Acido Ibandronico Sun: Scheda Tecnica del Farmaco

Acido Ibandronico Sun

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Acido Ibandronico Sun: ultimo aggiornamento pagina: (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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Acido Ibandronico SUN 3 mg soluzione iniettabile in siringa preriempita

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Una siringa preriempita da 3 ml di soluzione contiene 3 mg di acido ibandronico (come 3,375 mg di acido ibandronico, sale monosodico, monoidrato).

La concentrazione di acido ibandronico nella soluzione iniettabile è pari a 1 mg per ml.

Eccipienti con effetti noti:

Sodio

Una siringa preriempita contiene 0,476 mmol (10,95 mg) di sodio. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

03.0 Forma farmaceutica

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Soluzione iniettabile in siringa preriempita.

Soluzione trasparente, incolore con pH compreso tra 4,80 e 6,00 e osmolarità compresa tra 280 e 320 mOsm/kg.

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Trattamento dell’osteoporosi in donne in post-menopausa ad elevato rischio di frattura (vedere paragrafo 5.1).

E’ stata dimostrata una riduzione del rischio di fratture vertebrali; non è stata stabilita l’efficacia sulle fratture del collo del femore.

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Posologia

La dose raccomandata di acido ibandronico è 3 mg, somministrata mediante iniezione endovenosa nell’arco di 15-30 secondi, ogni tre mesi.

Le pazienti devono ricevere un supplemento di calcio e vitamina D (vedere paragrafi 4.4 e 4.5).

In caso di dimenticanza di una somministrazione, l’iniezione deve essere effettuata appena possibile.

Successivamente, le iniezioni devono essere programmate ad intervalli di 3 mesi dalla data dell’ultima iniezione.

Non è stata stabilità la durata ottimale del trattamento con bifosfonati per l’osteoporosi. La necessità di un trattamento continuativo deve essere rivalutata in ogni singolo paziente periodicamente in funzione dei benefici e dei rischi potenziali dell’acido ibandronico, in particolare dopo 5 o più anni d’uso.

Popolazioni speciali

Pazienti con compromissione renale

Nelle pazienti con compromissione renale da lieve a moderata con creatininemia uguale o inferiore a 200 μmol/l (2,3 mg/dl) o con clearance della creatinina (misurata o stimata) pari o superiore a 30 ml/min non è necessario alcun aggiustamento della dose.

L’iniezione di acido ibandronico non è raccomandata nelle pazienti con creatininemia superiore a 200 μmol/l (2,3 mg/dl) o con clearance della creatinina (misurata o stimata) inferiore a 30 ml/min, perché i dati clinici disponibili dagli studi che hanno incluso questo tipo di pazienti sono limitati (vedere paragrafi 4.4 e 5.2).

Pazienti con compromissione epatica

Non è richiesto alcun aggiustamento della dose (vedere paragrafo 5.2).

Popolazione anziana (>65 anni)

Non è richiesto alcun aggiustamento della dose (vedere paragrafo 5.2).

Popolazione pediatrica

Non vi è un uso indicato di acido ibandronico nei bambini sotto i 18 anni e l’acido ibandronico non è stato studiato in questa popolazione (vedere paragrafi 5.1 e 5.2).

Modo di somministrazione

Per uso endovenoso per 15 – 30 secondi, ogni tre mesi.

E’ necessario il rigoroso rispetto della via di somministrazione endovenosa (vedere paragrafo 4.4).

04.3 Controindicazioni

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Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.

Ipocalcemia

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Fallimenti della somministrazione

Fare attenzione a non somministrare acido ibandronico per iniezione intrarteriosa o paravenosa, poiché ciò può provocare danni tissutali.

Ipocalcemia

L’acido ibandronico, come altri bifosfonati somministrati per via endovenosa, può provocare una riduzione transitoria dei valori della calcemia.

Un’esistente ipocalcemia deve essere corretta prima di iniziare la terapia con acido ibandronico iniettabile. Anche altri disturbi del metabolismo osseo e minerale devono essere trattati efficacemente prima di iniziare la terapia iniettiva con acido ibandronico.

Tutte le pazienti devono assumere un’adeguata integrazione di calcio e vitamina D.

Reazione anafilattica/shock

Casi di reazione anafilattica/shock, inclusi eventi fatali, si sono manifestati in pazienti trattati con acido ibandronico via endovena.

Un adeguato supporto medico e misure di controllo devono essere prontamente disponibili quando l’iniezione di acido ibandronico viene effettuata per via endovenosa. Nel caso si verificassero reazioni anafilattiche o altre gravi reazioni di ipersensibilità/allergiche, interrompere immediatamente l’iniezione e avviare un trattamento appropriato.

Compromissione renale

Le pazienti con patologie concomitanti o che usano medicinali che possono provocare effetti indesiderati a livello renale, devono essere controllate periodicamente durante il trattamento, secondo la buona pratica clinica.

A causa della limitata esperienza clinica, l’acido ibandronico iniettabile non è raccomandato nelle pazienti con creatininemia superiore a 200 μmol/l (2,3 mg/dl) o con una clearance della creatinina inferiore a 30 ml/min (vedere paragrafi 4.2 e 5.2).

Pazienti con insufficienza cardiaca

L’iperidratazione va evitata nei pazienti a rischio di insufficienza cardiaca.

