale, effettuata ad una mediana di durata di follow-up di 60 mesi, ha confermato il beneficio del trattamento R-CHOP sul CHOP

(p = 0,0071), rappresentando una riduzione del rischio del 32 %.

L’analisi di tutti i parametri secondari (percentuale di risposte, sopravvivenza libera da progressione, sopravvivenza libera da malattia, durata della risposta) ha verificato l’efficacia del trattamento

R-CHOP confrontato a CHOP. La percentuale di risposte complete dopo 8 cicli è stata del 76,2 % nel gruppo R-CHOP e del 62,4 % nel gruppo CHOP (p = 0,0028). Il rischio di progressione di malattia si è ridotto del 46 % e il rischio di ricaduta del 51 %.

In tutti i sottogruppi di pazienti (sesso, età, IPI aggiustato per età, stadio di Ann Arbor, ECOG, β2- microglobulina, LDH, albumina, sintomi B, malattia bulky, siti extranodali, coinvolgimento del midollo osseo), i rapporti di rischio di sopravvivenza libera da eventi e sopravvivenza globale (R- CHOP confrontato a CHOP) sono stati meno di 0,83 e 0,95 rispettivamente. R-CHOP è stato associato ad un miglioramento della prognosi sia in pazienti ad alto che a basso rischio secondo l’IPI aggiustato per età.

Dati di laboratorio clinico

Non sono state osservate risposte da parte dei 67 pazienti sottoposti all’esame per la ricerca degli anticorpi umani contro il topo (HAMA). Dei 356 pazienti sottoposti all’esame per la ricerca degli anticorpi anti-farmaco (ADA), l’1,1% (4 pazienti) è risultato positivo.

Leucemia linfatica cronica

In due studi in aperto randomizzati, un totale di 817 pazienti con LLC precedentemente non trattati e 552 pazienti con LLC recidiva/refrattaria, sono stati randomizzati a ricevere chemioterapia FC (fludarabina 25 mg/m2, ciclofosfamide 250 mg/m2, i giorni 1-3) ogni 4 settimane per 6 cicli o rituximab in associazione con FC (R-FC). Rituximab è stato somministrato al dosaggio di 375 mg/m2 durante il primo ciclo, un giorno prima della chemioterapia, e al dosaggio di 500 mg/m2 il giorno 1 di ogni ciclo di trattamento successivo. I pazienti sono stati esclusi dallo studio sulla LLC recidiva/refrattaria se erano stati precedentemente trattati con anticorpi monoclonali o se erano refrattari (definito come fallimento nel raggiungere una remissione parziale per almeno 6 mesi) alla fludarabina o a qualsiasi analogo nucleosidico. Un totale di 810 pazienti (403 R-FC, 407 FC) per lo studio di prima linea (tabella 10a e tabella 10b) e 552 pazienti (276 R-FC, 276 FC) per lo studio sulla recidiva/refrattaria (tabella 11), sono stati analizzati per efficacia.

Nello studio di prima linea, dopo una mediana del tempo di osservazione di 48,1 mesi, la mediana della PFS è stata di 55 mesi nel gruppo R-FC e di 33 mesi nel gruppo FC (p < 0,0001, log-rank test).

L’analisi della sopravvivenza globale ha dimostrato un beneficio significativo del trattamento con R- FC rispetto alla sola chemioterapia con FC (p = 0,0319, log-rank test) (tabella 10a). Il beneficio in termini di PFS è stato osservato in modo coerente nella maggior parte dei sottogruppi dei pazienti analizzati secondo il rischio di malattia al basale (nello specifico stadi Binet A-C) (tabella 10b).

Tabella 10a Trattamento di prima linea della leucemia linfatica cronica

Descrizione dei risultati di efficacia di rituximab più FC vs. FC da sola – 48,1 mesi mediana del tempo di osservazione.

Parametri di efficacia Stima di Kaplan-Meier
della mediana del tempo all’evento (mesi)
Riduzione del rischio
FC (N = 409) R-FC (N = 408) Log-rank valore p
Sopravvivenza libera da progressione
(PFS)
32,8 55,3 < 0,0001 45 %
Sopravvivenza globale NR NR 0,0319 27 %
Sopravvivenza libera da eventi 31,3 51,8 < 0,0001 44 %
Percentuale di risposte (CR, nPR, o PR)
Percentuale di CR
72,6 %
16,9 %
85,8 %
36,0 %
< 0,0001
< 0,0001
n.a.
n.a.
Durata della risposta* 36,2 57,3 < 0,0001 44 %
Sopravvivenza libera da malattia
(DFS)**
48,9 60,3 0,0520 31 %
Tempo al nuovo trattamento 47,2 69,7 < 0,0001 42 %

Percentuale di risposte e percentuale di CR analizzate secondo il test del chi-quadrato. NR: non raggiunto; n.a.: non applicabile.

*: applicabile solo ai pazienti che ottengono una CR, nPR, PR.

**: applicabile solo ai pazienti che ottengono una CR.

Tabella 10b Trattamento di prima linea della leucemia linfatica cronica

Hazard ratio della sopravvivenza libera da progressione secondo lo stadio Binet (ITT) – 48,1 mesi mediana del tempo di osservazione

Sopravvivenza libera da progressione (PFS) Numero di pazienti Hazard ratio (IC al 95 %) valore p (Wald test, non
corretto)
FC R-FC
Stadio Binet A 22 18 0,39 (0,15; 0,98) 0,0442
Stadio Binet B 259 263 0,52 (0,41; 0,66) < 0,0001
Stadio Binet C 126 126 0,68 (0,49; 0,95) 0,0224

IC: Intervallo di confidenza

Nello studio sulla recidiva/refrattaria, la mediana della sopravvivenza libera da progressione (obiettivo primario) è stata di 30,6 mesi nel gruppo R-FC e 20,6 mesi nel gruppo FC (p = 0.0002, log-rank test). Il beneficio in termini di PFS è stato osservato in quasi tutti i sottogruppi di pazienti analizzati secondo il rischio di malattia al basale. Un lieve ma non significativo miglioramento nella sopravvivenza globale è stato riportato nel braccio R-FC confrontato con il braccio FC.

