Uplizna: Scheda Tecnica e Prescrivibilità

Uplizna

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Uplizna: ultimo aggiornamento pagina: 18/06/2023 (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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Uplizna 100 mg concentrato per soluzione per infusione

 

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Ogni flaconcino contiene 100 mg di inebilizumab in 10 mL a una concentrazione di 10 mg/mL. La concentrazione finale dopo la diluizione è 1,0 mg/mL.

Inebilizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato ottenuto dalle cellule dell’ovaio di criceto cinese (Chinese Hamster Ovary, CHO) mediante tecnologia del DNA ricombinante.

Eccipiente con effetti noti

Questo medicinale contiene 16,1 mg di sodio per flaconcino. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

 

03.0 Forma farmaceutica

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Concentrato per soluzione per infusione (concentrato sterile).

Soluzione da limpida a leggermente opalescente e da incolore a giallastra. La soluzione ha un pH di circa 6,0 e una osmolalità pari a circa 280 mOsm/kg.

 

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Uplizna è indicato in monoterapia per il trattamento di pazienti adulti affetti da disturbi dello spettro della neuromielite ottica (NMOSD) sieropositivi per le immunoglobuline G anti-aquaporina-4 (IgG AQP4) (vedere paragrafo 5.1).

 

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Il trattamento deve essere avviato sotto la supervisione di un medico con esperienza nel trattamento della NMOSD e che abbia accesso a idonee misure di supporto medico per gestire potenziali reazioni severe, come le reazioni gravi correlate all’infusione.

Il paziente deve essere monitorato durante l’infusione e per almeno un’ora dopo il completamento dell’infusione per individuare eventuali reazioni all’infusione (vedere paragrafo 4.4).

Analisi da eseguire prima della prima dose di inebilizumab

Prima dell’inizio del trattamento, devono essere eseguite le seguenti analisi

Test quantitativo delle immunoglobuline nel siero, conta delle cellule B ed emocromo completo (CBC), incluse conte differenziali (vedere paragrafi 4.3 e 4.4) Screening per il virus dell’epatite B (HBV) (vedere paragrafi 4.3 e 4.4) Screening per il virus dell’epatite C (HCV) e trattamento iniziato prima di iniziare il trattamento con inebilizumab (vedere paragrafo 4.4) Test per la tubercolosi attiva e l’infezione latente (vedere paragrafi 4.3 e 4.4) In base alle linee guida sull’immunizzazione, tutte le immunizzazioni con vaccini vivi o vivi attenuati devono essere somministrate almeno 4 settimane prima dell’inizio del trattamento con inebilizumab (vedere paragrafo 4.4).

Se si ritiene che la perdita di efficacia sia causata da immunogenicità, il medico deve seguire la conta delle cellule B come misura diretta dell’impatto clinico (vedere paragrafo 5.1).

Posologia

Dosi iniziali

La dose di carico raccomandata è 300 mg (3 flaconcini da 100 mg) mediante infusione endovenosa seguita 2 settimane dopo da una seconda infusione endovenosa di 300 mg.

Dosi di mantenimento

La dose di mantenimento raccomandata è 300 mg mediante infusione endovenosa ogni 6 mesi. Inebilizumab è una terapia cronica.

Dosi ritardate o saltate

Se un’infusione di inebilizumab viene saltata, deve essere somministrata il prima possibile e non posticipata fino alla dose prevista successiva.

Premedicazione per le reazioni correlate all’infusione Valutazione delle infezioni

Prima di ogni infusione di inebilizumab, deve essere accertata la presenza di un’infezione clinicamente rilevante. In caso di infezione, l’infusione di inebilizumab deve essere posticipata fino a quando l’infezione non si è risolta.

Premedicazione necessaria

La premedicazione con un corticosteroide (ad esempio metilprednisolone 80-125 mg per via endovenosa o equivalente) deve essere somministrata circa 30 minuti prima di ogni infusione di inebilizumab e un antistaminico (ad esempio difenidramina 25-50 mg per via orale o equivalente) e un antipiretico (ad esempio paracetamolo 500-650 mg per via orale o equivalente) circa 30-60 minuti prima di ogni infusione di inebilizumab (vedere paragrafo 4.4).

Popolazioni speciali

Anziani

Negli studi clinici, inebilizumab è stato somministrato a 6 pazienti anziani (≥65 anni di età). Sulla base dei limitati dati disponibili, nessun aggiustamento della dose è considerato necessario nei pazienti di età superiore a 65 anni (vedere paragrafo 5.2).

Compromissione epatica e renale

Inebilizumab non è stato studiato nei pazienti con compromissione epatica o renale severa. Tuttavia, un aggiustamento della dose sulla base della funzionalità epatica o renale non è giustificato poiché gli anticorpi monoclonali immunoglobuline (Ig) G non vengono eliminati principalmente per via renale o epatica (vedere paragrafo 5.2).

Popolazione pediatrica

La sicurezza e l’efficacia di inebilizumab nei bambini e negli adolescenti di età compresa tra 0 e18 anni non sono state ancora stabilite. Non ci sono dati disponibili.

Modo di somministrazione

Per uso endovenoso.

I flaconcini non devono essere agitati.

I flaconcini devono essere conservati in posizione verticale.

La soluzione preparata deve essere somministrata per via endovenosa mediante una pompa per infusione a una velocità crescente fino al completamento (circa 90 minuti) attraverso una linea contenente un filtro in linea sterile da 0,2 o 0,22 micron, a basso legame proteico, in base allo schema illustrato nella Tabella 1.

Tabella 1. Velocità di infusione raccomandata per la somministrazione della soluzione diluita in una sacca per infusione endovenosa da 250 mL

Durata (minuti) Velocità di infusione (mL/ora)
0-30 42
31-60 125
61-termine 333

Per le istruzioni sulla diluizione del medicinale prima della somministrazione, vedere paragrafo 6.6.

 

04.3 Controindicazioni

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Ipersensibilità al(ai) principio(i) attivo(i) o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati nel paragrafo 6.1 Infezione attiva severa, inclusa infezione cronica attiva come l’epatite B Tubercolosi latente attiva o non trattata Storia di leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) Stato gravemente immunocompromesso Tumori maligni attivi

 

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Tracciabilità

Al fine di migliorare la tracciabilità dei medicinali biologici, il nome e il numero di lotto del medicinale somministrato devono essere chiaramente registrati.