Osteonecrosi della mascella/mandibola

L’osteonecrosi della mascella/mandibola, generalmente associata a estrazioni dentarie e/o infezioni locali (compresa l’osteomielite), è stata segnalata in pazienti con tumore trattati principalmente con bifosfonati somministrati per via endovenosa. La maggior parte di questi pazienti era anche in trattamento con chemioterapia e corticosteroidi. L’osteonecrosi della mascella/mandibola è stata segnalata anche in pazienti con osteoporosi trattati con bifosfonati orali.

Si deve considerare una visita odontoiatrica con un’appropriata profilassi dentale prima del trattamento con bifosfonati in pazienti con concomitanti fattori di rischio (ad esempio tumore, chemioterapia, radioterapia, corticosteroidi, scarsa igiene orale).

Durante il trattamento, questi pazienti devono evitare, ove possibile, procedure odontoiatriche invasive. Nei pazienti che sviluppano l’osteonecrosi della mascella/mandibola durante la terapia con bifosfonati, la chirurgia dentale può peggiorare la condizione. Per i pazienti che necessitano di cure dentistiche, non vi sono dati disponibili che indichino se la sospensione del trattamento con bifosfonati riduce il rischio di osteonecrosi della mascella/mandibola. Il giudizio clinico del medico deve essere alla base della gestione di ciascun paziente, sulla base della valutazione individuale del rapporto rischio/beneficio.

Fratture atipiche del femore

Sono state segnalate fratture atipiche sottotrocanteriche e diafisarie del femore, principalmente in pazienti in terapia da lungo tempo con bifosfonati per l’osteoporosi. Queste fratture trasversali o oblique corte, possono verificarsi in qualsiasi parte del femore a partire da appena sotto il piccolo trocantere fino a sopra la linea sovracondiloidea. Queste fratture si verificano spontaneamente o dopo un trauma minimo e alcuni pazienti manifestano dolore alla coscia o all’inguine, spesso associato a evidenze di diagnostica per immagini di fratture da stress, settimane o mesi prima del verificarsi di una frattura femorale completa. Le fratture sono spesso bilaterali; pertanto nei pazienti trattati con bifosfonati che hanno subito una frattura della diafisi femorale deve essere esaminato il femore controlaterale. E’ stata segnalata anche una limitata guarigione di queste fratture. Nei pazienti con sospetta frattura atipica femorale si deve prendere in considerazione l’interruzione della terapia con bifosfonati in attesa di una valutazione del paziente basata sul rapporto beneficio rischio individuale. Durante il trattamento con bifosfonati i pazienti devono essere informati di segnalare qualsiasi dolore alla coscia, all’anca o all’inguine e qualsiasi paziente che manifesti tali sintomi deve essere valutato per la presenza di un’incompleta frattura del femore.

Questo medicinale contiene meno di 1 mmol (23 mg) di sodio per dose massima individuale (3 mg/3 ml), cioè, è praticamente “senza sodio”.

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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Le interazioni metaboliche non sono considerate probabili in quanto l’acido ibandronico non inibisce i principali isoenzimi epatici del citocromo P450 umano ed è stato dimostrato che non induce il sistema epatico del citocromo P450 nel ratto (vedere paragrafo 5.2). L’acido ibandronico è eliminato solamente per escrezione renale e non è sottoposto ad alcuna biotrasformazione.

04.6 Gravidanza e allattamento

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Gravidanza

Acido ibandronico è destinato a uso esclusivo delle donne in post-menopausa e non deve essere somministrato a donne in età fertile.

Non vi sono dati adeguati riguardanti l’uso dell’acido ibandronico in donne in gravidanza. Gli studi condotti sui ratti hanno evidenziato una tossicità riproduttiva (vedere paragrafo 5.3). Il rischio potenziale per gli esseri umani non è noto.

L’acido ibandronico non deve essere utilizzato durante la gravidanza.

Allattamento

Non è noto se l’acido ibandronico è escreto nel latte materno umano. Studi condotti su ratti femmine che allattavano hanno mostrato bassi livelli di acido ibandronico nel latte materno dopo somministrazione endovenosa. L’acido ibandronico non deve essere utilizzato nelle pazienti che allattano al seno.

Fertilità

Non vi sono dati sugli effetti dell’acido ibandronico nell’uomo. Negli studi di riproduzione condotti sui ratti utilizzando la somministrazione orale, l’acido ibandronico ha ridotto la fertilità. Negli studi condotti sui ratti utilizzando la somministrazione endovenosa, l’acido ibandronico ha ridotto la fertilità a dosi giornaliere alte (vedere paragrafo 5.3).

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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Sulla base del profilo farmacodinamico e farmacocinetico e delle segnalazioni di reazioni avverse, si può prevedere che acido ibandronico non ha nessuna influenza o ha un’influenza trascurabile sulla capacità di guidare e azionare macchinari.

04.8 Effetti indesiderati

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Riassunto del profilo di sicurezza

Le reazioni avverse più gravi che sono state riportate sono reazione anafilattica/shock, fratture atipiche del femore, osteonecrosi della mascella/mandibola e infiammazione oculare (vedere paragrafo “Descrizione di alcune reazioni avverse” e paragrafo 4.4).