Tabella 11 Trattamento della leucemia linfatica cronica recidiva/refrattaria – descrizione dei risultati di efficacia di rituximab più FC vs sola FC (25,3 mesi mediana del tempo di osservazione)

Parametri di efficacia Stima di Kaplan-Meier della mediana del tempo all’evento (mesi) Riduzione del rischio
FC
(N = 276)
R-FC
(N = 276)
Log-Rank
valore p
Sopravvivenza libera da
progressione (PFS)
20,6 30,6 0,0002 35 %
Sopravvivenza globale 51,9 NR 0,2874 17 %
Sopravvivenza libera da eventi 19,3 28,7 0,0002 36 %
Percentuale di risposte (CR, nPR, o PR)
Percentuale di CR
Durata della risposta * Sopravvivenza libera da malattia (DFS)**
Tempo al nuovo trattamento
58,0 %
13,0 %
27,6
42,2
34.2
69,9 %
24,3 %
39,6
39,6
NR
0,0034
0,0007
0,0252
0,8842
0.0024
n.a.
n.a.

31 %
−6 %

35 %

Percentuale di risposte e percentuale di CR analizzate secondo il test del chi-quadrato.

*: applicabile solo ai pazienti che ottengono una CR, nPR, PR; NR = non raggiunto; n.a. = non applicabile.

**: applicabile solo ai pazienti che ottengono una CR.

Anche i risultati di altri studi di supporto con l’impiego di rituximab in associazione con altri regimi di chemioterapia (inclusi CHOP, FCM, PC, PCM, bendamustina e cladribina) per il trattamento di pazienti con LLC precedentemente non trattati e/o recidivi/refrattari, hanno evidenziato un’alta percentuale di risposte globali con benefici in termini percentuali di PFS, sebbene con una tossicità poco più alta (soprattutto mielotossicità). Questi studi supportano l’uso di rituximab con ogni chemioterapia.

I dati provenienti da circa 180 pazienti pre-trattati con rituximab hanno dimostrato un beneficio clinico (incluse CR) e supportano il ritrattamento con rituximab.

Popolazione pediatrica

L’Agenzia Europea dei Medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con rituximab in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per linfoma follicolare e leucemia linfatica cronica. Vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico.

Esperienza clinica nell’artrite reumatoide

L’efficacia e la sicurezza di rituximab nell’alleviare i sintomi e i segni dell’artrite reumatoide in pazienti con inadeguata risposta agli inibitori del TNF sono state dimostrate in uno studio registrativo randomizzato, controllato, in doppio-cieco, multicentrico (Studio 1).

Lo Studio 1 ha valutato 517 pazienti con inadeguata risposta o intolleranza a uno o più farmaci inibitori del TNF. I pazienti eleggibili avevano un’artrite reumatoide attiva, diagnosticata in accordo con i criteri dell’American College of Rheumatology (ACR). Rituximab è stato somministrato in

2 infusioni e.v. separate da un intervallo di 15 giorni. I pazienti hanno ricevuto 2 x 1.000 mg infusioni endovenose di rituximab o placebo in associazione con MTX. Tutti i pazienti hanno ricevuto in concomitanza 60 mg di prednisolone per via orale nei giorni 2-7 e 30 mg nei giorni da 8 a 14 dopo la prima infusione. L’endpoint primario era la proporzione di pazienti che raggiungevano una risposta ACR20 alla settimana 24. I pazienti erano seguiti oltre le 24 settimane per gli obiettivi a lungo termine, che includevano la valutazione radiografica a 56 settimane e a 104 settimane. Durante questo periodo, l’81 % dei pazienti provenienti dal gruppo placebo originale ha ricevuto rituximab tra le settimane 24

e 56, nell’ambito di un’estensione del protocollo di studio in aperto.

Studi con rituximab in pazienti con artrite in fase early (pazienti non precedentemente trattati con metotrexato e pazienti con inadeguata risposta al metotrexato ma non ancora trattati con inibitori del TNF-alfa) hanno raggiunto i loro endpoint primari. rituximab non è indicato per questi pazienti dal momento che i dati di sicurezza sul trattamento a lungo termine con rituximab non sono sufficienti, in particolare riguardo al rischio di sviluppare neoplasie o PML.

Risultati dell’attività della malattia

Rituximab in associazione con metotrexato ha aumentato significativamente la percentuale di pazienti che ha raggiunto almeno il 20 % di miglioramento nella risposta ACR, rispetto ai pazienti trattati con metotrexato da solo (tabella 12). In tutti gli studi registrativi il beneficio del trattamento era simile nei pazienti, indipendentemente da età, sesso, superficie corporea, etnia, numero di precedenti trattamenti o stato della malattia.

Miglioramenti clinicamente e statisticamente significativi sono stati osservati anche in tutte le singole componenti della risposta ACR (conta delle articolazioni dolenti e tumefatte, valutazione globale del paziente e del medico, indice di disabilità (HAQ), valutazione del dolore e delle proteine C reattive (mg/dl)).

Tabella 12 Risultati della risposta clinica all’endpoint primario dello Studio 1 (popolazione ITT).

