Tifo o Febbre Tifoide: incubazione, contagiosità e profilassi

Tifo o Febbre Tifoide: incubazione, contagiosità e profilassi

Tifo: scheda riassuntiva di notifica e profilassi


Classificazione ICD-9: 002

Tipo di Notifica: Classe II

Periodo di incubazione: Abitualmente da 1 a 3 settimane, ma può variare da 3 giorni a 3 mesi a seconda della dose infettante.

Periodo di contagiosità: Fintanto che Salmonella typhi è presente nelle feci, dalla prima settimana di malattia per tutta la durata della convalescenza, nei soggetti sottoposti a terapia antibiotica efficace; nel 10 % dei casi non trattati l’eliminazione può continuare anche per mesi dall’esordio. Il 2-5% dei pazienti diviene portatore cronico.

Provvedimenti nei confronti del malato: Precauzioni enteriche1 fino a risultato negativo di 3 coprocolture consecutive, eseguite su campioni fecali prelevati a non meno di 24 ore di distanza l’uno dall’altro e a non meno di 48 ore dalla sospensione di qualsiasi antibiotico.
In caso di positività anche di una sola coprocoltura, ripetizione dell’intera procedura dopo un mese.
Allontanamento, fino a negativizzazione, dalle attività che comportino la manipolazione o distribuzione di alimenti, l’assistenza sanitaria e quella all’infanzia.

Provvedimenti nei confronti dei conviventi e dei contatti: Sorveglianza sanitaria2 per la ricerca di altri casi di infezione e della fonte di esposizione, con particolare riguardo a storie di viaggi in aree endemiche e alle abitudini alimentari.

Allontanamento di conviventi3 e contatti stretti4 dalle attività che comportino la manipolazione o distribuzione di alimenti, l’assistenza sanitaria e quella all’infanzia, fino a risultato negativo di 2 coprocolture e di 2 urinocolture eseguite su campioni prelevati a non meno di 24 ore di distanza l’uno dall’altro e dopo sospensione per 48 ore di qualsiasi trattamento antimicrobico.

Altre misure profilattiche: La vaccinazione antitifica è di valore limitato in caso di esposizione a casi conclamati, mentre può essere utile in caso di convivenza con portatori cronici.
La vaccinazione antitifica è obbligatoria per alcune categorie a rischio ( D.C.G. 2 dicembre 1926, DPR 26 marzo 1980, n° 327).
La vaccinazione è consigliata per:

  • viaggiatori diretti in zone ad elevata morbosità per febbre tifoide;
  • addetti a raccolta, allonta-namento e smaltimento dei liquami;
  • soggetti esposti nel corso di un’epidemia in comunità o in istituzioni;
  • personale di laboratorio con possibilità di frequenti contatti con S. typhi.
1 Precauzioni enteriche: uso di guanti nel caso di manipolazione o contatto con materiali contaminati e uso di grembiuli in caso di possibilità di insudiciamento, per prevenire la trasmissione di infezioni trasmesse per mezzo del contatto diretto o indiretto con le feci. Una stanza ed un bagno separati sono indicati nel caso di scarsa igiene del paziente
2 Sorveglianza sanitaria: obbligo di sottoporsi a controlli da parte dell’Autorità sanitaria, senza restrizione dei movimenti, per un periodo di tempo pari a quello massimo di incubazione della malattia.
3 Conviventi: tutti coloro che condividano con il paziente la stessa abitazione
4 Contatti stretti: soggetti che frequentino “regolarmente” (quotidianamente) il domicilio del paziente, partners sessuali, compagni di classe, colleghi di lavoro che condividano la stessa stanza, operatori sanitari esposti

 

Generalità

Il Tifo o “febbre tifoide” è una malattia infettiva batterica, sostenuta dalla Salmonella tiphy, che clinicamente si manifesta con la cosiddetta “febbre tifoide”.

