Integrilin: è un farmaco sicuro? Come funziona?

Integrilin 0,75 mg/ml soluzione per infusione (Eptifibatide): sicurezza e modo d’azione

Integrilin 0,75 mg/ml soluzione per infusione (Eptifibatide) è un farmaco che serve per curare le seguenti malattie:

INTEGRILIN deve essere utilizzato con acido acetilsalicilico ed eparina non frazionata.

INTEGRILIN è indicato per la prevenzione di infarti del miocardio in fase iniziale in soggetti adulti affetti da angina instabile o infarto del miocardio non Q che abbiano avuto l’ultimo episodio di dolore toracico nelle ultime 24 ore, e con modifiche dell’elettrocardiogramma (ECG) e/o valori degli enzimi cardiaci superiori alla norma.

I pazienti che possono più probabilmente ottenere un beneficio dal trattamento con INTEGRILIN sono quelli ad alto rischio di sviluppare infarto del miocardio entro i primi 3-4 giorni dalla comparsa dei sintomi di angina acuta, includendo per esempio quelli che potrebbero essere sottoposti ad una PTCA precoce (Angioplastica Coronarica Percutanea Transluminale) (vedere paragrafo 5.1).

Integrilin 0,75 mg/ml soluzione per infusione: come funziona?

Ma come funziona Integrilin 0,75 mg/ml soluzione per infusione? Qual è il suo esatto meccanismo d’azione? Su quali organi del corpo agisce? Vediamolo insieme.

Farmacodinamica di Integrilin 0,75 mg/ml soluzione per infusione

Categoria farmacoterapeutica: agente antitrombotico (inibitori della aggregazione piastrinica eparina esclusa), codice ATC: B01AC16

Meccanismo d’azione

Eptifibatide, un eptapeptide ciclico sintetico contenente 6 aminoacidi, inclusi una cisteina amide e un residuo mercaptopropionilico (desamino cisteinil), è un inibitore dell’aggregazione piastrinica e appartiene alla classe degli RGD (arginina-glicina-aspartato) – mimetici.

Eptifibatide inibisce in maniera reversibile l’aggregazione piastrinica ostacolando il legame con il fibrinogeno, il fattore di von Willebrand e gli altri ligandi i recettori glicoproteici (GP) IIb/IIIa.

Effetti farmacodinamici

Eptifibatide inibisce l’aggregazione piastrinica in maniera dose e concentrazione dipendente, come dimostrato dall’aggregazione delle piastrine prodotta ex-vivo con l’impiego di adenosina difosfato (ADP) e altri agonisti che inducono aggregazione piastrinica. L’attività di eptifibatide si osserva immediatamente dopo la somministrazione di un bolo endovenoso pari a 180 microgrammi/Kg.

Quando seguito da un’infusione continua pari a 2,0 microgrammi/Kg/min, questo regime posologico determina un’inibizione della aggregazione piastrinica indotta ex vivo dall’ADP > 80 %, a concentrazioni fisiologiche di calcio, in più dell’80 % dei pazienti.

L’inibizione delle piastrine è rapidamente reversibile con un ritorno ai valori basali di funzionalità piastrinica (> 50 % di aggregazione piastrinica), entro 4 ore dal termine dell’infusione continua di 2,0 microgrammi/Kg/min. La misurazione dell’aggregazione piastrinica indotta

ex vivo

da ADP a concentrazioni fisiologiche di calcio (D-fenilalanil-L-prolil-L-arginina clorometil chetone anticoagulante) in pazienti affetti da angina instabile o infarto del miocardio non Q, ha evidenziato un’inibizione concentrazione-dipendente con una IC50 (50 % della concentrazione inibente) di circa 550 ng/ml e una IC80 (80 % della concentrazione inibente) di circa 1.100 ng/ml.

