Sepsi: diagnosi e terapia delle gravi infezioni sistemiche

Sepsi: diagnosi e terapia delle gravi infezioni sistemiche

Per sepsi o setticemia, si intente la risposta infiammatoria dell’organismo ad una infezione batterica di organi, fluidi o cavità dell’organismo stesso.

La gravità della sepsi e la sua evoluzione, dipendono dal rapporto fra virulenza del microrganismo e risposta immunitaria dell’ospite.

Prima di parlare di stato settico vero e proprio normalmente l’organismo passa per degli stadi infiammatori ben precisi quali;

1) Infezione: risposta infiammatoria a un microorganismo patogeno o invasione di tessuti normalmente sterili.

2) SIRS (sindrome da risposta infiammatoria sistemica): risposta infiammatoria sistemica a numerosi processi ed è caratterizzata da due o più dei seguenti aspetti:

  • Temperatura corporea >38°
  • Frequenza Cardiaca >90 bpm
  • Frequenza respiratoria > 20 a/min
  • Globuli Bianchi > 12.000 o < 40000 /ml

3) Sepsi: infezione certa o sospetta o 2 o più criteri di SIRS, con alterazione associata dell’emostasi.

4) Sepsi grave: Sepsi (SIRS) associata a disfunzione d’organo, ipoperfusione o ipotensione: l’ipotensione e le alterazioni della perfusione possono determinare acidosi lattica, oliguria e alterazioni acute dello stato mentale, diminuzione della fibrinolisi aumento dell’ infiammazione e della coagulofilia.

Quindi se non tempestivamente riconosciuta e trattata, l’evoluzione della sepsi è progressiva verso la sepsi grave con comparsa di segni di disfunzione d’organo, ipotensione e alterazioni dell’emostasi fino al quadro dello shock settico con ipoperfusione resistente al trattamento.

Si può quindi definire la sepsi come un “complex puzzle” dove, in risposta ad una infezione, partecipano alla progressione del danno l’infiammazione, la disfunzione endoteliale, le alterazioni del sistema coagulazione-fibrinolisi e altri fattori.

In risposta ad un insulto di natura infettiva vengono rilasciati mediatori endogeni da parte dei macrofagi (citochine) che travalicano la normale risposta infiammatoria dando vita ad una risposta non proporzionale allo stimolo.

Le citochine maggiormente implicate sono TNF, IL1, IL6, IL8. Il contatto tra TNF e il suo recettore endoteliale facilita il rilascio di citochine proinfiammatorie (IL1,IL6,IL8) così che la cellula endoteliale assume un ruolo centrale nell’amplificare la risposta infiammatoria.

L’espressione di molecole di adesione sull’endotelio facilita l’interazione di questo con i leucociti, il rilascio di ulteriori mediatori sia infiammatori che vasomotori con aumentata permeabilità vasale e formazione di edema interstiziale e l’attivazione della via comune della cascata coagulativa che unitamente ad un deficit funzionale del sistema fibrinolitico genera uno stato procoagulante che facilita la trombosi microvascolare.

La risoluzione del processo è possibile solo in presenza di un fine equilibrio tra fattori pro-infiammatori e anti-infiammatori; al contrario una risposta infiammatoria esagerata condurrà alla sepsi severa con danno d’organo e morte, mentre una risposta infiammatoria ridotta condurrà a morte per immunosoppressione.

Sono infatti due le variabili che condizionano la risposta, l’aggressività del microrganismo e la presenza di fattori predisponenti del paziente (immunodepressione come nel paziente oncologico o per abuso alcolico, presenza di device come il Catetere Venoso Centrale o di cateteri vescicali).

I parametri fondamentali da considerare nel paziente settico in evoluzione verso lo shock sono lo stato emodinamico e l’ipossiemia.

La sepsi si instaura prevalentemente in pazienti critici immunocompromessi e anziani.

Negli Stati Uniti i nuovi casi di sepsi sono stimati essere 750.000 ogni anno, con un’incidenza che è probabilmente destinata ad aumentare dell’1,5% all’anno per l’invecchiamento della popolazione.

Sempre negli USA riguarda il 1%-2% di tutti i ricoveri e fino al 25% dei letti disponibili nelle Unità di Terapia Intensiva (ICU), rappresentando la decima più comune causa di morte, secondo i dati del 2000 dei Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (“Centers for Disease Control and Prevention“).

