Tysabri – Natalizumab: Scheda Tecnica e Prescrivibilità

tysabri

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

tysabri: ultimo aggiornamento pagina: (Fonte: A.I.FA.)

Se sei un paziente, consulta anche il Foglietto Illustrativo (Bugiardino) di tysabri

01.0 Denominazione del medicinale

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Tysabri 150 mg soluzione iniettabile in siringa preriempita

 

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Ogni mL contiene 150 mg di natalizumab.

Natalizumab è un anticorpo ricombinante umanizzato anti-α4-integrina prodotto in una linea cellulare murina mediante la tecnologia del DNA ricombinante.

Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

 

03.0 Forma farmaceutica

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Soluzione iniettabile (preparazione iniettabile) Soluzione da incolore a leggermente gialla, da leggermente opalescente a opalescente.

 

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Tysabri è indicato come monoterapia disease-modifying negli adulti con sclerosi multipla recidivante- remittente (SMRR) ad elevata attività nei seguenti gruppi di pazienti: pazienti con un’elevata attività della malattia nonostante un ciclo terapeutico completo e adeguato con almeno una terapia disease-modifying (DMT) (per le eccezioni e le informazioni riguardo ai periodi di washout vedere paragrafi 4.4 e 5.1) oppure

pazienti con SMRR severa ad evoluzione rapida, definita da due o più recidive disabilitanti in un anno e con 1 o più lesioni captanti Gadolinio alla risonanza magnetica (RM) cerebrale o un aumento significativo del carico lesionale in T2 rispetto ad una precedente RM effettuata di recente.

 

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Il trattamento deve essere iniziato e supervisionato costantemente da un medico con esperienza nella diagnosi e nel trattamento delle malattie neurologiche, con disponibilità di un accesso tempestivo alla risonanza magnetica (RM). Il trattamento a domicilio non è raccomandato. La somministrazione deve essere eseguita da un operatore sanitario e i pazienti devono essere monitorati per i segni e i sintomi precoci di leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML).

Ai pazienti trattati con questo medicinale deve essere consegnata la scheda di allerta per il paziente e devono essere fornite informazioni circa i rischi del medicinale (vedere anche il foglio illustrativo). Dopo 2 anni di trattamento i pazienti devono essere informati di nuovo circa i rischi, in particolare, circa l’aumento del rischio di PML, e sia i pazienti che coloro che li assistono devono essere istruiti a riconoscere i segni e i sintomi precoci di PML.

Devono essere disponibili i mezzi per trattare le reazioni di ipersensibilità e l’accesso alla RM.

Sono disponibili dati limitati sull’uso della formulazione sottocutanea nella popolazione dei pazienti naïve al trattamento con Tysabri (vedere paragrafo 4.4).

Alcuni pazienti possono essere stati esposti a medicinali immunosoppressori (es. mitoxantrone, ciclofosfamide, azatioprina). Tali medicinali possono causare una prolungata immunosoppressione, anche dopo la sospensione della loro somministrazione. Quindi, prima di iniziare la terapia (vedere paragrafo 4.4), il medico deve accertarsi che tali pazienti non siano immunocompromessi.

Posologia

La dose raccomandata per la somministrazione sottocutanea è di 300 mg ogni 4 settimane. Poiché ogni siringa preriempita contiene 150 mg di natalizumab, è necessario somministrare al paziente due siringhe preriempite.

Si deve valutare attentamente l’opportunità di proseguire il trattamento nei pazienti che dopo 6 mesi non dimostrano evidenze di benefici terapeutici.

I dati sulla sicurezza e l’efficacia di natalizumab (infusione endovenosa) a 2 anni provengono da studi controllati in doppio cieco. Dopo 2 anni la prosecuzione della terapia deve essere presa in considerazione soltanto dopo una rivalutazione dei possibili benefici e rischi. I pazienti devono essere informati di nuovo circa i fattori di rischio di PML, cioè la durata del trattamento, l’uso di farmaci immunosoppressori antecedente alla somministrazione del medicinale e la presenza di anticorpi anti- JCV (virus di John Cunningham) (vedere paragrafo 4.4).

Risomministrazione

L’efficacia della risomministrazione del prodotto non è stata stabilita (per la sicurezza vedere paragrafo 4.4).

Qualsiasi cambiamento della via di somministrazione del medicinale deve essere effettuato 4 settimane dopo la dose precedente. Popolazioni speciali Persone anziane

Questo medicinale non è raccomandato in pazienti di età superiore a 65 anni a causa della mancanza di dati in questa popolazione di pazienti.

Compromissione renale ed epatica

Non sono stati condotti studi al fine di verificare gli effetti della compromissione renale o epatica.

Il meccanismo di eliminazione del medicinale ed i risultati emersi dagli studi di farmacocinetica di popolazione suggeriscono che non è necessario un adattamento del dosaggio nei pazienti con compromissione renale o epatica.

Popolazione pediatrica

La sicurezza e l’efficacia di questo medicinale nei bambini e negli adolescenti fino a 18 anni di età non sono state stabilite. I dati al momento disponibili sono riportati nei paragrafi 4.8 e 5.1.

Modo di somministrazione

Per iniezione sottocutanea da parte di un operatore sanitario.

Devono essere somministrate due siringhe preriempite (dose totale di 300 mg), una dopo l’altra senza ritardi significativi. La seconda iniezione deve essere somministrata non più tardi di 30 minuti dopo la prima iniezione.

I siti per l’iniezione sottocutanea sono la coscia, l’addome o la parte posteriore del braccio. L’iniezione non deve essere effettuata in un’area del corpo in cui la pelle sia in qualche modo irritata, arrossata, contusiva, infetta o sfregiata. Quando si rimuove la siringa dal sito di iniezione, lo stantuffo deve essere lasciato andare mentre l’ago viene estratto diritto. Lasciando andare lo stantuffo si permette alla protezione dell’ago di coprire l’ago. La seconda iniezione deve essere a più di 3 cm di distanza dal primo punto di iniezione (vedere le istruzioni per la somministrazione alla fine del foglio illustrativo).

I pazienti devono essere osservati durante le iniezioni sottocutanee e successivamente per 1 ora per eventuali segni e sintomi di reazioni all’iniezione, compresa l’ipersensibilità.

I pazienti naïve a natalizumab devono essere osservati durante l’iniezione e per 1 ora dopo l’iniezione, per individuare eventuali segni e sintomi di reazioni legate all’iniezione, compresa l’ipersensibilità, per le prime 6 dosi di natalizumab. Per i pazienti che ricevono attualmente natalizumab e hanno già ricevuto almeno 6 dosi, indipendentemente dalla via di somministrazione di natalizumab per le prime 6 dosi, il tempo di osservazione di 1 ora dopo l’iniezione per le iniezioni sottocutanee successive può essere ridotto o eliminato a seconda del giudizio clinico se i pazienti non hanno avuto reazioni all’iniezione.

Tysabri 150 mg soluzione iniettabile in siringa preriempita non è destinato all’infusione endovenosa e deve essere somministrato solo per via sottocutanea.

 

04.3 Controindicazioni

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Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1. Leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML).

I pazienti che presentano un aumentato rischio di infezioni opportunistiche, fra cui i pazienti immunocompromessi (inclusi quelli trattati con terapie immunosoppressive concomitanti o quelli immunocompromessi da terapie precedenti, vedere paragrafi 4.4 e 4.8).

Associazione con altre terapie che modificano la malattia (Disease-modifying therapies, DMT).

Tumori maligni in fase attiva diagnosticati ad eccezione dei pazienti con carcinoma cutaneo basocellulare.

 

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Tracciabilità

Al fine di migliorare la tracciabilità dei medicinali biologici, il nome e il numero di lotto del medicinale somministrato devono essere chiaramente registrati.

Leucoencefalopatia Multifocale Progressiva (PML)

L’uso di questo medicinale è stato associato ad un aumentato rischio di PML, un’infezione opportunistica causata dal virus JC, che può risultare fatale o provocare disabilità severa. A causa di questo aumentato rischio di sviluppare PML, è necessario che specialista e paziente rivalutino i rischi e i benefici su base individuale; i pazienti devono essere sottoposti a monitoraggio a intervalli regolari per tutta la durata del trattamento e devono essere istruiti, insieme a coloro che li assistono, a riconoscere i segni e i sintomi precoci di PML. Il virus JC provoca inoltre neuropatia granulare da virus JC (JCV granule cell neuronopathy – JCV GCN), che è stata riportata in pazienti trattati con questo medicinale. I sintomi della JCV GCN sono simili ai sintomi di PML (cioè sindrome cerebellare).

I seguenti fattori di rischio sono associati ad un aumento del rischio di PML.

