Colite ulcerosa

Colite ulcerosa

La Colite Ulcerosa o Rettocolite Ulcerosa è una malattia autoimmune che interessa il tratto gastro-intestinale e rientra tra le “malattie infiammatorie croniche intestinali” – (IBD).

Si tratta di una patologia a decorso protratto con fasi di remissione e altre di recrudescenza, è causa di una importante infiammazione che interessa soltanto il grosso intestino, il colon, localizzandosi sempre e comunque nel tratto terminale, ovvero la regione del retto e del sigma differenziandosi quindi dal Morbo di Crohn.

Si definisce proctite quando l’infiammazione è localizzata al livello del retto-sigma.

Epidemiologia

La Colite Ulcerosa risulta più frequente nei paesi maggiormente industrializzati, soprattutto in ambienti cittadini.

Essa si manifesta in un lasso di tempo che va dalla terza alla sesta decade di età dell’individuo, ma può colpire a qualunque età anche pediatrica, senza differenze tra sesso maschile e femminile.

Inizialmente si pensava che (a differenza della malattia di Crohn), il fumo di sigaretta fosse un fattore positivo nei confronti della Colite Ulcerosa, in quanto nei fumatori si nota un aumento della mucosa intestinale ma proporzionalmente anche una maggiore capacità infiammatoria.

Un fattore protettivo è l’appendicectomia, con meccanismo biologico ancora sconosciuto, ma con forte evidenza di carattere unicamente statistico.

In particolare si calcola che globalmente la Colite Ulcerosa e il Morbo di Crohn colpiscano oltre 100.000 persone in Italia.

Si è cercato di calcolare quante persone potrebbero essere colpite ogni anno e si ipotizza un’incidenza pari a 8,1 nuovi casi per 100.000 abitanti, considerando la popolazione adulta, distribuita in modo pressoché uniforme in entrambi i sessi.

Patogenesi

Sebbene la Colite Ulcerosa come le altre malattie infiammatorie croniche siano un’entità riconosciuta ormai da oltre 100 anni, l’eziopatogenesi di queste non è ancora stata definita chiaramente.

Vi è accordo sull’ipotesi patogenetica secondo cui negli individui geneticamente predisposti sia fattori esogeni (agenti infettivi/flora intestinale alterata) che endogeni (funzione di barriera dell’intestino, vascolarizzazione, attività neuronale) causano una alterazione cronica della della funzione immunitaria della mucosa intestinale.

Tuttavia la ricerca di uno specifico agente causale della Colite Ulcerosa non ha dato risultati soddisfacenti, ma è appurato che in condizioni normale l’intestino è in continuo stato di allarme pronto a reagire contro i microorganismi patogeni, dopo la normale reazione infiammatoria la risposta immunitaria viene rapidamente smorzata con riparazione tissutale.

Nelle malattie infiammatorie croniche questo processo non avviene regolarmente a causa dei segueni fattori:

Fattori Genetici Sembrano essere coinvolti almeno una trentina di geni e in particolare sono stati riconosciute 12 regioni del genoma che possono essere collegati alla colite ulcerosa, includendo i cromosomi 16, 12, 6, 14, 5, 19, 1, 16, e 3, per ordine di scoperta.

Frequente è inoltre l’associazione della Colite Ulcerosa con la mutazioni di alleli che codificano per il complesso maggiore di istocompatibilità HLA-DR2,geni immunoregolatori quali l’allele R241 (che codifica per una molecola di adesione intercellulare) e l’allele 2 (recettore antagonista dell’interleuchina 1).

Tuttavia è più probabile che il disordine genetico sia ascrivibile ad una combinazione di geni piuttosto che ad uno solo di essi.

Fattori ambientali Data la sua più alta prevalenza nelle zone occidentali come per il Morbo di Crohn si presuppone che probabilmente vi sia anche per la Colite Ulcerosa una stretta correlazione con gli alimenti assunti nella dieta.

Anche in questo caso è stata infatti trovata una relazione positiva fra il consumo eccessivo di carni e un fattore protettivo nelle proteine vegetali e del pesce.

Inoltre anche l’uso della contraccezione ormonale sembra determinare un aumento del tasso di incidenza della malattia mentre sembra essere l’unica fra le infiammazioni croniche a non avere correlazione con eventuali abitudini tabagiche.

