Felce Maschio: proprietà curative. A cosa serve? Come si usa?

Felce Maschio

Tratto da “Piante Medicinali – Chimica, Farmacologia e Terapa” di R. Benigni, C. Capra e P.F.Cattorini

[Aspidium Filix-mas Swartz. – Fam. Polipodiacee (Felci)]

(Sin. – Dryopteris Filix-mas Roth. – Polysticum Filix-mas Roth. – Nephrodium filix-mas Rich.)

Felce Maschio- Ultimo aggiornamento pagina: 27/02/2018

Indice dei contenuti

  1. Generalità
  2. Componenti principali
  3. Proprietà farmacologiche
  4. Estratti e preparati vari
  5. Preparazioni usuali e Formule
  6. Bibliografia

Generalità

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felce

Etimologia – Aspidium, dal greco aspis = scudo rotondo, per la forma dell'indusio che ricopre i sori.

Dryopteris, dal greco drus = quercia e pteris = felce, allusione ai boschi dove cresce.

Polysticum, dal greco polus = molti e stix gen. o sticos = rango, perchè i sori sono disposti in parecchie file.

Filix-mas – felce relativamente robusta (mas = maschio).

Nome volgare Fexa (Lig.), Ules (Emil), Faelza masti (Bologn.).

Habitat In tutto l’Emisfero settentrionale. In Italia comune nei boschi di montagna.

Pianta erbacea perenne.

Parti usate Il rizoma (Filicis rhizoma F.U.).

Componenti principali

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Composti floroglucinici: acido filicico (= filicina), acido a- e b-flavaspidico, albaspidina, aspidinolo (1); la presenza della flavaspidina o floraspina, segnalata da Kraft (2) non è stata confermata; il filmarone pure estratto da Kraft, non è una sostanza unica (3) (4); la filixnigrina è una sostanza amorfa, farmacologicamente inattiva, derivante dalla decomposizione delle suddette sostanze (2).

L'acido filicico o filicina è stato studiato da diversi AA. (5 – 9) che hanno proposto per esso varie formule centesimali. Il Boehm (I) gli assegnò la formula C35H38O12 e ne studiò anche il prodotto di degradazione cioè l’acido filicinico, C8H10O3, (II), che Robertson e Sandrock (10) ottennero successivamente per sintesi nel 1933. Recentemente Riedl (13)

felce Figura 1

per l'acido filicico, C36H44O12, ha proposto la formula (III) che è in accordo con i dati dell’analisi sperimentale e dell’assorbimento nell'ultravioletto (11).

felce Figura 2

L’acido flavaspidico (polisticocitrina), C24H30O8, (forme a- e b-) è stato isolato dal Boehm (1) dalla filicina grezza ed è stato preparato per sintesi dal Riedl (13) e dal Robertson (14). Sulla base di questi studi ne è stata proposta la formula di struttura IV:

felce Figura 3

L’albaspidina (polisticalbina), C25H32O8, che Boehm (1) per primo estrasse dalla filicina, è stata recentemente preparata per sintesi (13); le è stata assegnata la seguente formula strutturale V (13) (14):

felce Figura 4

L'albaspidina è stata denominata anche aspidina, ma l'aspidina propriamente detta, C25H32O8, che è isomera dell'albaspidina e che è un componente della Dryopteris austriaca (Jacq.) Woymar (15) (16) (17), non si trova nel Dryopteris Filix-mas (15).

L’aspidinolo, C12H16O4 (VI), messo in evidenza dal Boehm (1) nella filicina, è stato identificato con il 2,6-diossi-3-metil-4-metossi-butirrofenone (1) (18) e questa composizione è stata confermata per sintesi (19).

felce Figura 5

La presenza della flavaspidina o floraspina, C28H28O3, segnalata dal Kraft (20), non è stata confermata da altri AA.

II filmarone o aspidinolfilicina C47H52O16, ricavato dall'estratto di Felce maschio dal Kraft (2), è risultato successivamente non una sostanza definita, ma una miscela di almeno tre sostanze, separabili cromatograficamente (3) e con diverso punto di fusione (4).