Presenza di anticorpi anti JCV.

Durata del trattamento, in particolare superati i 2 anni. Dopo 2 anni, tutti i pazienti devono essere informati nuovamente riguardo al rischio di PML associato al medicinale.

Uso di farmaci immunosoppressori antecedente alla somministrazione del medicinale.

Pazienti positivi agli anticorpi anti-JCV presentano un maggior rischio di insorgenza di PML rispetto ai pazienti negativi agli anticorpi anti-JCV. Pazienti che presentano tutti e tre i fattori di rischio di PML (cioè sono positivi agli anticorpi anti-JCV e hanno ricevuto una terapia con questo medicinale per più di 2 anni e hanno ricevuto in precedenza una terapia immunosoppressiva) presentano un rischio significativamente più elevato di PML.

Nei pazienti trattati con natalizumab che sono positivi agli anticorpi anti-JCV e che non hanno ricevuto in precedenza una terapia immunosoppressiva, il livello di risposta anticorpale anti-JCV (index) è associato al livello di rischio di PML.

Nei pazienti positivi per gli anticorpi anti-JCV, è stato suggerito che l’estensione dell’intervallo fra le dosi di natalizumab (intervallo di somministrazione medio di circa 6 settimane) comporta una riduzione del rischio di PML rispetto alla posologia approvata. Se si utilizza l’estensione dell’intervallo fra le dosi, è necessaria cautela perché l’efficacia dell’estensione dell’intervallo fra le dosi non è stata stabilita e il rapporto beneficio/rischio associato è attualmente sconosciuto (vedere paragrafo 5.1). La diminuzione del rischio di PML si basa su dati provenienti dalla via di somministrazione endovenosa. Non sono disponibili dati clinici sulla sicurezza o sull’efficacia di questo intervallo di somministrazione esteso con via di somministrazione sottocutanea. Per maggiori informazioni, si prega di consultare le Informazioni e le linee guida per la gestione destinate ai medici.

I pazienti considerati ad alto rischio con questo trattamento devono proseguire solo nel caso in cui i benefici superino i rischi. Per quanto riguarda la stima del rischio di PML nei vari sottogruppi di pazienti, si prega di consultare le Informazioni e le linee guida per la gestione destinate ai medici.

Analisi degli anticorpi anti-JCV

L’analisi degli anticorpi anti-JCV fornisce informazioni di supporto per la stratificazione del rischio di un trattamento con questo medicinale. Si raccomanda di eseguire il test per gli anticorpi anti-JCV nel siero prima di iniziare la terapia o in pazienti che ricevono il medicinale che non sono stati testati per la presenza degli anticorpi. I pazienti negativi per gli anticorpi anti-JCV possono essere ancora a rischio di PML per ragioni quali una nuova infezione da JCV, fluttuazione dello stato anticorpale o un risultato falso-negativo del test. Si raccomanda di ripetere il test ogni 6 mesi nei pazienti negativi per gli anticorpi anti-JCV. Nei pazienti con index basso e che non hanno ricevuto in precedenza una terapia immunosoppressiva, si raccomanda di ripetere il test ogni 6 mesi, una volta raggiunti i 2 anni di trattamento.

Per la diagnosi di PML non deve essere usato il test per gli anticorpi anti-JCV (ELISA). L’uso di plasmaferesi/scambio di plasma (PLEX) o di immunoglobulina per via endovenosa (IVIg) può influire sulla validità dell’interpretazione del test per gli anticorpi anti-JCV nel siero. I pazienti non devono essere sottoposti al test per gli anticorpi anti-JCV nelle 2 settimane successive alla PLEX, a causa dell’eliminazione degli anticorpi dal siero, o nei 6 mesi successivi all’IVIg (cioè 6 mesi = 5 volte l’emivita delle immunoglobuline).

Per ulteriori informazioni sull’analisi degli anticorpi anti-JCV, vedere le Informazioni e le Linee guida per la gestione destinate ai medici.

Screening di risonanza magnetica (RM) per la PML

Prima di iniziare la terapia con questo medicinale, deve essere disponibile una RM recente (solitamente eseguita negli ultimi 3 mesi) da usare come riferimento. La RM deve essere ripetuta almeno su base annuale. Si deve considerare di eseguire esami di RM più frequenti (es. ogni 3-6 mesi) mediante protocollo abbreviato nei pazienti a maggior rischio di sviluppare la PML, che comprendono: Pazienti che presentano tutti e tre i fattori di rischio di PML (cioè, sono positivi agli anticorpi anti-JCV e hanno ricevuto una terapia con questo medicinale per più di 2 anni e hanno ricevuto in precedenza una terapia immunosoppressiva), oppure

Pazienti con alto index anticorpale anti-JCV che hanno ricevuto una terapia con questo medicinale per più di 2 anni e non hanno ricevuto in precedenza una terapia immunosoppressiva.

Recenti evidenze suggeriscono che il rischio di PML è basso con un index pari o inferiore a 0,9 e aumenta considerevolmente al di sopra di 1,5 nei pazienti che sono stati in terapia con questo medicinale per oltre 2 anni (vedere le Informazioni e le linee guida per la gestione destinate ai medici per ulteriori informazioni).

Non sono stati effettuati studi per valutare l’efficacia e la sicurezza di questo medicinale in caso di passaggio da terapie DMT con effetto immunosoppressore. Non è noto se i pazienti che passano da queste terapie a questo trattamento abbiano un aumentato rischio di PML; pertanto, questi pazienti devono essere monitorati con maggiore frequenza (analogamente ai pazienti che passano dagli immunosoppressori a questo medicinale).

Si deve considerare la PML come diagnosi differenziale in qualsiasi paziente con sclerosi multipla in terapia con natalizumab che manifesti sintomi neurologici e/o nuove lesioni cerebrali alla RM. Sono stati riportati casi di PML asintomatica sulla base della RM e presenza nel liquido cerebrospinale di DNA per JCV.

I medici devono fare riferimento alle Informazioni e linee guida per la gestione destinate ai medici per ulteriori informazioni sulla gestione del rischio di PML nei pazienti trattati con natalizumab.

Se si sospetta una PML o una JCV GCN, il trattamento deve essere sospeso fino a quando non sia stata esclusa la PML.

Il medico deve valutare il paziente per determinare se tali sintomi siano indicativi di una disfunzione neurologica ed eventualmente se questi siano tipici della SM oppure se facciano sospettare la presenza di PML o JCV GCN. In caso di dubbio, si deve considerare un’ulteriore valutazione, compresi una RM preferibilmente con mezzo di contrasto (da confrontare con la RM basale eseguita prima del trattamento), l’esame del liquido cerebrospinale (LCS) per la ricerca del DNA del virus JC e la ripetizione degli esami neurologici, come descritto nelle Informazioni e linee guida destinate ai medici per la gestione di pazienti con sclerosi multipla (vedere il Programma educazionale). Una volta che il medico ha escluso la presenza di PML e/o JCV GCN (ripetendo se necessario le indagini cliniche, di imaging e/o di laboratorio in caso il sospetto clinico permanesse), la somministrazione potrà essere ripresa.

Il medico deve essere particolarmente attento a sintomi che possano suggerire una PML o una JCV GCN e che potrebbero passare inosservati al paziente (es. sintomi cognitivi, psichiatrici o sindrome cerebellare). I pazienti devono anche essere avvisati di informare il loro partner o coloro che li assistono circa il trattamento a cui sono sottoposti, poiché questi potrebbero notare dei sintomi di cui il paziente non si rende conto.

È stata riportata insorgenza di PML dopo la sospensione di questo medicinale in pazienti che non presentavano segni indicativi di PML al momento della sospensione. All’incirca per i 6 mesi successivi alla sospensione del trattamento con natalizumab sia i pazienti che i medici devono continuare a seguire lo stesso protocollo di monitoraggio e vigilare sull’eventuale comparsa di nuovi segni o sintomi che possano essere indicativi di PML.

Se un paziente sviluppa PML, il trattamento con questo medicinale deve essere sospeso definitivamente.

Dopo la ricostituzione del sistema immunitario in pazienti immunocompromessi con PML, è stato osservato un miglioramento dell’esito.

Sulla base di un’analisi retrospettiva dei pazienti trattati con natalizumab dalla sua approvazione, non è stata osservata alcuna differenza sulla sopravvivenza a 2 anni dopo la diagnosi di PML tra i pazienti che hanno ricevuto PLEX e quelli che non l’hanno ricevuta. Per altre considerazioni sul trattamento della PML, vedere le Informazioni e le linee guida per la gestione destinate ai medici.

