Traumi psicologici: la Psicologia dell’Emergenza

Traumi psicologici: la Psicologia dell’Emergenza

La Psicologia dell’Emergenza è una branca della psicologia che si occupa dei traumi psicologici ed abbraccia una disciplina molto importante: “la psicotraumatologia”, ed è finalizzata alla ricerca, prevenzione ed intervento terapeutico sullo stato psicologico, emotivo e comportamentale della persona, prima, durante e in seguito agli accadimenti critici, traumatici e sconvolgenti, operando sia sul singolo caso coinvolto (sequestro di persona, scippo, furto d’auto, ecc), che sulla collettività coinvolta in quella data situazione traumatica (terremoto, maremoto, tamponamento a catena di automobili, perdita di gas, attentati terroristici, fenomeni dell’immigrazione, guerre, ecc) prendendo in questo caso il nome di “maxiemergenza”.

Quest’ultima interviene nei contesti e negli eventi fortemente influenti, tali da coinvolgere infrastrutture, istituzioni sociali e mezzi di comunicazione (news trasmesse mediante telegiornali, giornali radio e giornali online).

Purtroppo tale scienza esiste nel nostro Paese da circa un ventennio, ed è in continua fase di espansione sul piano della ricerca medico-scientifica.

Da sempre, nella storia dell’emergenza si è sempre occupati della cura delle ferite fisiche, del pronto intervento o pronto soccorso sui danni fisici che la vittima o le vittime subiscono in seguito ad un incidente (lieve o grave che sia), ponendo in secondo piano le ferite psicologiche, nonostante queste ultime risultano profonde, permanenti e più dolorose di quelle fisiche.

Non dimentichiamo che tutte le situazioni critiche e traumatiche portano con sé non solo dei danni fisici, ma anche e soprattutto quelli psichici, che perdurano nel tempo.

Infatti, ci si può guarire facilmente e in breve tempo dai danni fisici, mentre, per la guarigione dai danni psichici è necessario un lungo e costante trattamento terapeutico, e non sempre si raggiungono risultati sperati.

Qualora i traumi psicologici dovessero protrarsi per anni, c’è rischio di cronicizzazione, e in questi casi il trauma psicologico può tramutarsi in depressione, disturbo acuto da stress, disturbo indotto da stress post-traumatico, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbi di personalità e schizofrenia paranoide.

La psicotraumatologia sollecita continuamente i soccorritori ad eseguire un pronto intervento (nel contesto dell’emergenza) sullo stato psicologico ed emotivo delle vittime, e questa forma di pronto intervento prende il nome di “emergenza psicologica”.

La psicologia dell’emergenza, può essere operata anche da parte dei soccorritori, non bisogna essere per forza psicologi per ricoprire tale ruolo.

La psicologia dell’emergenza ha lo scopo di prevenire gli attacchi di panico alle persone coinvolte nella catastrofe o incidente, rafforzare i processi psicologici, emotivi e comportamentali delle vittime, prevenire l’insorgenza di shock fisici e psichici e risanare le ferite psichiche e somatiche.

L’emergenza psicologica può interessare qualsiasi fascia di età e qualsiasi fase del ciclo di vita (dall’infanzia all’età senile) che ha subito traumi psicologici irreparabili.

Essa ha il compito di offrire un supporto psico-emotivo a coloro che fanno fatica ad elaborare l’episodio traumatico e i danni subiti, e serve a ripristinare l’autostima, la fiducia in se stessi, la motivazione, l’autonomia e il self-control.

Generalmente, gli avvenimenti critici si ripercuotono notevolmente sullo stato psicologico della/e vittima/e coinvolte, provocando una menomazione psicologica e fisica sul piano sociale, familiare, lavorativa e in tante altre aree importanti della vita quotidiana, a causa dell’incapacità di adattamento (coping) e di resistenza all’evento traumatico (resilienza).

I soggetti sotto shock per i traumi psicologici subiti,  diventano suscettibili, fragili, psicologicamente ed emotivamente instabili, da perdere totalmente il controllo di sé stessi e dell’ambiente in cui sono inseriti.

La psicologia dell’emergenza presenta un carattere multidisciplinare, in cui sono coinvolti numerosi e differenti rami della psicologia che si intrecciano tra loro, dando ciascuno di essi un contributo teorico – pratico su questo importante settore psicologico.

Le discipline che si intrecciano con detta scienza sono le seguenti:

  • Psicologia del linguaggio;
  • Psicologia sociale;
  • Psicologia dello sviluppo;
  • Psicologia clinica;
  • Psicologia della comunità;
  • Psicologia sanitaria e ospedaliera.