A causa della sua natura particolarmente aggressiva e multifattoriale, la sepsi conduce rapidamente a morte e costituisce la principale causa di decesso nelle terapie intensive non coronariche di tutto il mondo, con tassi di letalità che vanno dal 20% per la sepsi al 40% per la sepsi grave, ad oltre il 60% per lo shock settico: cumulativamente, nel mondo muoiono per sepsi circa 1400 persone al giorno.

Gestione della sepsi

Durante le prime 6h di rianimazione e di gestione del paziente con gli obiettivi da raggiungere sono i seguenti:

  • Pressione Venosa Centrale 8-12mmHg
  • Pressione Arteriosa Media >65 mmHg
  • Diuresi >/0,5 ml/Kg
  • Saturazione Venosa centrale o mista periferica > 65%-70%.

Ricordiamo che la Pressione Arteriosa Media si ottiene con la seguente formula:

(Pressione sistolica + Pressione Diastolica x 2) / 3

Inoltre in pazienti ventilati o in pazienti con diminuita compliance ventricolare è richiesto un target più alto di Pressione Venosa Centrale pari a 12-15 mmHg per compensare la difficoltà di riempimento.

Qualora la Pressione Venosa Centrale non raggiungesse i livelli desiderati nelle prime 6h occorre:

  • Valutare la trasfusione di sangue raggiungendo un valore dell’ematocrito > 30%
  • Valutare di aggiungere o mettere come prima scelta la Dobutamina (max 20 mcg/Kg).

Diagnosi di sepsi

Si dovrebbe ottenere una appropriata cultura dell’agente microbico prima di instaurare una terapia antibiotica, ma questa procedura non deve in alcun modo ritardare eccessivamente la somministrazione del farmaco.

  • Sarebbe opportuno ottenere almeno 2 emoculture prima dell’antibiotico terapia, una percutanea e un’altra ottenuta da un accesso vascolare a meno che non si a stato inserito da meno di 48h.
  • Culture da altri siti (urine, fluido cerebrospinale, secrezioni respiratorie) possono essere effettuate prima della somministrazione del farmaco (soprattutto se si ha una forte convinzione che il sito dell’infezione provenga da uno dei siti sopracitati) purchè non ritardino troppo l’antibioticoterapia.
  • Colture quantitative del tratto respiratorio sono consigliate qualora si sospetti che la causa dell’infezione risieda nel tratto respiratorio.
  • La potenzialità di eventuali biomarkers rimane limitata, in particolar modo la calcitonina che può elevarsi per altre cause. Nel prossimo futuro entreranno in vigore nuovi biomarkers con una certa rapidità diagnostica (PCRMA-Polymerase chain reaction, micro-arrays).

La terapia della sepsi dovrebbe essere iniziata il prima possibile o comunque entro la prima ora.

  • La fluido terapia è di primaria importanza come lo è il trattamento farmacologico, dopo aver posto un accesso per i liquidi occorre procurarne un altro per l’antibiotico terapia.
  • Qualora non fosse possibile procurare un altro accesso è possibile infondere i farmaci in bolo.
  • Nel momento in cui si sceglie una terapia empirica valutare sempre l’aumento dei ceppi oxacillino (meticillino) resistenti.
  • Valutare la possibilità che il possibile agente patogeno possa essere la candida e scegliere di conseguenza un antifungineo (fluconazolo, amfotericina B).
  • Scegliere la terapia a più ampio spettro, in grado di coprire più agenti patogeni possibili.
  • Tenere in considerazione che i pazienti in shock settico hanno quasi sempre una disfunzione epatica e renale.
  • Bisognerebbe valutare un antibiotico terapia combinata nei pazienti con sospetta infezione da Pseudomonas e nei pazienti con neutropenia da mantenere massimo fino a 3-5 gg.
  • La terapia antibiotica più prolungata (7-10 gg) è raccomandata in quei pazienti poco responsivi, che hanno fonti di infezione non drenabile o che sono immunodepressi.

Origine dell’infezione

Andrebbe valutata e scoperta la origine dell’infezione entro le 6h (fascite necrotizzante, peritonite diffusa, colangite, infarto intestinale).