PML e IRIS (sindrome infiammatoria da immunoricostituzione)

La sindrome IRIS insorge in quasi tutti i pazienti con PML trattati con questo medicinale dopo la sospensione o la rimozione attiva del medicinale. Si ritiene che la sindrome IRIS derivi dal ripristino della funzione immunitaria nei pazienti con PML, una condizione che può provocare gravi complicanze neurologiche e risultare fatale. Deve essere condotto un attento monitoraggio per individuare l’insorgenza di IRIS e un adeguato trattamento dell’infiammazione associata mentre il paziente si riprende dalla PML (per ulteriori informazioni vedere le Informazioni e le linee guida per la gestione destinate ai medici).

Infezioni incluse altre infezioni opportunistiche

Con l’uso di questo medicinale sono state segnalate altre infezioni opportunistiche, principalmente in pazienti affetti da morbo di Crohn immunocompromessi o con altre importanti patologie concomitanti, tuttavia non si può attualmente escludere un aumentato rischio di altre infezioni opportunistiche in pazienti trattati con il medicinale ma che non presentano tali patologie concomitanti. Infezioni opportunistiche sono state rilevate anche in pazienti affetti da SM trattati con questo medicinale in monoterapia (vedere paragrafo 4.8).

Questo trattamento aumenta il rischio di sviluppare encefalite e meningite causate dai virus herpes simplex e varicella zoster. Sono stati segnalati casi gravi, potenzialmente fatali, e a volte fatali in ambito postmarketing in pazienti affetti da sclerosi multipla in terapia con il trattamento (vedere paragrafo 4.8). Qualora si manifestino encefalite o meningite da herpes, la terapia con il medicinale deve essere interrotta e deve essere somministrata una terapia adeguata per encefalite o meningite da herpes.

La necrosi retinica acuta (ARN) è una rara infezione virale fulminante della retina, causata dalla famiglia dei virus dell’herpes (ad es. varicella zoster). L’ARN è stata osservata in pazienti in trattamento con questo medicinale e può potenzialmente provocare cecità. I pazienti che presentano sintomi oculari, quali riduzione dell’acuità visiva, arrossamento e dolore all’occhio, devono essere indirizzati a una valutazione della retina per rilevare l’ARN. In caso di diagnosi clinica di ARN, in questi pazienti si deve considerare l’interruzione del trattamento con questo medicinale.

I medici prescrittori devono essere consapevoli della possibilità che si possano verificare altre infezioni opportunistiche durante la terapia e quindi devono tenere presente queste ultime nella diagnosi differenziale delle infezioni che si verificano nei pazienti trattati con Tysabri. In caso si sospetti un’infezione opportunistica, è necessario sospendere il trattamento fino a quando tale infezione non sia stata esclusa attraverso ulteriori indagini.

Se un paziente in terapia con questo medicinale sviluppa un’infezione opportunistica, il trattamento con il medicinale deve essere sospeso definitivamente.

Programma educazionale

Tutti i medici che intendono prescrivere il medicinale devono accertarsi di avere familiarità con le Informazioni e linee guida destinate ai medici per la gestione di pazienti con sclerosi multipla.

I medici devono informare i pazienti dei benefici e dei rischi derivanti dalla terapia con natalizumab e fornire loro una scheda di allerta per il paziente. I pazienti devono essere istruiti in modo che, qualora sviluppino qualche infezione, informino il loro medico che stanno assumendo questo medicinale.

I medici devono informare i pazienti dell’importanza di un’assunzione ininterrotta, in particolare durante i mesi iniziali del trattamento (vedere ipersensibilità).

Ipersensibilità

Sono state associate a questo medicinale reazioni di ipersensibilità, comprese, per l’infusione endovenosa, reazioni sistemiche gravi (vedere paragrafo 4.8).

Solitamente tali reazioni si sono verificate durante un’ora dopo la somministrazione. Il rischio di ipersensibilità è stato maggiore con le prime infusioni e in pazienti esposti nuovamente al trattamento dopo una breve esposizione iniziale (una o due infusioni) e un periodo prolungato (tre mesi o più) senza trattamento. Tuttavia il rischio di reazioni di ipersensibilità deve essere tenuto in considerazione durante tutte le somministrazioni.

I pazienti devono essere tenuti in osservazione durante le iniezioni sottocutanee e durante l’ora seguente per segni e sintomi di reazioni all’iniezione compresa l’ipersensibilità (vedere paragrafi 4.2 e 4.8). Devono essere disponibili i mezzi per trattare le reazioni di ipersensibilità.

Ai primi sintomi o segni di ipersensibilità, il medicinale deve essere interrotto e deve essere iniziata una terapia appropriata.

I pazienti che hanno precedentemente manifestato una reazione da ipersensibilità devono sospendere definitivamente il trattamento con natalizumab.

Sono disponibili dati limitati sull’uso della formulazione sottocutanea nella popolazione dei pazienti naïve al trattamento con Tysabri (vedere paragrafo 4.4).

Terapie immunosoppressive concomitanti

La sicurezza e l’efficacia di questo medicinale, in associazione ad altri trattamenti immunosoppressivi e antineoplastici, non sono state completamente determinate. L’uso concomitante di tali agenti con questo medicinale può fare aumentare il rischio di infezioni, incluse le infezioni opportunistiche, ed è controindicato (vedere paragrafo 4.3).

In studi clinici di fase 3 sulla SM con natalizumab per infusione endovenosa, il trattamento concomitante delle recidive con un breve ciclo di corticosteroidi non è stato associato ad un aumentato tasso di infezioni. Si possono usare brevi cicli di corticosteroidi associati a questo medicinale.

Trattamento precedente con terapie immunosoppressive o immunomodulatorie

I pazienti trattati precedentemente con medicinali immunosoppressori presentano un maggiore rischio di sviluppare una PML.

Non sono stati effettuati studi per valutare l’efficacia e la sicurezza del medicinale in caso di passaggio da terapie DMT con effetto immunosoppressore. Non è noto se i pazienti che passano da queste terapie a questo medicinale hanno un aumentato rischio di PML; pertanto, questi pazienti devono essere monitorati con maggiore frequenza (analogamente ai pazienti che passano dagli immunosoppressori a questo medicinale, vedere Screening di risonanza magnetica (RM) per la PML).

È necessario prestare particolare cautela con i pazienti precedentemente trattati con farmaci immunosoppressori e lasciare trascorrere un tempo sufficiente per consentire la ripresa della funzione immunitaria. Prima di iniziare il trattamento il medico deve valutare ciascun singolo caso per determinare se esista uno stato di immunocompromissione (vedere paragrafo 4.3).

Nel passaggio da un’altra DMT a questo medicinale, si devono considerare l’emivita e il meccanismo d’azione della precedente terapia al fine di evitare un effetto immunitario additivo e di ridurre al minimo il rischio di riattivazione della malattia. Si raccomanda di eseguire un esame emocromocitometrico completo (CBC, inclusi i linfociti) prima di iniziare il trattamento per assicurare che gli effetti immunitari della terapia precedente (come la citopenia) si siano risolti.

I pazienti possono passare direttamente da una terapia con interferone beta o glatiramer acetato a natalizumab, a condizione che non presentino segni di importanti anomalie legate al trattamento, es. neutropenia e linfopenia.

Nel passaggio da una terapia con dimetil fumarato, il periodo di washout deve essere sufficiente a consentire il recupero della conta linfocitaria prima di iniziare il trattamento.

Dopo l’interruzione della terapia con fingolimod, la conta linfocitaria torna progressivamente nell’intervallo di normalità entro 1 o 2 mesi dall’interruzione della terapia. Il periodo di washout deve essere sufficiente a consentire il recupero della conta linfocitaria prima di iniziare il trattamento.

Teriflunomide viene eliminata lentamente dal plasma. Senza una procedura di eliminazione accelerata, la clearance di teriflunomide dal plasma può richiedere da alcuni mesi a 2 anni. Si raccomanda una procedura di eliminazione accelerata, come descritto nel riassunto delle caratteristiche del prodotto di teriflunomide oppure, in alternativa, il periodo di washout non deve essere inferiore a 3,5 mesi. Si richiede cautela quando i pazienti passano da teriflunomide a questo medicinale per quanto riguarda i potenziali effetti concomitanti sul sistema immunitario.

Alemtuzumab ha effetti immunosoppressivi profondi e prolungati. Poiché non è nota la reale durata di questi effetti, si raccomanda di non iniziare il trattamento con questo medicinale dopo alemtuzumab, a meno che i benefici non superino chiaramente i rischi per il singolo paziente.