Esistono dati limitati circa l’inibizione piastrinica nei pazienti con compromissione renale. Nei pazienti con compromissione renale moderata, (clearance della creatinina 30 – 50mL/min) il 100% di inibizione è stato raggiunto 24 ore dopo la somministrazione di 2 microgrammi/Kg/min. Nei pazienti con compromissione renale grave (clearance della creatinina <30mL/min), l’80% di inibizione è stato ottenuto in oltre l’80% dei pazienti a 24 ore dalla somministrazione di 1 microgrammo/Kg/min.

Efficacia clinica e sicurezza

Studio PURSUIT

Lo studio pivotal per la valutazione dell’efficacia di eptifibatide nell’Angina Instabile (UA) e nell’Infarto Miocardico non Q (NQMI), è stato denominato PURSUIT. Questo studio in doppio cieco, randomizzato, controllato verso placebo, ha coinvolto 726 centri in 27 paesi includendo 10.948 pazienti affetti da UA o NQMI. I pazienti potevano essere arruolati solo se presentavano ischemia cardiaca a riposo (? 10 minuti) entro le precedenti 24 ore e presentavano:

o modifiche del tratto ST o depressione del tratto ST ? 0,5 mm o inferiore ai 30 minuti o un persistente sopraslivellamento del tratto ST > 0,5 mm non richiedente una terapia di riperfusione o la somministrazione di trombolitici o un’inversione dell’onda T (? 1 mm);

un aumento di CK-MB.

I pazienti sono stati randomizzati a placebo o eptifibatide 180 microgrammi/Kg in bolo seguito da un’infusione continua di 2,0 microgrammi/Kg/min (180/2,0) o eptifibatide 180 microgrammi/Kg in bolo seguito da un’infusione continua di 1,3 microgrammi/Kg/min (180/1,3). L’infusione è stata continuata fino a dimissione dall’ospedale, effettuazione di un by-pass coronarico (CABG) o fino ad un massimo di 72 ore, a seconda di quale evenienza si fosse presentata per prima. Se veniva effettuata una PCI, l’infusione di eptifibatide veniva continuata per 24 ore dopo la procedura per una durata totale dell’infusione di 96 ore.

Il trattamento del gruppo con la dose corrispondente a 180/1,3, è stato interrotto dopo un’analisi intermedia, peraltro già pre-specificata nel protocollo, allorché i due gruppi di trattamento sembravano avere un’incidenza di sanguinamento sovrapponibile.

I pazienti erano trattati in base ai normali criteri terapeutici del relativo centro di sperimentazione; la frequenza di angiografie, di PCI e CABG, variavano ampiamente da centro a centro e da paese a paese. Dei pazienti inclusi nel PURSUIT il 13 % è stato sottoposto a PCI durante l’infusione di eptifibatide; di questi approssimativamente il 50 % ha ricevuto l’impianto di uno stent coronarico.

L’87 % dei pazienti inclusi nello studio ha ricevuto solo terapia medica (senza PCI durante l’infusione di eptifibatide).

La grande maggioranza dei pazienti ha ricevuto acido acetilsalicilico (75-325 mg una volta al giorno). L’eparina non frazionata è stata somministrata per via endovenosa o sottocutanea a discrezione del medico, più comunemente alla dose di 5.000 U in bolo endovenoso seguito da un’infusione continua di

1.000 U/h. Veniva normalmente raccomandato il raggiungimento di un valore di aPTT di 50- 70 secondi. Un totale di 1.250 pazienti sono stati sottoposti a PCI entro le 72 ore dopo la randomizzazione, nel caso specifico essi sono stati trattati con eparina non frazionata al fine di mantenere un tempo di coagulazione attivato (ACT) di 300-350 secondi.

L’endpoint primario dello studio è stato il numero di morti per qualsiasi causa o nuovi infarti del miocardio (MI) (valutati in cieco da un Comitato per gli Eventi Clinici) entro 30 giorni dalla randomizzazione. La componente MI potrebbe essere definita come asintomatica con aumento dei livelli enzimatici di CK-MB o una nuova onda Q.

