Quale punteggio ha l’ipertensione?

Valutazione clinica dell’ipertensione, classificazione e rischio; percentuali di invalidità civile INPS; documentazione sanitaria richiesta; procedure per la domanda; consigli pratici e fonti autorevoli.

Quando si chiede “quale punteggio ha l’ipertensione?”, è importante distinguere tra la valutazione clinica della malattia e la sua eventuale ricaduta in ambito medico-legale. In pratica, la pressione alta non ha un “voto” univoco e universale: in medicina si descrive il grado di ipertensione e il rischio cardiovascolare globale, mentre nel contesto di invalidità civile o altre tutele si stima l’impatto funzionale della patologia e delle sue complicanze, traducendolo in percentuali o riconoscimenti specifici. Comprendere come si valuta correttamente l’ipertensione è quindi il primo passo per orientarsi sia nella cura sia nelle pratiche amministrative.

Questa guida spiega in modo chiaro come viene inquadrata l’ipertensione in clinica, quali elementi ne determinano la gravità e perché fattori come il danno d’organo, la risposta alla terapia e la presenza di altre malattie incidono anche su eventuali punteggi di invalidità. Nei successivi capitoli entreremo nel merito del “punteggio” ai fini di invalidità, della documentazione utile e delle procedure. Qui partiamo dal fondamento: la valutazione dell’ipertensione.

Valutazione dell’ipertensione

La valutazione dell’ipertensione comincia dalla misurazione corretta della pressione arteriosa, perché un singolo valore isolato non basta per formulare una diagnosi. In ambulatorio, si utilizzano strumenti validati e un bracciale di misura adeguata, con il paziente a riposo da almeno 5 minuti, seduto, schiena e braccio sostenuti, senza aver fumato o assunto caffeina nell’ultima mezz’ora. In genere si eseguono più rilevazioni nella stessa seduta e in visite distinte, per ridurre la variabilità. Accanto alle misure “in studio”, sono fondamentali il monitoraggio domiciliare (HBPM) e il monitoraggio delle 24 ore (ABPM), che aiutano a distinguere l’ipertensione “da camice bianco” (valori alti solo dal medico) e quella “mascherata” (valori normali in studio ma alti a casa). Le soglie diagnostiche differiscono leggermente: in ambulatorio spesso si considera ipertensione da 140/90 mmHg in su, mentre a domicilio i limiti sono in genere più bassi (circa 135/85 mmHg) e nel monitoraggio delle 24 ore contano anche media diurna e notturna.

Dopo aver stabilito che i valori pressori sono persistentemente elevati, si classifica l’ipertensione per gradi. In modo pratico, si parla di grado 1 quando la pressione sistolica è tra 140 e 159 mmHg o la diastolica tra 90 e 99 mmHg; grado 2 se sistolica 160–179 o diastolica 100–109; grado 3 se sistolica pari o superiore a 180 o diastolica pari o superiore a 110. È frequente negli anziani l’ipertensione sistolica isolata, con sistolica ≥140 mmHg e diastolica <90 mmHg, che comporta comunque un incremento di rischio. Questa prima classificazione è solo il punto di partenza: la reale severità dipende dal profilo globale della persona, dalla presenza di danno d’organo e dal controllo ottenuto con la terapia. Per comprendere come altre patologie croniche possano influenzare diritti e riconoscimenti, può essere utile vedere un esempio relativo a un diverso quadro clinico come la pensione di invalidità in caso di artrite reumatoide: pensione di invalidità per artrite reumatoide.

La valutazione non si limita ai numeri della pressione: si stima il rischio cardiovascolare globale integrando età, sesso, valori pressori, profilo lipidico, fumo, presenza di diabete, funzione renale e storia di eventi cardiovascolari. Calcolatori di rischio e tabelle di stratificazione aiutano il clinico a collocare la persona su una curva di probabilità di eventi futuri, così da definire intensità della terapia e obiettivi pressori individualizzati. In ambito medico-legale, questa stratificazione è rilevante perché riflette la probabilità di complicanze invalidanti (ictus, infarto, insufficienza renale), le quali pesano più dei valori pressori isolati. In altre parole, due persone con la stessa pressione in studio possono avere bisogni assistenziali molto diversi a seconda del rischio e delle comorbidità.