Reazioni correlate all’infusione e ipersensibilità

Inebilizumab può causare reazioni correlate all’infusione e reazioni da ipersensibilità che possono includere cefalea, nausea, sonnolenza, dispnea, febbre, mialgia, eruzione cutanea o altri sintomi. Le reazioni correlate all’infusione sono state più comuni con la prima infusione, ma sono state osservate anche durante le infusioni successive. Sebbene raramente, negli studi clinici con inebilizumab si sono verificate reazioni all’infusione serie (vedere paragrafo 4.8).

Prima dell’infusione

Deve essere somministrata la premedicazione con un corticosteroide (ad esempio metilprednisolone 80-125 mg per via endovenosa o equivalente), un antistaminico (ad esempio difenidramina 25-50 mg per via orale o equivalente) e un antipiretico (ad esempio paracetamolo 500-650 mg per via orale o equivalente) (vedere paragrafo 4.2). Nello studio pivotale, all’inizio del trattamento con inebilizumab, è stato somministrato un ciclo di 2 settimane di corticosteroidi orali (più 1 settimana di riduzione graduale della dose) (vedere paragrafo 5.1).

Durante l’infusione

Il paziente deve essere monitorato per individuare eventuali reazioni correlate all’infusione. Le raccomandazioni per la gestione delle reazioni all’infusione dipendono dal tipo e dalla gravità della reazione. Per le reazioni all’infusione potenzialmente fatali, il trattamento deve essere interrotto immediatamente e definitivamente e deve essere somministrato il trattamento di supporto appropriato. Per le reazioni all’infusione meno severe, la gestione può includere la temporanea sospensione dell’infusione, la riduzione della velocità di infusione e/o la somministrazione di un trattamento sintomatico.

Dopo l’infusione

Il paziente deve essere monitorato per almeno un’ora dopo il completamento dell’infusione per individuare eventuali reazioni all’infusione.

Infezioni

Inebilizumab determina una riduzione della conta linfocitariae dei livelli di Ig nella circolazione periferica, in linea con il meccanismo d’azione di deplezione delle cellule B. È stata riportata anche una riduzione della conta dei neutrofili. Di conseguenza, inebilizumab può aumentare la suscettibilità alle infezioni (vedere paragrafo 4.8).

Prima dell’inizio del trattamento con inebilizumab deve essere ottenuto un emocromo completo recente (ovvero, entro 6 mesi) che includa le conte differenziali e le immunoglobuline. Si raccomanda, inoltre, di eseguire periodicamente un emocromo completo con conte differenziali e immunoglobuline durante il trattamento e dopo l’interruzione del trattamento fino a replezione delle cellule B. Prima di ogni infusione di inebilizumab, deve essere accertata la presenza o meno di un’infezione clinicamente rilevante. In caso di infezione, l’infusione di inebilizumab deve essere posticipata fino a quando l’infezione non si è risolta. I pazienti devono essere avvisati di riferire immediatamente al medico i sintomi di infezione. Se un paziente sviluppa un’infezione opportunistica seria o infezioni ricorrenti, deve essere presa in considerazione l’interruzione del trattamento se i livelli di Ig indicano una compromissione del sistema immunitario.

Le infezioni più comuni riferite dai pazienti con NMOSD trattati con inebilizumab nel periodo randomizzato controllato (randomised controlled period, RCP) e nel periodo in aperto (open-label period, OLP) hanno incluso infezione delle vie urinarie (26,2%), nasofaringite (20,9%), infezione delle vie respiratorie superiori (15,6%), influenza (8,9%) e bronchite (6,7%).

Riattivazione del virus dell’epatite B

Il rischio di riattivazione dell’HBV è stato osservato con altri anticorpi che causano la deplezione delle cellule B. I pazienti con HBV cronico sono stati esclusi dalle sperimentazioni cliniche con inebilizumab. Prima dell’inizio del trattamento con inebilizumab tutti i pazienti devono essere sottoposti allo screening per l’HBV. Inebilizumab non deve essere somministrato a pazienti con epatite attiva dovuta a HBV che sono positivi per l’antigene di superficie dell’epatite B (HBsAg) o per gli anticorpi anti-core del virus dell’epatite B (HBcAb). I pazienti che sono portatori cronici dell’HBV [HBsAg+] devono consultare un esperto in malattie epatiche prima dell’inizio del trattamento e durante il trattamento (vedere paragrafo 4.3).

Virus dell’epatite C

I pazienti positivi per l’HCV sono stati esclusi dalle sperimentazioni cliniche con inebilizumab. Lo screening al basale per l’HCV è necessario per individuare e iniziare il trattamento prima dell’inizio del trattamento con inebilizumab.

Tubercolosi

Prima di iniziare il trattamento con inebilizumab, i pazienti devono eseguire i test per la tubercolosi attiva e l’infezione latente. I pazienti con tubercolosi attiva o screening positivo per la tubercolosi non precedentemente trattata in modo appropriato devono rivolgersi a esperti in malattie infettive prima di iniziare il trattamento con inebilizumab.

Leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML)

La PML è un’infezione virale opportunistica del cervello causata dal virus di John Cunningham (JCV) che si manifesta tipicamente nei pazienti immunocompromessi e che può causare morte o disabilità grave. Infezione da JCV sfociata in PML è stata osservata in pazienti trattati con altri anticorpi che causano la deplezione delle cellule B.

Nelle sperimentazioni cliniche con inebilizumab, un soggetto è morto dopo aver sviluppato nuove lesioni cerebrali per le quali non è stato possibile fare una diagnosi definitiva. Ad ogni modo, la diagnosi differenziale includeva un attacco di NMOSD atipico, PML o encefalomielite disseminata acuta.

I medici devono vigilare per individuare sintomi clinici o reperti della risonanza magnetica (RM) che possono essere suggestivi di PML. I reperti della RM possono essere evidenti prima dei segni o sintomi clinici. I sintomi tipici associati alla PML sono diversi, progrediscono in giorni o in settimane e includono debolezza progressiva in un lato del corpo o goffaggine degli arti, disturbo visivo e alterazioni del pensiero, della memoria e dell’orientamento che causano confusione e alterazione della personalità.