Con la denominazione “filicina” si designa comunemente iI complesso dei componenti floroglucinici del Felce maschio, i quali costituiscono circa il 55 % della filicina grezza: i restanti componenti di questa sarebbero composti resinosi non privi di attività farmacologica (21). II contenuto di filicina grezza nella droga e negli estratti eterei è molto variabile in relazione all’epoca del raccolto (22) (23) (24) (25), al diverso habitat (24) (26) (27) (28) (29) ed alla durata del magazzinaggio (28) (30) (31) (32). Secondo Rosendahl (22), Stamm (23) e Pill (24) la droga raccolta in estate è più attiva di quella del raccolto autunnale. Secondo Selles e de la Vega (25), il rizoma in agosto ha attività più elevata.

Le piante cresciute in zone montagnose e quelle della pianura hanno attività paragonabile, secondo Kofler e Mueller (30). E' noto però che l'attività degli estratti di Felce varia molto in relazione alla provenienza con differenze variabili dal 40% (26) sino al 400% (27). Risultano più attivi gli estratti dei paesi nordici, ma è possibile che ciò sia da attribuirsi in parte alla presenza, nella droga nordica, del Felce di Finlandia (Dryopteris austriaca (Jacq.) Woymar, Dryopteris spinulosa O. Ktze, Aspidium spinulosum Sw.), che nel Nord-Europa cresce spesso commisto con il Felce maschio e che è più attivo di quest’ultimo. Tuttavia si ritiene che anche i rizomi del Felce maschio delle zone nordiche siano più ricchi di sostanze attive rispetto alla droga delle altre parti dell’Europa (24) (28). Bergroth (29) trovò che l’estratto finlandese era equivalente in attività al tedesco e molto superiore a quello svizzero, danese e norvegese; secondo Huhtala (28), soltanto i più attivi estratti di Germania sono comparabili a quelli finlandesi.

La durata del magazzinaggio influisce sul contenuto di filicina grezza; negli estratti, nel primo anno, il titolo di filicina tende ad aumentare; successivamente diminuisce (32) ed anche l’attività farmacologica tende a diminuire con l’invecchiamento (28) (30) (31) (32). In qualche caso, si è però dimostrato che anche estratti vecchi di parecchi anni avevano una attività paragonabile a quella di estratti preparati di recente (33) (34) ed anche superiore a quella primitiva (35); dalla qual cosa si potrebbe dedurre che vi sono prodotti di degradazione, non titolabili come filicina, aventi intensa attività farmacologica.

felce Figura 6

Nell’Aspidium Filix-mas è stata segnalata la presenza di sostanze tanniche: il tannino catechico acido filicitannico (40) (41), 7,82 % di «acido protofilicitannico» (40); secondo Schlykow (42) 8-12% di tannoidi.

Altri componenti del rizoma: olio etereo 0,04% contenente acidi grassi liberi, specialmente acido butirrico ed inoltre esteri di acidi grassi con gli alcooli esilico e ottilico (43): olio grasso 5-6% contenente gliceridi degli acidi oleico (in prevalenza), palmitico, cerotico e tracce di acido butirrico (44); zuccheri, amido, cera, resina; la «resina» è stata riconosciuta quale miscela dei prodotti di degradazione dei componenti floroglucinici (32) (45); ceneri 2,4-3,5% (46).

Proprietà farmacologiche ed impiego terapeutico

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Noto fin dai tempi più remoti, il Felce maschio è ricordato da Teofrasto e da Plinio, da Dioscoride e da Galeno ma, come molte altre droghe che godettero di larga fama nell'antichità, subì prima di giungere sino a noi un lungo periodo di abbandono. La droga venne poi riesumata come rimedio antielmintico in epoca alla nostra più vicina e cioè nel XVIII secolo e da allora è rimasta nell'uso come uno dei più efficaci farmaci contro le infestioni da cestodi.