  • E’ importante localizzare la sede dell’infezione
  • Qualora la sede fosse un ascesso peripancreatico è importante comunque valutare prima di un eventuale intervento il tessuto vitale.
  • Valutare sempre che la sorgente dell’infezione potrebbe essere un accesso che va prontamente rimosso e sostituito

Terapia della sepsi

Fluido-terapia

La fluido terapia è un punto cruciale per l’intervento di rianimazione del paziente in shock settico.

Può essere effettuata con colloidi o cristalloidi.

  • Il target della fluido-terapia è ottenere una Pressione Venosa Centrale > 8 mmHg (<12 mmHg se sono pazienti ventilati)
  • Somministrare liquidi al fine di migliorare l’emodinamica
  • Sommministrare 1000 ml di cristalloidi e 300-500 ml di colloidi
  • Somministrare liquidi finchè non si raggiunge una Pressione Venosa Centrale adeguata e una buona stabilità emodinamica.

La fluid “chellange” terapia che viene utilizzata in questi pazienti consiste quindi nel somministrare liquidi oltre un periodo di tempo limitato sotto controllo monitorgrafico per valutare la risposta del paziente e per evitare che vada in edema polmonare.

Farmaci vasopressori

La terapia della sepsi con farmaci vasopressori è raccomandata al fine di ottenere una pressione arteriosa media > 65 mmHg.

In aggiunta questo parametro per avere una valutazione della perfusione regionale e globale è importante la valutazione dei lattati e della diuresi.

Spesso alla fluido terapia è necessario aggiungere vasopressori, in particolare:

  • Come prima scelta la norepinefrina o la dopamina
  • Epinefrina, fenilepinefrina, vasopressina (0.03 U/min) come seconda scelta nel caso i primi fossero inefficaci.

La dopamina ha come caratteristica di aumentare la pressione arteriosa media in quanto aumenta la frequenza e la gittata cardiaca, ed è utilizzata soprattutto nei pazienti in cui è nota la storia di compromissione della funzione sistolica della pompa cardiaca.

Il rovescio della medaglia è che questo farmaco induce spesso tachicardia e pericolose aritmie.

La norepinefrina aumenta la pressione arteriosa media sfruttando la sua azione vasocostrittrice; ha un effetto più potente nel corregere l’ipotensione ed è quindi usata più spesso della dopamina.

L’epinefrina rimane il primo farmaco di scelta come seconda linea quando la pressione arteriosa non risponde alle altre amine.

Farmaci inotropi positivi

E’ consigliabile usare la Dobutamina nei pazienti con disfunzione cardiaca, che nonostante un buon riempimento cardiaco, hanno una gittata ridotta.

Corticosteroidi

La terapia con i cortisonici è consigliata solo quando il paziente rimane ipoteso nonostante la fluido e la inotropo terapia.

  • Il primo da somministrare è l’idrocortisone preferibile al desametasone.
  • Il fluidrocortisone può essere introdotto in aggiunta (50 micrgr/die) all’idrocortisone quando quest’ultimo da solo mostra scarsa attività.
  • Il medio deve svezzare il paziente dal cortisonico terapia quando non è richiesta una lunga terapia con vasopressori, una brusca interruzione dei corticosteroidi potrebbe determinare un effetto rebound determinando instabilità emodinamica e alterazioni immunologiche.
  • E’ auspicabile non usare dosi di cortisone > 300 mg nello shock settico e nella sepsi severa.
  • Non bisogna mai usare la terapia cortisonica in assenza di shock settico, a meno che il paziente non faccia uso per patologie personali che ne autorizzano l’uso .

Proteina ricombinata umana

È utilizzata prevalentemente:

  • In pazienti con shock/sepsi grave,con disfunzione d’organo e in pericolo di vita con un grado di evidenza APACHE > 25 e che non abbiano particolari controindicazioni richiedono l’uso di rhAPC.
  • In pazienti con shock/sepsi grave, basso rischo di vita

APACHE < 20 non richiedono l’uso di rhAPC.

I trials condotti hanno mostrato un miglioramento dell’outcome in questi pazienti, tuttavia occorre ricordare che l’uso dell’ rhAPC aumenta il rischio di sanguinamenti che potrebbe risultare nocivo nei pazienti che devono essere sottoposti a procedure invasive.