Esistono forme diverse e più attenuate, sostenute dalle Salmonelle paratiphy (A e B) che si differenziano solamente per l’intensità dei sintomi e per il decorso.

Quadro Clinico del Tifo

La febbre tifoide inizia dopo un periodo di incubazione di 1-3 settimane, muto, cui seguono vari prodromi costituiti da astenia, senso di pesantezza agli arti inferiori, dolori vaghi alla muscolatura degli arti, cefalea, qualche brivido, insonnia notturna e sonnolenza diurna, a volte epistassi.

Ha inizio poi la fase febbrile del Tifo, con andamento della febbre del tutto caratteristico: quello della cosiddetta curva di Wunderlich.

La febbre ha un primo perido di ascesa, che dura una settimana, durante il quale la temperatura sale a gradini, o a “dente di sega”.

Segue un periodo di stato, in cui la temperatura si mantiene sub-continua, più o meno costante, per un’altra settimana.

La febbre termina poi con un periodo di decremento in cui la curva riproduce in forma speculare, discendendo, la forma dei primi sette giorni, ma con oscillazioni più marcate, a tipo remittente-intermittente (cosiddetto “stadio anfibolico” e cioè interpretabile con ambiguità).

Alla febbre si accompagnano disturbi a carico di tutti gli apparati, che danno nel loro insieme un quadro abbastanza tipico, capace di rendere la diagnosi facile, spesso anche su sola base clinica.

Sintomi principali

Apparato digerente

A carico apparato digerente, si ricorda la anoressia, le alterazioni del cavo orale, con labbra aride, screpolate, fuligginose; lingua impaniata, asciutta, ricoperta da_uno spesso strato di detriti con successiva disepitelizzazione (asciutta pure è la mucosa gengivale e del palato).

Si osservano a volte ulcerazioni a stampo sui pilastri; si ha meteorismo addominale con frequente presenza di gorgoglìo in sede ileocecale alla palpazione; irregolarità dell’alvo, che dopo una fase iniziale di stipsi, passa generalmente ad una diarrea con feci caratteristiche, dette «purea di piselli».

Sistema nervoso

A carico del sistema nervoso si ha il cosiddetto « stato tifoso » che ha dato il nome alla malattia (e ai fans delle squadre di calcio), uno stato cioè di ottundimento del sensorio, di stordimento con indifferenza all’ambiente e con rari momenti di apparente lucidità, nei quali il malato risponde a tono (ma che non vengono poi ricordati nella convalescenza), più raramente con confusione mentale, e movimenti involontari, soprattutto alle mani (movimenti di carfologia) o segni di ipereccitabilità neuromuscolare.

Sistema circolatorio

A carico del circolo va ricordato il polso relativamente bradicardico rispetto alla febbre, ampio, molle, spesso dicroto, e la ipotensione arteriosa.

Apparato emolinfopoietico

A carico dell’apparato emolinfopoietico, va ricordata la splenomegaìia molle che è quasi costante nella malattia, avendo una notevole importanza nella diagnosi; vanno ricordate le modificazionj del sangue periferico, consistenti in una leucopenia con linfocitosi relativa e scomparsa degli eosinofili.

Cute

A carico della cute si possono osservare generalmente, alla fine della prima settimana, elementi maculosi caratteristici, le cosiddette « roseole tifose », di colorito roseo pallido del diametro di 2-3 mm. in numero generalmente non superiore ad una decina di elementi sparsi sulla cute della faccia anteriore dell’addome, al dorso, alla radice degli arti.

Apparato urinario

A carico apparato urinario si osserva a volte una lieve albuminuria e cilindruria.

Decorso e forme cliniche

Tutti questi il sintomi compaiono sino dai primi giorni della febbre e rimangono pressoché inalterati per tutto il periodo febbrile, attenuandosi poi progressivamente sino alla scomparsa nella fase di convalescenza.

