Il Trial IMPROVE IT: un grande studio per piccoli risultati

Recentemente, dopo alcuni mesi d’attesa dalla comunicazione dei risultati principali come abstract al congresso dell’American Heart Association (novembre 2014), si è resa disponibile la pubblicazione per esteso sulla prestigiosa rivista New England Journal Medicine relativa allo studio IMPROVE IT1.

Lo studio in questione è un trial controllo randomizzato multicentrico in doppio cieco che ha arruolato più di 18000 pazienti post sindrome coronarica acuta (SCA≤ 10 gg e stabilizzati) e con livelli di c-LDL tra 50 e 100 mg su decilitro per un follow-up medio di 6 anni e che ha confrontato il trattamento con ezetimibe+simvastatina (Ez+simva 10-40 mg) con la sola simvastatina (40 mg).

Prima della modifica del 2011 al protocollo di studio dell’ “improve it”, la dose poteva essere titolata a ezetimibe/simvastatina 10/80 mg o simvastatina 80 mg in caso di valori di colesterolo LDL superiori a 79 mg/dl. L’end-point primario, rappresentato dall’insieme di morte cardiovascolare, infarto miocardico, ricovero per angina instabile, stroke e rivascolarizzazione coronarica effettuata dopo un tempo ≥ 30 gg dopo la randomizzazione, è risultato a favore del trattamento combinato Ez+simva con una riduzione del 6,4% del rischio a 7 anni (HR 0,936, CI 0,89-0,99, p = 0,016) che corrisponde ad una percentuale di eventi nel braccio di trattamento con la sola simvastatina del 34,7% (2742 eventi) rispetto al 32,7% del braccio eze+simva (2572 eventi) con un NNT a 7 anni di 54,3 quindi bisogna trattare 54,3 pazienti per 7 anni per risparmiare un evento.

Il risultato ottenuto sembra a dir poco favorevole in termini di riduzione relativa e tuttavia modesto in termini assoluti (differenza assoluta in event rate a 7 anni del 2%) e di beneficio clinico netto, altresì bisogna considerare che le misure di esito combinate come questa risultano fuorvianti in quanto mettono insieme eventi di diversa rilevanza clinica che però pesano in eguale misura sul risultato finale.

Infatti andando a confutare i dati relativi alla mortalità cardiovascolare ed alla mortalità totale, veri ed unici end point hard, si nota come non sia emersa alcuna differenza tra i due trattamenti; difatti i dati di efficacia riferiti alla mortalità totale, sono meno proni a distorsioni interpretative rispetto ai risultati associati a end-point physician-­driven quali ricoveri e vascolarizzazioni chirurgiche.

L’analisi prespecificata per sottogruppi ha mostrato un beneficio nell’end-point primario a favore del trattamento eze+simvastatina nei pazienti di età≥75 anni (HR 0,797 CI 0,704-0,902, p =non riportato) e diabetici (HR 0,856 CI 0,779-0,939, p = 0,023).

Tralasciando gli end-point secondari che risultano essere favorevoli al trattamento con eze+simvastatina, ma che sono sempre misure di esito combinate, meritano un approfondimento i livelli di LDL raggiunti con i due diversi regimi terapeutici.

Quando è stata effettuata la scelta dei due trattamenti da confrontare, a priori era noto che il braccio eze+simvastatina 10/40 mg avrebbe raggiunto un livello LDL più basso rispetto al trattamento con la sola simvastatina 40 mg, infatti i due trattamenti hanno una efficacia diversa nel ridurre i livelli di LDL (simvastatina 40 mg riduzione % LDL del 41% mentre riduzione % LDL EZ/simvastatina 10-40 del 55%); inoltre occorre ricordare che nel 2005, anno d’inizio dell’IMPROVE-IT, era già noto che la terapia d’elezione nel post sindrome coronarica acuta fosse l’atorvastatina a 80 mg die2.

Alla luce di ciò emergono due considerazioni: la prima ci porta a sostenere che il comparator più appropriato sarebbe stato un trattamento con atorvastatina 80 mg o con rosuvastatina 20 mg che hanno efficacia simile nel ridurre i livelli di LDL a quella dell’eze+simvastatina 10-40 mg, la seconda ci porta ad affermare che la scelta di un trattamento di confronto “più debole” possa essere stata deliberata al fine di dimostrare la presunta superiorità del trattamento eze+simvastatina rispetto alla sola statina come conseguenza del raggiungimento di livelli di LDL più bassi e relativi benefici clinici ottenuti da questo abbassamento; purtroppo la dimostrazione di questo teorema non è accettabile ne tantomeno dimostrata infatti per l’ennesima volta non si sono confrontate soglie di LDL diverse ma farmaci diversi.

Merita un discorso a sé stante la tollerabilità dei due trattamenti visto che il 42% dei pazienti in ogni braccio ha interrotto il farmaco in studio prima della fine del trial e che soprattutto non sono emerse differenze nella safety dei due trattamenti infatti il 10,1% dei pazienti nel braccio simva ed il 10,6% nel braccio eze+simva ha interrotto il trattamento per un evento avverso.

Quindi non è stata assolutamente dimostrata la miglior tollerabilità ottenibile con l’aggiunta di ezetimibe alla statina nei confronti di un trattamento con statine ad alte dosi anche per eventi come rabdomiolisi, miopatia,aumento di CK, anche se va comunque riportato che solo il 27% dei pazienti nel gruppo di simvastatina in monoterapia ed il 6% dei pazienti nel gruppo eze+simva hanno ricevuto la dose da 80 mg di simvastatina.

Vanno infine sottolineate alcune perplessità metodologiche come la necessità di calcolare gli end point a 7 anni con un follow-up medio di 6 anni e la metodologia di calcolo delle percentuali degli event-rate; oltretutto va rimarcato che la significatività statistica potrebbe essere stata “esaltata” dal campione di popolazione molto ampio inoltre i valori Hazard Ratio, per l’end point primario, sono davvero modesti e i limiti superiori dell’intervallo di confidenza sono pericolosamente vicini a 1.

In conclusione si può definire il trial IMPROVE-IT, con buona approssimazione e per le motivazioni sopraesposte, un grande studio per piccoli risultati.

BIBLIOGRAFIA
  1. Cannon CP et al. Ezetimibe Added to Statin Therapy after Acute Coronary Syndromes N Engl J Med. 2015 Jun Jun 18;372(25):2387-97

  2. Cannon CP et al. Intensive versus moderate lipid lowering with statins after acute coronary sindrome N Engl J Med. 2004 Apr 8;350(15):1495-504