Sitema immunitario Il meccanismo alla base della alterazione della risposta infiammoria sembra sia identico in tutte le malattie croniche intestinalei in particolare il gene, che studi hanno fortemente correlato alla malattia, è l’ATG16L1 che se mutato determina una alterazione nella attività autofagica sei macrofagi e determina una down regulation da parte dell’organismo nell’attaccare i microrganismi patogeni.

Nonostante molti studi abbiano in precendenza imputato la spiccata autoimmunità della Colite Ulcerosa con una abnorme produzione da parte delle cellule T di citochine, è molto probabile che invece l’alterazione risieda nella risposta immunitaria innata.

L’immunodeficienza è ritenuta essere la causa dell’elevata risposta infiammatoria, in particolare nel colon, dove la carica batterica è particolarmente elevata.

Alterazioni istopatologiche

La Colite Ulcerosa è caratterizzato da alterazioni di tipo macro e microscopico che la rendono differente dalle altre sindromi infiammatorie intestinali.

Alterazioni macroscopiche: in circa il 40-50% dei casi la malattia è limitata al retto e al sigma, nel 30-40% dei casi si estende oltre il sigma senza comunque interessare tutto il colon e nel 20% dei casi colpisce l’intero colon.

L’estensione della patologia è continua non procede a salto e non lascia quindi aree indenni di mucosa.

Questa nella forma lieve appare iperemica, edematosa, con fini granulosità superficiali assumendo un aspetto a carta vetrata.

Nella forma a decorso più grave a mucosa è edematosa, facilmente sanguinante e ulcerata.

Con il proseguire dell’insulto infiammatorio cronico si arriva alla formazione di pseudopolipi da rigenerazione epiteliale fino ad atrofia con perdita delle normali caratteristiche e l’intero colon si presenta stretto e accorciato.

Un rischio effettivo per questi pazienti è la colitefulminante con sviluppo di Megacolon tossico.

Microscopico: Il processo è limitato a mucosa e sottomucosa con estensione ai tratti più profondi solo nella forma di colitefulminante.

Due sono le caratteristiche istologiche che sono indicative di cronicità:

1) Distorsione delle cripte: queste appaiono bifide e ridotte di numero con uno spazio interposto fra la base e la muscolaris mucosae.

2) Multipli aggregati linfatici: con presenza di aggregati macrofagici a livello basale con associata congestione vascolare, edema, emorragia e infiltrato infiammatorio con neutrofili,linfociti e plasmacellule.

I neutrofili generalemte invadono l’epitelio determinando da prima criptite e successivamente vere e proprie alterazioni ascessualizzanti. Altri aspetti di cronicità possono talvolta sfociare in ipertrofia neuronale, iperplasia fibromuscolare.

Clinica

I sintomi clinici variano sia a seconda dalla gravità della malattia sia a seconda della sua localizzazione; principalmente si possono avere: diarrea, proctorragia, tenesmo, presenza di muco nelle feci e dolore addominale.

In caso di proctite si può avere comparsa di sangue rosso vivo o di muco sia commisti alle feci sia come striatura su feci normoconformate o dure.

Non di rado si può avere tenesmo, urgenza con sensazione di evacuazione incompleta e raramente dolore addominale.

In caso di proctosigmoidite, invece, il transito prossimale è rallentato determinando nei pazienti con malattia nel tratto distale stipsi.

Quando la malattia si estende oltre il retto il sangue generalmente è commisto nelle feci o può essere presente una diarrea francamente ematica.

La motilità colica è alterata per effetto della infiammazione con transito accelerato lungo l’intestino colpito.

Nelle forme più gravi si può avere diarrea liquida con sangue e pus. La diarrea è spesso notturna e/o post prandiale, sebbene il dolore addominale non sia un sintomo tipico si può avere dolenzia soprattutto nei quadranti inferiori o un dolore crampiforme nei quadranti centrali.

Altri sintomi presenti nella forma moderata-grave sono l’anoressia, nausea, vomito, febbre e calo ponderale. I segni obiettivi di proctite includono proctalgia, presenza di sangue all’esplerazione rettale, dolorabilità alla palpazione del colon.

I pazienti con colitetossica hanno di solito dolore acuto e sanguinamente, quelli con megacolon presantano timpanismo epatico. In entrambi i casi si possono avere segni di peritonite se è in atto una perforazione.

