Nuovi farmaci per la BPCO: revisione della letteratura

Sono stati recentemente resi disponibili nuovi farmaci per la BPCO: il seguente articolo prende in esame una revisione della letteratura scientifica sulla efficacia e la sicurezza di queste nuove terapie.

La Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO), una frequente malattia prevenibile e trattabile, è caratterizzata da una persistente limitazione al flusso aereo, che è solitamente evolutiva e associata ad una aumentata risposta infiammatoria cronica delle vie aeree e del polmone a particelle nocive o gas.

Le riacutizzazioni e la presenza di comorbidità contribuiscono alla gravità complessiva nei singoli pazienti.

La BPCO rappresenta la terza causa di morte a livello mondiale, basti pensare che più di 3,1 milioni di persone sono morte di BPCO nel 2012 cioè il 6% di tutti i decessi nel mondo per lo stesso anno.

In Italia colpisce circa il 3% della popolazione generale, con tassi di prevalenza che aumentano all’avanzare dell’età e nel sesso maschile.

I principali obiettivi del trattamento della BPCO sono la riduzione della gravità dei sintomi, la prevenzione e riduzione delle riacutizzazioni e dei ricoveri ospedalieri correlati ed il miglioramento della capacità fisica.

La gestione farmacoterapica di una BPCO stabile è graduale, a seconda dello stato di gravità ed alla risposta al trattamento; i trattamenti devono essere incrementati in funzione del danno funzionale (riduzione del FEV1) e della frequenza e gravità delle riacutizzazioni (terapia “a scalini”).

L’impiego dei farmaci è finalizzato a ridurre i sintomi e la frequenza e la gravità delle riacutizzazioni anche se va sottolineato che nessun farmaco è in grado di prevenire l’evoluzione della malattia verso l’insufficienza respiratoria cronica.

Negli ultimi mesi si sono resi disponibili nuovi farmaci (e nuove associazione) inalatori/e per il trattamento della BPCO quindi risulta doveroso interrogarsi sulla loro reale “effectiveness”.

Ancor prima di analizzare le evidenze a supporto di queste novità terapeutiche va fatta una premessa generale sugli studi che li hanno visti protagonisti.

Tutti gli studi od almeno quasi tutti:

  1. hanno arruolato popolazioni BPCO “pulite” rispetto a maggiori comorbidità soprattutto cardiovascolari e con numero di episodi di riacutizzazioni nell’anno precedente davvero troppo bassi (di norma ≤ 1);
  2. hanno utilizzato come outcome principale un esito surrogato cioè la variazione dal basale del FEV1 (Volume espiratorio massimo nel 1°secondo), occorre però ricordare che nella BPCO non è stata definita una variazione minima clinicamente rilevante del FEV1, anche se sono suggeriti, quali valori di riferimento, miglioramenti di 100 – 140 mL
  3. esiste solamente una debole correlazione tra FEV1, sintomi e riduzione della qualità della vita del paziente legata alla salute che costituiscono i veri ed unici obiettivi della terapia
  4. outcome secondari di sovente sono stati: le riacutizzazioni della malattia, la dispnea utilizzando il Transitional Dyspnoea Index (TDI) sistema che permette di valutare le variazioni della dispnea rispetto allo stato iniziale in cui una differenza rispetto al baseline di almeno una unità è considerata la minima differenza clinicamente significativa; il St. George’s Respiratory Questionnaire (SGRQ) questionario sulla qualità di vita composto da numerosi quesiti suddivisi in tre categorie (che riguardano i sintomi respiratori, il grado di disabilità o limitazione delle attività quotidiane e l’impatto psicosociale della malattia) ad ogni categoria è assegnato un punteggio da 0 a 100, e la somma globale porta ad uno score totale, anch’esso compreso tra 0 e 100 (un punteggio 0 significa nessuna limitazione della qualità della vita). Un miglioramento ≥ 4 punti è considerato clinicamente rilevante.

 

Nuovi farmaci per la BPCO: LAMA (Agenti antimuscarinici a lunga durata d’azione)

L’Aclidinio Bromuro è stato valutato in 2 RCT (randomised controll trial) di fase III (uno della durata di 3 mesi ed uno di 6 mesi) in pazienti con BPCO moderata grave.

Alle dosi di 400 μg due volte al giorno rispetto al placebo determinava miglioramenti significativi del FEV1 rispettivamente di 124 e 128 mL.

Forti perplessità desta la somministrazione due volte al giorno che complica la gestione della terapia da parte del paziente.