Al primo segno o sintomo suggestivo di PML, il trattamento con inebilizumab deve essere sospeso fino a che la PML non sia stata esclusa. Devono essere prese in considerazione ulteriori valutazioni, tra cui una consulenza neurologica, una RM preferibilmente con mezzo di contrasto, l’esame del liquido cefalorachidiano per il DNA del virus di JC e una ripetizione delle valutazioni neurologiche. Se confermata, il trattamento con inebilizumab deve essere interrotto.

Neutropenia tardiva

Sono stati riportati casi di neutropenia a esordio tardivo (vedere paragrafo 4.8). Sebbene alcuni casi fossero di Grado 3, la maggior parte era di Grado 1 o 2. Sono stati riportati casi di neutropenia a esordio tardivo almeno 4 settimane dopo l’ultima infusione di inebilizumab. In pazienti con segni e sintomi di infezione si raccomanda la conta dei neutrofili ematici.

Trattamento dei pazienti gravemente immunocompromessi

I pazienti gravemente immunocompromessi non devono essere trattati fino a quando la condizione non si è risolta (vedere paragrafo 4.3).

Inebilizumab non è stato testato insieme ad altri immunosoppressori. Se combinato con altre terapie immunosoppressive, si deve considerare la possibilità di un aumento deglieffeti immunosoppressivi.

I pazienti con immunodeficienza congenita o acquisita nota, incluse infezione da HIV o splenectomia, non sono stati studiati.

Vaccinazioni

In base alle linee guida sull’immunizzazione, tutte le immunizzazioni devono essere somministrate almeno 4 settimane prima dell’inizio del trattamento con inebilizumab. L’efficacia e la sicurezza dell’immunizzazione con vaccini vivi o vivi attenuati dopo la terapia con inebilizumab non sono state studiate e la vaccinazione con vaccini vivi o vivi attenuati non è raccomandata durante il trattamento e fino a replezione delle cellule B.

Ai lattanti di madri esposte a inebilizumab durante la gravidanza non devono essere somministrati vaccini vivi o vivi attenuati prima che nel lattante sia stato confermato il recupero della conta delle cellule B. La deplezione delle cellule B nei lattanti esposti può aumentare i rischi dei vaccini vivi o vivi attenuati. I vaccini non vivi, come indicato, possono essere somministrati prima del recupero dalla deplezione delle cellule B e dei livelli di Ig, ma deve essere presa in considerazione la consulenza con uno specialista qualificato che stabilisca se è stata raggiunta una risposta immunitaria protettiva.

Tempo di replezione delle cellule B

Il tempo fino alla replezione delle cellule B dopo la somministrazione di inebilizumab non è noto. La deplezione delle cellule B al di sotto del limite di normalità è stata mantenuta nel 94% dei pazienti per almeno 6 mesi dopo il trattamento.

Gravidanza

Come misura precauzionale, è preferibile evitare l’uso di inebilizumab durante la gravidanza e nelle donne in età fertile che non utilizzano metodi di contraccezione (vedere paragrafo 4.6). Le pazienti devono essere avvisate di informare il medico se è in corso o stanno pianificando una gravidanza mentre stanno assumendo inebilizumab. Le donne in età fertile devono utilizzare metodi di contraccezione efficaci (metodi che risultino in tassi di gravidanza inferiori all’1%) durante il trattamento con Uplizna e per 6 mesi dopo l’ultima somministrazione.

Tumori maligni

I medicinali immunomodulatori possono aumentare il rischio di tumori maligni. Sulla base della limitata esperienza con inebilizumab nel contesto dell’NMOSD (vedere paragrafo 4.8), i dati attuali non sembrano suggerire un aumento del rischio di tumori maligni. Tuttavia, al momento non è possibile escludere il rischio di sviluppare tumori solidi.

Contenuto di sodio

Questo medicinale contiene 48,3 mg di sodio per dose, equivalente al 2% dell’assunzione massima giornaliera raccomandata dall’OMS che corrisponde a 2 g di sodio per un adulto.

 

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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Non sono stati effettuati studi d’interazione.

La via di eliminazione principale degli anticorpi terapeutici è la clearance attraverso il sistema reticoloendoteliale. Gli enzimi del citocromo P450, le pompe di efflusso e il legame proteico non sono meccanismi coinvolti nella clearance degli anticorpi terapeutici. Pertanto, il potenziale rischio di interazioni farmacocinetiche tra inebilizumab e altri medicinali è basso.

Vaccinazioni

L’efficacia e la sicurezza dell’immunizzazione con vaccini vivi o vivi attenuati dopo la terapia con inebilizumab non sono state studiate. La risposta alla vaccinazione potrebbe essere compromessa se le cellule B sono deplete. Si raccomanda che i pazienti completino le immunizzazioni prima dell’inizio della terapia con inebilizumab (vedere paragrafo 4.4).

Immunosoppressori

Inebilizumab è stato testato, e deve essere utilizzato, in monoterapia per questa indicazione. Non ci sono dati disponibili sulla sicurezza o l’efficacia della combinazione di inebilizumab con altri immunosoppressori. Nello studio pivotale, a tutti i soggetti dopo la prima somministrazione di inebilizumab è stato somministrato un ciclo di corticosteroidi orali di 2 settimane (più 1 settimana di riduzione graduale della dose).

L’uso concomitante di inebilizumab e immunosoppressori, inclusi i corticosteroidi sistemici, può aumentare il rischio di infezione. Gli effetti di inebilizumab sulle cellule B e sulle immunoglobuline possono persistere per 6 mesi o più dopo la somministrazione.

Quando si inizia inebilizumab dopo altre terapie immunosoppressive con effetti immunitari prolungati o si iniziano altre terapie immunosoppressive con effetti immunitari prolungati dopo inebilizumab, è necessario tenere conto della durata e del meccanismo d’azione di questi medicinali a causa dei potenziali effetti immunosoppressivi additivi (vedere paragrafo 5.1).

 

04.6 Gravidanza e allattamento

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Donne in età fertile

Le donne in età fertile devono utilizzare metodi di contraccezione efficaci (metodi che risultino in tassi di gravidanza inferiori all’1%) durante il trattamento con Uplizna e per 6 mesi dopo l’ultima somministrazione.