Complicanze

La Colite Ulcerosa nel 15% dei casi evolve verso forme molto gravi già al primo attacco, anche se solo nell’1% dei casi si può avere una emorraggia massiva che deve essere prontamente arrestata e trattata con emotrasfusioni (generalmente servono 6 unità di sangue per coprire le perdite).

Nella forma acuta può verificarsi l’insorgenza di Megacolon tossico in cui il diametro del colon trasverso arriva a 5-6 cm con perdita delle normali austrature.

Generalmente questo quadro si risolve con la terepia medica ma se il quadro non evolve prontamente occorre porre indicazione per una colectomia.

La perforazione è una complicanza locale temibile e i segni di peritonite possono non essere evidenti perchè molti pazienti sono in terapia con i corticosteroidi che mascherano i sintomi.

Anche le ulcerazioni profonde possono complicare in una perforazione intestinale in assenza di dilatazione.

In un 10% dei casi si possono verificare stenosi benigne che in 1/3 dei casi sono localizzati al retto e hanno bisogno di sorveglianza endoscopica seriata nel tempo per rischio di evoluzione maligna.

Infine la malattia può evolvere in fissurazioni,ascessi perianali ed emorroidi.

Diagnosi

La Diagnosi della Colite Ulcerosa si basa su:

Indagini Sierologiche: analisi del sangue con in particolare emocromo, VES, PCR, albuminemia, coprocultura, ricerca del sangue occulto nelle feci.

Nelle fasi avanzate della malattia i livelli di albumina scendono rapidamente, la coprocoltura e il parassitologico delle feci servono invece per rilevare la presenza di eventuale microrganismi patogeni in particolare della tossina prodotta dal Clostridium difficile.

Inoltre è importante dosare alcuni auto-anticorpi che risultano presenti in questa patologia in particalar modo gli ASCA (Anticorpi anti Saccharomyces crevisiae) e gli ANCA (Anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili).

Di questi il pattern tipico nella RCU è quello perinucleare (pANCA) presente nel 60-70% dei soggetti affetti.

Endoscopia: andrebbe eseguita la rettosigmoidoscopia sia prima di iniziare ogni tipo di trattamento, sia nel follow-up per valutare l’attività della malattia

Indagini radiologiche: In fase acuta dovrebbe essere eseguita la diretta addome che mostra nella forma avanzata della malattia un profilo colico edematoso con ispessimenti e dilatazioni.

La prima alterazione radiologica che si vede all’esame con il bario è un aspetto finemente granuloso della mucosa che tende con l’insulto cronico della malattia a ulcerarsi e ad assumere un aspetto a “bottone di camicia” fino alla perdita della sua normale austratura.

L’intestino con il tempo tende a farsi corto e a ridursi di calibro.

La TAC: riveste un ruolo meno importante rispetto alle altre indagini tuttavia i reperti caratteristici sono: modesto ispessimento murale (<1,5 cm) disomogenità della densità parietale, assenza di ispessimento del piccolo intestino, proliferazione del grasso mesenterico perirettale e presacrale, presenza di adenopatia.

Colite Ulcerosa e gravidanza

Per quanto riguarda la Colite Ulcerosa e la fertilità, valgono gli stessi concetti espressi per il Morbo di Crohn.

Dagli studi, infatti, è segnalato un numero inferiore di gravidanze, la cui causa risiede probabilmente nella compromissione dello stato generale.

Si segnala infatti molto spesso sia una compromissione locale data dalla infiammazione dell’apparato genitale femminile e dalla formazione di fistole, che a livello sistemico in cui si può avere anemia severa e presenza di deficit nutrizionali unitamente a disturbi ormonali.

Da non escludere inoltre, la paura, la ridotta libido (particolarmente nelle pazienti con malattia perianale o fistole rettovaginale) e lo stress indotto dalla malattia o dal consiglio di evitare la gravidanza da parte di alcuni medici.

In realtà è bene sapere che una adeguata terapia spesso determina la remissione quanto meno temporanea della patologia permettendo alla donna la normale potenzialità di concepimento.

Infatti risulta più dannosa la malattia in fase attiva per il feto che non l’uso di alcuni farmaci (come i Composti derivati dall’acido 5-aminosalicilico e i glucocorticoidi) quindi il controllo della stessa consente sia una fertilità che il concepimento di un bambino sano pari a quella della popolazione normale.

Non è dimostrata alcuna influenza delle malattie croniche intestinali sulla salute del nascituro, e non è segnalato alcun aumento di malformazioni congenite.