Gli outcome secondari relativi allo studio di 24 settimane, cioè il TDI ed il SGRQ sono risultati favorevoli al trattamento con Aclidinio vs il placebo ma i risultati sono tutti al limite della significatività clinica e statistica inoltre lo stesso trial non è stato disegnato con potenza sufficiente per poter valutare il numero di esacerbazioni, poiché il campione selezionato non prevedeva un numero sufficiente di pazienti con storia di esacerbazioni frequenti come mostra la modesta frequenza di esacerbazioni nel gruppo con placebo.

In un terzo studio simile ai precedenti, la variazione della FEV1 del mattino pre-dose alla dodicesima settimana è stata, rispetto al placebo, di 72 ml quindi ben al di sotto della soglia, peraltro ipotetica, di significatività clinica.

Un ulteriore studio è stato condotto, si tratta di una sperimentazione di fase III, randomizzata, in doppio cieco che ha arruolato 414 pazienti per valutare l’efficacia broncodilatatoria nell’arco delle 24 ore dell’aclidinio rispetto a placebo e tiotropio. L’endpoint principale è il cambiamento rispetto al basale del FEV1 AUC nell’arco delle 24 ore dopo la somministrazione mattutina del farmaco alla 6° settimana.

L’analisi dell’endpoint primario mostra un miglioramento dei pazienti trattati con aclidinio rispetto al placebo mentre l’effetto dell’aclidinio e del tiotropio sono simili e non emergono differenze statisticamente significative tra i due trattamenti.

Tuttavia, nonostante l’aclidinio mostri un miglioramento dei sintomi notturni, l’impatto dell’aclidinio su tali sintomi è stato valutato tramite uno strumento non validato e non mediante metodiche apposite (sleep laboratory setting).

Gli studi a lungo termine hanno avuto la durata massima di 52 settimane ed hanno avuto principalmente lo scopo di valutare la sicurezza; i dati suggeriscono che nel lungo termine la safety dell’aclidinio possa peggiorare nel tempo.

Infatti, nei trattamenti a lungo termine sono stati osservati degli incrementi delle percentuali dei pazienti che: hanno interrotto la terapia a causa di eventi avversi, hanno avuto eventi avversi gravi.

Inoltre si è osservato un aumento della percentuale dei decessi. L’EMA (European Medicines Agency) ha richiesto uno studio di coorte post-marketing sulla sicurezza cardiovascolare (prolungamento Q-T)

Il Glicoppironio bromuro è stato valutato in 2 studi RCT di fase III, GLOW 1 e 2, in pazienti con BPCO moderata-grave con inalazioni 44 μg una volta al giorno, evidenziando modificazioni della FEV1 di riferimento rispettivamente di 91-134 ml rispetto al placebo.

Si sottolinea che il GLOW 2 prevedeva un braccio di controllo attivo con tiotropio, anche se lo studio non aveva la potenza sufficiente per poter eseguire un confronto statisticamente e clinicamente attendibile di efficacia e sicurezza, i 2 farmaci sono risultati sovrapponibili non solo per il miglioramento di FEV1 ma soprattutto per gli outcome orientati ai pazienti come le riacutizzazioni.

Nello studio GLOW 2 il glicopirronio ha dimostrato una rapida insorgenza d’azione entro 5 minuti alla prima dose, anche se tale risultato eclatante ricade negli outcome surrogati ed al momento non ha trovato un corrispettivo reale in termini di benefici rivolti ai pazienti.

Il Glicopirronio è stato studiato vs Tiotropio in un ulteriore trial in doppio cieco e doppio mascheramento dalla durata di 12 settimane. Lo studio ha arruolato 657 pazienti con BPCO moderata-grave (oltre 70% pz non aveva avuto riacutizzazioni nell’anno precdente).

L’end-point primario era dimostrare la non inferiorità di Gly vs Tio nel FEV1 di valle alla 12 settimane.

Il Glicopirronio si è dimostrato non inferiore al Tiotropio ma non ha raggiunto la superiorità; relativamente agli outcome secondari quali TDI, SGRQ, necessità di farmaci al bisogno, riacutizzazioni non si è osservata nessuna differenza.

L’Aclidinio ed il Glicopirronio sono erogati tramite device DPI (Dry Powder Inhaler), il primo tramite inalatore multidose con polvere secca (MDPI) Genuair, mentre il Glicopirronio è contenuto in capsule ed utilizza l’inalatore Breezhaler.