Risultato† Placebo+MTX Rituximab + MTX (2 x 1.000 mg)
Studio 1 N = 201 N = 298
ACR20
ACR50 ACR70
36 (18 %)

11 (5 %)

3 (1 %)

153 (51 %)***

80 (27 %)***

37 (12 %)***

Risposta EULAR
(buona/moderata)
44 (22 %) 193 (65 %)***
Variazione media del
DAS
−0,34 −1,83***

† Risultato a 24 settimane

Differenza significativa dal placebo + MTX al time point primario: ***p ≤ 0,0001

I pazienti trattati con rituximab in associazione con metotrexato presentavano una riduzione significativamente maggiore nel DAS28 (Disease Activity Score) rispetto ai pazienti trattati con metotrexato da solo (tabella 12). Analogamente, in tutti gli studi una risposta EULAR (European League Against Rheumatism) da buona a moderata è stata raggiunta da un numero significativamente più elevato di pazienti trattati con rituximab e metotrexato rispetto ai pazienti trattati con metotrexato da solo (tabella 12).

Risposta radiologica

Il danno articolare strutturale è stato accertato radiologicamente ed espresso come variazione del punteggio Sharp totale modificato (mTSS) e dei suoi componenti, il punteggio dell’erosione e il punteggio del restringimento della rima articolare.

Nello Studio 1, effettuato in soggetti con risposta inadeguata o intolleranza alle terapie con uno o più antagonisti del TNF che hanno ricevuto rituximab in associazione con metotrexato, i pazienti hanno evidenziato alla 56a settimana una progressione a livello radiografico significativamente minore rispetto a quelli che originariamente hanno ricevuto metotrexato in monoterapia. Dei pazienti trattati originariamente con metotrexato in monoterapia, l’81 % ha ricevuto rituximab come terapia di salvataggio tra le settimane 16 e 24, o come prolungamento dello studio, prima della 56a settimana. Inoltre, una percentuale più elevata di pazienti che ha ricevuto l’originale trattamento con rituximab/MTX non ha evidenziato progressione delle lesioni erosive nell’arco delle 56 settimane (tabella 13).

Tabella 13 Risultati radiologici dopo 1 anno (popolazione mITT)

Placebo+MTX Rituximab + MTX

2 x 1.000 mg

Studio 1 (n = 184) (n = 273)
Variazione media dal basale: 1,012
Punteggio Sharp totale 2,30
modificato
Punteggio dell’erosione 1,32 0,602
Punteggio del 0,98 0,41**
restringimento della rima
articolare
Percentuale di pazienti senza 46 % 53 %, NS
modifiche radiologiche
Percentuale di pazienti con 52 % 60 %, NS
nessuna progressione erosiva

150 pazienti originariamente randomizzati nello Studio 1 per placebo+ MTX, hanno ricevuto almeno un ciclo di RTX + MTX in un anno.

p < 0,05, ** p < 0,001 Abbreviazione: NS, non significativo.

L’inibizione della percentuale di progressione del danno articolare è stata anche osservata sul lungo termine. L’analisi radiografica a 2 anni nello Studio 1 ha dimostrato una significativa riduzione della progressione del danno articolare strutturale nei pazienti che avevano ricevuto rituximab in associazione con metotrexato rispetto a quelli con il solo metotrexato e cosi pure una percentuale significativamente più alta di pazienti senza progressione del danno articolare oltre i 2 anni.

Funzionalità fisica e risultati sulla qualità di vita

Riduzioni significative nei punteggi dell’indice di disabilità (HAQ-DI) e dell’astenia (FACIT-Fatigue) sono stati osservati nei pazienti trattati con rituximab rispetto a pazienti trattati con metotrexato da solo. La percentuale di pazienti trattati con rituximab che hanno mostrato una differenza minima clinicamente importante (MCID) nel HAQ-DI (definita come una riduzione del punteggio totale individuale > 0,22) era anche maggiore di quella riscontrata nei pazienti che hanno ricevuto il solo metotrexato (tabella 14).

E’ stato dimostrato un significativo miglioramento nella salute in termini di qualità della vita con un significativo miglioramento sia nel punteggio della salute fisica (PHS) sia nel punteggio della salute mentale (MHS) dell’SF-36. Inoltre, una percentuale significativamente più alta di pazienti ha raggiunto MCID per questi punteggi (tabella 14).

Tabella 14 Risultati sulla funzione fisica e sulla qualità di vita alla settimana 24 nello studio 1.

Risultati† Placebo+MTX Rituximab + MTX
(2 x 1.000 mg)
n = 201 n = 298
0,1 −0,4***
Variazione media del HAQ-DI
% HAQ-DI MCID 20 % 51 %
Variazione media del FACIT-T −0,5 −9,1***
Variazione media del SF-36 n = 197
0,9
n = 294
5,8***
PHS
% SF-36 PHS MCID
13 % 48 %***
Variazione media del SF-36 1,3 4,7**
MHS
% SF-36 MHS MCID 20 % 38 %2

† Risultati alla settimana 24.

Differenza significativa dal placebo al time point primario: * p< 0,05, **p< 0,001, ***p≤ 0,0001. MCID HAQ- DI ≥ 0,22, MCID SF-36 PHS > 5,42, MCID SF-36 MHS > 6,33.

Efficacia nei pazienti sieropositivi agli autoanticorpi (RF e o anti-CCP)

I pazienti sieropositivi al Fattore Reumatoide (RF) e/o al Peptide Ciclico Citrullinato (anti-CCP) che sono stati trattati con rituximab in associazione con metotrexato hanno mostrato una migliore risposta rispetto ai pazienti negativi ad entrambi.