Alcuni Autori attribuiscono al grande botanico Linneo, l'onore di aver tratto il Felce maschio dall’oblio come tenifugo, ma sembra che il merito di averne diffusi la conoscenza e l'impiego, spetti ad una donna e precisamente alla vedova del chirurgo svizzero Nouffer. Essa conoscendo la composizione di uno specifico contro la tenia, usato e tenuto segreto dal marito (noto per ciò col nome di Noufferiana), continuò per oltre ventanni a curare con successo i malati di teniasi, sino a che, essendo riuscita a liberare brillantemente il principe Baratinsky da una lunga tenia dalla quale il nobile russo era da tempo importunato, il rimedio venne fatto conoscere dal principe stesso, a Parigi dove egli risiedeva. La fama di questo specifico giunse così a destare l'interesse del Re Luigi XVI il quale, dopo averlo sottoposto al rigoroso controllo di una commissione di medici, ne acquistò il segreto che venne poi reso noto «Par ordre du Roi» con una pubblicazione in francese comparsa nel 1775, alla quale ne seguì un’altra in tedesco nell'anno seguente e un'altra ancora in inglese nel 1778 (47).

L'azione farmacologica del Felce maschio è molto nota e più o meno ampiamente descritta in tutti i testi di Farmacologia. Ci limiteremo quindi ad approfondire in questo capitolo, quelle parti che di solito sono altrove meno sviluppate, mentre saranno più brevemente accennate quelle notizie che riteniamo essere più note.

II rizoma di Felce maschio deve la sua attività alla presenza di sostanze filiciniche che, come già detto nella parte chimica, sono considerate come derivati della floroglucina esterificata da radicali butirrilici alla cui presenza sarebbe legata, secondo il Boehm (48) la loro attività farmacologica. L'acido filicinico come tale, non è dotato di azione antielmintica ma acquisirebbe tale proprietà per l’introduzione nella sua molecola di radicali butirrilici [Rosemund e Schapiro (49)]. Queste sostanze risultano dalla condensazione di uno o più nuclei di un dimetilfloroglucinbutanone e benché dotate di un'attività qualitativamente uguale, sono considerate più attive quelle a peso molecolare più basso, quelle risultanti cioè dalla condensazione di due nuclei, quali l'acido flavaspidico, l'aspidina e l'albaspidina [Huhtala (50), Toft (51)].

Le sostanze di questo gruppo sono dotate di azione emolitica [Jodlbauer (52)], precipitante le proteine [Franz (53)] ed antiossidasica [Toft (51)].

Il Pennetti (54) studiò l'azione dell'acido filicico e dell'aspidinolfilicina su diversi organi isolati e trovò che esse determinano, sul cuore di rana, bradicardia, aritmia e, infine, arresto in diastole. L'atropina varrebbe ad antagonizzare parzialmente l'azione delle suddette sostanze.

Sul cuore di mammifero esse determinerebbero un'azione inotropa positiva a piccole concentrazioni, mentre concentrazioni più elevate provocano aritmia e un effetto bradicardico.

Sull'intestino isolato l’A. osservò un effetto spastico, con notevole aumento del tono e soppressione delle contrazioni ritmiche. Tale azione che si manifesta anche sull'utero sarebbe, secondo il Pennetti, di natura, muscolare. Secondo Kurosu e Koseki (55), le fibre circolari dell'intestino sarebbero più sensibili delle longitudinali all'azione delle due suddette sostanze che, a forti concentrazioni, secondo l'Oelkers (56) manifesterebbero un effetto paralizzante piuttosto che ipertonizzante.

Sulle arterie isolate il Pennetti notò un aumento di tono mentre il filmarone sperimentato da Luerken (57) sui vasi dell'orecchio di coniglio, determinerebbe una leggera azione vasoparalizzante.

L'estratto etereo applicato localmente sulla cornea di coniglio o per infiltrazione nella cute di cavia, determina un'azione irritante cui segue anestesia [Prévost e Binet (58)].

I preparati di Felce maschio agiscono sui cestodi, come già fu confermato dallo Straub (59), determinando una paralisi muscolare e provocandone il distacco dalla parete intestinale. Questo A. dimostrò che i cestodi del gatto vengono paralizzati dopo 4 ore d'immersione in una i soluzione di acido filicico o di albaspidina all' 1 %0 e più recentemente Duguid e Healthcote (60) sperimentando, sulla Monesia expansa di montone e sulla Taenia saginata, trovarono che queste vengono prima eccitate, poi irreversibilmente paralizzate, dopo immersione in emulsioni all’1:1000e all’1:5000 delle stesse sostanze.