Gravidanza

I dati sull’uso di inebilizumab nelle donne in gravidanza sono limitati. Inebilizumab è un anticorpo monoclonale IgG1 umanizzato ed è noto che le immunoglobuline attraversano la barriera placentare. Deplezione delle cellule B periferiche e linfocitopenia transitorie sono state riportate nei lattanti nati da madri esposte ad altri anticorpi che causano la deplezione delle cellule B durante la gravidanza.

Gli studi sugli animali non indicano effetti dannosi diretti o indiretti di tossicità riproduttiva; tuttavia, hanno dimostrato una deplezione delle cellule B nel fegato dei feti (vedere paragrafo 5.3).

Il trattamento con inebilizumab deve essere evitato durante la gravidanza a meno che il potenziale beneficio per la madre non superi il potenziale rischio per il feto.

In caso di esposizione durante la gravidanza, in base alle proprietà farmacologiche del medicinale e alla luce dei risultati degli studi sugli animali, una deplezione delle cellule B nei neonati può essere attesa (vedere paragrafo 5.3). La potenziale durata della deplezione delle cellule B nei lattanti esposti a inebilizumab in utero e l’impatto della deplezione delle cellule B sulla sicurezza e l’efficacia dei vaccini non sono note (vedere paragrafi 4.4 e 5.1). Di conseguenza, i neonati devono essere monitorati per individuare la deplezione delle cellule B e le vaccinazioni con vaccini contenenti virus vivi, come il vaccino contro il Bacillo Calmette-Guérin (BCG), devono essere posticipate fino a quando la conta delle cellule B del lattante non si sarà ripristinata (vedere paragrafo 4.4).

Allattamento

L’uso di inebilizumab nelle donne durante l’allattamento non è stato studiato. Non è noto se inebilizumab sia escreto nel latte materno. Nell’uomo, nei primi giorni dopo la nascita, è stata osservata l’escrezione di anticorpi IgG nel latte materno, che subito dopo diminuisce fino a concentrazioni basse.

Di conseguenza, un rischio per i neonati allattati con latte materno non può essere escluso in questo breve periodo. Successivamente, Uplizna può essere usato durante l’allattamento, se clinicamente necessario. Tuttavia, se la paziente è stata trattata con Uplizna fino agli ultimi mesi di gravidanza, l’allattamento può essere iniziato subito dopo la nascita.

Fertilità

I dati sull’effetto di inebilizumab sulla fertilità nell’uomo sono limitati; tuttavia, studi sugli animali hanno mostrato una ridotta fertilità. Il significato clinico di questi dati non clinici non è noto (vedere paragrafo 5.3).

 

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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L’attività farmacologica e le reazioni avverse segnalate fino ad oggi indicano che inebilizumab non altera o altera in modo trascurabile la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari.

 

04.8 Effetti indesiderati

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Riassunto del profilo di sicurezza

Le reazioni avverse più comunemente riportate dai pazienti trattati con inebilizumab in entrambi i periodi randomizzato controllato e in aperto sono state infezione delle vie urinarie (26,2%), nasofaringite (20,9%), infezione delle vie respiratorie superiori (15,6%), artralgia (17,3%) e dolore dorsale (13,8%).

Le reazioni avverse gravi più frequentemente riportate dai pazienti trattati con inebilizumab in entrambi i periodi randomizzato controllato e in aperto sono state infezioni (11,1%) (tra cui infezioni delle vie urinarie (4,0%), polmonite (1,8%)) e NMOSD (18%).

Tabella delle reazioni avverse

Le reazioni avverse segnalate nello studio clinico sull’uso di inebilizumab nel contesto dell’NMOSD sono elencate nella Tabella 2 in base alle seguenti categorie di frequenza: molto comune (≥1/10), comune (≥1/100, <1/10), non comune (≥1/1.000, <1/100), raro (≥1/10.000, <1/1.000), molto raro (<1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).

Tabella 2. Reazioni avverse

Classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA Reazione avversa Frequenza
Infezioni ed infestazioni Infezione delle vie urinarie, infezione delle vie respiratorie, nasofaringite, influenza Molto comune
Polmonite, cellulite, Herpes Zoster, sinusite Comune
Sepsi, ascesso sottocutaneo,
bronchiolite
Non comune
Patologie del sistema emolinfopoietico Linfopenia, neutropenia,
neutropenia a esordio tardivo
Comune
Classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA Reazione avversa Frequenza
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Artralgia, dolore dorsale Molto comune
Esami diagnostici Immunoglobuline ridotte Molto comune
Traumatismo, avvelenamento e complicazioni da procedura Reazione correlata a infusione Molto comune

Descrizione di reazioni avverse selezionate

Reazioni correlate all’infusione

Inebilizumab può causare reazioni correlate all’infusione, che possono includere cefalea, nausea, sonnolenza, dispnea, febbre, mialgia, eruzione cutanea o altri sintomi. Tutti i pazienti sono stati premedicati. Reazioni all’infusione sono state osservate nel 9,2% dei pazienti con NMOSD durante il primo ciclo di inebilizumab, rispetto al 10,7% dei pazienti trattati con placebo. Le reazioni correlate all’infusione sono state più comuni con la prima infusione, ma sono state osservate anche durante le infusioni successive. La maggior parte delle reazioni correlate all’infusione riportate nei pazienti trattati con inebilizumab è stata di gravità lieve o moderata.

Infezioni

Un’infezione è stata riportata dal 74,7% dei pazienti con NMOSD trattati con inebilizumab nelperiodo randomizzato controllato e nel periodo in aperto. Le infezioni più comuni hanno incluso infezione delle vie urinarie (26,2%), nasofaringite (20,9%), infezione delle vie respiratorie superiori (15,6%), influenza (8,9%) e bronchite (6,7%). Le infezioni serie riferite da più di un paziente trattato con inebilizumab sono state infezione delle vie urinarie (4,0%) e polmonite (1,8%). Per le azioni da adottare in caso di infezione, vedere paragrafo 4.4.