Oltre alle discipline psicologiche, esistono anche altre aree di studio e della ricerca di grande interesse che entrano in stretta correlazione con la psicologia dell’emergenza, quali:

  • Etica;
  • Bioetica;
  • Sociologia;
  • Psicobiologia;
  • Pedagogia e Scienze dell’educazione.

Obiettivi e tecniche di intervento nei traumi psicologici

La psicologia dell’emergenza interviene nei traumi psicologici che vedono coinvolta una singola persona, come nei seguenti casi:

  • incidente stradale;
  • situazioni luttuose (perdita di un figlio, di un coniuge, di un genitore, di un fratello/sorella, di un caro amico);
  • malattie (neoplasie, cardiopatie, malattie infettive gravi, patologie epatiche,…);
  • ricoveri ospedalieri urgenti;
  • sequestro di persona;
  • stalking (essere perseguitati da genitori o dal partner);
  • scippo;
  • furto d’auto;
  • borseggio;
  • stupro;
  • maltrattamenti e percosse;
  • incuria subita durante l’infanzia;
  • violenze verbali;
  • minacce di morte;
  • abusi sessuali;
  • violenze domestiche;
  • delusioni sentimentali;
  • licenziamento e disoccupazione;
  • violenze psicologiche;
  • violenze economiche;
  • violenze sessuali.

Mentre, la psicologia della maxiemergenza interviene quando vede coinvolta una folta moltitudine di persone, come nei seguenti casi:

  • calamità naturali: terremoto, maremoto;
  • tamponamento a catena di automobili;
  • crollo di un palazzo e perdita di gas in un appartamento;
  • attentati terroristici (molto frequenti nell’ultimo ventennio);
  • epidemie virali;
  • fenomeni dell’immigrazione;
  • guerre civili, guerre tra stati e genocidi (le guerre sono causa di traumi psicologici, nevrosi da guerra, ansia, crisi depressive, bipolarismo,…).

La legge n° 225 del 24 febbraio 1992 (articoli 2 – 5) contrassegna tre tipologie di incidenti, in cui variano per ciascuna di esse le modalità di emergenza e di intervento da attuare:

  • Incidenti semplici: (incendi nelle palazzine, incidenti stradali, ecc), intervengono solo le compagnie di soccorso territoriali e le forze dell’ordine;
  • Incidenti catastrofici: (attentati terroristici ed eventi bellici), coinvolgono le compagnie di soccorso territoriale, infrastrutture ed istituzioni sociali, giuridiche, comunali, sanitarie, ambientali e mezzi di comunicazione (TG radio e televisione);
  • Incidenti complessi: (tamponamento a catena di automobili, esplosioni in autobus o treni, rapina mano armata in banca con presenza di ostaggi, ecc), intervengono non solo le compagnie di soccorso territoriali, ma anche gli enti pubblici ed amministrativi.

Gli obiettivi della psicologia dell’emergenza sono molteplici.

Elenchiamoli ed analizziamoli:

  • disamina delle cause scatenanti la situazione di emergency: basso ceto sociale, povertà, malasanità, eventi luttuosi, psicopatologie, …;
  • disamina delle circostanze che possano incidere sulla mutevolezza delle reazioni dei singoli casi e collettivi: capacità di resilienza e di coping, tratti della personalità, capacità di interazione ed integrazione sociale, …;
  • disamina delle dinamiche organizzative del pronto intervento e dei compiti dei soccorritori coinvolti nella gestione degli eventi critici;
  • indagine diagnostica sulle conseguenze dei traumi psicologici nell’area psichica – emotiva – comportamentale, attraverso l’impiego di metodi di psicodiagnostica applicate alle vittime, analizzando anche la validità degli interventi di soccorso;
  • promuovere attendibili mezzi comunicativi di divulgazione pubblica per porre in stato di allerta la collettività a rischio coinvolta in una specifica situazione critica, ad esempio: ordinare l’evacuazione dell’intera zona o paese, per salvaguardare l’incolumità delle vittime interessate.

Le tecniche e i mezzi di intervento più applicati nei contesti critici di emergenza sono i seguenti:

  • fornire un tempestivo supporto cognitivo ed emotivo ai traumi psicologici;
  • eseguire una diagnosi dello stress acuto, prevenzione del disturbo da stress post-traumatico (PTSD) e di burn-out;
  • agevolare l’accesso ai servizi psicologici specialistici;
  • fornire una adeguata formazione educativa e psicosociale ai soccorritori;
  • rivolgere una particolare attenzione alle donne, fanciulli, adolescenti, disabili, anziani e a coloro che sono affetti da lievi e gravi psicopatologie, per prevenire il panico;
  • favorire la capacità di problem solving e di decision making per poter fronteggiare e reagire alla situazione traumatica;
  • eseguire il counselling individuale, di gruppo, familiare, partecipare ai gruppi di auto-aiuto e fare alcune sedute di psicoterapia;
  • impiego di strumenti quantitativi psicodiagnostici (test proiettivi di personalità e questionari) e qualitativi (osservazione, colloqui clinici, interviste, focus group, …).