Un tassello centrale è la ricerca del danno d’organo correlato alla pressione alta, anche quando ancora non abbia dato sintomi. A livello cardiaco si indagano segni di ipertrofia ventricolare sinistra (tramite ECG e, all’occorrenza, ecocardiogramma) e di cardiopatia ischemica; a livello vascolare periferico si considerano indice caviglia-braccio, rigidità arteriosa e, se indicato, ecografia carotidea per valutare placche; a livello renale si misurano creatinina sierica, eGFR e albuminuria, con attenzione a valori anche moderatamente aumentati (ad esempio rapporto albumina/creatinina urinaria ≥30 mg/g) che indicano rischio più alto; sul versante neurologico si valuta la storia di TIA o ictus e, quando rilevante, eventuali esiti; sul piano oculare il fundus può evidenziare retinopatia ipertensiva. La presenza di uno o più segni di danno d’organo cambia il profilo di rischio, guida la terapia e rappresenta un elemento oggettivo che, se documentato, può assumere rilevanza anche in sede di valutazione dell’invalidità.

Infine, la severità dell’ipertensione si apprezza anche osservando la sua “controllabilità”. Si distinguono forme ben controllate con stile di vita e uno o due farmaci, forme che richiedono regimi più complessi e ipertensione resistente (pressione sopra gli obiettivi nonostante tre farmaci a dosi ottimali, tra cui un diuretico, con aderenza verificata). È importante escludere cause secondarie (ad esempio iperaldosteronismo primario, stenosi dell’arteria renale, apnee del sonno), che se trattate possono migliorare il controllo pressorio. Diari domiciliari, referti di ABPM, elenco accurato dei farmaci assunti (con dosi) e indicazione di eventuali effetti collaterali costituiscono materiale prezioso sia per calibrare la terapia sia, in un secondo momento, per motivare il quadro clinico in pratiche amministrative. In sintesi, la valutazione dell’ipertensione è un percorso strutturato che integra misurazioni corrette, stratificazione del rischio e documentazione del danno d’organo: solo questa visione d’insieme restituisce la reale gravità della condizione.

Punteggio di invalidità

In Italia, la valutazione dell’invalidità civile per l’ipertensione arteriosa si basa su specifiche tabelle ministeriali che attribuiscono percentuali variabili a seconda della gravità della condizione e delle sue complicanze. L’ipertensione arteriosa non complicata è generalmente associata a una percentuale del 10%. Se la condizione non è controllata dalla terapia medica, la percentuale può variare dall’11% al 20%. In presenza di un iniziale impegno cardiaco, la percentuale riconosciuta oscilla tra il 21% e il 30%. Per una cardiopatia ipertensiva con impegno cardiaco di grado medio, la percentuale varia dal 31% al 50%. Se l’impegno cardiaco è di grado medio-severo, la percentuale riconosciuta è compresa tra il 51% e il 70%. Un impegno cardiaco severo comporta una percentuale tra il 71% e l’80%, mentre una cardiopatia ipertensiva scompensata può portare a una percentuale dall’81% al 100%. (invaliditaediritti.it)

È importante sottolineare che l’assegnazione di una determinata percentuale di invalidità dipende non solo dai valori pressori, ma anche dalla presenza di danni d’organo e dalla compromissione funzionale che l’ipertensione ha causato. Ad esempio, la presenza di complicanze come scompenso cardiaco, ictus o insufficienza renale può aumentare significativamente la percentuale di invalidità riconosciuta. (studiolaudando.it)

Inoltre, il riconoscimento di una percentuale di invalidità superiore al 74% può dare diritto a benefici economici, come l’assegno mensile di assistenza, a condizione che siano rispettati determinati limiti di reddito. Pertanto, è fondamentale una valutazione accurata e completa della propria condizione clinica per determinare il grado di invalidità riconosciuto.