Infezioni opportunistiche e serie

Durante il periodo randomizzato controllato non si sono verificate infezioni opportunistiche in alcun gruppo di trattamento e un’unica reazione avversa infettiva (polmonite atipica) si è verificata in un paziente trattato con inebilizumab. Durante il periodo in aperto, 2 pazienti trattati con inebilizumab (0,9%) hanno manifestato un’infezione opportunistica (una delle quali non è stata confermata) e pazienti trattati con inebilizumab (1,4%) hanno avuto una reazione avversa infettiva di Grado 4. Per le azioni da adottare in caso di infezione, vedere paragrafo 4.4.

Esami di laboratorio anormali

Immunoglobuline ridotte

In linea con il suo meccanismo d’azione, i livelli medi delle immunoglobuline sono ridotti con l’uso di inebilizumab. Al termine del periodo randomizzato controllato di 6,5 mesi, le percentuali dei pazienti con livelli al di sotto del limite inferiore di normalità sono state le seguenti: IgA 9,8% inebilizumab e 3,1% placebo, IgE 10,6% inebilizumab e 12,5% placebo, IgG 3,8% inebilizumab e 9,4% placebo, IgM 29,3% inebilizumab e 15,6% placebo. È stata segnalata un’unica reazione avversa di IgG ridotte (Grado 2, durante il periodo in aperto). La percentuale di pazienti trattati con inebilizumab con livelli di IgG al di sotto del limite inferiore di normalità è stata del 7,4% dopo 1 anno e del 9,9% dopo 2 anni. Con un’esposizione mediana di 3,2 anni, la frequenza di una riduzione delle IgG moderata (da 300 a <500 mg/dL) è stata del 14,2% e la frequenza di una riduzione delle IgG grave (<300 mg/dL) è stata del 3,6%.

Conta dei neutrofili ridotta

Dopo 6,5 mesi di trattamento, sono state osservate conte dei neutrofili comprese tra 1,0 e 1,5 x 109/L (Grado 2) nel 7,5% dei pazienti trattati con inebilizumab, rispetto all’1,8% dei pazienti trattati con placebo. Conte dei neutrofili comprese tra 0,5 e 1,0 x 109/L (Grado 3) sono state osservate nell’1,7% dei pazienti trattati con inebilizumab, rispetto allo 0% dei pazienti trattati con placebo. La neutropenia è stata generalmente transitoria e non associata a infezioni serie.

Conta linfocitaria ridotta

Dopo 6,5 mesi di trattamento, una riduzione della conta linfocitaria è stata osservata più comunemente nei pazienti trattati con inebilizumab rispetto al placebo: una conta linfocitaria compresa tra 500 e <800/mm3 (Grado 2) è stata osservata nel 21,4% dei pazienti trattati con inebilizumab, rispetto al 12,5% dei pazienti trattati con il placebo. Conte linfocitarie comprese tra 200 e <500/mm3 (Grado 3) sono state osservate nel 2,9% dei pazienti trattati con inebilizumab, rispetto all’1,8% dei pazienti trattati con il placebo. Questo risultato è coerente con il meccanismo d’azione di deplezione delle cellule B, essendo le cellule B un sottotipo della popolazione linfocitaria.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell’allegato V

.

 

04.9 Sovradosaggio

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La dose massima di inebilizumab testata nei pazienti autoimmuni è stata 1.200 mg, somministrata in due infusioni endovenose da 600 mg a distanza di 2 settimane l’una dall’altra. Le reazioni avverse sono state simili a quelle osservate nello studio clinico pivotale con inebilizumab.

Non esiste un antidoto specifico in caso di sovradosaggio; l’infusione deve essere interrotta immediatamente e il paziente deve essere tenuto sotto osservazione per individuare eventuali reazioni correlate all’infusione (vedere paragrafo 4.4). Il paziente deve essere monitorato attentamente per individuare segni o sintomi di reazioni avverse e deve essere istituita una cura di supporto secondo necessità.

 

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

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Categoria farmacoterapeutica: immunosoppressori, immunosoppressori selettivi, codice ATC: L04AA47 Meccanismo d’azione

Inebilizumab è un anticorpo monoclonale che si lega specificamente al CD19, un antigene presente sulla superficie cellulare dei linfociti B maturi e delle cellule pre-B, inclusi i plasmablasti e alcune cellule plasmatiche. In seguito al legame della superficie cellulare ai linfociti B, inebilizumab innesca una citolisi cellulare anticorpo-dipendente (antibody-dependent cellular cytolysis, ADCC) e una fagocitosi cellulare anticorpo-dipendente (antibody-dependent cellular phagocytosis, ADCP). Si ritiene che le cellule B giochino un ruolo centrale nella patogenesi della NMOSD. L’esatto meccanismo d’azione in base al quale inebilizumab esercita i suoi effetti terapeutici nella NMOSD non è noto, ma si presume che coinvolga la deplezione delle cellule B e può includere la soppressione della secrezione anticorpale, la presentazione dell’antigene, l’interazione delle cellule B e T e la produzione di mediatori infiammatori.

Effetti farmacodinamici

Le proprietà farmacodinamiche di inebilizumab sono state stabilite con un test per le cellule B CD20+, dal momento che inebilizumab può interferire con il test per le cellule B CD19+. Il trattamento con inebilizumab riduce la conta ematica delle cellule B CD20+ entro 8 giorni dopo l’infusione. In uno studio clinico condotto su 174 pazienti, la conta delle cellule B CD20+ è scesa al di sotto del limite inferiore di normalità entro 4 settimane nel 100% dei pazienti trattati con inebilizumab ed è rimasta al di sotto di tale limite per 28 settimane dopo l’inizio del trattamento nel 94% dei pazienti. Il tempo fino alla replezione delle cellule B dopo la somministrazione di inebilizumab non è noto.

Nello studio pivotale su pazienti con NMOSD, la prevalenza di anticorpi anti-farmaco (anti-drug antibodies, ADA) al termine del periodo in aperto è stata del 14,7%; l’incidenza complessiva di ADA emergenti dal trattamento è stata del 7,1% (16/225) e la manifestazione e il titolo delle misurazioni ADA-positive sono diminuiti nel tempo con il trattamento con inebilizumab. Lo stato ADA-positivo non è parso avere un impatto clinicamente rilevante sui parametri farmacocinetici e farmacodinamici (cellule B) e non ha influito sul profilo di sicurezza a lungo termine. Non c’è stato un effetto apparente dello stato di ADA sull’endpoint di efficacia; tuttavia, non è stato possibile valutare appieno l’impatto a causa della bassa incidenza di ADA associati al trattamento con inebilizumab.

