Disturbi dell’evacuazione

Disturbi dell’evacuazione

I disturbi dell’evacuazione sono disturbi dell’età evolutiva che emergono in un’età (solitamente dopo i 6 anni) in cui il bambino deve aver già acquisito la capacità di controllare i propri sfinteri e la capacità di dominare i propri stimoli urinari e fecali.

I disturbi dell’evacuazione consistono nella mancata capacità del controllo sfinterico e si distinguono in: “enuresi” (incapacità del controllo sfinterico uretrale) ed “encopresi” (incapacità del controllo sfinterico anale).

Nel decorso e nell’eziopatogenesi di tali disagi sono coinvolti numerosi fattori:

  • Tratti neurofisiologici;
  • Cultura di appartenenza: l’acquisizione dell’igiene intima è una consuetudine culturale;
  • Aspetti sociali: è importante il tipo di attaccamento che il bambino ha instaurato con la propria figura materna;
  • Aspetti cognitivi e psicologici;
  • Ereditarietà;
  • Disordini neurologici;
  • Ritardi nello sviluppo;
  • Aspetti psico-emotivi: disagio familiare, scarsa autostima, demotivazione, senso di colpa, depressione, frustrazione, eventi stressanti e traumatici.

Qualora il bambino soddisfacesse due o più fattori (tra quelli precedentemente elencati), è possibile che sia affetto da uno dei disturbi dell’evacuazione.

Enuresi

L’enuresi è uno dei disturbi dell’evacuazione più comuni: consiste in un’involontaria e incosciente fuoriuscita di urine che compare in totale assenza di disturbi psicologici e comportamentali, avviene in luoghi socialmente inaccettabili e colpisce in una età (5-6 anni) in cui tale controllo è acquisito dalla maggior parte dei bambini.

Prima dei 5 anni di età, non essendo stato ancora raggiunto il controllo del riflesso vescicale non può definirsi con il termine di enuresi, ma solo quando supera questa data età, ossia con l’ingresso nella scuola primaria.

Numerosi studiosi e ricercatori collegano tale disagio ai disturbi del sonno, come: le parainsonnie (l’urinare durante la notte va ad inficiare sulla continuità del sonno) e le apnee notturne(stimolano la vescica a liberarsi).

Ci sono bambini che urinano di notte bagnando il letto, il pigiama e la biancheria, e in questo caso soffrono di “enuresi notturna”.

Mentre, coloro che urinano durante la giornata e in qualsiasi luogo in cui essi si trovano, soffrono di “enuresi diurna”.

Quest’ultima colpisce il 13% dei bambini durante la pubertà e il 4% degli adolescenti dai 15 anni in su.

Inoltre, non solo l’enuresi può essere notturna e diurna, ma può anche distinguersi in:

  • Enuresi primaria: l’incontinenza urinaria infantile tende a prolungarsi nel tempo. Colpisce prevalentemente i bambini di sesso maschile ed è più diffuso rispetto all’enuresi secondaria;
  • Enuresi secondaria: insorge in seguito ad un evento stressante e traumatico, dopo aver conseguito un normale controllo sfinterico uretrale.

Tra l’altro ha un ruolo predominante la componente genetica.

Infatti c’è rischio pari all’80% che venga trasmessa l’enuresi qualora entrambi i genitori fossero stati enuretici; rischio pari al 45% qualora fosse stato uno dei due e rischio pari al 20% se nessuno dei due genitori fosse stato enuretico.

Il presente disturbo può presentarsi in comorbidità con: disturbi linguistici, disturbi del sonno, disturbi dell’apprendimento e disturbi emotivo-comportamentali.

La componente psichica del bambino enuretico è notevolmente coinvolta e costantemente sotto pressione.

Il deficit dell’evacuazione incide sulle relazioni interpersonali e familiari dell’infante, generando in lui un vero e proprio squilibrio affettivo.

I genitori devono tollerare e comprendere le difficoltà e i disagi provati dal proprio figlio.

Essi hanno il compito di confortarlo, sostenerlo e coccolarlo, senza ricorrere alle misure drastiche e punitive che non fanno altro che aggravare il suo disturbo e il suo stato psico-fisico. Quindi è fondamentale un’adeguata educazione sfinterica!

Le cause scatenanti l’evento enuretico sono i seguenti:

  • Eventi stressanti e traumatici;
  • Disturbo dipendente della personalità;
  • Dismorfismi del rachide (colonna vertebrale): possono incidere sul sonno notturno e sulla posizione che il bambino assume mentre dorme. Le malformazioni della colonna vertebrale (in particolare: scoliosi, cifosi e lordosi) possono contribuire a sviluppare l’incapacità del controllo vescicale;
  • Introversione: il soggetto tende a chiudersi in se stesso senza comunicare i suoi stati emotivi;
  • Deficit della secrezione dell’ormone antidiuretico: tale ormone ha un ritmo circadiano in cui il suo mancato controllo va a ridurre la concentrazione urinaria diurna, e ad aumentare la concentrazione urinaria notturna, provocando per l’appunto l’enuresi.