Immunogenicità

Riacutizzazioni della malattia o reazioni correlate all’iniezione possono indicare lo sviluppo di anticorpi verso natalizumab. In questi casi si deve valutare la presenza degli anticorpi ed in caso di conferma di questi attraverso un successivo test, eseguito dopo almeno 6 settimane, il trattamento dev’essere sospeso, perché la presenza di anticorpi persistenti è associata a una sostanziale riduzione d’efficacia di questo medicinale e ad un’aumentata incidenza di reazioni di ipersensibilità (vedere paragrafo 4.8).

Dal momento che i pazienti che hanno avuto una breve esposizione iniziale a questo medicinale e un periodo prolungato senza trattamento presentano un rischio più elevato di sviluppare anticorpi anti- natalizumab e/o ipersensibilità in caso di nuovo trattamento, è necessario valutare la presenza di anticorpi e se questi risultano ancora presenti in un test di conferma eseguito dopo almeno 6 settimane, il paziente non deve essere sottoposto a ulteriore trattamento con natalizumab (vedere paragrafo 5.1).

Eventi epatici

Nella fase post-marketing sono state riferite reazioni avverse spontanee gravi di danni epatici (vedere paragrafo 4.8). Tali danni epatici possono insorgere in qualsiasi momento durante il trattamento, anche dopo la prima dose. In alcuni casi la reazione è comparsa nuovamente una volta ripreso il trattamento. Alcuni pazienti con un’anamnesi precedente di anomalie nei test epatici hanno evidenziato un’esacerbazione delle anomalie nei test epatici durante la terapia. I pazienti devono essere monitorati secondo necessità allo scopo di evidenziare una funzione epatica compromessa e devono essere istruiti a rivolgersi al medico in caso di segni e sintomi che suggeriscono un danno epatico, quali ittero e vomito. Nei casi di danno epatico significativo, il trattamento con questo medicinale deve essere sospeso.

Trombocitopenia

È stata riferita trombocitopenia, ivi inclusa la porpora trombocitopenica immune (PTI), con l’uso di natalizumab. Il ritardo nella diagnosi e nel trattamento della trombocitopenia può avere sequele gravi e potenzialmente fatali. I pazienti devono essere istruiti ad avvertire immediatamente il medico se accusano qualsiasi segno di sanguinamento insolito o prolungato, petecchie o comparsa spontanea di lividi. Se si rileva la presenza di trombocitopenia, si deve considerare l’interruzione della terapia con natalizumab.

Interruzione del trattamento

Nel caso si decida di interrompere il trattamento con natalizumab, il medico deve tenere presente che natalizumab rimane nel sangue e che esplica degli effetti farmacodinamici (ad esempio un aumento della conta dei linfociti) per circa 12 settimane dopo la somministrazione dell’ultima dose. La somministrazione di altre terapie, durante tale intervallo, si tradurrà in un’esposizione concomitante a natalizumab. Per medicinali come interferone e glatiramer acetato, una concomitante esposizione di simile durata non è stata associata, negli studi clinici, a rischi per la sicurezza. Non sono disponibili dati sull’esposizione concomitante a farmaci immunosoppressori su pazienti con SM. L’uso di tali medicinali poco dopo l’interruzione della somministrazione di natalizumab può tradursi in un effetto immunosoppressivo aggiuntivo. Questo dev’essere considerato attentamente caso per caso, e può essere appropriato effettuare un periodo di wash-out per natalizumab. Brevi cicli di steroidi usati per trattare le recidive non sono stati associati, negli studi clinici, ad un incremento delle infezioni.

Contenuto di sodio

Questo medicinale contiene meno di 1 mmol di sodio (23 mg) per dose (300 mg di natalizumab), cioè essenzialmente “senza sodio”.

 

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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ab è controindicato in associazione ad altre DMT (vedere paragrafo 4.3). Immunizzazioni

In uno studio randomizzato in aperto con 60 pazienti con SM recidivante non è risultata alcuna differenza significativa nella risposta immunitaria umorale ad un antigene di richiamo (tossoide tetanico), mentre è stata osservata una risposta immunitaria umorale leggermente rallentata e ridotta ad un neoantigene (emocianina di Megathura crenulata, KLH) in pazienti trattati con questo medicinale per 6 mesi rispetto al gruppo di controllo non trattato. Non sono stati studiati vaccini vivi.

 

04.6 Gravidanza e allattamento

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Donne in età fertile

Nel caso una paziente rimanga incinta durante il trattamento con questo medicinale, deve essere presa in considerazione l’opportunità di interrompere il trattamento. Una valutazione rischio/beneficio dell’uso di questo medicinale in gravidanza deve tener conto delle condizioni cliniche della paziente e del possibile ritorno di attività della malattia dopo l’interruzione del medicinale.

Gravidanza

Gli studi sugli animali hanno mostrato una tossicità riproduttiva (vedere paragrafo 5.3).

I dati provenienti da studi clinici, un registro prospettico di gravidanza, i casi post-marketing e la letteratura disponibile non suggeriscono un effetto dell’esposizione a questo medicinale sugli esiti della gravidanza.

Il registro prospettico di gravidanza di Tysabri completato conteneva 355 gravidanze con esiti disponibili. Ci sono stati 316 nati vivi, e per 29 di loro sono stati segnalati difetti alla nascita. Sedici dei 29 sono stati classificati come difetti maggiori. Il tasso di difetti corrisponde ai tassi segnalati in altri registri di gravidanza che coinvolgono pazienti affette da SM. Non c’è evidenza di un pattern specifico di difetti di nascita associato a questo medicinale.

Non sono stati condotti studi adeguati e ben controllati sulla terapia a base di natalizumab in donne in gravidanza.

Nell’esperienza postmarketing sono state segnalate trombocitopenia e anemia in neonati figli di donne esposte a natalizumab durante la gravidanza. Nei neonati figli di donne esposte a natalizumab in gravidanza si raccomanda il monitoraggio delle conte delle piastrine e dell’emoglobina.

Questo farmaco deve essere usato in gravidanza solo se chiaramente necessario. Se una donna avvia una gravidanza durante l’assunzione di natalizumab, deve essere presa in considerazione l’interruzione del trattamento con natalizumab.

Allattamento

Natalizumab è escreto nel latte materno. L’effetto di natalizumab su neonati/lattanti è sconosciuto. L’allattamento deve essere interrotto durante il trattamento con natalizumab.

Fertilità

In uno studio con dosi superiori alla dose umana, è stata osservata una riduzione della fertilità nelle cavie femmine; natalizumab non ha avuto alcun effetto sulla fertilità dei maschi. Si ritiene improbabile che natalizumab alla dose massima raccomandata possa avere effetti sul grado di fertilità nell’essere umano.

 

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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Tysabri altera lievemente la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari. Possono verificarsi capogiri in seguito alla somministrazione di natalizumab (vedere paragrafo 4.8).

 

04.8 Effetti indesiderati

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Riassunto del profilo di sicurezza

Il profilo di sicurezza osservato per natalizumab somministrato per via sottocutanea era coerente con il profilo di sicurezza noto di natalizumab somministrato per via endovenosa, ad eccezione del dolore in sede di iniezione. La frequenza complessiva del dolore in sede di iniezione era comune, ossia pari al 4% (3/71) per i soggetti che ricevevano natalizumab 300 mg, ogni 4 settimane, tramite somministrazione sottocutanea.

In studi controllati con placebo, condotti su 1617 pazienti con sclerosi multipla trattati con natalizumab per periodi fino a 2 anni (placebo: 1135), si sono osservati eventi avversi, che hanno portato all’interruzione della terapia, nel 5,8% dei pazienti trattati con natalizumab (placebo: 4,8%). Nei 2 anni durante i quali si è svolto lo studio, il 43,5% dei pazienti trattati con natalizumab ha presentato reazioni avverse (placebo: 39,6%).

Negli studi clinici su 6786 pazienti trattati con natalizumab (infusione endovenosa e iniezione sottocutanea), le reazioni avverse verificatesi più frequentemente sono state cefalea (32%), nasofaringite (27%), stanchezza (23%), infezione delle vie urinarie (16%), nausea (15%), artralgia (14%) e capogiro (11%) associate alla somministrazione di natalizumab.

Tabella delle reazioni avverse

Nella Tabella 1 di seguito sono presentate le reazioni avverse emerse da studi clinici, studi di sicurezza post-autorizzazione e segnalazioni spontanee.

All’interno delle classi per sistemi e organi, esse sono elencate secondo le seguenti intestazioni: Molto comune (≥ 1/10); Comune (≥ 1/100, < 1/10); Non comune (≥ 1/1.000, < 1/100); Raro (≥ 1/10.000, < 1/1.000); Molto raro (< 1/10.000), Non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).