Le reazioni avverse più frequentemente riportate sono artralgia e sintomi simil- influenzali. Questi sintomi, in genere di breve durata, di intensità lieve o moderata, sono tipicamente associati alla prima dose e di solito si risolvono nel corso di un trattamento continuativo senza bisogno di interventi correttivi (vedere paragrafo “Malattia simil-influenzale”).

Elenco tabulato delle reazioni avverse

Nella tabella 1 è presentato un elenco completo delle reazioni avverse note.

La sicurezza di 2,5 mg al giorno di acido ibandronico somministrato per via orale è stata valutata su 1251 pazienti trattate nel corso di 4 studi clinici controllati verso placebo, di cui la maggior parte dei pazienti proveniva dallo studio principale sulle fratture della durata di tre anni (MF 4411).

Nello studio principale della durata di due anni su donne in post-menopausa affette da osteoporosi

(BM16550), la sicurezza complessiva dell’iniezione endovenosa di 3 mg di acido ibandronico ogni 3 mesi è risultata simile a quella di 2,5 mg di acido ibandronico orale al giorno. La percentuale complessiva delle pazienti che hanno manifestato un effetto indesiderato è stata del 26,0 % e del 28,6 % con l’iniezione di 3 mg di acido ibandronico ogni 3 mesi, rispettivamente dopo uno e due anni. Nella maggioranza dei casi gli effetti indesiderati non hanno comportato l’interruzione della terapia.

Le reazioni avverse sono elencate in accordo alla classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA e alla categoria di frequenza. Le categorie di frequenza sono definite usando le seguenti convenzioni: molto comune (>1/10), comune (≥ 1/100 a < 1/10), non comune (≥ 1/1.000 a < 1/100), raro (≥ 1/10.000 a < 1/1.000), molto raro (< 1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). All’interno di ciascun gruppo di frequenza, le reazioni avverse sono presentate in ordine decrescente di gravità.

Tabella 1: Effetti indesiderati verificatesi in donne in post-menopausa in trattamento con acido ibandronico 3 mg iniettabile ogni 3 mesi o con acido ibandronico 2,5 mg al giorno negli studi di fase III BM16550 e MF4411, e nell’esperienza post-marketing.

Classificazio ne per sistemi ed
organi
Comune Non comune Raro Molto raro
Disturbi del
sistema
Esacerbazi
one
Reazione di
ipersensibilità
Reazione
anafilattica /
immunitario dell’asma shock*†
Patologie del sistema
nervoso
Cefalea
Patologie
dell’occhio
Infiammazion
e oculare*†
Patologie vascolari Flebite/ trombofleb
ite
Patologie gastrointestina li Gastrite, dispepsia, diarrea, dolore addominale,
nausea, stipsi
Patologie della cute e del tessuto
sottocutaneo
Eruzione cutanea Angioedema, gonfiore del volto/ edema,
orticaria
Patologie del sistema muscoloschele trico e del
tessuto connettivo
Artralgia, mialgia, dolore muscoloschelet rico, lombalgia Dolore alle ossa Fratture atipiche sottotrocanter iche e
diafisarie del femore †
Osteonecrosi della mascella/mandib ola*†
Patologie
sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazi one
Patologia simil-
influenzale*, affaticamento
Reazioni al
sito di iniezione, astenia

* Per ulteriori informazioni si veda sotto.

†Identificate durante l’esperienza post-marketing. Descrizione di alcune reazioni avverse

Malattia simil-influenzale

La malattia simil-influenzale include eventi riferiti come reazioni o sintomi di fase acuta, tra i quali mialgia, artralgia, febbre, brividi, affaticamento, nausea, perdita dell’appetito e dolore osseo.

Osteonecrosi della mascella/mandibola

L’osteonecrosi della

mascella/

mandibola è stata segnalata in pazienti in trattamento con bifosfonati. La maggior parte dei casi si riferisce a pazienti con tumore, ma alcuni casi sono stati segnalati anche in pazienti trattati per l’osteoporosi. L’osteonecrosi della

mascella/

mandibola è generalmente associata a estrazioni dentarie e/o infezioni locali (compresa l’osteomielite). Anche la diagnosi di tumore, la chemioterapia, la radioterapia, i corticosteroidi e la scarsa igiene orale sono ritenuti fattori di rischio (vedere paragrafo 4.4).

Infiammazione oculare

Con l’utilizzo dell’acido ibandronico, sono stati segnalati eventi infiammatori oculari come uveiti,

episcleriti e scleriti. In alcuni casi, questi eventi non si sono risolti fino alla sospensione della terapia

con acido ibandronico.

Reazione anafilattica/shock

Casi di reazione anafilattica/shock, inclusi eventi fatali, si sono manifestati in pazienti trattati con acido ibandronico ad uso endovenoso.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo www.agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili.

04.9 Sovradosaggio

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Non sono disponibili informazioni specifiche sul trattamento di un sovradosaggio con acido ibandronico.

Sulla base della conoscenza di questa classe di composti, il sovradosaggio per via endovenosa può comportare ipocalcemia, ipofosfatemia e ipomagnesiemia. Le riduzioni clinicamente rilevanti dei livelli sierici di calcio, fosforo e magnesio devono essere corrette con la somministrazione endovenosa rispettivamente di calcio gluconato, fosfato di potassio o di sodio e solfato di magnesio.

