Trinomia: a cosa serve e come si usa

Trinomia 100/40/10 mg (Acido Acetilsalicilico + Atorvastatina Calcio Triidrato + Ramipril): indicazioni e modo d’uso

Trinomia 100/40/10 mg (Acido Acetilsalicilico + Atorvastatina Calcio Triidrato + Ramipril) è un farmaco che serve per curare le seguenti condizioni patologiche:

Trinomia è indicato per la prevenzione secondaria degli eventi cardiovascolari, come terapia sostitutiva in pazienti adulti adeguatamente controllati con i singoli componenti somministrati in concomitanza a dosi terapeutiche equivalenti.

Trinomia 100/40/10 mg: come si usa?

farmaco: indicazioni e modo d'uso

Come per tutti i farmaci, anche per Trinomia 100/40/10 mg è molto importante rispettare e seguire i dosaggi consigliati dal medico al momento della prescrizione.

Se però non ricordate come prendere Trinomia 100/40/10 mg ed a quali dosaggi (la posologia indicata dal medico), è quanto meno necessario seguire le istruzioni presenti sul foglietto illustrativo. Vediamole insieme.

Posologia di Trinomia 100/40/10 mg

Posologia

Adulti

I pazienti attualmente controllati con dosi terapeutiche equivalenti di acido acetilsalicilico, atorvastatina e ramipril possono passare direttamente alle capsule di Trinomia.

Il trattamento deve essere iniziato sotto supervisione medica (vedere paragrafo 4.4).

Per la prevenzione cardiovascolare, la dose target di mantenimento di ramipril è 10 mg una volta al giorno.

Popolazione pediatrica

Trinomia è controindicato nei bambini e negli adolescenti di età inferiore a 18 anni (vedere paragrafo 4.3).

Popolazioni speciali

Pazienti con compromissione della funzionalità renale: la dose giornaliera nei pazienti con funzione renale compromessa deve basarsi sulla clearance della creatinina (vedere paragrafo5.2):

se la clearance della creatinina è ? 60 ml/min, la dose massima giornaliera di ramipril è10 mg;

se la clearance della creatinina è compresa tra 30-60 ml/min, la dose massima giornaliera di ramipril è 5 mg;

Trinomia è controindicato nei pazienti in emodialisi e/o con grave compromissione della funzionalità renale (clearance della creatinina < 30 ml/min) (vedere paragrafo 4.3).

Pazienti con compromissione della funzionalità epatica: Trinomia deve essere somministrato con cautela in caso di compromissione della funzione epatica (vedere paragrafì 4.4 e 5.2). I test di funzionalità epatica devono essere eseguiti prima di iniziare il trattamento e in seguito periodicamente. Nei pazienti che sviluppano segni o sintomi indicativi di lesione epatica devono essere eseguiti i test di funzionalità epatica. I pazienti che sviluppano un aumento dei livelli di transaminasi devono essere monitorati fino alla risoluzione della(e) anomalia(e). Qualora persista un aumento delle transaminasi di oltre 3 volte il limite superiore della norma (LSN), si raccomanda di sospendere Trinomia (vedere paragrafo 4.8).

Inoltre, in questi pazienti la dose massima giornaliera di ramipril è 2,5 mg ed il trattamento deve essere iniziato sotto stretto controllo medico.

Trinomia è controindicato nei pazienti con compromissione della funzionalità epatica grave o in atto (vedere paragrafo 4.3).

Anziani

Nei pazienti molto anziani e cagionevoli il trattamento deve essere iniziato con cautela, a causa della maggiore probabilità di comparsa di effetti indesiderati.

Modo di somministrazione

Le capsule rigide di Trinomia sono per uso orale.

Trinomia deve essere assunto per via orale sotto forma di una singola capsula al giorno, preferibilmente dopo un pasto.

Trinomia deve essere ingerito con dei liquidi e non deve essere masticato o frantumato prima della deglutizione. La capsula non deve essere aperta. Il sistema di chiusura garantisce le proprietà farmacologiche dei farmaci attivi.

Evitare il succo di pompelmo quando si assume Trinomia.

Ricordate in ogni caso che se non ricordate la posologia indicata dal medico e utilizzate Trinomia 100/40/10 mg seguendo le istruzioni del foglietto illustrativo, sarà poi opportuno che contattiate il vostro medico e lo avvisiate del dosaggio che avete assunto, per avere conferma o ulteriori consigli!