I risultati di efficacia nei pazienti trattati con rituximab sono stati analizzati sulla base dello stato degli autoanticorpi prima dell’inizio del trattamento. Alla settimana 24, i pazienti che erano sieropositivi all’RF e/o agli anti-CCP al basale hanno avuto una probabilità significativamente maggiore di raggiungere le risposte ACR20 e 50 rispetto ai pazienti sieronegativi (p = 0,0312 e p = 0,0096) (tabella 15). Questi risultati sono stati replicati alla settimana 48, dove la sieropositività autoanticorpale ha significativamente incrementato la probabilità di raggiungere l’ACR70. Alla settimana 48 i pazienti sieropositivi hanno una probabilità 2-3 volte maggiore di raggiungere una risposta ACR rispetto ai pazienti sieronegativi. I pazienti sieropositivi presentavano anche una riduzione significativamente maggiore del DAS28-VES rispetto ai pazienti sieronegativi (Figura 1).

Tabella 15 Riepilogo dell’efficacia sulla base dello stato autoanticorpale al basale

Settimana 24 Settimana 48
Sieropositivi (n = 514) Sieronegativi (n = 106) Sieropositivi (n = 506) Sieronegativi (n = 101)
ACR20 (%) 62,3* 50,9 71,1* 51,5
ACR50 (%) 32,7* 19,8 44,9** 22,8
ACR70 (%) 12,1 5,7 20,9* 6,9
Risposta EULAR (%) 74,8* 62,9 84,3* 72,3
Variazione media del DAS28
VES
−1,97** −1,50 −2,48*** −1,72

Livelli significativi sono stati definiti come * p< 0,05, **p< 0,001, ***p< 0,0001.

Figura 1: Variazione dal basale del DAS28-VES sulla base dello stato autoanticorpale al basale

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Efficacia nel lungo termine con cicli ripetuti di terapia

Il trattamento con rituximab in associazione con metotrexato per cicli multipli ha dato notevoli miglioramenti nei segni clinici e nei sintomi dell’artrite reumatoide, come indicato dai risultati ACR, DAS28-VES e risposte EULAR che erano evidenti in tutte le popolazioni studiate (Figura 2). Si sono osservati sostanziali miglioramenti nella funzione fisica come indicato dal punteggio HAQ-DI e dalla percentuale di pazienti che hanno ottenuto MCID per HAQ-DI.

Figura 2: Risposte ACR per 4 cicli di trattamento (24 settimane dopo ciascun ciclo (Within Patient, Within Visit) in pazienti con inadeguata risposta agli inibitori del TNF (n = 146)

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Risultati dal laboratorio clinico

Negli studi clinici, un totale di 392 su 3.095 (12,7 %) pazienti con artrite reumatoide sono risultati positivi agli ADA in seguito a trattamento con rituximab. Nella maggior parte dei pazienti, l’insorgenza di ADA non era associata a peggioramento clinico o ad un incrementato rischio di reazioni a infusioni successive. La presenza di ADA può essere associata ad un peggioramento delle reazioni infusionali o allergiche dopo la seconda infusione di cicli successivi.

Popolazione pediatrica

L’Agenzia Europea dei Medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con rituximab in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per artrite autoimmune. Vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico.

Esperienza clinica nella granulomatosi con poliangite (di Wegener) e nella poliangite microscopica

Induzione della remissione

Un totale di 197 pazienti di età pari o superiore a 15 anni con granulomatosi con poliangite (75 %) e poliangite microscopica (24 %) attiva e di grado grave sono stati arruolati e trattati nello studio di non inferiorità multicentrico, randomizzato, in doppio cieco con confronto attivo.

I pazienti sono stati randomizzati in un rapporto 1:1 a ricevere o ciclofosfamide per via orale giornaliera (2 mg/kg/die) per 3-6 mesi o rituximab (375 mg/m2) una volta alla settimana per

4 settimane. Tutti i pazienti nel braccio ciclofosfamide hanno ricevuto terapia di mantenimento con azatioprina durante il follow-up. I pazienti di entrambi i bracci hanno ricevuto 1.000 mg di metilprednisolone in bolo per via endovenosa (o un altro glucocorticoide a dose equivalente) al giorno da 1 a 3 giorni, seguiti da prednisone per via orale (1 mg/kg/die, senza superare gli 80 mg/die). La riduzione del prednisone è stata completata entro 6 mesi dall’inizio del trattamento in studio.

La misura dell’obiettivo primario era il raggiungimento della remissione completa a 6 mesi definita come punteggio di Birmingham Vasculitis Activity per granulomatosi di Wegener (BVAS/WG) di 0, e assenza di terapia con glucocorticoidi. Il margine di non inferiorità predefinito per la differenza tra i trattamenti era del 20 %. Lo studio ha dimostrato la non inferiorità di rituximab rispetto a ciclofosfamide per la remissione completa (CR) a 6 mesi (tabella 16).

L’efficacia è stata osservata sia per i pazienti di nuova diagnosi sia per i pazienti con malattia recidivante (tabella 17).

Tabella 16 Percentuale di pazienti che hanno raggiunto la remissione completa a 6 mesi (Intent-to-Treat Population*)

Rituximab (n = 99) Ciclofosfamide (n = 98) Differenza tra i trattamenti (Rituximab-
ciclofosfamide)
Tasso 63,6 % 53,1 % 10,6 %
95,1 %b IC (−3,2 %,
24,3 %) a

– IC = intervallo di confidenza.

– * Imputazione del caso peggiore.

a La non inferiorità era dimostrata nel momento in cui il limite inferiore (−3,2 %) era maggiore del margine di non inferiorità predefinito (−20 %).

b Il livello di confidenza al 95,1 % riflette un ulteriore 0,001 alfa per considerare un’analisi ad interim di efficacia.