Sembra però che la loro azione non si limiti alle sole fibre muscolari liscie dei parassiti ma che si estenda anche agli elementi nervosi e in particolare alle terminazioni motorie che vengono anch'esse paralizzate.

Una volta ottenuto il distacco dello scolice dalla parete intestinale occorre provvedere all’espulsione del parassita, il che si ottiene facendo seguire l’azione di un purgante.

Comunemente si consiglia di evitare i purganti oleosi ad evitare che i principi attivi contenuti nell'estratto etereo vengano portati in soluzione dall'olio e quindi assorbiti, con il pericolo di provocare un effetto tossico sull'organismo ospite piuttosto che su quello del parassita. Si riteneva infatti che le sostanze del gruppo filicinico, somministrate per os, fossero per la loro insolubilità in acqua, praticamente inassorbibili [Haussmann (61), Prévost e Binet (58) ]. Il Bouteiller (62) tuttavia, aveva già notato; che l'acido filicico è solubile nel succo intestinale alcalino per formazione forse, di fenolati ciò che venne più recentemente confermato dal Miyasaki

(63) per quanto riguarda il filmarone. Inoltre, anche più recentemente, l’Oelkers (64) dimostrò che il filmarone, come pure il timolo, il p-cimolo e l’ascaridolo, somministrati per os in soluzione oleosa, sono meno tossici nel topo, che se somministrati in sospensione acquosa e alla stessa dose. Non si riscontrano invece differenze notevoli nel caso della santonina, del tetracloruro di carbonio e del tetracloroetilene.

Da tutto ciò si dovrebbe quindi dedurre che la temuta incompatibilità fra preparati di Felce maschio e purganti oleosi o sostanze grasse eventualmente presenti nell'intestino, non dovrebbe esistere. Ciò nonostante è tuttora comune la prescrizione di evitare i purganti oleosi dopo somministrazione di Felce maschio e a ciò non si sottrae neanche il Cavier (65) il quale, pur avendo preso buona nota dei risultati dell'Oelkers, insiste e senza alcun commento, su tale prescrizione.

Tossicologia – Il Fowst (66) nel 1955 ha pubblicato un esauriente Iavoro sulla tossicità del Felce maschio e dei suoi derivati, sia per quanto riguarda i diversi animali da esperimento che l'uomo.

Riportiamo qui di seguito una tabella nella quale il Fowst ha riportato i dati da lui raccolti riguardanti la d.m.I. e la DL50 nei diversi animali e per i vari derivati del Felce maschio:

felce Figura 7

felce Figura 8

Da questa tabella risulta che la tossicità dell’estratto etereo di Felce maschio è notevolmente elevata, oscillando la sua dose letale da g 0,3 a 3/Kg a seconda della specie animale e della via di somministrazione. In relazione alla provenienza della droga, l’attività e quindi la tossicità degli estratti, può variare anche del 100% e sotto questo aspetto, i più attivi sembrerebbero quelli derivati dalla droga raccolta nelle regioni del Nord-Europa (67).

La tossicità degli estratti eterei, secondo Huhtala (67) sarebbe superiore a quella corrispondente al loro contenuto in filicina.

Le sostanze filiciniche sono dotate di un notevole coefficiente tossico. Negli animali a sangue freddo esse determinano la morte alla dose di 1-10 mg/Kg e nei mammiferi alla dose di 25-150 mg/Kg per via parenterale e di 80-660 mg/Kg per via orale, a seconda della sostanza e della specie animale. La tossicità dei diversi derivati filicinici potrebbe essere espressa dalla seguente successione in ordine decrescente: aspidina, acido filicico, albaspidina, filmarone, acido flavaspidico.

La tossicità del Felce maschio era ben nota ai medici dell’antichità; Plinio e Galeno già sconsigliavano l’impiego della droga nelle gestanti, per la sua azione drastica ed abortiva, ma le prime descrizioni degli effetti tossici provocati dall’impiego incauto della polvere di Felce maschio a scopo antielmintico, si debbono ad alcuni Autori del secolo scorso, quale il Reinlein (83), il Rulle (84), il Krauss (85). Descrizioni più accurate e corredate da dati derivanti da una numerosa casistica, furono eseguite soprattutto dal Perroncito (86) e dal Parona (87) intorno al 1881, allorché essi impiegarono l’estratto etereo di Felce maschio in dosi piuttosto elevate, nel trattamento dell’anchilostomiasi, dalla quale furono infestati molti minatori adibiti al traforo del Gottardo.