I compiti della psicologia dell’emergenza

La figura professionale dello psicologo dell’emergenza (in inglese: Disaster Psychologist oppure Emergency Psychologist) opera all’interno del sistema di gestione delle emergenze che coinvolge un’equipe di differenti professionisti (medici, infermieri, operatori del 118), istituzioni sociali, giudiziarie ed amministrative (forze dell’ordine, vigili del fuoco, polizia di stato, Croce Rossa, carabinieri, protezione civile) ed organizzazioni di volontariato (OER: Operatori Emergenza Radio).

Lo psicologo dell’emergency ha lo scopo di fornire un adeguata collaborazione professionale per assistere le persone coinvolte nell’incidente, ed osservare le loro reazioni psichiche e comportamentali per pianificare insieme all’equipe interventi validi e prolungati per la terapia dei traumi psicologici.

I compiti del soccorritore nell’emergenza

Le reazioni psico-emotive che il soccorritore riporta a primo impatto con l’avvenimento critico e a primo contatto con le vittime, sono le seguenti:

  • Stato di allerta e di panico: le prime reazioni del soccorritore sono: ansia, panico, impotenza, terrore, incapacità di gestione della situazione (specialmente quando è coinvolta una folta moltitudine di persone come nei casi attuali di terrorismo), inquietudine, rabbia, angoscia e tristezza, o al contrario, il soccorritore può restare immobilizzato dinanzi a tale disastro;
  • Sollecitare altri operatori del soccorso: il soccorritore interpella altri operatori ad intervenire (medici, infermieri, operatori del 118), istituzioni sociali, giudiziarie ed amministrative (forze dell’ordine, vigili del fuoco, polizia di stato, Croce Rossa, carabinieri, protezione civile) ed organizzazioni di volontariato (OER: Operatori Emergenza Radio), a ripristinare il controllo della situazione e la gestione del panico e della paura delle persone coinvolte nei traumi psicologici;
  • Intervento: fornire un tempestivo supporto cognitivo ed emotivo, allo scopo di prevenire la comparsa del disturbo da stress post-traumatico (PTSD) e della sindrome di burn-out, rivolgere una particolare attenzione alle donne, fanciulli, adolescenti, disabili, anziani e a coloro che sono affetti da lievi e gravi psicopatologie, per prevenire il panico, ed a favorire la capacità di problem solving e di decision making per poter fronteggiare e reagire alla situazione traumatica.

Qualora il soccorso risultasse efficace, la vittima può provare gioia, spensieratezza ed esultanza.

Se il soccorso risultasse inefficace, allora la vittima proverà tristezza, angoscia, avvilimento, amarezza, sconforto e frustrazione;

  • Riassestamento e relax: ha lo scopo di ripristinare il normale funzionamento sociale, scolastico, familiare, lavorativo e in tante altre aree importanti della routine quotidiana.

Come già preannunciato, i soccorritori possono provare le medesime sensazioni, percezioni ed emozioni provate dalle vittime degli incidenti.

I malesseri psicologici e fisici provati dai soccorritori possono rischiare di trasformarsi in patologie organiche e in psicopatologie.

Anche i soccorritori possono contrarre le seguenti patologie:

  • disturbi d’ansia e bipolari;
  • disturbi del sonno;
  • agitazione psico-motoria;
  • disturbi cognitivi;
  • disturbi comportamentali;
  • sensi di colpa (specie se il soccorso non è andato a buon fine);
  • irrequietezza;
  • mortificazione;
  • demoralizzazione;
  • delusione;
  • inquietudine;
  • angoscia;
  • frustrazione;
  • suscettibilità;
  • crisi depressive;
  • tossicomanie;
  • tabagismo;
  • anedonia (perdita qualsiasi forma di interesse e di piacere, addirittura si perde la voglia e il piacere di vivere);
  • abulia (perdita della volontà);
  • deliri;
  • disturbi dissociativi.

Generalità dei traumi psicologici

I traumi psicologici consistono in una reazione psichica dettata dall’esposizione ad un evento vissuto, emotivamente coinvolgente da procurare un profondo stato di dolore psicologico, di malessere psicosomatico e uno stato alterato di coscienza, generando una dissociazione tra il sé e la realtà circostante.