Rispetto al placebo, eptifibatide alla dose 180/2,0, ha significativamente ridotto l’incidenza di eventi individuati come endpoint primari (tabella 1); questo rappresenta circa 15 eventi evitati per

1.000 pazienti trattati:

Tabella 1
Incidenza di eventi fatali/MI valutati dal CEC (Analisi per trattamento effettivamente eseguito)
Tempo Placebo Eptifibatide Valore di p
30 giorni 743/4.697 (15,8 %) 667/4.680 (14,3 %) 0,034a
a: Test del chi-quadro di Pearson di differenza tra placebo ed eptifibatide.

I risultati relativi agli endpoint primari sono stati principalmente attribuibili all’insorgenza di infarti del miocardio.

La riduzione nell’incidenza degli eventi considerati come endpoint nei pazienti trattati con eptifibatide, era evidente precocemente durante il trattamento (entro le prime 72-96 ore) e questa riduzione era mantenuta nei successivi 6 mesi senza nessun effetto significativo sulla mortalità.

I pazienti che più probabilmente possono beneficiare del trattamento con eptifibatide, sono quelli ad elevato rischio di sviluppare infarto del miocardio entro i primi 3-4 giorni dalla comparsa dei sintomi di angina acuta.

In accordo ai risultati epidemiologici una incidenza maggiore di eventi cardiovascolari è stata associata ad alcuni indicatori quali:

età,

elevata frequenza cardiaca o ipertensione,

persistente o ricorrente dolore ischemico,

marcate modifiche dell’ECG (in particolare anormalità del tratto ST),

elevazione dei marker o degli enzimi cardiaci (per esempio CKMB, troponine),

insufficienza cardiaca.

Studio ESPRIT

Lo studio ESPRIT (Enhanced Suppression of the Platelet IIb/IIIa Receptor with eptifibatide Therapy) era uno studio in doppio cieco, randomizzato, controllato verso placebo (n = 2.064) relativo a PCI non urgente con posizionamento di stent intracoronarico.

Tutti i pazienti ricevevano il trattamento standard e venivano randomizzati a placebo o a eptifibatide (due boli endovenosi di 180 microgrammi/Kg e infusione continua fino alla dimissione dall’ospedale o fino ad un massimo di 18-24 ore).

Il primo bolo e l’infusione venivano iniziati contemporaneamente, immediatamente prima dell’inizio della PCI, ed erano seguiti da un secondo bolo a 10 minuti dal primo. La velocità di infusione era di 2,0 microgrammi/Kg/min nei pazienti con creatinina sierica ? 175 micromoli/l o di

1,0 microgrammi/Kg/min in caso di creatinina sierica > 175 fino a 350 micromoli/l.

Nel braccio eptifibatide dello studio, virtualmente tutti i pazienti hanno ricevuto contemporaneamente aspirina (99,7 %) e il 98,1 % una tienopiridina (clopidogrel nel 95,4 % e ticlopidina nel 2,7 %). Nel giorno della PCI prima del cateterismo, il 53,2 % dei pazienti ha ricevuto una tienopiridina (clopidogrel nel 52,7 % e ticlopidina nello 0,5 % dei casi) ? principalmente come dose di carico

(300 mg o più). Il braccio placebo era comparabile (aspirina 99,7 %, clopidogrel 95,9 %, ticlopidina 2,6 %).

Nello studio ESPRIT è stato utilizzato un regime posologico semplificato per l’eparina durante la PCI che consisteva in un bolo iniziale di 60 unità/Kg, con un valore di riferimento dell’ACT di 200 –

300 secondi. L’endpoint primario dello studio era: morte (D), infarto del miocardio (MI), rivascolarizzazione urgente del vaso interessato (UTVR) e terapia antitrombotica di salvataggio a breve termine con inibitore GP IIb/IIIa (RT), entro 48 ore dalla randomizzazione.