Documentazione necessaria

Per richiedere il riconoscimento dell’invalidità civile a causa dell’ipertensione arteriosa, è essenziale presentare una documentazione medica completa e dettagliata. Questa documentazione deve includere:

  • Referti specialistici: Valutazioni recenti di cardiologi, nefrologi, neurologi e oculisti che attestino la presenza e la gravità dell’ipertensione e delle eventuali complicanze.
  • Esami diagnostici: Elettrocardiogramma (ECG), ecocardiogramma, esami del sangue per valutare la funzionalità renale (come creatinina e eGFR), esami delle urine per rilevare proteinuria, e fundus oculi per identificare segni di retinopatia ipertensiva.
  • Storia clinica dettagliata: Documentazione che riporti l’evoluzione dell’ipertensione nel tempo, le terapie seguite, la risposta ai trattamenti e la presenza di eventuali effetti collaterali o complicanze.

Una documentazione accurata e aggiornata è fondamentale per permettere alla commissione medica di valutare correttamente l’impatto dell’ipertensione sulla capacità lavorativa e sulla qualità di vita del richiedente. La mancanza di informazioni dettagliate può compromettere l’esito della richiesta di invalidità.

Procedure di richiesta

La procedura per richiedere il riconoscimento dell’invalidità civile per ipertensione arteriosa prevede i seguenti passaggi:

  • Certificato medico introduttivo: Il medico curante deve compilare un certificato online attraverso il sistema dell’INPS, attestando la patologia e le sue implicazioni funzionali.
  • Presentazione della domanda: Una volta ottenuto il certificato, il richiedente può inoltrare la domanda all’INPS tramite il portale online, il Contact Center o avvalendosi di un patronato.
  • Convocazione a visita medica: L’INPS convocherà il richiedente per una visita presso la commissione medica competente, che valuterà la documentazione presentata e lo stato di salute attuale.
  • Esito della valutazione: Dopo la visita, l’INPS comunicherà l’esito della valutazione, indicando la percentuale di invalidità riconosciuta e i relativi benefici spettanti.

È importante seguire attentamente ogni fase della procedura e assicurarsi che tutta la documentazione richiesta sia completa e aggiornata per facilitare il processo di valutazione.

Consigli utili

Per aumentare le probabilità di ottenere il riconoscimento dell’invalidità civile per ipertensione arteriosa, si consiglia di:

  • Monitorare regolarmente la pressione arteriosa: Tenere un diario delle misurazioni può fornire evidenze concrete sulla gestione della patologia.
  • Seguire scrupolosamente le terapie prescritte: Dimostrare aderenza al trattamento è fondamentale per evidenziare l’impegno nella gestione della condizione.
  • Consultare specialisti: Ottenere valutazioni da cardiologi, nefrologi e altri specialisti può fornire una visione completa delle implicazioni dell’ipertensione.
  • Documentare eventuali complicanze: Segnalare e documentare problemi come scompenso cardiaco, danni renali o retinopatia può influenzare positivamente la valutazione dell’invalidità.
  • Richiedere supporto professionale: Avvalersi dell’assistenza di un patronato o di un legale esperto in materia può facilitare la corretta presentazione della domanda e la gestione di eventuali ricorsi.

Seguendo questi consigli, è possibile presentare una richiesta ben documentata e aumentare le possibilità di ottenere il riconoscimento dell’invalidità civile.

In conclusione, l’ipertensione arteriosa può comportare il riconoscimento di una percentuale di invalidità civile variabile in base alla gravità della condizione e alle sue complicanze. Una documentazione medica completa e una corretta procedura di richiesta sono fondamentali per ottenere i benefici previsti dalla legge.

Per approfondire

Torrinomedica: Approfondimento sul punteggio di invalidità per l’ipertensione arteriosa.