Secondo l’etimologia della parola il concetto di trauma deriva dalla lingua greca e significa: “lesione”, e il trauma psicologico rappresenta una lesione o ferita profonda psicologica, che necessita di adeguato supporto e sostegno psicoterapico, o meglio, della terapia del dolore psicologico.

Qualora il trauma psicologico non venisse superato entro tempi brevi, può tramutarsi in disturbi neurologici e psicopatologie, quali: depressione, bipolarismo, insonnia, incubi notturni, amnesia, flashback, disturbi d’ansia, disturbo borderline di personalità, ecc.

Nel casi gravi in cui il trauma psicologico tende a protrarsi per lunghi periodi darà luogo ad un disturbo psichiatrico, che colpisce pressappoco il 10% della popolazione generale, chiamato: “Disturbo da stress post – traumatico”, l’acronimo è PTSD.

Generalità del Disturbo da stress post-traumatico (PTSD)

Il Disturbo da stress post – traumatico rientra nella categoria dei disturbi d’ansia del DSM IV Tr (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali quarta edizione text revision), classificando nel seguente modo i relativi criteri diagnostici:

Criterio A: Aver vissuto un evento o eventi critici che abbiano implicato morte, minacce di morte e ferite psicologiche che influiscono sulla incolumità fisica e psichica.

Le reazioni consistono in terrore e disperazione.

Criterio B: L’evento traumatico viene rivissuto frequentemente nei seguenti modi:

  • ricordi tristi, ossessivi ed intrusivi dell’evento, che includono immagini e pensieri;
  • incubi notturni ricorrenti dell’evento;
  • reagire come se l’evento traumatico si stesse ripresentando;
  • malessere psicologico scatenato dall’esposizione a fattori interni o esterni che sono simili a qualche aspetto dell’evento traumatico;
  • malessere somatico scatenato dall’esposizione a fattori interni o esterni che sono simili a qualche aspetto dell’evento traumatico.
  • Criterio C: Schivare insistentemente gli stimoli associati al trauma, ricorrendo ai seguenti meccanismi di evitamento:
  • scacciare pensieri collegati al trauma;
  • scacciare luoghi e persone che rimandano all’evento traumatico;
  • oblio circa alcuni tratti fondamentali del trauma;
  • anedonia e abulia;
  • comportamento asociale;
  • anafettività (blocco affettivo verso gli altri);
  • calo di prospettive future, tipico della sindrome depressiva.

Criterio D: Presenza di almeno due dei seguenti sintomi insistenti post – traumatici:

  • insonnia o sonno disturbato;
  • suscettibilità e vulnerabilità;
  • difficoltà a mantenere la concentrazione;
  • continuo stato di allerta.

Criterio E: La durata del disturbo deve superare 30 gg.

Criterio F: Il disturbo provoca una compromissione del normale funzionamento sociale, scolastico, familiare, lavorativo e in tante altre aree importanti.

Per concludere, va sottolineato che il PTSD può essere:

  • acuto: durata dei sintomi al di sotto dei 3 mesi;
  • cronico: durata dei sintomi al di sopra dei 3 mesi;
  • ritardato: i sintomi emergono 6 mesi dopo l’evento traumatico.

Ripercussioni dei traumi psicologici

Le ripercussioni procurate dai traumi psicologici sono le seguenti:

  • disturbi d’ansia e bipolari;
  • agitazione psico-motoria;
  • irrequietezza;
  • inquietudine;
  • suscettibilità;
  • crisi depressive;
  • tossicomanie;
  • anedonia (perdita qualsiasi forma di interesse e di piacere, addirittura si perde la voglia e il piacere di vivere);
  • abulia (perdita della volontà);
  • bizzarria verbale e comportamentale;
  • deliri;
  • allucinazioni;
  • disturbi dissociativi.

La psicologia della vittima

I soggetti sotto shock diventano suscettibili, fragili, psicologicamente ed emotivamente instabili da perdere totalmente il controllo di sé e dell’ambiente circostante, riportando senso di smarrimento e disorientamento spazio-temporale.

Le reazioni emotive (ansia, angoscia, umore altalenante, tristezza, scoraggiamento, disperazione, avvilimento, terrore, rabbia, irascibilità) si amplificano e si verifica una perdita della capacità di comprensione dei suggerimenti e dei consigli offertagli dai soccorritori e dalle persone care e più vicine in quel momento delicato.