L’infarto miocardico è stato identificato sulla base di criteri di CK-MB del laboratorio centralizzato. Per questa diagnosi, entro le 24 ore successive la procedura di PCI, dovevano essere presenti almeno due valori di CK-MB ? 3 volte il limite superiore della norma; in questo caso la validazione da parte del CEC non era richiesta. L’infarto del miocardio poteva anche essere segnalato a seguito di una attribuzione da parte del CEC di una segnalazione di uno sperimentatore.

L’analisi dell’endpoint primario [endpoint combinato quadruplo di morte, infarto del miocardio, rivascolarizzazione urgente del vaso interessato (UTVR) e trombolisi bail-out (di salvataggio) a

48 ore] ha dimostrato nel gruppo eptifibatide una riduzione relativa del 37 % ed una riduzione assoluta del 3,9 % (6,6 % di eventi vs. 10,5 %, p=0,0015). I risultati relativi all’endpoint primario sono stati attribuiti principalmente alla riduzione dell’incidenza dell’infarto miocardico enzimatico, definito come il verificarsi di una elevazione precoce degli enzimi cardiaci dopo la PCI (80 su 92 infarti del miocardio nel gruppo placebo vs. 47 su 56 infarti del miocardio nel gruppo dell’eptifibatide). La rilevanza clinica di questi infarti miocardici enzimatici è tuttora controversa.

Risultati simili sono stati ottenuti anche per gli endpoint secondari valutati a 30 giorni: endpoint combinato triplice di morte, infarto miocardio e UTVR, e la combinazione clinicamente più importante di morte ed infarto miocardico.

La riduzione dell’incidenza degli eventi endpoint nei pazienti trattati con eptifibatide si è verificata precocemente durante il trattamento. Non si è manifestato alcun ulteriore beneficio successivamente, fino ad un anno.

Prolungamento del tempo di sanguinamento

La somministrazione di eptifibatide in bolo ed infusione endovenosa, causa un aumento di 5 volte del tempo di sanguinamento. Questo aumento è rapidamente reversibile in seguito alla sospensione dell’infusione con un ritorno del tempo di sanguinamento ai valori basali in circa 6 (2-8) ore. Quando somministrato da solo, eptifibatide non ha un effetto misurabile sul tempo di protrombina (PT) o sul tempo di tromboplastina parziale attivata (aPTT).

Studio EARLY-ACS

EARLY ACS (Early Glycoprotein IIb/IIIa inhibition in Non-ST-segment Elevation Acute Coronary Syndrome) è uno studio sull’utilizzo di routine precoce di eptifibatide vs placebo (con somministrazione ritardata di eptifibatide nel laboratorio di emodinamica) usato in associazione con terapie antitrombotiche (ASA, UFH, bivalirudina, fondaparinux o eparine a basso peso molecolare), in soggetti ad elevato rischio di Sindrome Coronarica Acuta (ACS) senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTE). I pazienti erano stati sottoposti a strategia invasiva per ulteriore trattamento, dopo aver ricevuto la terapia farmacologia in studio per un periodo di tempo dalle 12 alle 96 ore. I pazienti potevano essere trattati con terapia medica, essere sottoposti ad intervento di bypass aorto-coronarico (CABG), oppure ad intervento di riperfusione coronaria (PCI). Diversamente dalla posologia tuttora approvata in EU, nello studio è stato utilizzato un doppio bolo del farmaco in studio (a 10 minuti di distanza un bolo dall’altro) prima dell’infusione.

Il trattamento di routine precoce con eptifibatide in questa popolazione ad alto rischio per NSTE-ACS che era trattata in modo ottimale con una strategia invasiva non ha provocato una riduzione statisticamente significativa dell’endpoint composito primario di tasso di morte, infarto miocardico, RI-UR, e TBO entro 96 ore rispetto ad un regime di terapia con somministrazione ritardata di eptifibatide (9,3% nei pazienti eptifibatide precoce vs 10,0% nei pazienti assegnati ad eptifibatide con somministrazione ritardata; odds ratio = 0,920; 95% CI = 0,802-1,055, p = 0,234).