Un altro dato interessante è stato riportato da alcuni studi che hanno dimostrato che il parto per via vaginale con annessa episiotomia in donne che non avevano localizzazione perianale della malattia ha comportato la comparsa della stessa in questa sede, pertanto nelle pazienti con malattia perianale documentata si sconsiglia il parto per via vaginale ed in particolare l’episiotomia.

Inoltre spesso i nascituri da gestanti con morbo di Crohn tendono a essere sottopeso soprattutto in quelle donne in cui la localizzazione della malattia è a livello ileale o vi sia stato un intervento di resezione ileale.

Dati contrastanti risultano invece sulla ripresa di malattia dopo la gravidanza.

Storicamente infatti è segnalato un incremento del tasso di recidive nel post-partum ma recenti studi hanno dimostrato che il tasso di recidive per anno nei 3 anni successivi alla gravidanza è significativamente ridotto rispetto al periodo pre-gravidanza sia nella malattia di Crohn che nella Colite Ulcerosa.

Questo dato può forse essere spiegato con la modificata risposta immunitaria indotta nella madre dalla gravidanza con una maggiore tolleranza immunologica (la madre “tollera” la creatura che porta in grembo che pure è immunologicamente diversa da lei) cui potrebbe essere legata una riduzione dei processi infiammatori.

Questo effetto è più evidente in pazienti che presentano un buono stato nutrizionale al momento del concepimento rispetto alle pazienti malnutrite.

Il timore di trasmettere la malattia ai figli è uno dei più importanti temi da affrontare con la paziente interessata alla procreazione.

Gli studi su gemelli hanno chiaramente mostrato che le MICI sono malattie almeno in parte genetiche con una modalità di trasmissione complessa, non mendeliana, ovvero non sono considerate malattie genetiche che si trasmettono secondo modelli e meccanismi prevedibili.

Numerosi studi hanno dimostrato un più alto rischio di più casi di malattia nello stesso nucleo familiare avente un parente di primo grado affetto da IBD, nel Morbo di Crohn (5%) rispetto al rischio familiare di colite ulcerosa (1,6%).

Quando entrambi i genitori hanno IBD la probabilità di sviluppare IBD è addirittura del 36%.

Terapia medica

Al momento non esiste una cura per la RCU, ma come per il morbo di Crohn questa può essere adeguatamente controllata con l’uso di terapie mirate sia alla gestione dei sintomi e sia ad evitare un avanzamento della patologia. La terapia farmacologica si basa sulle seguenti categorie di farmaci

COMPOSTI DERIVATI DALL’ACIDO 5-AMINOSALICILICO:

Sono usati nel trattamento del Morbo di crohn e della Colite Ulcerosa.

Questa particolare classe di farmaci è rappresentata dalla SALAZOPIRINA (sulfasalazina) usata per la sua azione antibatterica e antinfiammatoria sia sul tessuto connettivo che sulla mucosa del colon.

La sua particolare struttura molecolare ne consente infatti il rilascio sulla mucosa del piccolo intestino dove viene metabolizzata nella sua forma attiva dalle azoriduttasi.

Questo farmaco (che agisce in maniera ottimale ad alte dosi 6-8g/die) è in grado di ridurre la progressione della malattia ma presenta numerosi effetti collaterali, alcuni dose-dipendenti (cefalea, nausea, vomito, anoressia), altri dose-indipendenti (rash cutaneo, febbre, epatite, agranulocitosi, polmonite, pancreatite, anomalie spermatiche).

Le nuove formulazioni di questo farmaco sono prive di sulfapiridina e rilasciano direttamente la Mesalazina (forma metabolicamente attiva della salazopirina) nella mucosa intestinale determinando quindi una minor tossicità sistemica.

La Mesalazina viene commercializzata come:
Asacol 400mg, Asalex, Asamax, Asavixin, Claversal, Enterasin, Mesaflor, Pentacol, Pentasa formule gastro protette a rilascio prolungato.

Tali farmaci possono essere somministrati anche per via rettale quando la patologia infiammatoria è di entita lieve-moderata.

GLUCOCORTICOIDI Quando la risposta alla precedente categoria di farmaci è scarsa si introduce nella terapia il prednisone di solito a dosaggio di 40-60 mg al giorno per os altrimenti per via endovenosa vengono usati l’ idrocortisone al dosaggio di 300 mg/die o il metilprednisolone al dosaggio di 40-60 mg/die.