Pertanto, esiste una classificazione in cui sono distinti sei tipi di vittime di catastrofi e disastri di qualsiasi genere e natura, che esigono tutti di un sostegno psicologico, nessuno escluso:

  • Vittime primarie: persone estratte dalle macerie;
  • Vittime secondarie: familiari dei defunti e dei sopravvissuti;
  • Vittime terziarie: soccorritori e forze dell’ordine;
  • Vittime di quarto tipo: residenti della zona o del quartiere in cui è accaduto l’incidente;
  • Vittime di quinto tipo: soggetti che dopo aver ricevuto la cattiva notizia provano un malessere psicologico;
  • Vittime di sesto tipo: soggetti che hanno rischiato di essere coinvolti anch’essi in quella situazione critica, ma sono riusciti a scampare in tempo.

Numerose vittime sono affette da stress peritraumatico, che consiste in un complesso di malesseri psicologici provati durante e dopo l’incidente subito, provocando una totale compromissione del normale funzionamento sociale, familiare, lavorativo e in tante altre aree importanti della vita quotidiana.

I bisogni delle vittime

I bisogni delle vittime devono essere soddisfatti dallo psicologo dell’emergenza e dai soccorritori.

Tra i bisogni più comuni ritroviamo:

  • necessità di aiuto, supporto e sostegno emotivo, cognitivo, psicologico, morale e comportamentale;
  • necessità di empatia da parte di coloro che si prendono cura delle vittima;
  • bisogno di ricevere consolazione ed affetto;
  • bisogno di essere ascoltati;
  • bisogno di parlare a lungo ed esternare il dolore e la sofferenza aiuta a sfogarsi, e a liberarsi dal malessere covato dentro di sé;
  • bisogno di essere chiamati per nome e di essere dati del “tu” e no del “lei” che è sinonimo di distacco;
  • bisogno di essere guardati negli occhi;
  • bisogno di essere circondati dagli affetti delle persone più care;
  • bisogni motivazionali;
  • sentirsi rassicurati che non si è soli ad affrontare quella specifica situazione;
  • intenso bisogno di riprendere a vivere la vita normalmente, gettandosi alle spalle ciò che accaduto.

Tecniche di trattamento

Esistono svariate tecniche efficaci per il trattamento delle vittime di traumi psichici, ovvero:

  • Approccio psicodinamico;
  • Psicoterapia familiare, di gruppo e partecipazione ai gruppi di auto –aiuto;
  • Counselling;
  • Musicoterapia;
  • Tecniche di relax;
  • Terapia ipnotica oppure l’autoipnosi;
  • Approccio cognitivo-comportamentale.

L’approccio cognitivo-comportamentale impiega due mezzi terapeutici:

  • Defusing: tecnica rivolta al gruppo di persone che hanno vissuto il medesimo evento traumatico, e consiste nel lasciare libero spazio a ciascun membro del gruppo di narrare tutto ciò che hanno visto, provato e udito durante l’esperienza.I soggetti coinvolti esternano tutte le emozioni, sensazioni, percezioni e sentimenti provati durante l’avvenimento, e tale tecnica ha lo scopo di ridurre il distacco sociale, e di favorire l’integrazione di ciascun soggetto a tale gruppo.

Trattasi di una tecnica applicata nei gruppi di auto-aiuto, che non necessita della presenza di uno psicologo, ma essa è finalizzata ad un confronto diretto tra più persone che hanno in comune lo stesso vissuto critico e traumatico, e rappresenta un mezzo per condividere le emozioni, il dolore, la sofferenza e il malessere che tale vissuto ha lasciato nella mente e nell’animo delle vittime.

E’ stato sperimentato che tale approccio aiuta a rafforzare e consolidare la sfera psichica, emotiva ed affettiva;

Debriefing: tecnica rivolta al gruppo di persone che hanno vissuto il medesimo evento traumatico, ed è applicata da una o più figure specializzate nell’emergenza allo scopo di rafforzare e consolidare la sfera psichica, emotiva ed affettiva.

La precedente tecnica viene impiegata nei gruppi di auto-aiuto, mentre, la presenta tecnica viene utilizzata nelle terapie di gruppo guidate dalla figura dello psicologo, assistente sociale e altri operatori.

Tale procedura è stata applicata alle vittime dell’attentato terroristico alle Twin Towers a New York l’11 settembre 2001.

NB: Le risposte della nostra psiche ad un avvenimento critico sono sempre naturali, ma l’avvenimento critico in sé (di qualsiasi natura e genere) non è mai naturale!

La reazione della mente umana varia da soggetto a soggetto, da uomo o donna che sia, giovane o adulto o anziano, ogni individuo agisce e reagisce in maniera differente alla situazione avversa e stressogena.

BIBLIOGRAFIA

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