Lo posso prendere se sono incinta?

Un’altra domanda che spesso ci poniamo prima di prendere una medicina è se è possibile assumerla in gravidanza

Tenendo presente che in gravidanza sarebbe opportuno evitare qualsiasi farmaco se non strettamente necessario e che prima di assumere qualsiasi farmaco in gravidanza va sentito il medico curante, vediamo insieme quali sono le istruzioni sulla scheda tecnica di Trinomia 100/40/10 mg per quanto riguarda la gravidanza:

Trinomia 100/40/10 mg: si può prendere in gravidanza?

Donne in età fertile

Le donne in età fertile devono impiegare idonee misure contraccettive durante il trattamento (vedere paragrafo 4.3).

Gravidanza

Trinomia è controindicato durante la gravidanza (vedere paragrafo 4.3).

L’uso degli ACE-inibitori non è raccomandato durante il primo trimestre di gravidanza (vedere paragrafo 4.4). L’uso degli ACE-inibitori è controindicato durante il secondo e il terzo trimestre di gravidanza (vedere paragrafì 4.3 e 4.4).

Le evidenze epidemiologiche riguardo al rischio di teratogenicità in seguito all’esposizione agli ACE- inibitori durante il primo trimestre di gravidanza non sono conclusive; tuttavia, non si può escludere un piccolo aumento del rischio. A meno che non si ritenga essenziale continuare la terapia con ACE-inibitori, le pazienti che prevedono di iniziare una gravidanza devono essere indirizzate verso trattamenti antipertensivi alternativi, con un profilo di sicurezza accertato per l’uso in gravidanza. Quando viene diagnosticata la gravidanza, il trattamento con ACE-inibitori deve essere interrotto immediatamente e, se opportuno, deve essere iniziata una terapia alternativa.

E’ noto che l’esposizione alla terapia con ACE-inibitori/antagonisti del recettore dell’angiotensina II (AIIRA) durante il secondo e il terzo trimestre di gravidanza induce fetotossicità umana (ridotta funzionalità renale, oligoidramnios, ritardo dell’ossificazione del cranio) e tossicità neonatale (insufficienza renale, ipotensione, iperkaliemia) (vedere anche paragrafo 5.3 “Datì preclìnìcì dì sìcurezza”). Qualora si sia verificata un’esposizione ad ACE-inibitori dal secondo trimestre di gravidanza, si raccomanda un controllo ecografico della funzionalità renale e del cranio. I neonati le cui madri abbiano assunto ACE-inibitori devono essere tenuti sotto attenta osservazione per rilevare la comparsa di ipertensione, oliguria e iperkaliemia (vedere anche paragrafì 4.3 e 4.4).

Durante il primo e il secondo trimestre di gravidanza, l’acido acetilsalicilico deve essere assunto solo in casi di stretta necessità.

L’inibizione della sintesi delle prostaglandine può avere effetti negativi sulla gravidanza e/o sullo sviluppo embrionale/fetale. I dati derivati da studi epidemiologici mostrano un aumento del rischio di morte fetale, come pure di malformazioni cardiache e gastroschisi, dopo la somministrazione di inibitori della sintesi delle prostaglandine nelle prime fasi della gravidanza. Si suppone che il rischio aumenti in relazione al dosaggio e alla durata del trattamento.

L’esperienza precedente con dosi giornaliere di 50-150 mg di acido acetilsalicilico somministrato a donne in gravidanza nel secondo e terzo trimestre non ha evidenziato inibizione del travaglio, aumentata tendenza al sanguinamento o chiusura prematura del dotto arterioso.

Non vi sono dati sufficienti per confermare o escludere l’associazione di acido acetilsalicilico ad un aumento del rischio di aborto spontaneo. Inoltre, non vi sono dati che dimostrino l’associazione di acido acetilsalicilico a malformazioni, anche se non si può escludere un aumento del rischio di gastroschisi.

In una meta-analisi comprendente 6 studi di coorte, 1 studio randomizzato controllato e 15 studi caso- controllo (Kozer et al, 2002), riguardante la relazione tra malformazioni e trattamento con acido acetilsalicilico durante il primo trimestre di gravidanza, non è stato evidenziato un aumento significativo del rischio di malformazioni (odds ratio= 1,33 OR IC 95%: 0,94 – 1,89). Lo studio di coorte più importante comprendeva circa 15.000 donne in gravidanza che avevano assunto acido acetilsalicilico durante il primo trimestre di gravidanza.