Recentemente si è visto che l’uso della budesonide a rilascio ileale controllato (9mg/die per tre mesi) si è dimostrato più efficace del prednisone.

Questi farmaci sembrano dare discreti risultati anche nelle forme severe-moderate e anche sotto
forma di clisma nelle forme localizzare della malattia. Non possono essere utilizzati come terapia di fondo ma devono essere lentamente scalati fino alla sospensione una volta che sia avvenuta la remissione.

Si scalano di solito 5 mg a settimana con riduzione a 20 mg nell’arco delle prime 4-5 settimane, spesso sono comunque necessari diversi mesi prima di sospendere definitivamente la terapia.

Gli effetti indesiderati dei cortisonici sono numerosi e comprendono: ritenzione idrica, striature addominali, redistribuzione lipidica, iperglicemia, cataratta sottocapsulare, osteonecrosi, miopatia.

ANTIBIOTICI sono risultati utili solo nei pazienti sottoposti a proctocolectomia con conseguente confezionamento di ileostomia. I più usati di solito sono il metronidazolo e la ciprofloxacina.

Il metronidazolo di solito si usa nella forma attiva fistolizzante della malattia a un dosaggio di 30mg/kg/die in tre somministrazioni e il ciproxin a un dosaggio di 500mg/die.

AZIATROPINA E’ un analogo della purina che tende a inibire la risposta del sistema immunitario, la sua attività si manifesta circa 3-4 settimane dopo la somministrazione a un dosaggio di 2-2,5mg/kg/die e la risposta immunomodulante che ne deriva sembra dare spazio ad ottimi risultati, promettenti soprattutto nella forma fistolizzante del morbo.

Tuttavia se pur ben tollerato non è scevro da effetti collaterali quali: nausea, febbre, rash cutaneo, epatite, pancreatie; si può avere anche mielodepressione che il più delle volte è dose dipendente e richiede quindi uno stretto monitoraggio della terapia.

METOTREXATO inibisce l’enzima Di-Idrofolato-reduttasi portando a una alterata sintesi del DNA, inoltre sembra avere attività antiinfiammatoria andando a determinare una riduzione della produzione di Interleuchina 1 (IL-1).

Come effetti collaterali può indurre leucopenia e fibrosi epatica e raramente tossicità polmonare anche in questo caso va quindi monitorizzata la terapia nel tempo.

CICLOSPORINA altera la risposta immunitaria andando ad inibire l’attività dei linfociti T agisce andando a ridurre la produzione di IL-2 e sequestrando i linfociti T nei linfonodi.

Il dosaggio ottimale è di 2-4 mg/kg/die ev e al dosaggio di 7,5mg/kg per os.

Importante è dosare i livelli sierici che, per evitare una tossicità, dovrebbero essere mantenuti intorno a 200-400 ng/mL. I suoi effetti collaterali infatti riguardano una: tossicità renale spiccata, iperplasia gengivale, ipertricosi, parestesie, tremori, cefalea e squilibrio elettrolitico. L’ipercreatininemia richiede un agiustamento della posologia se non addirittura una sospensione.

TERAPIE NUTRIZIONALI Generalmente i pazienti con Colite Ulcerosa in fase attiva rispondono bene al riposo. Nelle forme più grave si ricorre alla nutrizione parenterale o enterale elementare costituita da preparazione a base di peptidi semplici che spesso hanno un gusto sgradevole.

Terapia medica in gravidanza

Sebbene siano stati segnalati alcuni aborti e alcune nascite premature non c’è nessuna evidenza che neghi la possibilità di effettuare la terapia con i consueti farmaci in particolare:

Composti derivati dall’acido 5-aminosalicilico:
il loro uso non impedisce l’allattamento al seno poiché la percentuale di farmaco che passa nel latte materno è molto bassa.

Infatti la Sulfasalazina (Salazopirina) è stata da sempre usata con sicurezza in molte donne gravide sebbene vi siano occasionali segnalazioni di anomalie congenite associate con il suo uso.

E’ consigliata l’assunzione di folati di supplemento in concomitanza con l’uso della sulfasalazina.

Anche la mesalazina è considerato un farmaco sicuro in gravidanza sembra essere comunque correlata a un incremento dei parti prematuri ed una riduzione del peso medio del nascituro.