All’interno di ciascuna classe di frequenza, le reazioni avverse sono riportate in ordine decrescente di gravità.

Tabella 1. Reazioni avverse

Classificazione per sistemi e
organi secondo MedDRA
Frequenza delle reazioni avverse
Molto comune Comune Non comune Raro Non nota
Infezioni ed infestazioni Nasofaringite infezione delle vie urinarie Infezione erpetica Leucoencefalopatia multifocale progressiva Herpes oftalmico Meningoencefalite erpetica Neuropatia granulare da virus JC
Retinopatia erpetica necrotizzante
Disturbi del sistema immunitario Ipersensibilità Reazione anafilattica Sindrome infiammatoria da immunoricostituzio ne
Patologie del sistema emolinfopoietic o Anemia Trombocitopenia Porpora trombocitopenica
immune (PTI) Eosinofilia
Anemia emolitica Globuli rossi nucleati
Patologie epatobiliari Iperbilirubinemia Lesione del fegato
Esami diagnostici Enzimi epatici aumentati Anticorpi farmaco-
specifici positivi
Traumatismi, intossicazioni e
complicazioni da procedura
Reazione correlata a infusione
Classificazione per sistemi e
organi secondo MedDRA
Frequenza delle reazioni avverse
Molto comune Comune Non comune Raro Non nota
Patologie respiratorie,
toraciche e mediastiniche
Dispnea
Patologie gastrointestinali Nausea Vomito
Patologie generali e condizioni relative alla sede di somministrazion e Stanchezza Piressia Brividi Reazione in sede di infusione Reazione in
sede di iniezione
Edema della faccia
Patologie della cute e del
tessuto sottocutaneo
Prurigine Eruzione
cutanea Orticaria
Angioedema
Patologie vascolari Rossore
Patologie del sistema nervoso Capogiro Cefalea
Patologie del sistema muscoloscheletr
ico e del tessuto connettivo
Artralgia

Descrizione di reazioni avverse selezionate

Reazioni di ipersensibilità

Si sono verificate reazioni di ipersensibilità solitamente entro un’ora dal completamento delle iniezioni sottocutanee. Negli studi DELIVER e REFINE è stato analizzato un basso numero di pazienti (vedere paragrafo 5.1) In studi clinici controllati della durata di 2 anni, in pazienti con SM trattati con natalizumab per via endovenosa, le reazioni di ipersensibilità si sono verificate in percentuali di pazienti fino al 4%. In meno dell’1% dei pazienti trattati con questo medicinale si sono osservate reazioni anafilattiche/anafilattoidi. Tali reazioni sono insorte durante l’infusione o entro l’ora successiva (vedere paragrafo 4.4). Nell’esperienza post-marketing vi sono state segnalazioni di reazioni di ipersensibilità, che si sono manifestate in associazione ad uno o più dei seguenti sintomi: ipotensione, ipertensione, dolore al torace, fastidio al torace, dispnea, angioedema, oltre a sintomi più comuni come esantema ed orticaria.

Immunogenicità

In studi clinici controllati della durata di 2 anni, in pazienti con SM trattati con natalizumab per via endovenosa, sono stati rilevati anticorpi anti-natalizumab nel 10% dei pazienti. Anticorpi anti- natalizumab persistenti (2 test positivi eseguiti a distanza di almeno 6 settimane) si sono sviluppati in circa il 6% dei pazienti. In un ulteriore 4% dei pazienti sono stati rilevati anticorpi in una sola occasione. La persistenza degli anticorpi è stata associata ad una sostanziale diminuzione d’efficacia di natalizumab e ad un aumento dell’incidenza di reazioni di ipersensibilità. Altre reazioni legate all’infusione, associate alla presenza di anticorpi persistenti, comprendevano irrigidimenti, nausea, vomito e rossore (vedere paragrafo 4.4).

Nello studio di 32 settimane DELIVER in pazienti con SM senza precedente esposizione a natalizumab, gli anticorpi anti-natalizumab persistenti si sono sviluppati in 1 soggetto (4%) dei 26 soggetti che hanno ricevuto natalizumab per via sottocutanea. Gli anticorpi sono stati rilevati solo in un’occasione in altri 5 soggetti (19%). Nello studio di 60 settimane REFINE in pazienti con SM, nessun soggetto (136 soggetti) che è passato dalla somministrazione endovenosa di natalizumab alla somministrazione sottocutanea mostrava anticorpi anti-farmaco (ADA) rilevabili durante lo studio (vedere paragrafo 5.1).

Se, dopo circa 6 mesi di terapia, si sospetta la presenza di anticorpi persistenti, a causa sia di una diminuita efficacia del prodotto, sia della presenza di reazioni correlate all’infusione, questi possono essere rilevati e confermati da un secondo test, 6 settimane dopo il primo test positivo. Dato che nel paziente con anticorpi persistenti l’efficacia del trattamento può ridursi oppure che l’incidenza dell’ipersensibilità o delle reazioni legate all’infusione può aumentare, il trattamento deve essere interrotto nei pazienti che sviluppano anticorpi persistenti.

Infezioni, inclusa PML ed infezioni opportunistiche

In studi clinici controllati, della durata di 2 anni, in pazienti con SM, il tasso di infezioni era di circa l’1,5 per paziente anno sia nei pazienti trattati con natalizumab (per via endovenosa) sia in quelli trattati con placebo. La natura delle infezioni era solitamente simile nei due gruppi di pazienti. Negli studi clinici in pazienti con SM è stato segnalato un singolo caso di diarrea da cryptosporidium. In altri studi clinici sono stati segnalati casi di ulteriori infezioni opportunistiche, alcune delle quali ad esito fatale. La maggior parte dei pazienti non ha interrotto la terapia con natalizumab durante le infezioni che si sono risolte con una terapia adeguata.

Negli studi clinici (formulazione endovenosa) le infezioni da herpes (virus varicella-zoster, virus herpes simplex) sono state osservate con frequenza lievemente maggiore nei pazienti trattati con natalizumab rispetto a quelli trattati con placebo. Nell’esperienza post-marketing, sono stati riferiti casi gravi, potenzialmente fatali e a volte fatali di encefalite e meningite causate da herpes simplex o varicella zoster in pazienti affetti da sclerosi multipla in terapia con natalizumab. La durata della terapia con natalizumab precedentemente all’insorgenza variava da alcuni mesi a diversi anni (vedere paragrafo 4.4).

Nell’esperienza post-marketing, sono stati osservati rari casi di necrosi retinica acuta (ARN) in pazienti trattati con questo medicinale. Alcuni casi si sono verificati in pazienti con infezioni erpetiche del sistema nervoso centrale (SNC) (ad es. meningite ed encefalite da herpes). Casi gravi di ARN, a carico di uno o di entrambi gli occhi, hanno provocato cecità in alcuni pazienti. Il trattamento per questi casi includeva una terapia antivirale e, in alcuni casi, la chirurgia (vedere paragrafo 4.4).

Casi di PML sono stati segnalati in studi clinici, studi osservazionali post-marketing e sorveglianza passiva post-marketing. Solitamente la PML provoca disabilità severa o può essere fatale (vedere paragrafo 4.4). Sono stati riportati casi di JCV GCN nell’utilizzo postmarketing di questo medicinale. I sintomi di JCV GCN sono simili a quelli di PML.

Eventi epatici

Nella fase post-marketing sono state riferite segnalazioni spontanee di gravi danni epatici, innalzamento degli enzimi epatici e iperbilirubinemia (vedere paragrafo 4.4).

Anemia e anemia emolitica

Rari casi gravi di anemia e anemia emolitica sono stati segnalati in pazienti trattati con natalizumab negli studi osservazionali post-marketing.

Tumori maligni

Non sono state osservate differenze nei tassi d’incidenza o nella natura dei tumori maligni tra i pazienti trattati con natalizumab e quelli trattati con placebo durante 2 anni di trattamento. Tuttavia è necessario effettuare un’osservazione per un periodo di trattamento più lungo prima di potere escludere qualsiasi effetto di natalizumab sui tumori maligni (vedere paragrafo 4.3).

Effetti sulle indagini di laboratorio

In studi clinici controllati della durata di 2 anni in pazienti con SM il trattamento con natalizumab è associato ad un aumento del numero dei linfociti, dei monociti, degli eosinofili, dei basofili e degli eritrociti nucleati circolanti. Non è stato osservato un aumento dei neutrofili. Gli aumenti, rispetto al valore basale, dei linfociti, dei monociti, degli eosinofili e dei basofili erano compresi fra il 35% ed il 140% per i singoli tipi di cellule, ma le conte medie rimanevano comunque entro i valori normali con la somministrazione per infusione endovenosa. Durante il trattamento con questo medicinale, sono state osservate lievi diminuzioni dell’emoglobina (diminuzione media 0,6 g/dL), dell’ematocrito (diminuzione media 2%) e della conta degli eritrociti (diminuzione media 0,1 x 106/L). Entro settimane dopo l’ultima somministrazione del medicinale, di norma tutti i valori sono ritornati come quelli precedenti il trattamento e le alterazioni non sono state associate a sintomi clinici.