Il Fowst nei suoi già citati lavori, ai quali rimandiamo per più ampie notizie e riferimenti bibliografici in proposito, ha raccolto numerosi casi di intossicazione e ritiene che si possano desumere dalla letteratura, sino al 1955, anno in cui vennero pubblicati i suddetti lavori, la descrizione di circa 260 casi di intossicazione o di gravi accidenti secondari, dovuti all’uso di preparati di Felce maschio, con una mortalità che si aggira intorno al 20-25 %.

Secondo Fowst, in base alla casistica da lui raccolta, i principali sintomi dell’intossicazione da Felce maschio sarebbero i seguenti; sintomi a carico del tubo gastro-enterico, del sistema nervoso, dell’occhio e del nervo ottico, del sistema cardio-vascolare, del sangue, dei visceri parenchimali e del ricambio intermedio.

Fra i sintomi a carico del tubo gastco-enterico il più frequente è il vomito (alimentare, mucoso o biliare) accompagnato da nausea e malessere generale. Meno frequentemente compare la diarrea che può presentare un aspetto coleriforme ed essere accompagnata da dolori addominali violenti.

Sul sistema nervoso prevalgono sintomi a tipo depressivo: astenia, abbattimento, stordimento, sonnolenza; in alcuni casi, lipotimia a tipo di sincope transitoria, coma più o meno profondo che si può prolungare per parecchie ore o, a volte, per alcuni giorni. Più rari i fenomeni paralitici i quali possono essere più o meno transitori, localizzati o generalizzati ed a coscienza integra. Frequenti sono anche gli stati di ipereccitazione che a volte concomitano con i precedenti episodi convulsivi più o meno generalizzati, talora a tipo tetanico. Sono stati osservati tremori, scosse e fibrillazioni muscolari. Fatti di ipereccitazione a tipo isterico o delirante, spesso associati a convulsioni, sono stati pure osservati in un numero limitato di casi. Meno frequentemente sono stati osservati sintomi di dispnea, di singhiozzo, di sudorazione profusa e di scialorrea.

Frequente è l’insorgenza di sintomi a carico dell’organo visivo i quali si manifestano con la comparsa di scotomi, di annebbiamento diminuzione più o meno completa del potere visivo, transitoria o definitiva, uni- o bilaterale. Secondo una statistica dell’Hànel (89) risulterebbe che su 121 casi di avvelenamento, 47 si conclusero con amaurosi permanente. La pupilla si presenta di solito midriatica, più raramente miotica. Raramente si osserva esoftalmo, iperemia congiuntivale, nistagmo, assenza del riflesso corneale, dolori profondi del bulbo oculare. L'esame del fondo dell’occhio può non rivelare la presenza di anormalità, oppure ischemia ed edema della papilla che talora può essere esteso a tutto il fondo dell’occhio.

Più raramente si riscontrano essudati e piccole emorragie perivasali. L’atrofia del nervo ottico può seguire alla distanza di alcune settimane.

Più rari nell’avvelenamento da Felce maschio sono i disturbi auditivi i quali sono di solito, limitati a ronzii o anche, più raramente, a sordità transitoria. Più frequentemente si osservano invece fenomeni di vertigine, di nausea e di cefalea.

Anche i disturbi a carico dell'apparato cardio-vascolare non sono molto frequenti e si possono manifestare con disturbi del ritmo: tachicardia elevata specialmente nei casi di collasso; più raramente bradicardia. L’esame elettrocardiografico può svelare segni di sofferenza cardiocoronarica, specialmente nei soggetti in età avanzata.

Fra i casi riferiti dal Fowst, sono enumerati un caso di morte per paralisi cardiaca, un caso di morte con quadro anginoide e alcuni casi di accessi stenocardici. Non frequenti i casi di acroparestesie e di claudicazione intermittente in soggetti con probabili alterazioni preesistenti della parete arteriosa. Fenomeni di collasso circolatorio sono stati osservati con una certa frequenza in soggetti con spiccate manifestazioni gastroenteriche. Nei casi di grave insufficienza circolo-respiratoria, può osservarsi cianosi. Sono stati descritti casi di arrossamento del viso, simile a quello che si osserva nel corso di crisi nitritoidi.