I criteri diagnostici dell’enuresi sono i seguenti:

  • Il disagio dell’evacuazione deve manifestarsi due volte alla settimana per almeno tre mesi consecutivi;
  • Deve provocare una compromissione del normale funzionamento sociale, scolastico, familiare e in tante altre aree importanti;
  • I disturbi organici (stitichezza, reflusso gastro-esofageo, infezioni dell’apparato urinario e disordini neurologici) possono giustificare la presenza di tale disturbo enuretico.

Infine, è bene precisare che qualora un bambino tra gli 8 e i 10 anni di età riportasse tale disturbo, rischia di diventare vittima di bullismo.

Encopresi

Più rara rispetto all’enuresi fra i disturbi dell’evacuazione, l’encopresi consiste in un’automatica emissione di feci che avviene in luoghi socialmente inaccettabili.

A tale disturbo, hanno un forte impatto la componente genetica, familiare e culturale.

L’encopresi è scarsamente diffusa rispetto all’enuresi proprio perché la maggior parte dei bambini acquisisce più precocemente il controllo dello sfintere anale rispetto allo sfintere uretrale.

Dal punto di vista diagnostico si può considerare un bambino affetto da encopresi solo se il fenomeno compare almeno una volta al mese per tre mesi consecutivi, al di sopra dei 5 anni di età.

Come per l’enuresi, anche l’encopresi può essere notturna e diurna, ma può anche distinguersi in:

  • Encopresi primaria: l’incontinenza infantile delle feci tende a prolungarsi nel tempo. Colpisce prevalentemente i bambini di sesso maschile;
  • Encopresi secondaria: insorge in seguito ad un evento stressante e traumatico, dopo aver conseguito un normale controllo sfinterico anale.

Il presente disagio colpisce i seguenti casi:

  • i figli di famiglie di basso ceto sociale;
  • i bambini che hanno carenze affettive;
  • gli orfani;
  • i bambini che vivono disarmonie, stress e disagi familiari;
  • i bambini vittime di abbandono da parte di uno o di entrambi i genitori.

E i bambini affetti dai seguenti disturbi cognitivi dell’età evolutiva:

  • disturbi comportamentali;
  • disturbi pervasivi dello sviluppo;
  • disturbi oppositivi provocatori;
  • disturbo da deficit da attenzione e di iperattività (ADHD);
  • mutismo e balbuzie.

Anche il presente deficit dell’evacuazione, come l’enuresi, incide sulle relazioni interpersonali e familiari dell’infante, generando in lui un vero e proprio squilibrio affettivo, sviluppando ansia, depressione e atteggiamenti autodistruttivi.

Terapia dei disturbi dell’evacuazione

I trattamenti da rivolgere ai piccoli pazienti affetti dai disturbi dell’evacuazione sono numerosi e molto efficaci se ben applicati.  Elenchiamoli e analizziamoli:

  • Farmacoterapia: i farmaci sono efficaci solo nel trattamento dell’enuresi e devono possedere tali principi attivi: la desmopressina (antidiuretico), l’imipramina (antidepressivo triciclico) e l’oxibutinina (antispastico urinario che riduce l’iperattività vescicale). Si ricorre alla farmacoterapia solo se la terapia cognitivo-comportamentale non funziona;
  • Terapia cognitiva-comportamentale: la sfera comportamentale va ad educare il bambino al controllo sfinterico, ad esempio: svegliandolo il bambino ogni quattro – cinque ore, affinché impari ad andare in bagno da solo senza sporcarsi e bagnarsi addosso; oppure, ricorrere all’utilizzo dei rilevatori dell’umidità che generano che sveglino il bambino appena inizia ad urinare nel letto. Si ricorre a questi rimedi solo dagli 8 anni in su;
  • Psicoterapia: si interviene solo quando è compromessa la sfera socio- emotivo-affettiva del fanciullo;
  • Terapia motivazionale: in questa strategia d’intervento hanno un ruolo predominante i genitori. Essi devono imparare ad essere tolleranti nei confronti delle difficoltà e dei disagi provati dal proprio figlio, devono comprenderlo, confortarlo, sostenerlo e coccolarlo, senza ricorrere alle misure drastiche e punitive che non fanno altro che peggiorare il suo disturbo e il suo stato psico-fisico. Tale terapia ha lo scopo di accrescere l’autostima del piccolo paziente;
  • Alimentazione e integrazione alimentare: si consiglia una dieta sana ed equilibrata a base di: cereali, legumi, carne magra, uova, pesce fresco, cibi ricchi di calcio e verdure (lattuga, bietole, spinaci e cavolfiori).

Tali alimenti vanno integrati con le vitamine: B3 – B5 – B6 – C – D – E.

BIBLIOGRAFIA
  1. Marcelli D., Psicopatologia del bambino, Masson, Milano, 2013;
  2. Bertelloni S., Burgio R., Una pediatria per la società che cambia, Tecniche Nuove, Milano, 2007;
  3. Valentina Ivancich, L’ambulatorio in psichiatria dell’età evolutiva. Screening, orientamento diagnostico, consultazione breve, Milano, Springer Verlag Italia, 2012.