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

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Categoria farmacoterapeutica: Farmaci per il trattamento delle patologie ossee, bifosfonati, codice ATC: M05B A06

Meccanismo d’azione

L’acido ibandronico è un bifosfonato estremamente potente che appartiene al gruppo dei bifosfonati contenenti azoto, che agisce selettivamente sul tessuto osseo e specificamente inibisce l’attività osteoclastica senza influenzare direttamente la formazione dell’osso. Non interferisce con il reclutamento degli osteoclasti. L’acido ibandronico induce progressivi incrementi netti della massa ossea e una diminuzione dell’incidenza delle fratture attraverso la riduzione ai valori pre-menopausali dell’elevato turnover osseo delle donne in post- menopausa.

Effetti farmacodinamici

L’azione farmacodinamica di acido ibandronico è l’inibizione del riassorbimento osseo. In vivo, l’acido ibandronico previene la distruzione ossea indotta sperimentalmente dalla cessazione dell’attività gonadica, da retinoidi, da tumori o da estratti tumorali. Nei ratti giovani (in rapida crescita), è inibito anche il riassorbimento osseo endogeno, il che comporta un aumento della massa ossea normale rispetto agli animali non trattati.

Modelli animali hanno confermato che l’acido ibandronico è un inibitore molto potente dell’attività osteoclastica. Nei ratti in crescita, non vi sono evidenze di un difetto di mineralizzazione anche con dosi 5000 volte superiori a quella richiesta per il trattamento dell’osteoporosi.

La somministrazione a lungo termine, giornaliera e intermittente (con intervalli prolungati liberi dal trattamento), nei ratti, nei cani e nelle scimmie è stata associata con la formazione di osso nuovo di qualità normale e di resistenza meccanica conservata o aumentata, anche con dosi nell’intervallo di tossicità. Nell’uomo l’efficacia della somministrazione giornaliera e di quella intermittente di acido ibandronico con un intervallo libero dal trattamento di 9-10 settimane è stata confermata in uno studio clinico (MF 4411) nel quale l’acido ibandronico ha dimostrato la sua efficacia nei confronti delle fratture.

In modelli animali, l’acido ibandronico determina modificazioni biochimiche indicative di una inibizione dose-dipendente del riassorbimento osseo, tra cui la soppressione dei markers biochimici urinari della degradazione del collagene osseo (quali la deossipiridinolina e gli N-telopeptidi a catena crociata del collagene di tipo I (NTX)).

Nelle donne in post-menopausa, la somministrazione orale giornaliera e intermittente (con un intervallo libero dal trattamento di 9-10 settimane a trimestre) e quella endovenosa di acido ibandronico hanno determinato modificazioni biochimiche indicative di un’inibizione dose-dipendente del riassorbimento osseo.

L’iniezione endovenosa di acido ibandronico ha ridotto i livelli sierici del C- telopeptide della catena alfa del collagene di tipo I (CTX) entro 3-7 giorni dall’inizio del trattamento e quelli dell’osteocalcina entro 3 mesi.

Alla sospensione del trattamento si assiste a un ritorno ai livelli patologici pre- trattamento di elevato riassorbimento osseo, che si associano all’osteoporosi post-menopausale.

L’analisi istologica delle biopsie ossee dopo due e tre anni di trattamento con acido ibandronico in donne in post-menopausa, alle dosi di 2,5 mg orali al giorno e fino a 1 mg ogni 3 mesi per via endovenosa intermittente, ha evidenziato un tessuto osseo di qualità normale e l’assenza di difetti della mineralizzazione. Una prevista riduzione del turnover dell’osso, una qualità normale dell’osso e un’assenza di difetti della mineralizzazione sono state osservate anche dopo due anni di trattamento con 3 mg di acido ibandronico iniettabile.

Efficacia e sicurezza clinica

I fattori di rischio indipendenti come, ad esempio, un basso BMD, l’età, la presenza di fratture pregresse, l’anamnesi familiare per fratture, un elevato turnover osseo e un basso indice di massa corporea, devono essere presi in considerazione al fine di identificare le donne ad elevato rischio di fratture osteoporotiche.

Acido ibandronico iniettabile 3 mg ogni 3 mesi

Densità minerale ossea (BMD, Bone Mineral Density)

L’iniezione endovenosa da 3 mg di acido ibandronico, somministrata ogni 3 mesi, ha dimostrato di essere efficace almeno quanto 2,5 mg di acido ibandronico orale al giorno in uno studio della durata di 2 anni, randomizzato, in doppio cieco, multicentrico, di non inferiorità (BM16550), condotto su donne in post- menopausa (1386 donne di età compresa tra 55 e 80 anni) con osteoporosi (T score della BMD della colonna vertebrale lombare inferiore a -2,5 DS al basale).

Ciò è stato dimostrato sia dall’analisi primaria ad un anno che dall’analisi di conferma a due anni (tabella 2).

L’analisi primaria dei dati dello studio BM16550 ad un anno e l’analisi di conferma a 2 anni hanno dimostrato la non inferiorità del regime posologico da 3 mg ogni 3 mesi per via endovenosa rispetto a quello da 2,5 mg orali al giorno, in termini di incrementi medi della BMD a livello della colonna vertebrale lombare, dell’anca in toto, del collo del femore e del trocantere (tabella 2).