Tabella 17 Remissione completa a 6 mesi in base allo stato di malattia

Rituximab Ciclofosfamide Differenza (IC al 95 %)
Tutti i pazienti Nuova diagnosi Recidivanti n = 99
n = 48
n = 51
n = 98
n = 48
n = 50
Remissione completa
Tutti i pazienti 63,9 % 53,1 % 10,6 % (-3,2, 24,3)
Nuova diagnosi 60,4 % 64,6 % −4,2 % (−23,6, 15,3)
Recidivanti 66,7 % 42,0 % 24,7 % (5,8, 43,6)

L’attribuzione del caso peggiore è applicata ai pazienti con dati mancanti.

Remissione completa a 12 e 18 mesi

Nel gruppo rituximab, il 48 % dei pazienti ha raggiunto la CR a 12 mesi e il 39 % dei pazienti ha raggiunto la CR a 18 mesi. Nei pazienti trattati con ciclofosfamide (seguita da azatioprina per il mantenimento della remissione completa), il 39 % dei pazienti ha raggiunto la CR a 12 mesi e il 33 % dei pazienti ha raggiunto la CR a 18 mesi. Dal mese 12 al mese 18, nel gruppo rituximab, sono state osservate 8 recidive rispetto a 4 nel gruppo ciclofosfamide.

Esami di laboratorio

Un totale di 23 su 99 (23 %) pazienti trattati con rituximab nello studio sull’induzione della remissione sono risultati positivi ad ADA entro 18 mesi. Nessuno dei 99 pazienti trattati con rituximab era positivo ad ADA allo screening. Nell’ambito del suddetto studio la presenza di ADA non ha avuto alcun effetto negativo apparente sulla sicurezza o sull’efficacia.

Terapia di mantenimento

In uno studio prospettico, multicentrico, controllato e in aperto, un totale di 117 pazienti (88 affetti da granulomatosi con poliangite, 24 da poliangite microscopica e 5 da vasculite ANCA associata limitata al rene) in remissione patologica sono stati randomizzati al trattamento con azatioprina (59 pazienti) o rituximab (58 pazienti). Dopo il trattamento di associazione con glucocorticoidi e ciclofosfamide in bolo i pazienti inclusi, di età compresa tra 21 e 75 anni e con malattia di nuova diagnosi o recidivante, erano in remissione completa. La maggioranza dei pazienti risultava ANCA- positiva alla diagnosi o durante il decorso della malattia e presentava una vasculite necrotizzante dei vasi di piccolo calibro istologicamente confermata con un fenotipo clinico di granulomatosi con poliangite/poliangite microscopica oppure una vasculite ANCA associata limitata al rene oppure entrambe.

La terapia d’induzione della remissione consisteva in prednisone per via endovenosa, somministrato a discrezione dello sperimentatore e preceduto, in alcuni pazienti, da metilprednisolone in bolo, e in ciclofosfamide in bolo fino all’ottenimento della remissione dopo 4-6 mesi. In quel momento, ed entro 1 mese al massimo dalla somministrazione dell’ultimo bolo di ciclofosfamide, i pazienti sono

stati randomizzati al trattamento con rituximab (due infusioni endovenose da 500 mg ciascuna separate da un intervallo di due settimane [il giorno 1 e il giorno 15], seguite da un’infusione endovenosa da 500 mg ogni 6 mesi per 18 mesi), o al trattamento con azatioprina (somministrata per via orale alla dose di 2 mg/kg/die per 12 mesi, successivamente alla dose di 1,5 mg/kg/die per 6 mesi e, infine, alla dose di 1 mg/kg/die per 4 mesi [trascorsi questi 22 mesi si verificava l’interruzione della terapia]). Per il

trattamento con prednisone si è proceduto alla riduzione a scalare della dose e, successivamente, al mantenimento di un basso dosaggio (circa 5 mg/die) per almeno 18 mesi dopo la randomizzazione. La riduzione a scalare della dose di prednisone e la decisione di interrompere il trattamento con lo stesso dopo 18 mesi sono stati rimessi alla discrezione dello sperimentatore.

Tutti i pazienti sono stati seguiti fino al mese 28 (10 o 6 mesi dopo, rispettivamente, l’ultima infusione di rituximab o l’ultima dose di azatioprina). A tutti i pazienti con conta di linfociti T CD4+ inferiore a 250 per millimetro cubo è stato richiesto di sottoporsi alla profilassi per la polmonite da Pneumocystis jirovecii.

La misura di outcome primaria era il tasso di ricaduta grave al mese 28.

Risultati

Al mese 28 si è verificata ricaduta grave (definita come la ricomparsa di segni clinici e/o laboratoristici indicativi di attività della vasculite [BVAS > 0] che potrebbero comportare danno o insufficienza d’organo oppure risultare potenzialmente letali) in 3 (5%) pazienti nel gruppo rituximab e in 17 (29%) pazienti nel gruppo azatioprina (p=0,0007). Ricadute minori (non potenzialmente letali né comportanti grave danno d’organo) si sono invece manifestate in sette (12%) pazienti nel gruppo rituximab e in otto (14%) pazienti nel gruppo azatioprina.

Le curve relative al tasso di incidenza cumulativa hanno mostrato che il tempo alla prima ricaduta grave è risultato maggiore nei pazienti trattati con rituximab a partire dal mese 2 e che tale condizione è stata mantenuta fino al mese 28 (Figura 3).

Percentuale di pazienti con prima recidiva grave

Figura 3: Incidenza cumulativa nel tempo della prima ricaduta grave

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Tempo di sopravvivenza (Mesi)

Numero di soggetti con recidive gravi
Azatioprina 0 0 3 3 5 5 8 8 9 9 9 10 13 15 17
Rituximab 0 0 0 0 1 1 1 1 1 1 1 1 3 3 3
Numero di soggetti a rischio
Azatioprina 59 56 52 50 47 47 44 44 42 41 40 39 36 34 0
Rituximab 58 56 56 56 55 54 54 54 54 54 54 54 52 50 0

N.B.: In assenza di eventi, i pazienti sono stati censurati al mese 28.