Efficacia e sicurezza clinica

L’efficacia di inebilizumab per il trattamento della NMOSD è stata studiata in uno studio clinico randomizzato (3:1), in doppio cieco, controllato con placebo condotto su adulti con NMOSD sieropositivi o sieronegativi per le IgG AQP4. Lo studio ha incluso pazienti che avevano avuto almeno un attacco acuto di NMOSD nell’anno precedente o almeno 2 attacchi nei 2 anni precedenti e che avevano richiesto una terapia di salvataggio (ad esempio steroidi, plasmaferesi, somministrazione endovenosa di immunoglobuline) e presentavano un punteggio alla scala EDSS (Expanded Disability Severity Scale) ≤7,5 (i pazienti con un punteggio di 8,0 erano eleggibili se ragionevolmente in grado di partecipare). Sono stati esclusi i pazienti precedentemente trattati con terapie immunosoppressive entro un intervallo specificato per ognuna di queste terapie. Non erano consentite terapie immunosoppressive di base per la prevenzione degli attacchi di NMOSD. Nello studio pivotale, all’inizio del trattamento con inebilizumab, è stato somministrato un ciclo di 2 settimane di corticosteroidi orali (più 1 settimana di riduzione graduale della dose).

I pazienti sono stati trattati con infusioni endovenose di inebilizumab di 300 mg il Giorno 1 e il Giorno 15, o placebo corrispondente, e quindi seguiti per un periodo massimo di 197 giorni o fino a un attacco aggiudicato, definito periodo randomizzato controllato (randomised-controlled period, RCP). Tutti i potenziali attacchi sono stati valutati in cieco da un Comitato di Aggiudicazione (CA) indipendente, in cieco, che ha stabilito se l’attacco rispettava o meno i criteri definiti nel protocollo. I criteri per l’attacco hanno riconosciuto attacchi in tutti i domini interessati dalla NMOSD (neurite ottica, mielite, cervello e tronco encefalico) e includevano criteri basati esclusivamente su manifestazioni cliniche sostanziali e criteri che hanno rivalutato esiti clinici più modesti con l’uso della RM (vedere Tabella 3).

Tabella 3. Panoramica dei criteri definiti nel protocollo per un attacco di NMOSD

Dominio Sintomi rappresentativi Esiti esclusivamente clinici Esiti clinici PIÙ radiologici
Nervo ottico Visione annebbiata
Perdita della visione Dolore oculare
8 criteri basati su
alterazioni dell’acuità visiva o difetto pupillare
3 criteri basati su alterazioni dell’acuità visiva o RAPD e presenza
Dominio Sintomi
rappresentativi
Esiti esclusivamente
clinici
Esiti clinici PIÙ radiologici
afferente relativo (relative afferent
pupillary defect, RAPD)
di reperti RM del nervo ottico corrispondenti
Midollo spinale Dolore profondo o radicolare Parestesia degli arti Debolezza Disfunzione dello sfintere
Segno di Lhermitte (non isolato)
2 criteri basati sulle alterazioni dei punteggi relativi ai sistemi funzionali piramidale, vescicale/intestinale o sensoriale 2 criteri basati sulle alterazioni dei punteggi relativi ai sistemi funzionali piramidale, vescicale/intestinale o sensoriale PIÙ reperti RM del midollo spinale corrispondenti
Tronco encefalico Nausea
Vomito intrattabile Singhiozzo intrattabile Altri segni neurologici (ad esempio visione doppia, disartria, disfagia, vertigine, paralisi oculomotoria, debolezza, nistagmo,
altre anomalie dei nervi cranici)
Nessuno 2 criteri basati sui sintomi o sulle alterazioni dei punteggi relativi ai sistemi funzionalitroncoencefalico/cerebellare PIÙ reperti RM troncoencefalici corrispondenti
Cervello Encefalopatia Disfunzione ipotalamica Nessuno 1 criterio basato sulle alterazioni dei punteggi relativi ai sistemi funzionali cerebrale/sensoriale/piramidale PIÙ reperti RM del cervello
corrispondenti

I pazienti con un attacco, determinato dal CA, nel periodo randomizzato controllato, o che avevano completato la visita del giorno 197 senza un attacco, sono usciti dal periodo randomizzato controllato e hanno avuto la possibilità di essere arruolati in un periodo in aperto e iniziare oppure proseguire il trattamento con inebilizumab.

Sono stati arruolati 230 pazienti totali: 213 pazienti erano sieropositivi per le IgG AQP4 e 17 erano sieronegativi; nel periodo randomizzato controllato dello studio, 174 pazienti sono stati trattati con inebilizumab e 56 con il placebo. Dei 213 pazienti sieropositivi per le IgG AQP4, 161 sono stati trattati con inebilizumab e 52 con il placebo nel periodo randomizzato controllato dello studio. Sono presentati i risultati basali e di efficacia dei pazienti sieropositivi per le IgG AQP4.

Le caratteristiche demografiche basali e della malattia erano equilibrate tra i 2 gruppi di trattamento (vedere Tabella 4).

Tabella 4. Caratteristiche demografiche e basali dei pazienti con NMOSD sieropositivi per le IgG AQP4

Caratteristica Placebo N = 52 Inebilizumab N = 161 Complessivo N = 213
Età (anni): media (deviazione standard [DS]) 42,4 (14,3) 43,2 (11,6) 43,0 (12,3)
Età ≥65 anni, n (%) 4 (7,7) 6 (3,7) 10 (4,7)
Sesso: Maschi, n (%) 3 (5,8) 10 (6,2) 13 (6,1)
Sesso: Femmine, n (%) 49 (94,2) 151 (93,8) 200 (93,9)
Scala EDSS (Expanded disability status scale): media (DS) 4,35 (1,63) 3,81 (1,77) 3,94 (1,75)
Durata della malattia (anni): media (DS) 2,92 (3,54) 2,49 (3,39) 2,59 (3,42)
Numero di recidive precedenti: ≥2, n (%) 39 (75,0) 137 (85,1) 176 (82,6)
Tasso di recidiva annualizzato: media (DS) 1,456 (1,360) 1,682 (1,490) 1,627 (1,459)

Se necessario, è stata avviata la terapia di salvataggio per gli attacchi di NMOSD. Tutti i pazienti sono stati premedicati prima della somministrazione del farmaco sperimentale per ridurre il rischio di reazioni correlate all’infusione.