Trasfusione Sanguigna

  • Una volta risolto il problema dell’ipoperfusione se i valori di HB fossero più bassi di 7 g/dl, occorre effettuare una trasfusione sanguigna e raggiungere il target tra 7-9 g/dl lì dove aumenta di conseguenza il rilascio di ossigeno.
  • Non dovrebbe essere usata l’eritropoietina per il trattamento dell’anemia a meno che non vi siano condizioni cliniche del paziente che ne giustifichino l’uso.
  • Non dovrebbe essere usato plasma fresco congelato con fattori della coagulazione a meno che non via sia una documentata carenza di un fattore o la presenza di un sanguinamento attivo dopo aver effettuato o meno un trattamento chirurgico.
  • Non viene consigliato l’uso di antitrombina III che soprattutto se associata ad eparina aumenta il rischio di sanguinamento.
  • Devono essere somministrate paistrine quando sono inferiori a <5000-30.000/mm3 e c’è un elevato rischio di sanguinamento.

Ventilazione meccanica non invasiva (NIV) nei pazienti con sepsi

È valutabile nella terapia della sepsi, ma vanno rispettati i seguenti accorgimenti:

  • Viene raccomandato un Tidal volume pari a 6mL/kg in paziente con ARDS/ALI
  • La pressione di Plateau consigliata in questi pazienti deve essere <30cm H2O
  • Dovrebbero essere evitati valori superiori a 6 ml/kg e a 30 cm H2O.
  • E’ raccomandata una ipercapnia permissiva in quei pazienti in cui occorre ridurre i livelli di tidal volume e di pressione di plateu. Dovrebbe essere usata con cautela nei pazienti con presistente acidosi metabolica e è controindicata in quelli con ipertensione endocranica.
  • Bisognerebbe settare il ventilatore anche con una pressione positiva espiratoria (PEEP) per evitare un collasso dei polmoni a fine espirazione. La PEEP richiesta di solito è >5 cmH2O
  • Viene suggerita la posizione prona in quei pazienti in cui sono richiesti livelli dannosi di FiO2, questi pazienti rispondono al cambio di posizione con un incremento dell’ossigeno, questa posizione andrebbe mantenuta per circa 7gg.
  • La posizione prona potrebbe essere associata a dislocazione del tubo endotracheale in pz ventilati o con catetere venoso centrale, tuttavia questi incovenienti possono essere evitati con opportune precauzioni.
  • La posizione prona sembra inoltre diminuire il rischio di polmonite ab ingestis.
  • La NIV deve essere utilizzata solo nei pazienti con ALI/ARDS con moderata ipossiemia con stabilità emodinamica e con un certo grado di autonomia nel proteggere le vie aeree e che siano risvegliabili.
  • E’ consigliabile uno svezzamento dalla ventilazione meccanica in quei pazienti che lo consentono:
    • Pazienti in cui è possibile il risveglio
    • Emodinamicamente stabili
    • Nessuna condizione potenzialmente dannosa
    • Che richiedano livelli di Tidal volume pari a 6mL/kg
    • La pressione di Plateau <30cm H2O.
    • La frazione inspirata di O2 (FiO2) possa essere gestita con Maschere facciali e cannule nasali.
  • Viene sconsigliato l’uso di routine dell’inserimento del catetere in arteria polmonare, infatti le informazioni che derivano da questo strumento invasivo possono essere associate a una mancanza di correlazione tra un occlusione dell’arteria polmonare e la clinica dei pazienti, l’assenza di studi che dimostrino un reale benificio nell’outcome di questi pazienti e l’uso del catetere.
  • Tuttavia in alcuni pazienti rimane l’unico strumento capace di ottenere informazioni che siano in grado di attuare una terapia ppopriata per questi pazienti.
  • Occorre usare una Fuido terapia conservativa nei pazienti con ALI stabile e in cui non vi sia ipoperfusione.

Sedazione

La sedazione è consigliata nei pazienti ventilati critici.

La gestione ottimale dei pazienti settici consente di avere probabilità più elevate di successo nella gestione di questi pazienti così critici e con un elevato tasso di mortalità le stesse linee guida di Rivers sono state più volte riviste in linea con questo principio.