 

Nuovi farmaci per la BPCO: LABA+ICS (beta2-agonista la lunga durata d’azione + corticosteoride inalatorio)

 

L’associazione Fluticasone/Vilanterolo (92/22 μg) permette la in monosomministrazione giornaliera ed è indicata per il trattamento sintomatico degli adulti con BPCO con un FEV1<70% del valore normale previsto (post-broncodilatatore) con una storia di riacutizzazioni nonostante la terapia regolare con broncodilatatore.

L’associazione Flu/Vil è stata valutata in 2 RCT doppio cieco della durata 24 settimane che hanno arruolato complessivamente 2254 pazienti con BPCO di grado moderate-grave.

I due studi hanno confrontato diverse associazioni di Flu/Vil vs placebo vs monocomponenti.

L’associazione Flu/Vil 100mcg/25mcg ha migliorato il FEV 1 valle di 115 mL e 144 mL vs placebo.

L’associazione ha migliorato la capacità polmonare vs Flu ma non vs Vil, però occorre ricordare che nessuna LG raccomanda l’uso di ICS da soli, ma sempre in associazione al solo LABA e/o al LABA + anticolinergico.

Due ulteriori RCT in doppio cieco della durata di un anno, che avevano arruolato 3255 pz con BPCO e storia di riacutizzazioni, hanno confrontato diverse associazioni di Flu/Vil con il solo Vilanterolo.

L’outcome principale era il tasso annuo di riacutizzazioni moderate-gravi.

L’analisi combinata dei due studi ha mostrato una modesta riduzione del tasso annuo di riacutizzazioni nel braccio di trattamento con Flu/Vil 100/25 μg rispetto al braccio dei trattati con il solo Vilanterolo (0,81 vs 1,11) anche se non c’è un chiaro trend di dose- risposta; per di più Flu/Vil non ha ridotto le esacerbazioni che richiedono il ricovero in ospedale rispetto al solo vilanterolo 25 μg.

Va sicuramente denotato che solo circa il 60% della popolazione in studio aveva avuto un esacerbazione (moderata o severa) al baseline e che circa l’80% della stessa popolazione in studio non aveva avuto al baseline episodi di esacerbazioni severe.

In due studi non pubblicati che hanno arruolato ognuno circa 500 pazienti l’associazione è stata confrontata con il trattamento Fluticasone/Salmeterolo due volte al giorno.

Gli studi avevano come outcome principale il miglioramento del FEV1 di valle; solo in uno dei due studi la differenza a favore dell’associazione era statisticamente significativa.

 

Nuovi farmaci per la BPCO: LABA (beta2-agonista a lunga durata d’azione)

L’olodaterolo è il secondo beta2-agonista la lunga durata d’azione, dopo l’indacaterolo, che permette la singola somministrazione in inalazione giornaliera (due erogazioni una volta die).

Il farmaco è erogato tramite il dispostivio Respimat (inalatore pre-dosato pressurizzato pMDI).

L’olodaterolo è stato studiato in 4 RCT vs placebo di fase III della durata di 48 settimane che hanno arruolato complessivamente 3104 pazienti con BPCO di grado GOLD 2 a GOLD 4 anche se va detto che i pazienti con BPCO di grado GOLD 4 erano davvero troppo poco rappresentati nella popolazione in studio.

In due di questi trial era previsto un braccio con formoterolo due volte/die come controllo attivo ed in tutti gli studi i pazienti precedentemente trattati con un LAMA potevano continuare la terapia con il farmaco antimuscarinico a lunga durata d’azione.

Gli endpoint principali comuni a tutti gli studi erano il FEV1 AUC nell’arco di 0-3 ore, il FEV1 di valle (in due studi l’analisi degli endpoint era a 12 settimane e nei restanti due a 24 settimane).

L’olodaterolo è risultato statisticamente e significativamente superiore al placebo per tutti gli outcome indagati.

Il formoterolo quando utilizzato come controllo attivo ha dato risultati sovrapponibili all’olodaterolo in termini di efficacia e sicurezza.

Va sicuramente evidenziato che non sono stati condotti studi di confronto diretto tra olodaterolo ed indacaterolo anche se una recente network metanalisi conclude affermando che i due farmaci posseggono simile efficacia; purtroppo la metanalisi presenta alcune limitazioni tra le quali la mancanza di taluni dati, la differenza nei trattamenti concomitanti consentiti tra gli RCT che hanno indagato l’olodaterolo e l’indacaterolo e la differenza di gravità della BPCO nelle popolazioni studiate.

