Trazodone nella cura dell’ insonnia primaria

Il trazodone è una molecola che appartiene alla classe degli Antidepressivi ad azione serotoninergica mista (SARI).

Agisce in modo selettivo sul sistema serotoninergico mediante due meccanismi principali: una potente azione antagonista sui recettori postsinaptici 5HT2A con associata, ma più debole, affinità nei confronti dei recettori 5HT2C.

Queste azioni determinano una bassa tendenza a determinare alterazioni della funzione sessuale.

A dosi più elevate trazodone inibisce il trasportatore della serotonina, meccanismo responsabile dell’azione antidepressiva.

Questo farmaco inoltre interagisce con altri sistemi neurotrasmettitoriali, infatti ha una moderata affinità per i recettori H1-istaminergici, responsabile dell’azione sedativa evidente già a basse dosi e possiede anche un’attività rilevante come antagonista degli alfa-adrenocettori (soprattutto alfa1).

Queste proprietà farmacologiche sono alla base del suo utilizzo come farmaco ipnoinducente, utilizzo peraltro off-label.

L’insieme del suo profilo farmacologico rende pure conto di rilevanti effetti indesiderati: rischio aritmogenico (prolungamento del QTc), ipotensione ortostatica, diminuzione della frequenza cardiaca, priapismo, sonnolenza diurna e sedazione eccessiva.

Quando utilizzato come ipnoinducente necessita di dosaggi ridotti rispetto all’utilizzo come antidepressivo.

I dosaggi ipnoinducenti abitualmente utilizzati sono di 50-100 mg da assumere la sera iniziando con 25-50 mg, tuttavia occorre ricordare che nei pazienti anziani rispetto ai giovani adulti l’emivita risulta essere aumentata (11,6 h).

Le evidenze a supporto dell’utilizzo off-label del trazodone nell’insonnia sono purtroppo limitate.

Una revisione del 20051 ha identificato 18 studi di cui 14 condotti in pazienti con depressione nei quali l’insonnia era secondaria alla componente depressiva o era conseguenza dell’utilizzo di antidepressivi, inoltre tutti gli studi erano di piccole dimensioni (solo in 5 studi il braccio di trattamento con trazodone era composto da più di 30 pazienti) e tutti avevano una durata limitata (nessuno superava le 6 settimane di trattamento attivo), in più 2 studi erano condotti in volontari sani e infine solo 3 studi erano trial randomizzati controllati in doppio cieco.

Gli autori della suddetta revisione concludevano come non vi fossero evidenze a supporto dell’utilizzo del trazodone nell’insonnia in pazienti non depressi anche alla luce di un profilo rischio/beneficio incerto.

Particolarmente interessante risulta essere un studio randomizzato controllato2 in doppio cieco della durata di due settimane condotto su 308 pazienti affetti da insonnia primaria che confrontava trazodone 50 mg e Zolpidem 10 mg con placebo.

Gli end-point principali erano la variazione del tempo di latenza nell’addormentarsi, la durata del sonno; entrambi i parametri erano registrati con dei questionari somministrati ai pazienti.

Sia lo Zolpidem che il Trazodone alla prima settimana erano più efficaci del placebo per gli outcome in studio, mentre alla seconda settimana solo il braccio dei trattati con zolpidem aveva mantenuto una latenza del sonno significativamente più breve rispetto al braccio placebo e la durata del sonno auto-riferito non variava in modo significativo tra i gruppi.

La durata del sonno nei trattati con Zolpidem rispetto al placebo nella prima settimana era aumentata di 25 minuti e nella seconda settimana di 37 minuti.

Un piccolo trial del 20113 condotto su 16 pazienti e della durata di una settimana appena confrontava il trazodone 50 mg con il placebo.

Lo studio in questione non è in grado di fornirci evidenze utili alla luce delle sue caratteristiche di ridotte dimensioni e durata.

Una recente revisione Cochrane4 sulla farmacoterapia dei disturbi del sonno in pazienti affetti dal morbo di Alzheimer rileva la mancanza di evidenze sull’utilizzo di farmaci ipnoinduttori in questo setting assistenziale e per alcune categorie di farmaci come le Benzodiazepine, la Melatonina sottolinea l’assenza di studi randomizzati controllati.

Relativamente al trazodone a dosaggi di 50 mg gli autori della revisione asseriscono come vi siano alcune prove di efficacia nel trattamento dei disturbi del sonno nei pazienti affetti da Alzheimer ma tuttavia esse non sono dirimenti e quindi si necessita di studi più ampi per poterne definire il profilo rischio/beneficio.

La mancanza di robuste prove di efficacia, un profilo beneficio-rischio incerto, soprattutto negli anziani, non permettono di collocare il trazodone come alternativa ai classici farmaci ipnoinduttori nell’insonnia primaria; tuttavia il suo utilizzo può trovare un razionale in particolari condizioni quali:

  • pazienti affetti da depressione maggiore con insonnia (condizione non infrequente negli anziani),
  • come ipnoinduttore in pazienti con precedente storia d’abuso di sostanze (utilizzo off-label con tutto ciò che ne consegue cioè acquisizione del consenso informato del paziente e spesa a carico dello stesso).
BIBLIOGRAFIA

1. Mendelson WB. A review of the evidence for the efficacy and safety of trazodone in insomnia. J Clin Psychiatry. 2005 Apr;66(4):469‐76

2. Walsh JK, Erman M, Erwin CW, et al. Subjective hypnotic efficacy of trazodone and zolpidem in DSM III‐R primary insomnia. Hum Psychopharmacol Clin Exp 1998; 13: 191‐8.

3. Roth A.J. et al. Cognitive, psychomotor and polysomnographic effects of trazodone in primary insomniacs J. Sleep Res. (2011) 20, 552–558

4. McCleery J, Cohen DA, Sharpley AL Pharmacotherapies for sleep disturbances in Alzheimer’s disease Cochrane Database Syst Rev. 2014 Mar 21;3:CD009178.