Esami di laboratorio

Nell’ambito dello studio clinico sulla terapia di mantenimento un totale di 6 su 34 (18%) pazienti trattati con rituximab ha sviluppato ADA e la presenza di tali anticorpi non ha avuto alcun effetto negativo apparente sulla sicurezza o sull’efficacia.

Esperienza clinica nel pemfigo volgare

L’efficacia e la sicurezza di rituximab in associazione a terapia con bassa dose di glucocorticoidi (prednisone) a breve termine sono state valutate in pazienti di nuova diagnosi affetti da pemfigo da moderato a grave (74 casi di pemfigo volgare [PV] e 16 casi di pemfigo foliaceo [PF]) nell’ambito di uno studio randomizzato, in aperto, controllato e multicentrico. I pazienti, di età compresa tra 19 e 79 anni, non erano stati sottoposti a terapie precedenti per il pemfigo. In base alla gravità della malattia, definita secondo i criteri di Harman, nella popolazione PV, 5 (13%) dei pazienti nel gruppo rituximab e 3 (8%) dei pazienti nel gruppo prednisone a dose standard presentavano malattia moderata, mentre 33 (87%) dei pazienti nel gruppo rituximab e 33 (92%) dei pazienti nel gruppo con prednisone a dose standard presentavano malattia grave.

I pazienti sono stati stratificati in funzione della gravità della malattia al basale (moderata o grave) e randomizzati in un rapporto 1:1 al trattamento con rituximab e prednisone a bassa dose o al trattamento con il solo prednisone a dose standard. I pazienti randomizzati al gruppo rituximab hanno ricevuto un’infusione endovenosa iniziale di rituximab da 1000 mg il giorno 1 in associazione a prednisone orale alla dose di 0,5 mg/kg/die gradualmente diminuita nell’arco di 3 mesi in presenza di malattia moderata, o di 1 mg/kg/die gradualmente diminuita nell’arco di 6 mesi in presenza di malattia grave, e una seconda infusione di 1000 mg il giorno 15. La somministrazione delle infusioni di mantenimento da 500 mg di rituximab è avvenuta al mese 12 e 18. I pazienti randomizzati al gruppo prednisone a dose standard hanno ricevuto prednisone orale a una dose

iniziale di 1 mg/kg/die gradualmente diminuita nell’arco di 12 mesi in presenza di malattia moderata, o di 1,5 mg/kg/die gradualmente diminuita nell’arco di 18 mesi in presenza di malattia grave. I pazienti nel gruppo rituximab che presentavano ricaduta potevano essere trattati con un’infusione aggiuntiva di rituximab da 1000 mg in associazione alla reintroduzione o all’incremento graduale della dose di prednisone. Le infusioni di mantenimento e in caso di ricaduta sono state

somministrate non prima che fossero trascorse 16 settimane dall’infusione precedente.

L’obiettivo primario dello studio era la remissione completa (epitelizzazione completa e assenza di lesioni nuove e/o accertate) al mese 24 senza l’uso di prednisone per due o più mesi (RCsenza

2 mesi).

Risultati

Per quanto riguarda il raggiungimento di RCsenza

2 mesi al mese 24 nei pazienti affetti da pemfigo volgare, lo studio ha mostrato risultati statisticamente significativi a favore di rituximab più prednisone a bassa dose rispetto al solo prednisone a dose standard (vedere tabella 18).

Tabella 18 Percentuale di pazienti affetti da pemfigo volgare che ha raggiunto la remissione completa senza terapia corticosteroidea per due o più mesi al mese 24 (Intent-to- Treat Population – PV)

IC al 95%b

Valore di pa

Prednisone

N=36

Rituximab

+

Prednisone

Numero di pazienti responsivi (tasso di risposta

34 (89,5%) 10 (27,8%) <0,0001 61,7% (38,4;

76,5)

a Il valore di p è ricavato mediante test esatto di Fisher con correzione secondo il metodo mid-P.

b L’intervallo di confidenza al 95% è calcolato utilizzando il metodo del punteggio con la correzione per la continuità descritto da Newcombe.

Rispetto ai pazienti trattati con prednisone a dose standard, durante il periodo di trattamento di 24 mesi il numero di pazienti trattati con rituximab più prednisone a bassa dose nei quali l’uso della terapia corticosteroidea è risultato assente o minimo (dose di prednisone pari o inferiore a10 mg/die) dimostra che rituximab è un farmaco risparmiatore di steroidi (Figura 4).

Figura 4: Numero di pazienti senza o con minimo uso della terapia corticosteroidea

(≤10 mg/die) nel corso del tempo

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Valutazione retrospettiva post-hoc dal laboratorio clinico

A 18 mesi, un totale di 19 su 34 (56%) pazienti affetti da pemfigo volgare trattati con rituximab è risultato positivo ad ADA. La rilevanza clinica della formazione di ADA nei pazienti affetti da pemfigo volgare trattati con rituximab non è chiara.