Gli studi sugli animali hanno mostrato tossicità riproduttiva per i principi attivi acido acetilsalicilico, atorvastatina e ramipril (vedere paragrafo 5.3).

Nel caso in cui donne che prevedono di iniziare una gravidanza o donne nel primo o secondo trimestre di gravidanza assumano acido acetilsalicilico, la durata del trattamento deve essere il più breve possibile.

Durante il terzo trimestre di gravidanza, a causa dell’uso di inibitori della sintesi delle prostaglandine, il feto può essere esposto a:

tossicità cardiopolmonare (chiusura prematura del dotto arterioso e ipertensione polmonare);

compromissione renale, che può evolvere in insufficienza renale e oligoidramnios.

La madre e il feto, al termine della gravidanza, possono essere esposti a:

possibile prolungamento del tempo di sanguinamento, un effetto antiaggregante che può verificarsi anche alle dosi più basse;

inibizione delle contrazioni uterine, con conseguente ritardo o prolungamento del travaglio.

La sicurezza dell’atorvastatina nelle donne in gravidanza non è stata stabilita. Non sono stati condotti studi clinici controllati con atorvastatina in donne in gravidanza. Sono stati segnalati rari casi di anomalie congenite in seguito all’esposizione intrauterina a inibitori dell’HMG-CoA reduttasi. Gli studi sugli animali hanno mostrato tossicità riproduttiva (vedere paragrafo 5.3).

Il trattamento materno con atorvastatina può ridurre i livelli fetali di mevalonato, un precursore della biosintesi del colesterolo. L’aterosclerosi è un processo cronico e di solito la sospensione dei medicinali ipolipemizzanti durante la gravidanza dovrebbe avere un impatto minimo sul rischio a lungo termine associato all’ipercolesterolemia primaria.

Per questi motivi, Trinomia non deve essere utilizzato in donne in gravidanza, che pianificano o che sospettano una gravidanza. Il trattamento con Trinomia deve essere sospeso per la durata della gravidanza o fino a quando non sia stato escluso lo stato di gravidanza (vedere paragrafì 4.3 e 4.4).

Allattamento

Piccole quantità di acido acetilsalicilico e dei suoi metaboliti passano nel latte materno. Non è noto se l’atorvastatina o i suoi metaboliti siano escreti nel latte materno umano. Nel ratto, le concentrazioni plasmatiche di atorvastatina e dei suoi metaboliti attivi sono simili a quelle rilevate nel latte (vedere paragrafo 5.3). Inoltre, sono disponibili informazioni insufficienti riguardo all’uso di ramipril durante l’allattamento (vedere paragrafo 5.2).

A causa delle potenziali reazioni avverse gravi, le donne che assumono Trinomia non devono allattare al seno. Trinomia è controindicato durante l’allattamento (vedere paragrafo 4.3).

Fertilità

Negli studi sugli animali l’atorvastatina non ha provocato effetti sulla fertilità maschile o femminile (vedere paragrafo 5.3).

Ne ho preso troppo! Cosa fare?

Può anche capitare che per errore o distrazione assumiate una quantità di farmaco superiore a quella prescritta dal vostro medico.

Talvolta capita che bambini piccoli per gioco ingeriscano dei farmaci lasciati a portata di mano: raccomandiamo sempre di tenere i farmaci lontano dalla portata dei bambini, in luoghi chiusi e custoditi.

Cosa devo fare se per sbaglio ho preso un dosaggio eccessivo di Trinomia 100/40/10 mg?

Qualunque sia la causa dell’ingestione di una quantità eccessiva di farmaco, ecco cosa riporta la Scheda Tecnica di Trinomia 100/40/10 mg in caso di sovradosaggio.

