Mendalur: è un farmaco sicuro? Come funziona?

Mendalur (Levosimendano): sicurezza e modo d’azione

Mendalur (Levosimendano) è un farmaco che serve per curare le seguenti malattie:

Mendalur è indicato nel trattamento a breve termine dello scompenso cardiaco cronico grave, in fase di instabilità acuta (ADHF) laddove la terapia convenzionale non sia sufficiente e in casi dove il supporto di un farmaco inotropo sia considerato appropriato (vedere paragrafo 5.1).

Mendalur è indicato negli adulti.

Mendalur: come funziona?

Ma come funziona Mendalur? Qual è il suo esatto meccanismo d’azione? Su quali organi del corpo agisce? Vediamolo insieme.

Farmacodinamica di Mendalur

Gruppo farmacoterapeutico: Altri stimolanti cardiaci (calcio sensibilizzatori) codice ATC: C01CX08

Effetti farmacodinamici

Il levosimendan rafforza la sensibilità al calcio delle proteine contrattili legandosi alla troponina cardiaca C in modo calcio-dipendente. Il levosimendan aumenta la forza di contrazione ma non altera

il rilassamento ventricolare. Inoltre, il levosimendan apre i canali del potassio ATP-dipendenti nel muscolo vascolare liscio, inducendo così la vasodilatazione dei vasi di resistenza delle arterie sistemiche e coronariche e dei vasi di capacità venosa sistemica. Il levosimendan è un inibitore selettivo della fosfodiesterasi III in vitro. Non è chiara la rilevanza di questa caratteristica a concentrazioni terapeutiche. In pazienti con insufficienza cardiaca, l’azione positiva inotropa e quella vasodilatatoria del levosimendan danno luogo a una maggiore forza contrattile, e a una riduzione sia del pre-carico che del post-carico, senza incidere negativamente sulla funzione diastolica. Il levosimendan ha dimostrato di attivare il miocardio dopo PTCA o trombolisi.

Studi di emodinamica condotti su volontari sani e su pazienti con insufficienza cardiaca stabile e instabile hanno mostrato un effetto dose-dipendente del levosimendan somministrato per via endovenosa come infusione in bolo (da 3 microgrammi/kg a 24 microgrammi/kg) e come infusione continua (da 0,05 a 0,2 microgrammi/kg al minuto). Rispetto al placebo, levosimendan ha aumentato la gittata cardiaca, la gittata ventricolare sinistra, la frazione di eiezione e la frequenza cardiaca, e ha ridotto la pressione arteriosa sistolica, diastolica, la pressione polmonare intravascolare, la pressione dell’atrio destro e le resistenze vascolari periferiche.

Il levosimendan aumenta il flusso sanguigno coronarico in pazienti sottoposti a intervento di chirurgia coronarica e migliora la perfusione miocardica in pazienti con insufficienza cardiaca. Tali benefici vengono raggiunti senza un aumento significativo nel consumo miocardico di ossigeno. Il trattamento con il levosimendan infusione produce diminuzioni significative dei livelli di endotelina-1 in pazienti con insufficienza cardiaca congestizia. Esso non aumenta i livelli plasmatici di catecolamine alla velocità di infusione consigliata.

Studi clinici

Il levosimendan è stato valutato attraverso studi clinici che hanno coinvolto 2800 pazienti affetti da insufficienza cardiaca. L’efficacia e la sicurezza del levosimendan nel trattamento della ADHF sono state valutate nei seguenti studi clinici multi-nazionali, randomizzati in doppio cieco:

Programma REVIVE

REVIVE I

Durante uno studio pilota, in doppio cieco, controllato con placebo, in 100 pazienti affetti da ADHF, a cui è stata somministrata un’infusione di 24 ore di levosimendan, è stata osservata una risposta benefica nei pazienti trattati con levosimendan, misurata in base all’endpoint clinico composito rispetto al placebo più la terapia standard.

REVIVE II

Uno studio principale in doppio cieco, controllato verso placebo, condotto su 600 pazienti a cui è stata somministrata un’infusione in bolo in 10 minuti di 6-12 microgrammi/kg seguita da una titolazione graduale, specificata nel protocollo, di levosimendan fino a 0.05-0.2 microgrammi/kg/minuto per un massimo di 24 ore ha fornito un effetto benefico allo stato clinico di pazienti affetti da ADHF che rimangono in stato dispnoico nonostante una terapia diuretica per via endovenosa.

Il programma clinico REVIVE è stato disegnato per confrontare l’efficacia del levosimendan più la terapia standard al placebo più la terapia standard nel trattamento dell’ADHF.

I criteri di inclusione prevedevano pazienti ospedalizzati per ADHF, frazione di eiezione ventricolare sinistra minore o uguale al 35% entro i 12 mesi precedenti, e dispnea a riposo. Sono state ammesse tutte le terapie di base, ad eccezione del milrinone assunto per via endovenosa. I criteri di esclusione prevedevano ostruzione grave delle porzioni di efflusso ventricolare, shock cardiogeno, una pressione arteriosa sistolica ? 90 mmHg o una frequenza cardiaca ? 120 battiti al minuto (persistente per almeno cinque minuti), oppure necessita di ventilazione meccanica.