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

Linfoma non-Hodgkin

Sulla base di un’analisi farmacocinetica di popolazione condotta su 298 pazienti con LNH che hanno ricevuto un’infusione singola o infusioni multiple di rituximab come agente singolo o in associazione con terapia CHOP (dosi di rituximab utilizzate comprese tra 100 e 500 mg/m

2

), le stime tipiche di popolazione relative alla clearance non specifica (CL1), alla clearance specifica (CL2) con il probabile contributo delle cellule B o della massa tumorale, e al volume di distribuzione del compartimento centrale (V1) sono state 0,14 l/die, 0,59 l/die e 2,7 l, rispettivamente. La mediana stimata dell’emivita di eliminazione terminale di rituximab è stata di 22 giorni (intervallo: 6,1-52 giorni). La conta delle cellule CD19-positive al basale e il diametro delle lesioni tumorali misurabili hanno contribuito in parte alla variabilità nella CL2 di rituximab come rilevato dai dati di 161 pazienti che hanno assunto 375 mg/m

2

come infusione endovenosa per 4 dosi settimanali. I pazienti con conta di cellule CD19- positive più elevate o lesioni tumorali più ampie hanno avuto una CL2 più elevata. Comunque, è rimasta una grande componente di variabilità inter-individuale per la CL2 dopo correzione per conta di cellule CD19-positive e diametro delle lesioni tumorali. Il V1 è variato sulla base dell’area di superficie corporea (Body Surface Area, BSA) e della terapia CHOP. Questa variabilità nel V1 (27,

1 % e 19,0 %) determinata dall’intervallo della BSA (da 1,53 a 2,32 m2) e dalla terapia CHOP concomitante, rispettivamente, è stata relativamente piccola. Età, sesso e performance status WHO non hanno avuto effetto sulla farmacocinetica di rituximab. Questa analisi suggerisce che è poco probabile che l’aggiustamento della dose di rituximab con ognuna delle covariate valutate risulti in una riduzione significativa della sua variabilità farmacocinetica.

Rituximab, somministrato come infusione endovenosa alla dose di 375 mg/m2 a intervalli settimanali per 4 dosi a 203 pazienti con LNH naïve a rituximab, ha determinato una Cmax

media dopo la quarta infusione di 486 µg/ml (intervallo: 77,5-996,6 µg/ml). Rituximab è stato rilevabile nel siero dei

pazienti 3-6 mesi dopo il completamento dell’ultimo trattamento.

Dopo la somministrazione di rituximab alla dose di 375 mg/m2 come infusione e.v. a intervalli settimanali per 8 dosi a 37 pazienti con LNH, la Cmax

media è aumentata a ogni successiva infusione, variando da una media di 243 µg/ml (intervallo: 16-582 µg/ml) dopo la prima infusione a 550 µg/ml (intervallo: 171-1177 µg/ml) dopo l’ottava infusione.

Il profilo farmacocinetico di rituximab quando è somministrato come 6 infusioni di 375 mg/m2 in associazione con 6 cicli di chemioterapia CHOP è stato simile a quello visto con solo rituximab.

Leucemia linfatica cronica

Rituximab è stato somministrato attraverso infusione endovenosa con la dose del primo ciclo di 375 mg/m2 aumentata a 500 mg/m2 per ogni ciclo successivo, per 5 dosi, in associazione con fludarabina e ciclofosfamide in pazienti con LLC. La media della Cmax

(N = 15) dopo la quinta

infusione di 500 mg/m2 è stata 408 μg/ml (intervallo 97-764 μg/ml) e la media dell’emivita terminale è

stata di 32 giorni (intervallo 14-62 giorni). Artrite reumatoide

In seguito a due infusioni endovenose di rituximab alla dose di 1.000 mg, a distanza di due settimane, l’emivita terminale media era di 20,8 giorni (intervallo da 8,58 a 35,9 giorni), la clearance sistemica media era di 0,23 l/giorno (intervallo da 0,091 a 0,67 l/die) e il volume di distribuzione medio allo stato stazionario era di 4,6 l (intervallo da 1,7 a 7,51 l). Le analisi farmacocinetiche di popolazione degli stessi dati hanno dato valori medi simili per la clearance e l’emivita sistemiche, di 0,26 l/die e 20,4 giorni, rispettivamente. Le analisi farmacocinetiche di popolazione hanno rivelato che la BSA e il sesso erano le covarianti più significative per spiegare la variabilità interindividuale nei parametri di farmacocinetica. Dopo aggiustamento per BSA, i soggetti maschi avevano un volume di distribuzione maggiore e una clearance più veloce dei soggetti di sesso femminile. Le differenze farmacocinetiche correlate al sesso non sono state considerate clinicamente rilevanti e non è stato necessario alcun aggiustamento del dosaggio. Non sono disponibili dati di farmacocinetica nei pazienti con insufficienza renale o epatica.

La farmacocinetica di rituximab è stata valutata dopo due dosi endovenose (e.v.) da 500 mg e

1.000 mg al giorno 1 e 15 in quattro studi. In tutti questi studi, la farmacocinetica di rituximab è risultata dose proporzionale oltre l’intervallo limitato di dosaggio studiato. Il valore medio della Cmax

di rituximab nel siero dopo la prima infusione era compreso tra 157 e 171 μg/ml per il dosaggio 2 x 500 mg e tra 298 e 341 μg/ml per il dosaggio 2 x 1.000 mg. Dopo la seconda infusione, il valore medio della Cmax era compreso tra 183 e 198 μg/ml per il dosaggio 2 × 500 mg e compresi tra 355 e 404 μg/ml per il dosaggio 2 × 1.000 mg. L’emivita media dell’eliminazione terminale era compresa tra 15 e 16 giorni per il dosaggio 2 x 500 mg e tra 17 e 21 giorni per il dosaggio 2 × 1.000 mg. Il valore medio della Cmax era tra 16 e 19 % più alto dopo la seconda infusione rispetto alla prima infusione per entrambi i dosaggi.

La farmacocinetica di rituximab è stata valutata a seguito di due dosi e.v. da 500 mg e 1.000 mg dopo il ritrattamento nel secondo ciclo. Il valore medio della Cmax di rituximab nel siero dopo la prima infusione era compreso tra 170 e 175 μg/ml per il dosaggio 2 x 500 mg e tra 317 e 370 μg/ml per il dosaggio 2 x 1.000 mg. Dopo la seconda infusione, il valore medio di Cmax era di 207 μg/ml per il dosaggio 2 x 500 mg e tra 377 e 386 μg/ml per il dosaggio 2 x 1.000 mg. L’emivita media dell’eliminazione terminale dopo la seconda infusione, dopo il secondo ciclo, era di 19 giorni per il dosaggio 2 x 500 mg e tra 21 e 22 giorni per il dosaggio 2 x 1.000 mg. I parametri farmacocinetici per rituximab erano paragonabili nel corso dei due cicli di trattamento.