Nessuna differenza significativa è stata invece riscontrata in tassi di nati vivi, aborti, gravidanze a termine, metodo di parto e stress fetale con l’uso di questo farmaco.

 

ANTIBIOTICI:
Maggiore accortezza bisogna usare per questi farmaci infatti sia il metronidazolo che la ciprofloxacina passano nel latte materno e non vanno usati nelle donne che allattano.

Metronidazolo
È l’antibiotico più ampiamente usato. Sebbene vi siano state segnalazioni di malformazioni fetali, non sono stati riscontrati rapporti tra metronidazolo durante la gravidanza e difetti alla nascita.

Ciprofloxacina
L’uso della ciprofloxacina non mostra in letteratura associazione con malformazioni fetali o problemi muscolo scheletrici. E’ stato comunque osservato un alto tasso di aborti terapeutici. Una revisione della letteratura in gravide che assumono il farmaco per brevi periodi di tempo suggeriscono che essi sono sicuri durante la gravidanza se usati per breve tempo.

GLUCOCORTICOIDI:
La terapia steroidea non si è dimostrata essere pericolosa per il feto e non è stata notata un’aumentata incidenza di parti prematuri, aborti spontanei, difetti di sviluppo mentale.

Se necessario i corticosteroidi possono perciò essere sicuramente assunti per controllare la malattia attiva durante la gravidanza.

IMMUNOSOPRESSORI: Piccole quantità di questi farmaci passano nel latte materno (in particolare CICLOSPORINA e AZATIOPRINA) e si sconsiglia l’allattamento naturale o il loro uso in tale periodo.

L’azatioprina attraversa la placenta, passa nel sangue fetale in forma inattiva in quanto il fegato del feto non ha sviluppato ancora gli enzimi che convertono l’azatioprina nel suo metabolita attivo, quindi questo deficit di enzimi sembra proteggere il feto da qualunque effetto teratogeno. Sembrerebbe quindi essere un farmaco sicuro.

Il metotrexate invece non deve essere assunto in gravidanza sia per le sue proprietà mutageniche che teratogeniche, è stato inoltre associato ad un’alta frequenza di abori spontanei.

La ciclosporina è certamente, durante la gravidanza, l’immunosoppressore più sicuro: non interferisce con la proliferazione e blocca solamente la interleuchina-2 nelle T cells.

Il farmaco può essere perciò usato nelle forme severe o fulminanti in gravidanza allo scopo di evitare un intervento chirurgico urgente.

Terapia Chirurgica

Quasi la metà dei pazienti con pancolite ulcerosa viene sottoposta a intervento chirurgico entro 10 anni dall’inizio della malattia.le indicazioni sono:

  • MAlattia refrattaria
  • Malattia fulminante
  • Megacolon tossico
  • Perforazione
  • Emorragia colica massiva
  • Malattia exrtracolica
  • Occlusione colica
  • Profilassi del cancro del colon

La morbilità operatoria oscilla intorno al 20% in elezione 30% in urgenza 40% nella proctocolectomia eseguita in urgenza.I rischi dell’intervento chirurgico sono legati principalmente a:

  • emorragia
  • Sepsi
  • danno neurologico

L’intervento chirurgico maggiormente eseguito è l’IPAA (l’ileal pouch-anal anastomosis) cioè l’anastomosi ileo-anale con realizzazione di una tasca interna è l’intervento chirurgico più frequente.

Esso prevede l’asportazione della mucosa lesa con formazione di un neo-retto attraverso l’apposizione dell’ileo.

Questo punch ileale viene poi suturato intorno all’ano con una anastomosi termino-terminale.

Se eseguito correttamente questo intervento preserva lo sfintere e garantisce la continenza. La morbilità operatoria riguarda il 10% e la complicanza principale è rappresentata dall’ostruzione intestinale.

I pazienti sottoposti all’IPAA presentano un numero di 6-8 evacuazioni giornaliere, ma sicuramente le persone sottoposte a questo tipo di intervento hanno riportato un miglioramento nella qualità di vita.

Purtroppo un effetto collaterale frequente è la Pouchite, questa si caratterizza:

  • aumento della frequenza delle scariche
  • feci acquose
  • crampi
  • urgenza all’evacuazione
  • artraligie
  • malessere
  • febbre

Generalmente la pauchite reredisce con l’antibiotico terapia solo nel 3% dei causi l’IPAA deve essere rimosso.