Trinomia 100/40/10 mg: sovradosaggio

Acido acetilsalicilico

Nel sovradosaggio cronico di acido acetilsalicilico predominano sintomi a carico del sistema nervoso centrale, quali torpore, capogiri, confusione o nausea (salicilismo). L’intossicazione acuta da acido acetilsalicilico, d’altro canto, è una grave alterazione dell’equilibrio acido-base. Anche nell’ambito delle dosi terapeutiche, l’aumento della respirazione provoca alcalosi respiratoria, compensata da un incremento dell’escrezione renale di carbonato di idrogeno per mantenere il pH ematico normale. A dosi tossiche, la compensazione non e più sufficiente e il pH ematico diminuisce, cosi come la concentrazione di carbonato di idrogeno. A volte, la pCO2 nel plasma può essere normale. La condizione clinica sembra essere acidosi metabolica, sebbene si tratti di una combinazione di acidosi respiratoria e metabolica. Le relative cause sono: limitazione della respirazione su azione di dosi tossiche, accumulo di acido, in parte dovuto da una ridotta eliminazione per via renale (acido solforico e fosforico, oltre ad acido salicilico, acido lattico, acido acetoacetico e altri), a causa di una grave alterazione del metabolismo dei carboidrati. Si osservano inoltre squilibrio elettrolitico e perdite importanti di potassio.

Sintomi di intossicazione acuta

Oltre agli squilibri acido-base, si osservano anche squilibri elettrolitici (ad es. perdita di potassio), ipoglicemia, rash cutanei e sanguinamento gastrointestinale, sintomi come iperventilazione, tinnito, nausea, vomito, alterazione della vista e dell’udito, cefalee, capogiri e disorientamento. L’intossicazione grave (oltre 400 ?g/ml) può provocare deliri, tremore, sofferenza respiratoria (distress), sudorazione, disidratazione, ipertermia e coma. Per le intossicazioni letali, la morte è in genere causata da un’insufficienza della funzione respiratoria.

Terapia dell’intossicazione

L’ambito delle opzioni terapeutiche per l’avvelenamento da acido acetilsalicilico è determinato dalla gravità, dallo stadio e dai sintomi clinici dell’intossicazione. Esse corrispondono alle procedure standard per ridurre l’assorbimento della sostanza, bilanciando idratazione ed elettroliti e controllando la termoregolazione e la funzione respiratoria alterate. La terapia è costituita prevalentemente da trattamenti che accelerano l’eliminazione e normalizzano l’equilibrio acido-base ed elettrolitico. Oltre alle infusioni di sodio bicarbonato e potassio cloruro, si somministrano anche diuretici. Il valore di pH delle urine deve essere basico, per aumentare il grado di ionizzazione dell’acido salicilico e, di conseguenza, ridurre il riassorbimento tubulare. E’ fortemente raccomandato il controllo dei parametri ematochimici (valore di pH, pCO2, bicarbonato, potassio, ecc.). I casi gravi possono richiedere l’emodialisi.

In caso di sospetto sovradosaggio, il paziente deve essere tenuto sotto osservazione per 24 ore, perchè la comparsa dei sintomi e dei livelli plasmatici dei salicilati può richiedere diverse ore.

Atorvastatina

Non è disponibile un trattamento specifico per il sovradosaggio di atorvastatina. Qualora si verifichi un sovradosaggio, il paziente deve essere trattato sintomaticamente e devono essere istituite misure di supporto, secondo necessità. Devono essere eseguiti i test di funzionalità epatica e devono essere monitorati i livelli sierici di CK. A causa dell’ampio legame dell’atorvastatina alle proteine plasmatiche, non si prevede che l’emodialisi aumenti in misura significativa la clearance dell’atorvastatina.

Ramipril

I sintomi associati al sovradosaggio di ACE-inibitori possono comprendere vasodilatazione periferica eccessiva (con marcata ipotensione, shock), bradicardia, alterazioni elettrolitiche e insufficienza renale. Il paziente deve essere attentamente monitorato e il trattamento deve essere sintomatico e di supporto. Le misure consigliate prevedono disintossicazione primaria (lavanda gastrica, somministrazione di adsorbenti) e misure per il ripristino della stabilità emodinamica, inclusa la somministrazione di agonisti alfa-1- adrenergici o la somministrazione di angiotensina II(angiotensinamide). Il ramiprilato, il metabolita attivo di ramipril, viene scarsamente eliminato dalla circolazione generale mediante emodialisi.

Trinomia 100/40/10 mg: istruzioni particolari

Nessuna istruzione particolare.


Per approfondire l’argomento, per avere ulteriori raccomandazioni, o per chiarire ogni dubbio, si raccomanda di leggere l’intera Scheda Tecnica del Farmaco