I parametri farmacocinetici nella popolazione di soggetti con inadeguata risposta agli anti TNF, sottoposti allo stesso schema posologico (2 x 1.000 mg e.v., a distanza di 2 settimane), erano simili con una concentrazione sierica massima media di 369 µg/ml e un’emivita terminale media di

19,2 giorni.

Granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica

In base alle analisi farmacocinetiche di popolazione dei dati di 97 pazienti con granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica che hanno ricevuto 375 mg/m2 di rituximab una volta alla settimana per quattro settimane, l’emivita media dell’eliminazione terminale stimata era di 23 giorni (range da 9 a 49 giorni). La clearance media e il volume di distribuzione di rituximab erano di

0,313 l/die (range da 0,116 a 0,726 l/die) e 4,50 l (range da 2,25 a 7,39 l) rispettivamente. I parametri farmacocinetici di rituximab in questi pazienti appaiono simili a quelli che sono stati osservati nei pazienti con artrite reumatoide.

05.3 Dati preclinici di sicurezza

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Il rituximab si è rivelato altamente specifico per l’antigene CD20 sulle cellule B. Gli studi sulla tossicità effettuati nella scimmia cynomolgus non hanno rivelato altri effetti se non l’attesa deplezione farmacologica delle cellule B nel sangue periferico e nel tessuto linfonodale.

Studi di tossicità evolutiva sono stati condotti nelle scimmie cynomolgus con dosi fino a 100 mg/kg (trattamento nei giorni di gestazione 20-50) e hanno dimostrato che non c’è evidenza di tossicità per il feto dovuta a rituximab. In ogni caso, negli organi linfoidi del feto è stata osservata la deplezione farmacologica delle cellule B dose-dipendente, che si è mantenuta fino a dopo la nascita ed è stata associata ad una riduzione dei livelli di IgG negli animali neonati affetti. La conta delle cellule B è ritornata ai valori normali in questi animali entro 6 mesi dalla nascita e non ha compromesso le reazioni all’immunizzazione.

Non stati effettuati i test standard per indagare la mutagenicità, in quanto tali esami non sono rilevanti per questa molecola. Non sono stati eseguiti studi a lungo termine sugli animali per la definizione del potenziale carcinogenico del rituximab.

Non sono stati eseguiti studi specifici per determinare gli effetti di rituximab sulla fertilità. In generale negli studi di tossicità condotti sulle scimmie cynomolgus non sono stati osservati effetti deleteri a carico degli organi riproduttivi maschili o femminili.

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

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Sodio cloruro

Trisodio citrato diidrato Polisorbato 80

Acqua per preparazioni iniettabili

06.2 Incompatibilità

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Non sono state osservate incompatibilità tra rituximab e le sacche di polivinile cloruro o di polietilene, o la strumentazione per infusione.

06.3 Periodo di validità

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Flaconcino mai aperto 3 anni

Dopo diluizione del medicinale

La soluzione di rituximab preparata per l’infusione è stabile fisicamente e chimicamente per 24 ore a temperatura compresa tra 2 °C e 8 °C e successivamente per 12 ore a temperatura ambiente (non superiore a 30 °C).

Da un punto di vista microbiologico, la soluzione preparata per l’infusione deve essere utilizzata immediatamente. Se non viene utilizzata immediatamente, i tempi e le condizioni di conservazione prima dell’uso sono sotto la responsabilità dell’utilizzatore e non si dovrebbero normalmente superare le 24 ore a temperatura compresa tra 2 °C e 8 °C, a meno che la diluizione sia avvenuta in condizioni asettiche controllate e validate.

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

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Conservare in frigorifero (2 °C – 8 °C). Tenere il contenitore nell’imballaggio esterno per proteggere il medicinale dalla luce.

Per le condizioni di conservazione dopo diluizione del medicinale, vedere paragrafo 6.3.

06.5 Natura e contenuto della confezione

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Flaconcini in vetro trasparente di Tipo I con tappo in gomma butilica, contenenti 100 mg di rituximab in 10 ml. Confezioni da 2 flaconcini.

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

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Truxima viene fornito in flaconcini sterili, senza conservanti, apirogeni, monouso.

Aspirare, in condizioni di sterilità, la quantità necessaria di Truxima e diluire ad una concentrazione calcolata da 1 a 4 mg/ml di rituximab in una sacca per infusione contenente soluzione iniettabile sterile e apirogena di sodio cloruro 9 mg/ml (0,9 %), oppure di D-glucosio 5 % in acqua. Per miscelare la soluzione, capovolgere lentamente la sacca in modo da evitare il formarsi di schiuma. Deve essere posta attenzione affinché sia garantita la sterilità delle soluzioni preparate. Poiché il medicinale non contiene conservanti antimicrobici o agenti batteriostatici, si devono osservare le tecniche di asetticità. I medicinali per uso parenterale devono essere controllati visivamente per verificare la presenza di particelle o alterazioni del colore, prima di essere somministrati.

Il medicinale non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

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Celltrion Healthcare Hungary Kft. 1062 Budapest

Váci út 1-3. WestEnd Office Building B torony Ungheria

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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EU/1/16/1167/001

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

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Data della prima autorizzazione: 17 febbraio 2017 Data del rinnovo più recente:

10.0 Data di revisione del testo

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Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: ———-