Nell’esperienza post-marketing sono stati segnalati anche casi di eosinofilia (conta degli eosinofili 1500/mm3) senza sintomi clinici. Nei casi in cui la terapia è stata interrotta i livelli degli eosinofili si sono normalizzati.

Trombocitopenia

Nell’esperienza post-marketing sono state riferite trombocitopenia e porpora trombocitopenica immune (PTI) con frequenza “non comune”.

Popolazione pediatrica

In 621 pazienti pediatrici con SM inclusi in una meta-analisi sono stati valutati gli eventi avversi gravi, (vedere anche paragrafo 5.1). Nei limiti di tali dati, non sono stati individuati nuovi segnali di sicurezza in questa popolazione di pazienti. Nella meta-analisi è stato riportato un caso di meningite da herpes. Nella meta-analisi non è stato individuato alcun caso di PML; tuttavia, la PML è stata riportata in pazienti pediatrici trattati con natalizumab nel contesto post-marketing.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell’allegato V.

 

04.9 Sovradosaggio

Indice

La sicurezza di dosi superiori a 300 mg non è stata adeguatamente valutata. La quantità massima di natalizumab che può essere somministrata in sicurezza non è stata determinata.

Non esiste un antidoto noto per il sovradosaggio di natalizumab. Il trattamento consiste nell’interruzione del medicinale e nella terapia di supporto, se necessario.

 

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

Indice

Categoria farmacoterapeutica: immunosoppressori, immunosoppressori selettivi, codice ATC:

L04AA23.

Effetti farmacodinamici

Natalizumab è un inibitore selettivo della molecola d’adesione e si lega alla subunità α4 delle integrine umane che è altamente espressa sulla superficie di tutti i leucociti, ad eccezione dei neutrofili. Nello specifico, natalizumab si lega all’integrina α4β1, bloccando cosi l’interazione con il suo recettore complementare, VCAM-1 (vascular cell adhesion molecule-1), e con i ligandi osteopontina e CS-1 (connecting segment-1), un dominio di splicing alternativo della fibronectina. Natalizumab blocca l’interazione dell’integrina α4β7 con MadCAM-1 (mucosal addressin cell adhesion molecule-1).

L’alterazione di tali interazioni molecolari impedisce la migrazione dei leucociti mononucleati attraverso l’endotelio fino al tessuto parenchimale infiammato. Un ulteriore meccanismo d’azione di natalizumab può consistere nella soppressione delle reazioni infiammatorie in atto nei tessuti ammalati, mediante l’inibizione dell’interazione dei leucociti che esprimono α4 con i loro ligandi nella matrice extracellulare e sulle cellule del parenchima. In tal modo natalizumab può agire sopprimendo l’attività infiammatoria presente nell’area malata ed inibire il reclutamento di cellule del sistema immunitario nei tessuti infiammati.

Nella SM, si ritiene che le lesioni si verifichino quando i linfociti T attivati attraversano la barriera emato-encefalica. La migrazione dei leucociti attraverso la barriera emato-encefalica presuppone un’interazione tra le molecole d’adesione delle cellule infiammatorie e le cellule endoteliali della parete vascolare. L’interazione tra α4β1 ed i suoi bersagli rappresenta una componente importante dell’infiammazione patologica nel cervello e l’alterazione di tali interazioni si traduce in una diminuzione dell’infiammazione. In condizioni normali, la VCAM-1 non è espressa nel parenchima del cervello. Tuttavia, in presenza di citochine pro-infiammatorie, vi è un aumento di espressione di VCAM-1 sulle cellule endoteliali e probabilmente sulle cellule gliali in prossimità dei siti d’infiammazione. Nel quadro dell’infiammazione del sistema nervoso centrale (SNC) di SM, è l’interazione di α4β1 con VCAM-1, CS-1 e l’osteopontina che media la ferma adesione e la migrazione dei leucociti nel parenchima cerebrale e può perpetuare la cascata infiammatoria nel tessuto del SNC. Il blocco delle interazioni molecolari di α4β1 con i suoi bersagli riduce l’attività infiammatoria presente nel cervello, nei pazienti con SM, ed inibisce un ulteriore reclutamento di cellule del sistema immunitario e la loro migrazione verso il tessuto infiammato, riducendo in tal modo la formazione o l’estensione delle lesioni della SM.

Sulla base delle relazioni PK/legame dell’integrina α4β1 stabilite nel modello farmacocinetico/farmacodinamico aggiornato della popolazione, l’EC50 del legame di natalizumab all’integrina α4β1 è stimato essere pari a 2,04 mg/L sulla base di un modello farmacocinetico/farmacodinamico della popolazione. Non c’è stata alcuna differenza nel legame dell’integrina α4β1 dopo la somministrazione di natalizumab 300 mg ogni 4 settimane per via sottocutanea o per via endovenosa. La PD media (saturazione di alfa-4 sulle cellule linfocitarie mononucleate è risultata simile tra i regimi di somministrazione endovenosa ogni 6 settimane e ogni 4 settimane, con una differenza della saturazione di alfa-4 percentuale media compresa tra il 9 e il 16%.

Efficacia clinica

Sulla base delle somiglianze in farmacocinetica e farmacodinamica tra somministrazione endovenosa e sottocutanea, vengono forniti i dati di efficacia dell’infusione endovenosa e quelli dei pazienti che ricevono l’iniezione sottocutanea.

Studio clinico AFFIRM

L’efficacia della monoterapia per l’infusione endovenosa è stata valutata in uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, durato 2 anni (Studio AFFIRM), condotto in pazienti con SMRR, che avevano presentato almeno una recidiva clinica durante l’anno precedente l’ingresso nello studio e presentavano un punteggio da 0 a 5 nella Kurtzke Expanded Disability Status Scale (EDSS). L’età mediana dei pazienti era di 37 anni con una durata mediana della malattia di circa 5 anni. I pazienti sono stati randomizzati per ricevere, secondo un rapporto 2:1, natalizumab 300 mg (n = 627) o placebo (n = 315) ogni 4 settimane fino a 30 infusioni complessive. Sono state effettuate valutazioni neurologiche ogni 12 settimane e nei momenti di sospetto di recidive. Annualmente, mediante risonanza magnetica (RM), sono state eseguite valutazioni delle lesioni captanti il Gadolinio (Gd) pesate in T1 e delle lesioni iperintense pesate in T2.

Le caratteristiche ed i risultati dello studio sono presentati nella Tabella 2.

Tabella 2. Studio AFFIRM: Caratteristiche principali e risultati
Disegno Monoterapia; studio randomizzato, in doppio cieco,
controllato con placebo, a gruppi paralleli, della durata di 120 settimane
Soggetti SMRR (secondo i criteri McDonald)
Trattamento Placebo / Natalizumab 300 mg e.v. ogni 4 settimane
Endpoint ad un anno Tasso di recidive
Endpoint a due anni Progressione dell’EDSS
Endpoint secondari Variabili derivate dal tasso di recidive / variabili derivate dalla RM
Soggetti Placebo Natalizumab
Randomizzati 315 627
Che hanno completato 1 anno 296 609
Che hanno completato 2 anni 285 589
Anni di età, mediana (range) 37 (19-50) 36 (18-50)
Durata in anni della SM, mediana (range) 6,0 (0-33) 5,0 (0-34)
Tempo dalla diagnosi, in anni, mediana (range) 2,0 (0-23) 2,0 (0-24)
Numero di recidive nei 12 mesi
precedenti, mediana (range)
1,0 (0-5) 1,0 (0-12)
EDSS-baseline, mediana (range) 2 (0-6,0) 2 (0-6,0)
RISULTATI
Tasso annuale di recidive
Dopo un anno (endpoint primario) 0,805 0,261
Dopo due anni 0,733 0,235
Un anno Rapporto tra i tassi (Rate ratio) 0,33 IC95% 0,26 ; 0,41
Due anni Rapporto tra i tassi (Rate ratio) 0,32 IC95% 0,26 ; 0,40
Senza recidive
Dopo un anno 53% 76%
Dopo due anni 41% 67%
Disabilità
Percentuale delle progressioni1(conferma dopo 12 settimane; esito principale) 29% 17%
Tabella 2. Studio AFFIRM: Caratteristiche principali e risultati
Rapporto di rischio (Hazard ratio) 0,58, IC95% 0,43; 0,73,
p < 0,001
Percentuale delle progressioni1(conferma dopo 24
settimane)
23% 11%
Rapporto di rischio (Hazard ratio) 0,46, IC95% 0,33;
0,64, p < 0,001
RM (0-2 anni)
Mediana della variazione percentuale del volume delle lesioni iperintense in
T2
+8,8% -9,4%
(p < 0,001)
Numero medio di lesioni iperintense in T2 nuove o ingrandite recentemente 11,0 1,9
(p < 0,001)
Numero medio di lesioni ipointense in
T1
4,6 1,1
(p < 0,001)
Numero medio di lesioni captanti il Gd 1,2 0,1
(p < 0,001)
1 La progressione della disabilità è stata definita come l’aumento di almeno 1,0 punto sull’EDSS rispetto ad un valore iniziale dell’EDSS > = 1,0 mantenuto per almeno 12 o 24 settimane o come l’aumento di almeno 1,5 punti sull’EDSS
rispetto ad un valore iniziale dell’EDSS = 0 mantenuto per 12 o 24 settimane.