Durante il trattamento con preparati di Felce maschio e indipendentemente dall’insorgenza di fenomeni tossici, il numero dei globuli rossi e la resistenza globulare diminuiscono per tornare alla norma dopo l'espulsione del parassita. Anche la bilirubinemia indiretta, può aumentare durante il trattamento, da 2 a 5 volte.

Non infrequenti i casi di ittero, non molto intenso però e transitorio, talora accompagnato da leggera epatomegalia. Nelle urine si può osservare la comparsa di bilirubinogeno, indipendentemente dall’ittero, anche durante il trattamento terapeutico; inoltre, urobilirubinuria e, più raramente, bilirubinuria.

In un numero limitato di casi di intossicazione da Felce maschio, in fine, si sono notate alterazioni dell’apparato uropoietico manifestantesi con albuminuria e, a volte, con ematuria e cilindruria. In qualche caso si è potuta osservare una notevole diminuzione della secrezione urinaria che può giungere sino all'anuria.

Come cause predisponenti all'intossicazione da Felce maschio può essere annoverata in primo luogo, l'età. Sembra che nell'età infantile (inferiore ai 10 anni) la mortalità nei casi di intossicazione, raggiunga il 50 %, percentuale che verrebbe raggiunta e anche superata anche quando l'intossicazione si manifesta in soggetti in età avanzata (superiore ai 60 anni), mentre secondo i dati raccolti dal Fowst, la mortalità generale non supererebbe il 25 %.

Altre cause predisponenti generali possono essere considerate gli stati gravi di decadimento organico;

l'anemia, specialmente se di grado elevato; le malattie cardiovascolari (insufficienza cardiaca, coronariopatie, arteriosclerosi). Per quanto di minor importanza possono essere ritenute cause predisponenti anche l'alcoolismo, le nefropatie, la lue, le affezioni gastro-enteriche, le perivisceriti, la tubercolosi, la malattia di Buerger, le ipoglicemie spontanee e criptogenetiche e in generale, come afferma il Grawitz (90): “L'indebolimento di un singolo organo e anche l'indebolimento generale dell'organismo, aumenta il pericolo di un'azione tossica o generale” ciò che del resto vale non soltanto per quanto concerne l'intossicazione dovuta a Felce maschio e ai suoi derivati, ma per tutte le intossicazioni.

Il Fowst conclude che anche ammettendo che una parte dei casi di intossicazione da felci antielmintiche sia da attribuirsi ad un eccesso di dosaggio, agli effetti cumulativi di un trattamento prolungato o all'esistenza di particolari predisposizioni morbose, restano sempre più di 120 casi in cui non si riscontra alcuna di tali condizioni e fra i quali la frequenza dei decessi (25 %) non differisce da quella ottenuta dalla casistica generale. L'A. sottolinea i pericoli inerenti al trattamento dell'elmintiasi con preparati di Felce maschio e consiglia molta cautela nel loro impiego.

Per la somministrazione dei preparati di Felce maschio il paziente deve essere opportunamente preparato e ciò sia per ottenere il massimo rendimento terapeutico, sia per evitare al paziente stesso gli inconvenienti che potrebbero derivare da una somministrazione irrazionale dei suddetti preparati.

Sono da evitarsi il digiuno prolungato e la completa evacuazione dell'intestino, ad evitare un eccessivo indebolimento del paziente e la possibilità di un più rapido assorbimento dell'antielmintico. Sarà invece opportuno far osservare al paziente una dieta molto leggera a base di brodo, the, latte, uova, iniziando 24-36 ore prima della somministrazione dell'antielmintico. La sera prima potrà essere somministrato un purgante salino e al mattino una leggera colazione a base di latte o di caffè e latte. Un'ora dopo si somministrerà una capsula con g 2-2,5 di estratto etereo di Felce maschio, cui si farà seguire una capsula ogni mezz'ora, sino a raggiungere la dose complessiva di 6-8 g.