Tabella 2: Variazione relativa media rispetto al basale della BMD della colonna vertebrale lombare, dell’anca in toto, del collo del femore e del trocantere dopo un anno (analisi primaria) e due anni di trattamento (popolazione per protocollo) nello studio BM 16550.

Dati a un anno nello studio
BM 16550
Dati a due anni nello
studio BM 16550
Variazioni medie relative rispetto al basale % [IC al 95%] Acido ibandronico 2,5 mg al giorno
(N=377)
Acido ibandronico iniettabile 3
mg ogni 3 mesi
(N=365)
Acido ibandronico 2,5 mg al giorno
(N=334)
Acido ibandronico iniettabile 3
mg ogni 3 mesi
(N=334)
BMD della colonna
vertebrale lombare L2– L4
3,8 [3,4, 4,2] 4,8 [4,5, 5,2] 4,8 [4,3, 5,4] 6,3 [5,7, 6,8]
BMD dell’anca in toto 1,8 [1,5, 2,1] 2,4 [2,0, 2,7] 2,2 [1,8, 2,6] 3,1 [2,6, 3,6]
BMD del collo del
femore
1,6 [1,2, 2,0] 2,3 [1,9, 2,7] 2,2 [1,8, 2,7] 2,8 [2,3, 3,3]
BMD del trocantere 3,0 [2,6, 3,4] 3,8 [3,2, 4,4] 3,5 [3,0, 4,0] 4,9 [4,1, 5,7]

Inoltre, l’iniezione da 3 mg di acido ibandronico ogni 3 mesi ha dimostrato di essere superiore ai 2,5 mg al giorno di acido ibandronico orale relativamente all’aumento della BMD della colonna vertebrale lombare in un’analisi pianificata in modo prospettico ad un anno, p<0,001, e a due anni, p<0,001. Per quanto riguarda la BMD della colonna vertebrale lombare, il 92,1 % delle pazienti trattate con l’iniezione da 3 mg ogni 3 mesi ha incrementato o mantenuto la loro BMD dopo 1 anno di trattamento (responder al trattamento) rispetto all’84,9 % delle pazienti trattate con 2,5 mg orali al giorno (p=0,002). Dopo 2 anni di trattamento, il 92,8 % delle pazienti trattate con le iniezioni da 3 mg e l’84,7 % delle pazienti trattate con la terapia orale da 2,5 mg ha incrementato o mantenuto la BMD della colonna vertebrale lombare (p=0,001).

Per quanto riguarda la BMD dell’anca in toto, a un anno ha risposto l’82,3 % delle pazienti trattate con l’iniezione da 3 mg ogni 3 mesi, rispetto al 75,1 % delle pazienti trattate con 2,5 mg orali al giorno (p=0,02). Dopo 2 anni di trattamento,

l’85,6 % delle pazienti trattate con le iniezioni da 3 mg e il 77,0 % delle pazienti trattate con la terapia orale da 2,5 mg ha incrementato o mantenuto la BMD dell’anca in toto (p=0,004).

La percentuale di pazienti che ha incrementato o mantenuto la BMD a un anno, sia a livello della

colonna vertebrale lombare che dell’anca in toto, è stata del 76,2 % nel gruppo trattato con 3 mg ogni 3 mesi per via endovenosa e del 67,2 % nel gruppo trattato con 2,5 mg orali al giorno (p=0,007). A

due anni, ha soddisfatto questo criterio l’80,1 % e il 68,8 % delle pazienti nel gruppo dell’iniezione da

3 mg ogni 3 mesi e nel gruppo dei 2,5 mg orali al giorno, rispettivamente (p=0,001).

Marcatori biochimici del turnover osseo

Riduzioni clinicamente significative dei livelli sierici di CTX sono state osservate a tutti i tempi di rilevazione. A 12 mesi le variazioni mediane relative rispetto al basale sono state pari al -58,6 % per il regime endovenoso da 3 mg ogni 3 mesi e al -62,6% per il regime dei 2,5 mg orali al giorno. Inoltre, il 64,8% delle pazienti trattate con l’iniezione da 3 mg ogni 3 mesi è stato identificato come responder (definito come riduzione ≥50 % rispetto al basale), rispetto al 64,9 % delle pazienti trattate con 2,5 mg orali al giorno. La riduzione del CTX sierico si è mantenuta nei 2 anni, con oltre la metà delle pazienti identificate come responder in entrambi i gruppi di trattamento.

Sulla base dei risultati dello studio BM 16550, si prevede che l’iniezione endovenosa da 3 mg di

acido ibandronico ogni 3 mesi sia efficace almeno quanto il regime orale da 2,5 mg di acido ibandronico al giorno nella prevenzione delle fratture.