Nel sottogruppo di pazienti indicati per il trattamento della SMRR a rapida evoluzione (pazienti con 2 o più recidive e 1 o più lesioni Gd+) il tasso annuale di recidive era di 0,282 nel gruppo trattato con natalizumab (n = 148) e di 1,455 nel gruppo trattato con placebo (n = 61) (p < 0,001). L’indice di rischio per la progressione della disabilità era pari a 0,36 (95% CI: 0,17, 0,76) p = 0,008. Tali risultati sono stati ricavati da una analisi post hoc e devono essere interpretati con cautela. Non sono disponibili informazioni circa la gravità delle recidive prima dell’inclusione dei pazienti nello studio.

Programma osservazionale di Tysabri (TOP

L’analisi ad interim dei risultati (a maggio 2015) del Programma osservazionale di Tysabri (TOP) in corso, uno studio di fase 4 multicentrico, a braccio singolo (n = 5770), ha dimostrato che i pazienti che passano da interferone beta (n = 3255) o glatiramer acetato (n = 1384) a Tysabri hanno evidenziato una riduzione significativa sostenuta del tasso annualizzato di recidive (p < 0,0001). I punteggi medi dell’EDSS sono rimasti stabili nell’arco di 5 anni. In linea con i risultati di efficacia osservati per i pazienti che passano da interferone beta o glatiramer acetato a Tysabri, per i pazienti che passano da fingolimod (n = 147) a questo medicinale si è osservata una riduzione significativa del tasso annualizzato di recidive (ARR), che si è mantenuto stabile nell’arco di 2 anni, mentre i punteggi medi dell’EDSS sono rimasti simili dal basale all’Anno 2. Nell’interpretazione di questi dati, si devono tenere in considerazione la numerosità limitata del campione e la più breve durata di esposizione a natalizumab per questo sottogruppo di pazienti.

Popolazione pediatrica

È stata condotta una meta-analisi post-marketing con i dati derivati da 621 pazienti pediatrici con SM (età mediana: 17 anni, intervallo di età da 7 a 18 anni, 91% di età ≥ 14 anni), trattati con natalizumab. Nell’ambito di questa analisi, un sottogruppo limitato di pazienti con dati disponibili pre-trattamento (158 dei 621 pazienti) ha dimostrato una riduzione dell’ARR da 1,466 (95% CI: 1,337, 1,604) prima del trattamento a 0,110 (95% CI: 0,094, 0,128).

Intervallo di somministrazione esteso

In un’analisi pre-specificata, retrospettiva, di pazienti statunitensi trattati con Tysabri somministrato per via endovenosa e positivi per gli anticorpi anti-JCV (registro TOUCH), è stato confrontato il rischio di PML tra pazienti trattati con la posologia approvata e pazienti trattati con l’estensione dell’intervallo fra le dosi (EID, intervalli di trattamento medi di circa 6 settimane), identificati negli ultimi 18 mesi di esposizione. La maggioranza (85%) dei pazienti trattati con EID aveva ricevuto la posologia approvata per ≥ 1 anno prima del passaggio a EID. L’analisi ha mostrato un più basso rischio di PML in pazienti trattati con EID (hazard ratio = 0,06 95% CI dell’hazard ratio = da 0,01 a 0,22). L’efficacia della somministrazione di questo medicinale con EID non è stata stabilita e quindi il rapporto beneficio-rischio dell’EID non è noto (vedere paragrafo 4.4).

È stato costruito un modello per valutare l’efficacia nei pazienti che passano a somministrazioni estese dopo ≥ 1 anno di trattamento con la posologia approvata di questo medicinale tramite somministrazione endovenosa e che non hanno presentato recidive nell’anno precedente al passaggio. Gli attuali modelli statistici e la simulazione di farmacocinetica/farmacodinamica indicano che per i pazienti che passano all’estensione dell’intervallo fra le dosi il rischio di attività di malattia della SM può essere maggiore in coloro che hanno intervalli di trattamento ≥ 7 settimane. Non sono stati completati studi clinici prospettici per convalidare questi dati.

Non sono disponibili dati clinici sulla sicurezza o sull’efficacia di questo intervallo di somministrazione esteso con la via di somministrazione sottocutanea.

Studio clinico REFINE (formulazione sottocutanea, popolazione precedentemente trattata con natalizumab (infusione endovenosa) per almeno 12 mesi) La somministrazione sottocutanea è stata valutata in uno studio randomizzato, in cieco, in gruppo parallelo, di fase 2 (REFINE) che ha esplorato la sicurezza, la tollerabilità e l’efficacia di regimi multipli di natalizumab (300 mg per via endovenosa ogni 4 settimane, 300 mg per via sottocutanea ogni 4 settimane, 300 mg per via endovenosa ogni 12 settimane, 300 mg per via sottocutanea ogni 12 settimane, 150 mg per via endovenosa ogni 12 settimane e 150 mg per via sottocutanea ogni 12 settimane) in soggetti adulti (n = 290) con sclerosi multipla recidivante-remittente per un periodo di 60 settimane. I soggetti avevano ricevuto natalizumab per almeno 12 mesi ed erano rimasti liberi da recidive per i 12 mesi precedenti alla randomizzazione. L’obiettivo primario di questo studio è stato di valutare gli effetti di multipli regimi di trattamento con natalizumab sull’attività di malattia e la sicurezza in pazienti con SMRR. L’endpoint primario di questo studio è stato il numero cumulativo delle lesioni cerebrali attive uniche combinate (CUA) alla RM (somma di nuove lesioni Gd+ alla RM cerebrale e di lesioni iperintense in T2 nuove o di recente ingrandimento non associate a Gd+ alle immagini pesate in T1). Il CUA medio per il braccio con somministrazione di 300 mg per via sottocutanea ogni 4 settimane era basso (0,02) e paragonabile ai 300 mg per via endovenosa ogni 4 settimane (0,23). Il CUA nei bracci con trattamento ogni 12 settimane era significativamente superiore rispetto ai bracci con trattamento ogni 4 settimane, con conseguente interruzione anticipata dei bracci con trattamento ogni 12 settimane. Data la natura esploratoria di questo studio, non sono stati effettuati formali confronti in termini di efficacia.

Studio clinico DELIVER (formulazione sottocutanea, popolazione naïve a natalizumab)

L’efficacia e la sicurezza di natalizumab per la somministrazione sottocutanea nella popolazione con SM naïve a natalizumab è stata valutata in uno studio randomizzato di fase 1, in aperto, di dose- ranging (DELIVER). 12 soggetti con SMRR e 14 soggetti con SM secondaria progressiva sono stati arruolati nei bracci con trattamento per via sottocutanea. L’obiettivo primario dello studio è stato di valutare la farmacocinetica (PK) e la farmacodinamica (PD) di una somministrazione singola di 300 mg di natalizumab per via sottocutanea o intramuscolare rispetto all’infusione endovenosa di 300 mg di natalizumab in pazienti con SM. L’obiettivo secondario includeva la valutazione della sicurezza, tollerabilità e immunogenicità di somministrazioni ripetute di natalizumab per via sottocutanea e intramuscolare. Un endpoint esplorativo di questo studio comprendeva il numero di nuove lesioni Gd+ alla RM cerebrale dal basale alla Settimana 32. Nessuno dei soggetti trattati con natalizumab ha avuto lesioni Gd+ post-baseline, indipendentemente dallo stadio della malattia (SMRR o SM secondariamente progressiva), dalla via di somministrazione assegnata o dalla presenza di lesioni Gd+ al basale. Nella popolazione SMRR e SM secondaria progressiva, 2 pazienti che avevano ricevuto natalizumab 300 mg per via sottocutanea hanno avuto ricadute rispetto a 3 pazienti nel gruppo che aveva ricevuto natalizumab 300 mg per infusione endovenosa. Dato il ridotto numero di pazienti e la variabilità inter e intra gruppo, non è possibile confrontare i dati di efficacia tra i gruppi.