Una o due ore dopo la somministrazione dell'ultima capsula, si somministri un purgante. Come già fu detto, vengono di solito sconsigliati i purganti oleosi, nel timore che questi possano sciogliere e quindi rendere più facilmente assorbibile l'estratto etereo, ma ciò è escluso da diversi AA, [Oelkers (64), Hall e Shillinger (91)]. Controindicate sembrerebbero invece le bevande alcaline.

Secondo Huttel (92) lo sciroppo di etere costituirebbe invece un buon adiuvante.

Se il trattamento è stato negativo può essere ripetuto dopo alcune settimane. Secondo SoIImann (93), un singolo trattamento è risultato sufficiente in circa il 50 % dei casi di teniasi e si sono osservati casi di resistenza anche a 5-6 trattamenti consecutivi. In queste condizioni occorre tener conto che l'estratto etereo di Felce maschio può rappresentare un allergene e quindi dar luogo a fenomeni di sensibilizzazione in soggetti che siano particolarmente predisposti (94).

La titolazione dei preparati di Felce maschio può essere eseguita con metodi chimici e biologici. I metodi chimici più noti sono quelli di Schmidt (ponderale) e quello di Fromme-Stoeder prescritto dalla F.U.I. e dalla Pharmacopoea Helvetica. I risultati che si ottengono con quest'ultimo, sono sensibilmente superiori a quelli che si ottengono col metodo di Schmidt, ma tenendo conto della modificazione proposta da Goris e Voisin (95) è possibile ottenere valori praticamente identici.

Per la titolazione biologica i reattivi più comunemente usati sono i pesci rossi (Carassius auratus), gli ascaridi (Ascaris lumbricoides) e il lombrico (Lumbricus terrestris) [Schonheider (96), vedi Parisi (97)]. Il Seelpkopf (98) descrive un metodo che prevede come reattivo biologico il ratto infestato da Hymenolepis diminuta e usando la rottlerina come sostanza campione, metodo questo che fu descritto anche dalla Holton (99 ).

Jentzsch (100) ha considerato la possibilità di studiare l'effetto biologico del Felce maschio e delle sue preparazioni con una sostanza standard non ottenuta dal Felce maschio e trovò che la esilresorcina e la rottlerina sono le sostanze che meglio si prestano per determinare l'effetto degli estratti di Felce maschio su vermi della specie della Eisenia foetida (Allolobophora foetide). L'A. ha anche dimostrato che la determinazione della filicina grezza non ha alcuna relazione con l'azione biologica del Felce maschio. Secondo Lamson e Ward (101), soltanto l’Ascaris del maiale, che non è morfologicamente distinguibile dalI'Ascaris dell'uomo, sarebbe adatto per ricerche biologiche in vitro.

I metodi di titolazione chimica, basandosi sulla titolazione della filicina, non esprimono l'attività reale dei preparati di Felce maschio, la cui tossicità, secondo Huhtala (67) sarebbe superiore, come già detto, a quella corrispondente al loro contenuto in filicina.

II Toft (51) trovò infatti che estratti titolati biologicamente prima e dopo un periodo di 2-3 anni di magazzinaggio, erano dotati di un'attività più elevata di quella osservata inizialmente, nonostante che il contenuto in filicina avesse subito un notevole abbassamento.

Estratti e preparati vari

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a) Estratto fluido (g 1= LV gtt).

Dosi: g 10-15 pro dose.

b) Estratto molle etereo F.U. (Titolo chimico 25 % filicina).

Dosi: g 2,5-5 pro dose.

Preparazioni usuali e formule galeniche

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Tintura

Estratto-fluido felce maschio…………………………………….. g 20

Alcool di 60°……………………………………………………………… g 80

(a cucchiai)

Pozione contro la tenia

Estratto molle etereo felce maschio F.U……………………. g 8

Gomma arabica polvere …………………………………………… g 8

Acqua di menta………………………………………………………….. g 100

Sciroppo d'etere……………………………………………………….. g 40

(un cucchiaio ogni 10’)

Pillole antielmintiche

Estratto molle etereo felce maschio F.U. …………….. g 4

Gomma arabica………………………………………………………… g 4

Acqua……………………………………………………………………….. g 1

Eccipiente q. b. per n. 40 pillole

(fino a 15 pillole pro die)

BIBLIOGRAFIA

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