La malattia può assumere nel bambino caratteristiche diverse, con febbre meno importante e meno caratteristica, con durata inferiore alle 3 settimane, con alvo spesso stitico anziché diarroico, soprattutto con minore compromissione del sistema nervoso, in cui lo « stato tifoso » manca ed è sostituito a volte da uno stato di congestione meningea, di irritazione meningea clinicamente appariscente, a volte da riflessi trepidanti (con clono del piede).

La compromissione del circolo è minore ed è difficile osservare il dicrotismo del polso: la splenomegaìia è costante, ma non così specifica ai fini diagnostici in quanto una splenomegalia si può trovare nel bambino per altre cause infettive, anche banali; infine poco numerose e a volte atipiche per disposizione e sede sono le roseole tifose.

Forme cliniche di tipo meningitico si possono osservare peraltro anche nell’adulto così come si possono osservare forme neurotossiche con notevole interessamento del sistema nervoso, allucinazioni, stato comatoso, o ipercinesie.

Si possono osservare forme emorragiche, forme biliari, con vomito e segni di insufficienza epatica, forme colitiche (colotifo) con diarrea profusa, tenesmo, proctite.

Complicanze

Le complicanze principali della febbre tifoide sono rappresentate dalla emorragia intestinale e dalla perforazione intestinale.

Emorragia intestinale

Si osservava circa nel 5 % dei casi di febbre tifoide prima dell’era antibiotica, compare generalmente alla fine della seconda settimana.

Può essere documentata nei casi lievi solo dall’esame sistematico delle feci, mentre nei casi gravi essa è dimostrata dall’emissione massiva di sangue con le feci.

Nelle emorragie gravi si ha un’anemizzazione intensa ed una grave ipotensione, raffreddamento degli arti, lipotimia, potendosi giungere alla morte in collasso: una cospicua emorragia deve pertanto far porre delle riserve prognostiche.

Perforazione intestinale

La più temibile fra tutte le complicanze, perché porta inevitabilmente alla peritonite, compariva nel 2-3 % dei casi non trattati, nel terzo settenario, o anche più avanti nella convalescenza.

Il fenomeno è caratterizzato dalla comparsa di un dolore violento, a pugnalata, localizzato di solito nel quadrante inferiore destro dell’addome, oppure lungo la linea xifo-ombelicale, accompagnato da caduta della febbre, da aumento di frequenza del polso, da sudorazione fredda e quindi da nausea, singhiozzo, vomito, aumento del meteorismo addominale per pneumoperitoneo, con scomparsa dell’area di ottusità epatica, e dagli altri segni della peritonite.

Nei casi gravi, in soggetti con condizioni defedate e stato tossico, possono mancare i sintomi soggettivi, ed essere più difficile la diagnosi, e più infausta la prognosi per il ritardo che segue l’instaurazione della terapia.

La peritonite che segue la perforazione può essere diffusa o saccata: in questo ultimo caso la prognosi è un po’ meno severa.

Altre complicanze del Tifo

Apparato digerente

Possono essere rappresentate dalla peritonite da propagazione (senza perforazione vera e propria), dalla appendicite, dalla epatite tifica di varia gravità, a volte itterigena, raramente ascessuale, a volte accompagnata da risentimento renale con un quadro di grave epatonefrite, dalla colecistite (forma catarrale o purulenta o perforante).

Apparato respiratorio

Tra le complicanze a carico dell’apparato respiratorio vanno ricordati:

  • laringo-tifo, caratterizzato da gravi disturbi della fonazione e della respirazione e, dal punto di vista anatomo-patologico, da lesioni ulcero-necrotiche con distruzione a volte della stessa cartilagine
  • pneumo-tifo (bronco-polmoniti e polmoniti causate dalla stessa Salmonella tifosa o da altri germi, con possibilità di evoluzione ascessuale o gangrenosa, soprattutto in soggetti molto defedati); e inoltre le pleuriti, siero-fibrinose o emorragiche.