Sanguinamento grave/con pericolo di vita (secondo la classificazione sviluppata da Global Use of Strategies To Open coronary arteries (GUSTO) investigators) è risultato non comune e comparabile nei due gruppi di trattamento (0,8%). Sanguinamento moderato o grave/con pericolo di vita (secondo la classificazione sviluppata da Global Use of Strategies To Open coronary arteries (GUSTO) investigators) si è verificato in modo significativo più frequentemente nel gruppo con la somministrazione di routine precoce di eptifibatide (7,4% vs 5,0% nel gruppo eptifibatide con somministrazione ritardata; p<0,001). Simili differenze sono state osservate per le emorragie maggiori TIMI (secondo la classificazione Thrombolysis in Myocardial Infarction (TIMI)) (118 [2.5%] nella routine precoce rispetto il [1.8%] 83 nell’utilizzo ritardato, p = 0,016).

Nessun beneficio statisticamente significativo della strategia di utilizzo precoce di eptifibatide è stato dimostrato nel sottogruppo di pazienti che erano stati trattati medicalmente o durante il periodo di gestione medica antecedente alla PCI o al CABG.

In un’analisi post hoc dello studio EARLY ACS il bilancio del rischio/beneficio della riduzione della dose nei pazienti con compromissione renale moderata non è da considerarsi conclusivo. Il tasso di eventi dell’endpoint primario è stato pari a 11,9% nei pazienti trattati con una dose ridotta (1 microgrammo/Kg/min) vs 11,2% nei pazienti trattati con la dose standard (2 microgrammi/Kg/min) quando eptifibatide è stata somministrata secondo la modalità di routine precoce (p = 0,81). Con un ritardo temporaneo nella somministrazione di eptifibatide, l’incidenza degli eventi è stata del 10% vs 11,5% nei pazienti trattati con dose ridotta e dose standard, rispettivamente (p = 0,61). Il sanguinamento maggiore TIMI si è verificato nel 2,7% dei pazienti trattati con una dose ridotta (1 microgrammo/Kg/min) vs 4,2% dei pazienti trattati con la dose standard (2 microgrammi/Kg/min) in cui eptifibatide è stata somministrata secondo la modalità di routine precoce (p = 0,36). Con ritardo temporaneo nella somministrazione di eptifibatide, i maggiori eventi TIMI sono stati 1,4% vs 2,0% nei pazienti trattati con dose ridotta e dose standard, rispettivamente (p = 0,54). Non sono state osservate differenze significative nei tassi di grave sanguinamento considerando la classificazione sviluppata da Global Use of Strategies To Open coronary arteries (GUSTO) investigators.


Integrilin 0,75 mg/ml soluzione per infusione: come si assorbe e si elimina?

Abbiamo visto qual è il meccanismo d’azione di Integrilin 0,75 mg/ml soluzione per infusione, ma è altrettanto importante conoscere in quanto tempo viene assorbito dall’organismo per capire quanto tempo il farmaco impiegherà ad agire, attraverso quali vie viene eliminato (ad esempio fegato o reni) per sapere quali organi va ad impegnare e, per ultimo, in quanto tempo viene eliminato per avere idea di quando non avremo più il farmaco nell’organismo.

Tutte queste informazioni sono indicate nel paragrafo “Farmacocinetica” che segue.

Farmacocinetica di Integrilin 0,75 mg/ml soluzione per infusione

La farmacocinetica di eptifibatide è lineare e dose proporzionale per dosi in bolo comprese nel range da 90 a 250 microgrammi/Kg e per una velocità di infusione da 0,5 a 3,0 microgrammi/Kg/min.

A seguito di un’infusione di 2,0 microgrammi/Kg/min, le concentrazioni di eptifibatide allo steady- state, variano da 1,5 a 2,2 microgrammi/ml in pazienti con coronaropatie. Queste concentrazioni plasmatiche si raggiungono rapidamente quando l’infusione è preceduta da un bolo di

180 microgrammi/Kg. Il grado di legame di eptifibatide alle proteine plasmatiche umane è di circa il 25 %. Nella stessa popolazione, l’emivita di eliminazione plasmatica è approssimativamente 2,5 ore; la clearance plasmatica varia da 55 a 80 ml/Kg/ora e il volume di distribuzione varia approssimativamente da 185 a 260 ml/Kg.