L’endpoint di efficacia primario è stato il tempo (giorni) trascorso dal Giorno 1 alla comparsa di un attacco di NMOSD, determinato dal CA, il Giorno 197 o prima. Altri endpoint chiave di efficacia secondari hanno incluso il peggioramento del punteggio EDSS all’ultima visita rispetto al basale durante il periodo randomizzato controllato, la variazione dal basale del punteggio dell’acuità visiva binoculare a basso contrasto, misurato in base al grafico degli anelli o C di Landolt a basso contrasto nell’ultima visita durante il periodo randomizzato controllato, le lesioni attive totali cumulative alla RM (nuova captazione di gadolinio o lesioni T2 nuove/ingrandite) durante il periodo randomizzato controllato, e il numero di ospedalizzazioni associate alla NMOSD. Era considerata un peggioramento del punteggio EDSS la presenza di uno dei seguenti criteri: (1) peggioramento di 2 o più punti del punteggio EDSS nei pazienti con punteggio basale di 0; (2) peggioramento di 1 o più punti del punteggio EDSS nei pazienti con un punteggio basale da 1 a 5; (3) peggioramento di 0,5 o più punti del punteggio EDSS nei pazienti con un punteggio basale di 5,5 o superiore. Sebbene non ci fossero comparatori disponibili durante il periodo in aperto, è stato determinato il tasso di attacchi annualizzato sia per il periodo di trattamento randomizzato che in aperto.

I risultati dei pazienti sieropositivi per le IgG AQP4 sono presentati nella Tabella 5 e nella Figura 1. In questo studio, il trattamento con inebilizumab ha ridotto in maniera statisticamente significativa il rischio di attacco di NMOSD, come determinato dal CA, rispetto al trattamento con placebo (rapporto di rischio: 0,227, p <0,0001; riduzione del 77,3% del rischio di attacco di NMOSD, determinato dal CA) nei pazienti sieropositivi per le IgG AQP4. Non sono stati osservati benefici del trattamento nei pazienti sieronegativi per le IgG AQP4.

Nel gruppo inebilizumab il peggioramento del punteggio EDSS è stato significativamente inferiore rispetto al gruppo placebo (14,9% rispetto al 34,6% dei soggetti). Non ci sono state differenze nel punteggio dell’acuità visiva binoculare a basso contrasto tra i bracci dello studio. Il numero cumulativo medio di lesioni totali attive alla RM (1,7 rispetto a 2,3) e il numero cumulativo medio di ospedalizzazioni associate alla NMOSD (1,0 rispetto a 1,4) erano ridotti nel gruppo dello studio trattato con inebilizumab.

Tabella 5. Risultati di efficacia dello studio pivotale nei pazienti con NMOSD sieropositivi per le IgG AQP4

Gruppo di trattamento
Placebo N = 52 Inebilizumab N = 161
Tempo fino a un attacco determinato dal Comitato di aggiudicazione (endpoint di efficacia primario)
Numero (%) di pazienti con un attacco 22 (42,3%) 18 (11,2%)
Rapporto di rischio (IC al 95%)a 0,227 (0,1214-0,4232)
Valore pa <0,0001

a Metodo della regressione di Cox, con il placebo come gruppo di riferimento.

<.. image removed ..> Probabilità di essere liberi da attacchi

Figura 1. Grafico di Kaplan-Meier del tempo fino al primo attacco di NMOSD determinato dal CA durante il periodo randomizzato controllato in pazienti sieropositivi per le IgG AQP4 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2 (Inebilizumab) L’87,6% dei partecipanti non ha avuto attacchi (Giorno 197)

+ Censurato

Riduzione del 77,3% del rischio di attacco di NMOSD determinato dal CA durante il periodo randomizzato controllato; rapporto di rischio (IC al 95%): 0,227 (0,121- 0,423); p <0,0001 (Placebo) Il 56,6% dei partecipanti non ha avuto attacchi

(Giorno 197)

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1 29 57 85 113 141 169 197
Numero a rischio
Inebilizumab 161 157 146 135 129 127 122 88
Placebo 52 49 44 38 37 29 27 16

Tempo fino all’attacco (giorni)

CA: comitato di aggiudicazione; IgG AQP4: immunoglobuline G anti-aquaporina-4; IC: intervallo di confidenza; NMOSD: disturbo dello spettro della neuromielite ottica.

Nei periodi randomizzato controllato e in aperto, il tasso di attacchi di NMOSD determinati dal CA è stato analizzato come endpoint secondario e, nei pazienti sieropositivi per le IgG AQP4 trattati con inebilizumab, il risultato è stato di 0,09.

L’Agenzia europea dei medicinali ha rinviato l’obbligo di presentare i risultati sugli studi con inebilizumab in uno o più sottogruppi della popolazione pediatrica per la NMOSD (vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico).

 

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

Assorbimento

Inebilizumab è somministrato mediante infusione endovenosa.

Distribuzione

In base all’analisi farmacocinetica di popolazione, il volume di distribuzione centrale e periferico tipico stimato di inebilizumab è stato, rispettivamente, di 2,95 L e 2,57 L.

Biotrasformazione

Inebilizumab è un anticorpo monoclonale IgG1 umanizzato che viene degradato da enzimi proteolitici largamente distribuiti nel corpo.

Eliminazione

Nei pazienti adulti con NMOSD, l’emivita di eliminazione terminale è stata approssimativamente di 18 giorni. Dall’analisi farmacocinetica di popolazione, la clearance sistemica stimata di inebilizumab della via di eliminazione principale è stata di 0,19 L/die. A bassi livelli di esposizione farmacocinetica, inebilizumab era probabilmente soggetto a clearance mediata dal recettore (CD19), che è diminuita nel tempo presumibilmente a causa della deplezione delle cellule B da parte di inebilizumab.