 

Nuovi farmaci per la BPCO: LABA + LAMA

L’associazione Indacaterolo/Glicopirronio 85 mcg/43 mcg è la prima associazione precostituita di un LABA ed un LAMA ad essere autorizzata e commercializzata in Italia.

La terapia di associazione LABA+LAMA (senza l’aggiunta di un corticosteroide inalatorio) è da considerarsi sempre una terapia di seconda scelta in tutti gli stadi di malattia.

La combinazione di beta2-agonisti a lunga durata d’azione e anticolinergici a lunga durata d’azione ha mostrato un significativo aumento della funzionalità polmonare nonostante l’impatto riportato sul paziente sia ancora limitato.

Ci sono ancora troppo poche evidenze per determinare se per prevenire le riacutizzazioni la combinazione di broncodilatatori a lunga durata d’azione sia più efficace dell’anticolinergico a lunga durata usato da solo.

Vediamo i principali studi che hanno valutato la nuova associazione.

Lo studio SPARK, RCT multicentrico, ha valutato l’associazione Ind/Gly versus il solo Glicopirronio in doppio cieco e verso il tiotropio in aperto.

Il trial in questione ha arruolato un totale di 2224 pazienti affetti da BPCO di grado GOLD III–IV che nell’anno precedente avessero avuto almeno una riacutizzazione, che aveva richiesto il trattamento con corticosteroide sistemico od antibiotico e li ha seguiti per 64 settimane.

L’end-point principale dello studio era il tasso annuo di riacutizzazioni moderate-severe tra Ind/Gly vs Gly; altro outcome era rappresentato sempre dal tasso annuo di riacutizzazioni moderate-severe ma stavolta il confronto era tra Ind/Gly e Tiotropio.

L’associazione Ind/Gly ha dimostrato di ridurre il rischio relativo di riacutizzazioni moderate-severe del 12% nei confronti del solo Gly (RR 0.88 (95% CI 0.77 to 0.99); p=0.038 (12% riduzione; NNT=8).

Va senza dubbio segnalato che nella relazione di valutazione pubblica dell’EMA per l’indacaterolo/glicopirronio, la riduzione del 12% è stata considerata ‘molto esigua’ per cui l’ente regolatorio ha espresso parere non favorevole alla richiesta, da parte del produttore, dell’’indicazione terapeutica ‘riduzione delle esacerbazioni’ di.

La linea guida NICE sulla BPCO considerano una riduzione relativa del rischio di esacerbazioni del 20% o più come clinicamente rilevante.

Il confronto sul medesimo outcome tra Ind/Gly e Tio non ha dato luogo a differenze statisticamente significative.

Il tasso annuo di esacerbazioni severe, cioè quelle che richiedono ospedalizzazione, è stato a favore dell’associazione vs Gly anche se tale risultato non ha raggiunto la significatività statistica (RR 0.81 (95% CI 0.60 to 1.10); p=0.18 (NS)).

Tuttavia quando l’associazione è stata confrontata con il tiotropio il tasso annuo di esacerbazioni severe è risultato essere a favore di quest’ultimo anche se tale risultato non ha raggiunto la significatività statistica (RR 1.16 (95% CI 0.84 to 1.61); p=0.36 (NS)).

L’utilizzo del Salbutamolo come rescue è risultato ridursi rispetto al baseline sia per l’associazione che per i trattamenti di confronto in monoterapia; il confronto tra i trattamenti è risultato a favore dell’associazione.

Il trial BLAZE è uno studio multicentrico, in doppio cieco, doppio mascheramento, con tre periodi di studio crossover in cui 247 pazienti sono stati randomizzati a ricevere Ind/Gly, placebo o tiotropio (come controllo attivo).

L’obiettivo primario dello studio era valutare la superiorità di Ind/Gly vs placebo nel migliorare la dispnea dopo 6 settimane di trattamento mentre obiettivo secondario era il confronto sul medesimo esito vs tiotropio.

L’ Ind/Gly ha migliorato in modo statisticamente significativo i punteggi relativi alla dispnea rispetto al placebo (TDI punteggio totale 0,88 rispetto a -0,49, p < 0,001).

La differenza media ha superato il miglioramento di 1 punto considerato clinicamente rilevante (LSM differenza 1,37, 95% CI 0,95-1,79; p <0,001).

Il punteggio TDI per la dispnea per Ind/Gly era anche statisticamente significativamente più alto rispetto al solo tiotropio (TDI punteggio 0,88 rispetto a 0,39; differenza LSM 0.49, 95% CI 0,07-0,91; p = 0,021).