Apparato circolatorio

Tra le complicanze a carico dell’apparato circolatorio vanno ricordate la frequente miocardite, causa di disturbi del ritmo (con extrasistoli, fibrillazione atriale) e di insufficienza circolatoria, le più rare endocarditi e pericarditi, le rare arteriti, soprattutto a carico degli arti inferiori, con possibilità anche di evoluzione gangrenosa, e le più frequenti flebiti anch’esse soprattutto agli arti inferiori.

Apparato urinario

Vanno ricordate ancora le complicanze urinarie (cistiti e pielonefriti), le osteiti, soprattutto a carico delle vertebre, le artriti, le miositi, infine la rara tiroidite acuta tifosa.

Ghiandole salivari

Nell’infanzia va ricordata la complicanza parotidea, sotto forma di tumefazione, generalmente monolaterale, dolorosa, della ghiandola parotide, di consistenza duro-elastica, ricoperta da cute tesa e lucente ad evoluzione spesso purulenta.

Patogenesi del Tifo

Le salmonelle arrivano normalmente all’intestino per via gastrica, vi determinano gli eventuali primi sintomi gastroenterici locali, poi passano nei linfatici della mucosa enterica, arrivano ai linfonodi mesenterici ove si moltiplicano attivamente senza che in questa fase si abbiano lesioni del sistema linfatico intestinale.

Di qui le salmonelle possono migrare, per via retrograda, ai linfatici cutanei (determinando le roseole), e ancora per via retrograda ai follicoli linfatici intestinali e alle placche di Peyer, determinandovi le lesioni caratteristiche.

Possono anche progredire verso il dotto toracico, penetrando nel torrente circolatorio e disseminandosi ai vari organi (batteriemia), determinandovi i sintomi caratteristici a carico della milza (splenomegalia), dell’encefalo (focolai microembolici), del fegato (linfomi, infiammazione delle vie biliari da eliminazione dei germi per questa via), del rene (pieliti), dell’osso (osteomieliti), ecc.

Che buona parte (se non tutta) della sintomatologia tifosa sia dovuta alla endotossina delle salmonelle è tra l’altro dimostrato dalla possibilità di ottenere, con la somministrazione di endotossine di germi gram-negativi, fenomeni di piressia (dovuti all’azione piretogena), di leucopenia (da marginazione vasale dei leucociti), di shock (con sonnolenza, ipotensione, diarrea ed emorragie nel quadro di una « coagulopatia da consumo »).

Appare tuttavia sempre suggestivo pensare ai fenomeni che si svolgono a livello dell’apparato linfatico intestinale come all’effetto di un incontro antigene-anticorpo a quel livello, con liberazione di sostanze vasoattive, specie serotonina, di cui sappiamo essere ricca la mucosa enterica.

Diagnosi del Tifo

La diagnosi delle forme gastroenteriche di salmonellosi e di localizzazioni extra-intestinali apparentemente primitive è possibile soltanto con l’isolamento dei germi.

La diagnosi della febbre tifoide si può fare spesso su base clinica, ma deve essere sempre accertata per mezzo di esami batteriologici; questi sono rappresentati dalla coprocoltura.

Prognosi

La prognosi delle salmonellosi è molto variabile, in rapporto con le diverse forme cliniche, l’età del soggetto, la virulenza del germe; la prognosi si è comunque notevolmente modificata dopo l’avvento della terapia antibiotica che ha trasformato radicalmente il quadro clinico della febbre tifoide, riducendone la letalità dal 15 % e più a meno del 2 %.

Terapia

La terapia del tifo, che si avvaleva prevalentemente del Cloramfenicolo a dosi di 50 mg/Kg/die per via orale o di ampicillina o dell’associazione sulfametossazolo-trimetoprim (Bactrim), attualmente è basata sull’uso di antibiotici chinolonici (ciprofloxacina) e cefalosporine di III generazione (Ceftriaxone).

In particolare si sono avuti buoni risulotati con Ciprofloxacina 500 mg 2 volte al giorno per 10 giorni o con Ceftriaxone 1-2 g i.m. per 10-14 giorni.