Compresse giornaliere da 2,5 mg di acido ibandronico

Nello studio iniziale sulle fratture randomizzato in doppio cieco controllato verso placebo durato tre anni (MF 4411) è stata dimostrata una riduzione statisticamente significativa e clinicamente rilevante dell’incidenza di nuove fratture vertebrali morfometriche radiografiche e cliniche (Tabella 3). In questo studio, l’acido ibandronico è stato valutato a dosi orali di 2,5 mg al giorno e di 20 mg intermittenti come schema posologico esplorativo. L’acido ibandronico veniva assunto 60 minuti prima dell’assunzione del primo alimento o della prima bevanda del giorno (periodo di digiuno post-dose). Lo studio ha arruolato donne di età compresa tra 55 e 80 anni, da almeno 5 anni in postmenopausa, che avevano valori di BMD della colonna vertebrale compresi tra -2 e -5 SD al disotto della media premenopausale (punteggio T) in almeno una vertebra [L1-L4] e che avevano da una a quattro fratture vertebrali prevalenti. Tutte le pazienti hanno ricevuto 500 mg di calcio e 400 IU di vitamina D al giorno. L’efficacia è stata valutata in 2928 pazienti. L’acido ibandronico somministrato alla dose giornaliera di 2,5 mg, ha dimostrato una riduzione statisticamente significativa e clinicamente rilevante dell’incidenza di nuove fratture vertebrali. Questa posologia ha ridotto la comparsa di nuove fratture vertebrali radiografiche del 62% (p=0,0001) nei tre anni di durata dello studio. Una riduzione relativa del rischio pari al 61% è stata osservata dopo 2 anni (p=0,0006). Non è stata raggiunta nessuna differenza statisticamente significativa dopo 1 anno di trattamento (p=0,056). L’effetto anti-frattura è stato costante per l’intera durata dello studio. Non si è avuta alcuna indicazione di riduzione dell’effetto nel tempo.

Anche l’incidenza delle fratture vertebrali cliniche si è ridotta in modo significativo del 49% dopo 3 anni (p=0,011). Il forte effetto sulle fratture vertebrali è stato inoltre riflesso dalla riduzione statisticamente significativa di perdita di altezza rispetto al placebo (p<0,0001).

Tabella 3: Risultati dello studio delle fratture (durata 3 anni), MF 4411 (%, 95% IC)

Placebo
(N=974)
Acido ibandronico, 2,5 mg al giorno
(N=977)
Riduzione del rischio relativo di
nuove fratture vertebrali morfometriche
62% (40,9, 75,1)
Incidenza di nuove fratture
vertebrali morfometriche
9,56% (7,5, 11,7) 4,68% (3,2, 6,2)
Riduzione del rischio relativo di
fratture vertebrali cliniche
49% (14,03, 69,49)
Incidenza di nuove fratture
vertebrali cliniche
5,33% (3,73, 6,92) 2,75% (1,61, 3,89)
BMD – modificazione media relativa a 3 anni rispetto al
basale – colonna vertebrale lombare
1,26% (0,8, 1,7) 6,54% (6,1, 7,0)
BMD – modificazione media relativa a 3 anni rispetto al
basale – anca in toto
-0,69% (-1,0, -0,4) 3,36% (3,0, 3,7)

L’effetto del trattamento con acido ibandronico è stato ulteriormente valutato con un’analisi della sottopopolazione di pazienti che, al basale, hanno presentato un

T-score della BMD della colonna vertebrale lombare inferiore a -2,5 (tabella 4). La riduzione del rischio di fratture vertebrali è risultata fortemente in accordo con quella osservata nella popolazione globale.

Tabella 4: Risultati dello studio sulle fratture della durata di 3 anni MF 4411 (%, 95 % IC) nelle pazienti che al basale hanno presentato un T score della BMD della colonna vertebrale lombare inferiore a -2,5

Placebo
(N=587)
Acido ibandronico, 2,5
mg al giorno (N=575)
Riduzione del rischio relativo di nuove fratture vertebrali
morfometriche
59% (34,5, 74,3)
Incidenza di nuove fratture
vertebrali morfometriche
12,54% (9,53, 15,55) 5,36% (3,31, 7,41)
Riduzione del rischio relativo di
fratture vertebrali cliniche
50% (9,49, 71,91)
Incidenza di fratture vertebrali
cliniche
6,97% (4,67, 9,27) 3,57% (1,89, 5,24)
BMD – modificazione media relativa a 3 anni rispetto al basale – colonna vertebrale
lombare
1,13% (0,6, 1,7) 7,01% (6,5, 7,6)
BMD – modificazione media
relativa a 3 anni rispetto al
-0,70% (-1,1, -0,2) 3,59% (3,1, 4,1)
basale – anca in toto

Nella popolazione generale dello studio MF 4411 non è stata osservata una riduzione delle fratture non-vertebrali; comunque l’acido ibandronico giornaliero si è dimostrato efficace in una sottopopolazione a rischio elevato (T-score della BMD del collo del femore < – 3,0), nella quale è stata osservata una riduzione del rischio di fratture non-vertebrali del 69%.

Il trattamento orale giornaliero con 2,5 mg di acido ibandronico in compresse ha dato come risultato un progressivo aumento della BMD dello scheletro a livello vertebrale e non vertebrale.

A tre anni l’aumento della BMD della colonna vertebrale lombare in confronto a placebo è risultato del 5,3 % e del 6,5 % rispetto al valore basale. Gli aumenti a livello dell’anca rispetto al basale sono stati 2,8 % al collo femorale, 3,4 % per l’anca in toto e 5,5 % al trocantere.

I marcatori biochimici di turnover osseo (quali CTX urinario e l’osteocalcina sierica) hanno mostrato l’atteso quadro di soppressione ai livelli premenopausali e hanno raggiunto un massimo di soppressione in un periodo di 3-6 mesi dall’inizio dell’assunzione giornaliera di 2,5 mg di acido

ibandronico.