Popolazioni speciali

Popolazione pediatrica

Inebilizumab non è stato studiato negli adolescenti o nei bambini.

Anziani

In base all’analisi farmacocinetica di popolazione, l’età non ha avuto effetti sulla clearance di inebilizumab.

Sesso, razza

Un’analisi farmacocinetica di popolazione ha indicato che non ci sono stati effetti significativi del sesso e della razza sulla clearance di inebilizumab.

Compromissione renale

Non sono stati condotti studi clinici formali per investigare l’effetto della compromissione renale su inebilizumab. A causa dell’elevato peso molecolare e dell’elevata dimensione idrodinamica di un anticorpo monoclonale IgG, non è atteso che inebilizumab venga filtrato attraverso il glomerulo. In base all’analisi farmacocinetica di popolazione, la clearance di inebilizumab nei pazienti con gradi variabili di compromissione renale è stata comparabile a quella dei pazienti con una velocità stimata di filtrazione glomerulare normale.

Compromissione epatica

Non sono stati condotti studi clinici formali per investigare l’effetto della compromissione epatica su inebilizumab. Negli studi clinici, nessun soggetto con compromissione epatica severa è stato esposto a inebilizumab. Gli anticorpi monoclonali IgG non vengono eliminati principalmente per via epatica; di conseguenza, non è atteso che alterazioni della funzionalità epatica influenzino la clearance di inebilizumab. In base all’analisi farmacocinetica di popolazione, i biomarcatori della funzionalità epatica basale (AST, ALP e bilirubina) non hanno avuto un effetto clinicamente rilevante sulla clearance di inebilizumab.

 

05.3 Dati preclinici di sicurezza

Indice

I dati preclinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di sicurezza farmacologica, tossicità a dosi ripetute, genotossicità e potenziale cancerogeno.

Inebilizumab è stato valutato in uno studio combinato sulla fertilità e sullo sviluppo embriofetale in topi maschi e femmine Tg huCD19 a dosi di 3 e 30 mg/kg somministrate per via endovenosa. Non ci sono stati effetti sullo sviluppo embriofetale, ma si è verificata una riduzione dell’indice di fertilità associata al trattamento con entrambe le dosi testate. La rilevanza di questo risultato per l’uomo non è nota. Inoltre, è stata osservata una riduzione delle popolazioni delle cellule B a livello del sito di sviluppo delle cellule B nei feti di topi nati da animali trattati con inebilizumab, rispetto ai nati dagli animali di controllo, suggerendo che inebilizumab attraversi la placenta e causi la deplezione delle cellule B.

Nello studio combinato sulla fertilità e sullo sviluppo embriofetale sono stati raccolti solo campioni tossicocinetici sparsi; in base alla concentrazione massima (Cmax) della prima dose, i multipli dell’esposizione a 3 e 30 mg/kg nei topi femmina Tg huCD19 Tg sono stati rispettivamente 0,4 e volte la dose terapeutica clinica di 300 mg.

In uno studio sullo sviluppo pre-/post-natale in topi transgenici, la somministrazione di inebilizumab ad animali gravidi dal giorno 6 di gestazione fino al giorno 20 dell’allattamento ha prodotto una deplezione delle popolazioni di cellule B nella prole dopo 50 giorni dalla nascita. Le popolazioni di cellule B nella prole si sono ristabilite entro il Giorno 357 dopo la nascita. La risposta immunitaria al neoantigene nella prole di animali trattati con inebilizumab è stata ridotta rispetto ai nati dagli animali di controllo, indicando una compromissione della funzionalità normale delle cellule B.

 

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

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Istidina Istidina cloridrato monoidrato Sodio cloruro Trealosio diidrato Polisorbato 80 (E433) Acqua per preparazioni iniettabili

 

06.2 Incompatibilità

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In assenza di studi di compatibilità, questo medicinale non deve essere miscelato con altri medicinali.

 

06.3 Periodo di validità

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3 anni Periodo di validità dopo la diluizione La soluzione per infusione preparata deve essere somministrata immediatamente. Se non può essere somministrata immediatamente, conservare fino a 24 ore in frigorifero a una temperatura compresa tra 2 °C e 8 °C o 4 ore a temperatura ambiente prima dell’inizio dell’infusione.

 

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

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Conservare in frigorifero (2 °C – 8 °C). Non congelare.

Conservare nella confezione originale per proteggere il medicinale dalla luce. Per le condizioni di conservazione dopo la diluizione vedere paragrafo 6.3.

 

06.5 Natura e contenuto della confezione

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10 mL di concentrato in un flaconcino di vetro di tipo 1 con un tappo in elastomero e un cappuccio rimovibile in alluminio grigio nebbia.

Confezione da 3 flaconcini.

 

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

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Preparazione della soluzione per infusione

Prima di iniziare l’infusione endovenosa, la soluzione per infusione preparata deve essere tenuta a temperatura ambiente tra 20 °C e 25 °C.

Il concentrato deve essere ispezionato visivamente per escludere la presenza di particelle e alterazioni cromatiche. Il flaconcino deve essere smaltito se la soluzione è torbida, presenta alterazioni cromatiche o contiene una discreta quantità di particelle estranee.

Il flaconcino non deve essere agitato.

Il flaconcino deve essere conservato in posizione verticale.

Procurarsi una sacca per infusione endovenosa contenente 250 mL di sodio cloruro 9 mg/mL (0.9%) soluzione iniettabile. Non utilizzare altri diluenti per diluire inebilizumab poiché il loro uso non è stato testato.

Prelevare 10 mL di Uplizna da ognuno dei 3 flaconcini contenuti nella scatola e trasferire un totale di 30 mL nella sacca per infusione endovenosa da 250 mL. Miscelare la soluzione diluita capovolgendo delicatamente. Non agitare la soluzione.

Smaltimento

Il medicinale non utilizzato e i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.

 

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

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Horizon Therapeutics Ireland DAC 70 St. Stephen’s Green Dublin 2 D02 E2X4 Irlanda

 

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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EU/1/21/1602/001

 

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

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Data della prima autorizzazione: 25 Aprile 2022.

 

10.0 Data di revisione del testo

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Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: 28/03/2023