Tuttavia va segnalato che quest’ultima differenza ha uno scarso valore clinico.

Il trial SHINE è uno studio multicentrico, controllato in doppio cieco della durata di 26 settimane che prevedeva 5 bracci di trattamento:

  1. Ind/Gly (475 paz);
  2. Indacaterolo 150 microgrammi (477 paz);
  3. Glicopirronio (475 paz);
  4. Tiotropio (483 paz in aperto);
  5. Placebo (234 paz).

L’end-point principale dello studio era il confronto tra tutti i trattamenti nel FEV 1 di valle alla settimana 26.

Il FEV1 di valle è risultato migliorato con Ind/Gly rispetto all’indacaterolo, glicopirronio, tiotropio e placebo (differenze LSM 70 ml, 90 ml, 80 ml ​​e 200 ml, rispettivamente; p <0.001 in tutti i confronti).

Anche se vi è evidenza di un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo rispetto al placebo nel FEV1 di valle per indacaterolo/glicopirronio, l’associazione rispetto al solo glicopirronio, tiotropio in aperto o al dosaggio più basso di indacaterolo (150 microgrammi) non ha raggiunto la differenza di 100 mL considerata clinicamente significativa.

Risultati simili sono stati osservati in SPARK .

Va segnalato che negli studi SPARK e SHINE rispettivamente il 75% e il 57% dei pazienti ha utilizzato un ICS.

Questo significa che molti pazienti nel gruppo glicopirronio/indacaterolo hanno ricevuto la triplice terapia (LAMA/LABA più ICS), e sono stati confrontati con un braccio di trattamento con LAMA, in cui un numero consistente di persone hanno ricevuto la duplice terapia con un LAMA e un ICS.

L’associazione LAMA/ICS non è raccomandata né dalle linee guida GOLD né dalle linee guida NICE a causa delle scarse evidenze.

Lo studio ILLUMINATE è un RCT multicentrico, in doppio cieco, doppio mascheramento della durata di 26 settimane che ha arruolato 523 pazienti ed ha confrontato gli effetti di Ind/Gly vs fluticasone/salmeterolo sulla funzione polmonare.

Il FEV 1 AUC 0-12h alla settimana 26 è stato significativamente più alto con Ind/Gly rispetto a salmeterolo/fluticasone (differenza LSM 138 ml, 95% CI da 100 ml a 176 ml; p <0.0001).

L’incidenza complessiva di eventi avversi è risultata simile per i due gruppi di trattamento e rispettivamente del 55,4% con Ind/Gly e del 60,2% Sal/Flu; anche gli eventi avversi gravi sono risultati numericamente sovrapponibili (5,0% vs al 5,3

Lo studio ENLIGHTEN è un RCT multicentrico, in doppio cieco della durata di 52 settimane condotto su 339 pazienti che ha analizzato la sicurezza dell’associazione Ind/Gly vs placebo. L’ end point primario è rappresentato dall’ incidenza di tutti gli eventi avversi; l’incidenza complessiva è sembrata essere simile (130/225 [57.8 %] e 64/113 [56,6%], rispettivamente).

Tredici persone che hanno ricevuto Ind/Gly (5,8%) hanno avuto un evento avverso che ha portato alla sospensione del farmaco in studio a fronte di 7 persone che avevano ricevuto placebo (6,2%; valore p non riportato).

Alcuni eventi avversi respiratori correlati al trattamento si sono verificati in un maggior numero di pazienti nel gruppo dei trattati rispetto al gruppo placebo, tra cui tosse (8,0% rispetto al 6,2%) e infezioni del tratto respiratorio inferiore (6,7% rispetto al 3,5%).

Va segnalato inoltre che quando indagato negli studi l’SGRQ, questionario sulla qualità di vita, ha dato riscontri positivi a favore dell’Ind/Gly ma non ha mai raggiunto un miglioramento ≥ 4 punti considerato clinicamente rilevante.

CONCLUSIONI

Globalmente si può affermare che i nuovi farmaci per la BPCO nell’insieme non apportano nulla di nuovo nel panorama dei trattamenti già disponibili; posseggono prove di efficacia limitatamente ad esiti surrogati ed a breve termine, quindi è preferibile utilizzare farmaci/molecole con un profilo rischio benefico meglio documentato.

Sarebbe più opportuno concentrarsi su adeguati programmi di training dedicati ai pazienti sul corretto utilizzo dei device e relativo monitoraggio dell’aderenza, vero punto cardine delle terapie inalatorie.

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