È stata osservata una riduzione clinicamente significativa del 50 % dei marcatori biochimici del

riassorbimento osseo già a un mese dall’inizio del trattamento con 2,5 mg di acido ibandronico.

Popolazione pediatrica (vedere paragraf i 4.2 e 5.2)

L’acido ibandronico non è stato studiato nella popolazione pediatrica, quindi non sono disponibili dati di efficacia e sicurezza per questa popolazione di pazienti.

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

Gli effetti farmacologici principali di acido ibandronico sull’osso non sono direttamente legati alle effettive concentrazioni plasmatiche, come dimostrato da vari studi condotti sull’animale e sull’uomo.

Dopo somministrazione endovenosa da 0,5 mg a 6 mg, le concentrazioni plasmatiche dell’acido ibandronico aumentano in modo proporzionale alla dose.

Assorbimento Non pertinente. Distribuzione

Dopo l’iniziale esposizione sistemica, l’acido ibandronico si lega rapidamente all’osso o è escreto con le urine. Nell’uomo, il volume terminale apparente di distribuzione è di almeno 90 l e la percentuale della dose che arriva all’osso è stimata essere il 40 – 50 % della dose circolante. Il legame proteico nel plasma

umano è approssimativamente dell’85 %-87 % (determinato in vitro a concentrazioni terapeutiche di acido ibandronico), e perciò vi è un basso potenziale per interazioni farmacologiche dovute a spiazzamento del medicinale.

Biotrasformazione

Non vi sono evidenze che l’acido ibandronico sia metabolizzato negli animali o nell’uomo.

Eliminazione

L’acido ibandronico viene rimosso dalla circolazione attraverso l’assorbimento osseo (stimato essere del 40 – 50 % nelle donne in post-menopausa), mentre il resto viene eliminato immodificato dal rene.

L’intervallo di emivite apparenti osservato è ampio, l’emivita terminale apparente è generalmente nell’ambito delle 10 – 72 ore. Dal momento che i valori calcolati dipendono in gran parte dalla durata dello studio, dal dosaggio impiegato e dalla sensibilità del test, è probabile che l’emivita terminale reale sia notevolmente più lunga, come avviene per altri bifosfonati. I livelli plasmatici iniziali diminuiscono rapidamente, raggiungendo il 10 % dei valori di picco rispettivamente entro 3 e 8 ore dalla somministrazione endovenosa o orale.

La clearance totale di acido ibandronico è bassa con valori medi nell’intervallo 84-160 ml/min. La clearance renale (circa 60 ml/min in donne sane in post- menopausa) costituisce il 50 – 60 % della clearance totale ed è correlata alla

clearance della creatinina. La differenza tra la clearance totale apparente e quella renale è considerata riflettere la captazione da parte dell’osso.

La via secretoria non sembra comprendere sistemi di trasporto noti di tipo acido o basico coinvolti nell’escrezione di altre sostanze attive (vedere paragrafo 4.5). Inoltre, l’acido ibandronico non inibisce i principali isoenzimi P450 epatici umani e non induce il sistema del citocromo P450 epatico nel ratto.

Farmacocinetica in speciali situazioni cliniche

Sesso

La farmacocinetica dell’acido ibandronico è simile negli uomini e nelle donne.

Razza

Non esistono evidenze di qualsiasi differenza interetnica clinicamente rilevante tra asiatici e caucasici nella disponibilità di acido ibandronico. Sono disponibili dati limitati su pazienti di origine africana.

Pazienti con compromissione renale

La clearance renale di acido ibandronico nelle pazienti che presentano vari gradi di compromissione renale è correlata linearmente alla clearance della creatinina.

Non sono necessari aggiustamenti di dose per i pazienti con compromissione renale da lieve a moderata (clearance della creatinina uguale o superiore a 30 ml/min).

I soggetti affetti da compromissione renale grave (clearance della creatinina inferiore a 30 ml/min) che assumevano una dose giornaliera orale di acido ibandronico di 10 mg per 21 giorni, hanno presentato concentrazioni plasmatiche 2 – 3 volte superiori rispetto ai soggetti con funzionalità renale normale, e la clearance totale di acido ibandronico è stata di 44 ml/min. Dopo somministrazione endovenosa di 0,5 mg di acido ibandronico, le clearance totali, renale e non renale sono diminuite del 67 %, 77 % e 50 %, rispettivamente, in soggetti affetti da insufficienza renale grave, ma non si è verificata una riduzione della tollerabilità associata con l’aumento dell’esposizione. Per la limitata esperienza clinica, l’uso di acido ibandronico non è raccomandato nelle pazienti con compromissione renale grave (vedere paragrafi 4.2 e 4.4). Nella nefropatia terminale, la farmacocinetica dell’acido ibandronico è stata valutata solo in un numero limitato di pazienti in emodialisi, per cui la farmacocinetica dell’acido ibandronico nelle pazienti non sottoposte a emodialisi non è nota. A causa della limitatezza dei dati disponibili, l’acido ibandronico non deve essere utilizzato nelle pazienti con nefropatia terminale.

Pazienti con compromissione epatica (vedere paragrafo 4.2)

Non esistono dati di farmacocinetica per acido ibandronico in pazienti affetti da compromissione epatica. Il fegato non svolge un ruolo significativo nell’eliminazione di acido ibandronico, che non è metabolizzato ma è eliminato tramite escrezione renale e captazione da parte dell’osso. Perciò non sono necessari aggiustamenti del dosaggio in pazienti affetti da compromissione epatica.