 

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

La farmacocinetica di natalizumab dopo la somministrazione sottocutanea è stata valutata in 2 studi. DELIVER era uno studio di fase 1, randomizzato, in aperto, di dose-ranging per valutare la farmacocinetica di natalizumab per via sottocutanea e intramuscolare in soggetti con SM (SMRR o SM secondaria progressiva) (n = 76) (vedere il paragrafo 5.1 per una descrizione dello studio REFINE).

È stata condotta un’analisi aggiornata farmacocinetica di popolazione, costituita da 11 studi (condotti con natalizumab somministrato per via sottocutanea ed endovenosa) e da dati con campionamento PK seriale misurato tramite una metodica standard del settore. Questa analisi comprendeva oltre 1.286 soggetti che ricevevano dosi comprese tra 1 e 6 mg/kg e dosi fisse di 150/300 mg.

Assorbimento

L’assorbimento dal sito di iniezione alla circolazione sistemica in seguito alla somministrazione sottocutanea è stato caratterizzato da un assorbimento di primo ordine con un ritardo stimato nel modello di 3 ore. Non sono state identificate covariate.

La biodisponibilità di natalizumab dopo la somministrazione sottocutanea è stata dell’84% come stimato utilizzando l’analisi aggiornata di farmacocinetica della popolazione.

Dopo la somministrazione sottocutanea di 300 mg di natalizumab, il picco è stato raggiunto dopo circa 1 settimana (tmax: 5,8 giorni, intervallo da 2 a 7,9 giorni).

La Cmax media per i partecipanti SMRR è stata pari a 35,44 μg/mL (intervallo 22,0 to 47,8 μg/mL), che corrisponde al 33% dei valori di picco in seguito a somministrazione endovenosa.

Dosi sottocutanee multiple da 300 mg somministrate ogni 4 settimane hanno portato ad un valore Ctrough paragonabile alla somministrazione di 300 mg per via endovenosa ogni 4 settimane. Il tempo allo steady state è stato approssimativamente di 24 settimane. Sia nella somministrazione per via endovenosa che sottocutanea di natalizumab (ogni 4 settimane) i valori di Ctrough hanno portato ad un paragonabile legame dell’integrina α4β1.

Distribuzione

Sia la via di somministrazione endovenosa che quella sottocutanea condividono gli stessi parametri PK di disponibilità (CL, Vss e t½) e gli stessi set di covariate rispetti a quelli descritti nell’analisi farmacocinetica aggiornata della popolazione.

Il volume di distribuzione mediano allo steady-state era di 5,58 L (5,27-5,92 L, intervallo di confidenza al 95%).

Eliminazione

La stima mediana per la clearance lineare nella popolazione era di 6,21 mL/h, (5,60-6,70 mL/h, intervallo di confidenza al 95%) e l’emivita mediana stimata era di 26,8 giorni. L’intervallo al 95° percentile dell’emivita terminale è compreso tra 11,6 e 46,2 giorni.

Nell’analisi di popolazione di 1.286 pazienti sono stati studiati gli effetti sulla farmacocinetica di covariate selezionate quali il peso corporeo, l’età, il sesso, la presenza di anticorpi anti-natalizumab e la formulazione. È stato osservato che soltanto il peso corporeo, la presenza di anticorpi anti-natalizumab e la formulazione utilizzata negli studi di fase 2 influenzavano la disponibilità di natalizumab. La clearance di natalizumab è aumentata con il peso corporeo in maniera meno che proporzionale, tale che una variazione del peso corporeo del +/- 43% si traduceva in una variazione della clearance del solo -38 – 36%. La presenza di anticorpi anti-natalizumab persistenti aumentava la clearance di natalizumab di circa 2,54 volte, in linea con le concentrazioni sieriche ridotte di natalizumab osservate in pazienti che presentano anticorpi persistenti.

 

05.3 Dati preclinici di sicurezza

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I dati preclinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di sicurezza farmacologica, tossicità a dosi ripetute e genotossicità.

In linea con l’attività farmacologica di natalizumab, l’attività alterata dei linfociti si è tradotta sia in un aumento dei globuli bianchi che in un aumento di peso della milza nella maggior parte degli studi in vivo. Tali variazioni erano reversibili e non sembravano avere avuto alcuna conseguenza tossicologica avversa.

In studi eseguiti sui topi, dopo la somministrazione di natalizumab, non sono aumentate la crescita e le metastasi delle cellule tumorali di melanoma e di leucemia linfoblastica.

Non è stato osservato alcun effetto clastogenico o mutagenico di natalizumab nei saggi di Ames o di aberrazione cromosomica umana. Natalizumab non ha mostrato alcun effetto nei saggi in vitro di proliferazione/tossicità con linee tumorali positive all’α4-integrina.

In uno studio con dosi superiori alla dose umana, è stata osservata una riduzione della fertilità nelle cavie femmine; natalizumab non ha avuto alcun effetto sulla fertilità dei maschi.

L’effetto di natalizumab sulla riproduzione è stato valutato in 5 studi: 3 su cavie e 2 in scimmie cynomolgus. Tali studi non hanno evidenziato alcun effetto teratogenico o sulla crescita della discendenza. In uno studio su cavie, è stata notata una lieve riduzione della sopravvivenza della prole. In uno studio condotto sulle scimmie, il numero di aborti è risultato il doppio nelle scimmie trattate con natalizumab, 30 mg/kg, rispetto al gruppo di controllo in condizioni analoghe. Questo è stato il risultato di un’alta incidenza di aborti nei gruppi trattati nella prima coorte, che non è stata osservata nella seconda coorte. Non è stato osservato alcun effetto sul tasso di aborti in alcun altro studio. Uno studio su scimmie cynomolgus in stato di gravidanza ha dimostrato lievi alterazioni associate a natalizumab a carico del feto che comprendevano una lieve anemia, un numero ridotto di piastrine, un aumento del volume della milza, una diminuzione del peso del fegato e del timo. Tali alterazioni erano associate ad un aumento dell’ematopoiesi extramidollare splenica, ad atrofia del timo e ad una diminuzione dell’ematopoiesi epatica. Anche le conte piastriniche sono risultate diminuite nei nati da madri trattate con natalizumab fino al parto, tuttavia in tali nati non vi era evidenza di anemia. Tutte le alterazioni sono state osservate con dosaggi superiori a quelli umani e sono tornate nella norma dopo l’eliminazione di natalizumab.

Sono stati rilevati bassi livelli di natalizumab nel latte materno di alcune scimmie cynomolgus trattate con natalizumab fino al momento del parto.

 

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

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Sodio fosfato, monobasico, monoidrato Sodio fosfato, dibasico, eptaidrato Sodio cloruro Polisorbato 80 (E 433) Acqua per preparazioni iniettabili

 

06.2 Incompatibilità

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In assenza di studi di compatibilità, questo medicinale non deve essere miscelato con altri medicinali.

 

06.3 Periodo di validità

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2 anni

 

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

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Conservare in frigorifero (da 2C a 8C). Non congelare.

Tenere la siringa nell’imballaggio esterno per proteggerla dalla luce.

Le siringhe preriempite (PFS) possono essere conservate nella loro confezione originale fino a 24 ore a temperatura ambiente (fino a 25° C). Le PFS non devono essere riposizionate in frigorifero. Non utilizzare fonti di calore esterne come l’acqua calda per riscaldare le PFS.

 

06.5 Natura e contenuto della confezione

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Ogni PFS consiste in una siringa preriempita in vetro (tipo 1A) con un tappo di gomma e una protezione termoplastica rigida dell’ago, contenente 1 mL di soluzione. Un ago di calibro 27 è pre- fissato alla siringa. Ogni PFS ha un sistema di protezione dell’ago che copre automaticamente l’ago esposto quando lo stantuffo è completamente premuto.

Confezione da due PFS per scatola.

 

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

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Il medicinale non utilizzato e i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.

 

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

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Biogen Netherlands B.V.

Prins Mauritslaan 13 1171 LP Badhoevedorp Paesi Bassi

 

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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EU/1/06/346/002

 

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

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Data della prima autorizzazione: 27 giugno 2006 Data del rinnovo più recente: 18 aprile 2016

 

10.0 Data di revisione del testo

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Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: 08/06/2022