Nei volontari sani, l’escrezione renale è circa il 50 % della clerance totale; approssimativamente il 50 % della quantità eliminata viene escreta immodificata.

In pazienti con insufficienza renale di entità da moderata a grave (clearence creatinina < 50 ml/min), la clearence dell’eptifibatide è ridotta di circa il 50% e i livelli plasmatici allo stato stazionario (steady state) sono all’incirca raddoppiati.

Non sono stati condotti studi specifici di interazioni farmacocinetiche. Comunque, nei pazienti inclusi negli studi di farmacocinetica, non sono state osservate interazioni cinetiche tra eptifibatide e le seguenti sostanze somministrate concomitantemente: amlodipina, atenololo, atropina, captopril, cefazolina, diazepam, digossina, diltiazem, difenidramina, enalapril, fentanyl, furosemide, eparina, lidocaina, lisinopril, metoprololo, midazolam, morfina, nitrati, nifedipina e warfarin.


Integrilin 0,75 mg/ml soluzione per infusione: è un farmaco sicuro?

Abbiamo visto come Integrilin 0,75 mg/ml soluzione per infusione agisce e come si assorbe e si elimina; ma come facciamo a sapere se Integrilin 0,75 mg/ml soluzione per infusione è un farmaco sicuro?

Prima di tutto è necessario leggere quali sono i dati sulla sicurezza che vengono riportati nella scheda tecnica del farmaco.

Si tratta di dati forniti dalla casa produttrice e basati su un certo numero di lavori scientifici eseguiti prima della commercializzazione: si tratta dei cosiddetti “Dati preclinici di sicurezza”, che riportiamo nel prossimo paragrafo.

Integrilin 0,75 mg/ml soluzione per infusione: dati sulla sicurezza

Gli studi di tossicologia condotti con eptifibatide comprendono: studi per somministrazioni singole e ripetute nel ratto, nel coniglio e nella scimmia, studi sulla riproduzione nel ratto e nel coniglio, studi di genotossicità in vitro ed in vivo e studi di irritazione, ipersensibilità e di antigenicità. Nessun effetto tossico inatteso si è osservato per un farmaco con questo profilo farmacologico ed i risultati sono predittivi dell’esperienza clinica, con il sanguinamento come principale effetto indesiderato. Nessun effetto genotossico è stato osservato con eptifibatide.

Sono stati condotti studi di teratogenesi con infusione endovenosa continua di eptifibatide in ratte gravide a dosi fino a 72 mg/Kg/die (circa 4 volte la dose terapeutica massima calcolata sulla base della superficie corporea) e in coniglie gravide fino ad una dose totale di 36 mg/Kg/die (circa 4 volte la dose terapeutica massima calcolata sulla base della superficie corporea). Questi studi non hanno evidenziato effetti negativi sulla fertilità o tossicità embrio-fetale dovuta a eptifibatide. Non sono disponibili studi di riproduzione in specie animali in cui eptifibatide abbia dimostrato un’attività farmacologica simile a quella esercitata nell’uomo. Di conseguenza questi studi non sono utili per valutare la tossicità di eptifibatide sulla funzione riproduttiva (vedere paragrafo 4.6).

Il potenziale cancerogeno di eptifibatide non è stato valutato negli studi a lungo termine.


Dopo la commercializzazione di un farmaco, vengono tuttavia attuate delle misure di controllo dagli organi preposti, per monitorare comunque tutti gli effetti collaterali che dovessero manifestarsi nell’impiego clinico.

Tutti gli effetti collaterali segnalati nella fase di commercializzazione del farmaco, vengono poi riportati nella scheda tecnica nei paragrafi “effetti indesiderati” e “controindicazioni”.