Popolazione anziana (vedere paragrafo 4.2)

In un’analisi multivariata, l’età non è risultata un fattore indipendente per nessuno dei parametri farmacocinetici studiati. Dato che la funzione renale diminuisce con l’età, la funzione renale è l’unico fattore da tenere in considerazione (vedere paragrafo sulla compromissione renale).

Popolazione pediatrica (vedere paragrafo 4.2 e 5.1)

Non esistono dati sull’uso di acido ibandronico in questi gruppi di età.

05.3 Dati preclinici di sicurezza

Indice

Nel cane sono stati osservati effetti tossici, ad esempio segni di danno renale, soltanto ad esposizioni considerate sufficientemente superiori all’esposizione massima nell’uomo, il che depone per una scarsa rilevanza clinica di tale osservazione.

Mutagenicità/Cancerogenicità

Non è stato osservato alcun segno di potenziale cancerogenicità. I test per la genotossicità non hanno rilevato alcuna evidenza di attività genetica di acido ibandronico.

Tossicità riproduttiva

Non sono stati effettuati studi specifici per il regime posologico trimestrale. Negli studi con il regime posologico endovenoso giornaliero, non sono emerse evidenze di un effetto tossico fetale diretto o teratogeno dell’acido ibandronico in ratti e conigli. Nei ratti è stata osservata una riduzione dell’aumento di peso nella prole F1. Negli studi di riproduzione condotti nei ratti utilizzando la somministrazione orale, gli effetti sulla fertilità consistevano in una aumentata perdita di reimpianto

alla dose di 1 mg/kg/die o superiore. Negli studi di riproduzione condotti nei ratti utilizzando la somministrazione endovenosa, l’acido ibandronico ha diminuito la conta degli spermatozoi alle dosi di 0,3 e 1 mg/kg/die e ha ridotto la fertilità nei maschi alla dose di 1 mg/kg/die e nelle femmine alla dose di 1,2 mg/kg/die. Altre reazioni avverse ad acido ibandronico negli studi di tossicità riproduttiva condotti sul ratto sono state quelle osservate con i bifosfonati come classe di farmaci.

Hanno compreso un ridotto numero di siti d’impianto, interferenza con il parto naturale (distocia) e un aumento delle alterazioni viscerali (sindrome reno- pelvico-ureterale).

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

Indice

Sodio Cloruro

Acido acetico glaciale per l’aggiustamento del pH Sodio acetato triidrato per l’aggiustamento del pH Acqua per preparazioni iniettabili

06.2 Incompatibilità

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La soluzione di acido ibandronico iniettabile non deve essere miscelata con soluzioni contenenti calcio.

Questo medicinale non deve essere miscelato con altri medicinali ad eccezione di quelli menzionati nel paragrafo 6.6.

06.3 Periodo di validità

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2 anni

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

Indice

Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione.

06.5 Natura e contenuto della confezione

Indice

Siringhe preriempite (5 ml) in vetro incolore di tipo I con tappo del pistone in gomma grigia e pistone in polipropilene blu, contenenti 3 ml di soluzione per iniezione. Aghi per iniezione dotati di para-ago in propilene (elastomerico) e cappuccio in polipropilene (rigido).

Confezioni da 1, 2, 4 o 5 siringhe preriempite con aghi per iniezione. E’ possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

Indice

Qualora il prodotto venga somministrato in una linea di infusione endovenosa

pre-esistente, utilizzare solo soluzione isotonica salina o una soluzione di glucosio

al 5% (50 mg/ml). Questo vale anche per le soluzioni utilizzate per irrigare il butterfly o altri dispositivi.

La soluzione iniettabile, le siringhe e gli aghi per iniezione non utilizzati devono essere smaltiti in

conformità alla normativa locale vigente. Il rilascio di medicinali nell’ambiente deve essere minimizzato.

I seguenti punti devono essere strettamente osservati al fine di utilizzare e smaltire le siringhe e altri

oggetti affilati:

Aghi e siringhe non devono mai essere riutilizzati.

Mettere tutti gli aghi e le siringhe in un contenitore per oggetti affilati (contenitore di smaltimento a prova di puntura).

Tenere questo contenitore fuori dalla portata dei bambini.

Evitare di buttare il contenitore delle siringhe utilizzate nei rifiuti domestici.

Smaltire il contenitore pieno in accordo alle normative locali vigenti o secondo le istruzioni dell’operatore sanitario.

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

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Sun Pharmaceutical Industries Europe B.V. Polarisavenue 87

2132 JH Hoofddorp Paesi Bassi

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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iniettabile” 1 siringa preriempita 3 ml con ago per iniezione –

041780026 “3 mg soluzione iniettabile” 2 siringhe preriempite 3 ml con ago per iniezione –

041780038 “3 mg soluzione iniettabile” 4 siringhe preriempite 3 ml con ago per iniezione –

041780040 “3 mg soluzione iniettabile” 5 siringhe preriempite 3 ml con ago per iniezione –

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

Indice

Data della prima autorizzazione: 20 Novembre 2012

10.0 Data di revisione del testo

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Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: ———-