Integrilin 0,75 mg/ml soluzione per infusione: si può prendere insieme ad altri farmaci?

Un altro importante capitolo da non dimenticare per valutare se un farmaco è sicuro o no, è quello delle interazioni con altri farmaci.

Può infatti capitare che un farmaco, di per sé innocuo, diventi pericoloso se associato ad alcuni altri farmaci.

Questo è vero anche per i prodotti erboristici: classico è l’esempio dell’ “Erba di San Giovanni” (Iperico) che interagisce con alcuni farmaci anticoagulanti aumentandone l’efficacia e mettendo quindi il paziente a rischio di emorragie.

Esaminiamo allora quali sono le interazioni possibili di Integrilin 0,75 mg/ml soluzione per infusione

Integrilin 0,75 mg/ml soluzione per infusione: interazioni

Warfarin e dipiridamolo

INTEGRILIN sembra non aumentare il rischio di sanguinamenti di maggiore e minore entità associati ad uso concomitante di warfarin e dipiridamolo. I pazienti trattati con INTEGRILIN con un tempo di protrombina (PT) > 14,5 secondi e in terapia concomitante con warfarin, sembrano non evidenziare un aumentato rischio di sanguinamento.

INTEGRILIN e medicinali trombolitici

Sono disponibili dati limitati sull’uso di INTEGRILIN e medicinali trombolitici. Dai risultati degli studi effettuati non c’è evidenza consistente che eptifibatide aumenti il rischio di sanguinamenti di maggiore o minore entità associati ad attivatore tissutale del plasminogeno sia in pazienti sottoposti a PCI che con infarto acuto del miocardio; tuttavia, in uno studio sull’infarto acuto del miocardio.

Eptifibatide sembra aumentare il tempo di sanguinamento quando somministrato contemporaneamente a streptokinasi. In uno studio sull’infarto acuto del miocardio con sopraslivellamento del tratto ST, la combinazione di una dose ridotta di tenecteplase e eptifibatide, confrontata con placebo ed eptifibatide, ha aumentato significativamente il rischio di sanguinamenti sia maggiori che minori quando somministrati contemporaneamente

In uno studio condotto in 181 pazienti con infarto acuto del miocardio, eptifibatide (in un regime di trattamento costituito da un bolo di 180 microgrammi/Kg, seguito da un’infusione endovenosa fino ad un massimo di 2,0 microgrammi/Kg/min fino a 72 ore) è stato somministrato in concomitanza a streptokinasi (1,5 milioni di unità per 60 minuti). Alla velocità di infusione più elevata

(1,3 microgrammi/Kg/min e 2,0 microgrammi/Kg/min), eptifibatide è stato associato ad una aumentata incidenza di sanguinamento e di necessità di trasfusioni rispetto alla streptokinasi allorché somministrata da sola.


Integrilin 0,75 mg/ml soluzione per infusione: posso guidare la macchina se lo prendo?

Un capitolo poco noto e molto sottovalutato è quello degli effetti di un farmaco sui riflessi e quindi sulla capacità di guidare la macchina o di effettuare lavori pericolosi.

Molti farmaci riducono la capacità di reazione, oppure possono causare vertigini o abbassamenti di pressione che possono essere molto pericolosi per chi guida o effettua lavori in cui le capacità fisiche sono importanti: basti pensare agli operai che lavorano su impalcature o che operano su macchinari come presse o forni

E’ sempre bene quindi leggere attentamente questo piccolo ma molto importante paragrafo della Scheda Tecnica del farmaco.

Integrilin 0,75 mg/ml soluzione per infusione: effetti sulla guida e sull’uso di macchinari

Non pertinente poiché INTEGRILIN è indicato solo per l’uso in pazienti ospedalizzati.

Per approfondire l’argomento, per avere ulteriori raccomandazioni, o per chiarire ogni dubbio, si raccomanda di leggere l’intera Scheda Tecnica del Farmaco