I risultati dell’endpoint primario hanno dimostrato che una maggiore proporzione di pazienti è stata classificata come migliorata mentre una minore proporzione di pazienti è stata considerata come peggiorata (p-value=0.015) secondo quanto misurato da un endpoint clinico composito che riflette i benefici riconosciuti dello stato clinico in tre valutazioni temporali: a sei ore, a ventiquattrore e a cinque giorni. Il peptide natriuretico di tipo B si è ridotto in modo significativo rispetto al placebo e alla terapia standard dopo 24 ore e durante 5 giorni (p-value=0.001).

Dopo 90 giorni, il gruppo in trattamento con levosimendan ha mostrato un tasso di mortalità leggermente superiore, sebbene non statisticamente significativo, rispetto al gruppo di controllo (15% vs 12%). Analisi a posteriori hanno identificato una pressione arteriosa sistolica basale < 100 mmHg o una pressione arteriosa diastolica basale < 60 mmHg come fattori che aumentano il rischio di mortalità.

SURVIVE

Uno studio multicentrico, in doppio cieco, con doppio mascheramento (double dummy), e a gruppi paralleli che ha confrontato levosimendan con dobutamina ha valutato il tasso di mortalità, dopo 180 giorni, in 1327 pazienti affetti da ADHF che necessitavano di una terapia aggiuntiva dopo una inadeguata risposta al trattamento con diuretici o con vasodilatatori per via endovenosa. La popolazione di pazienti è stata generalmente simile a quella dei pazienti arruolati nello studio REVIVE

II. Tuttavia sono stati inclusi pazienti senza un’anamnesi remota di insufficienza cardiaca (e.g. infarto miocardico acuto), come anche pazienti che richiedevano ventilazione meccanica. Approssimativamente il 90% dei pazienti è stato arruolato nello studio in quanto presentava dispnea a riposo.

I risultati dello studio SURVIVE non hanno dimostrato una differenza statisticamente significativa tra il levosimendan e la dobutamina in tutte le cause di mortalità a 180 giorni, (Hazard ratio=0,91(95% CI [0,74, 1,13] con una p-value pari a 0,401). Tuttavia, c’è stato un vantaggio numerico nella mortalità al quinto giorno per il levosimendan (4% levosimendan vs 6% dobutamina). Questo vantaggio si è mantenuto per un periodo di 31 giorni (12% levosimendan vs.14% dobutamina) ed è stato più rilevante in quegli individui che avevano ricevuto una terapia di base con beta-bloccanti. In entrambi i gruppi di trattamento, in pazienti con una pressione arteriosa basale bassa si è verificato un più alto tasso di mortalità rispetto a quello osservato nei pazienti con una pressione arteriosa basale superiore.

LIDO

Il levosimendan ha prodotto aumenti dipendenti dalla dose della gittata cardiaca e della gittata ventricolare sistolica e diminuzioni dipendenti dalla dose nella pressione polmonare intravascolare, della pressione arteriosa media e della resistenza totale periferica.

In uno studio multicentrico in doppio cieco, 203 pazienti con insufficienza cardiaca e una gittata molto bassa (frazione di eiezione ? 0,35, indice cardiaco <2,5 l/min/m2, pressione polmonare intravascolare (PCWP) >15 mmHg), e con la necessità di supporto inotropo, hanno ricevuto levosimendan (dose di attacco 24 mcg/kg per 10 minuti seguita da un’infusione continua di 0,1-0,2 mcg/kg/minuto) o dobutamina (5-10 mcg/kg/minuto) per 24 ore. L’eziologia dell’insufficienza cardiaca è stata ischemica nel 47% dei pazienti; il 45% ha avuto cardiomiopatia idiopatica dilatativa. Il 76% dei pazienti ha avuto dispnea a riposo. Fra i principali criteri di esclusione si segnalano pressione sanguigna sistolica inferiore a 90 mmHg e frequenza cardiaca superiore a 120 battiti per minuto. Gli endpoints primari sono stati un aumento della gittata cardiaca ? 30% ed una contemporanea diminuzione della pressione polmonare intravascolare (PCWP) ? 25% a 24 ore. Questo è stato raggiunto nel 28% dei pazienti trattati con levosimendan in confronto al 15% dopo trattamento con dobutamina (p=0,025). Il 68% dei pazienti sintomatici ha avuto un miglioramento dei segni di dispnea dopo trattamento con levosimendan, in confronto al 59% dopo trattamento con dobutamina. Il miglioramento dei segni di affaticamento si è osservato pari al 63% e al 47%, rispettivamente dopo trattamento con levosimendan e dobutamina. La mortalità al 31° giorno per qualsiasi causa è stata del 7,8% nei pazienti trattati con levosimendan e del 17% nei trattati con dobutamina.

RUSSLAN

In uno studio multicentrico successivo, anch’esso in doppio cieco, eseguito principalmente per valutare la sicurezza, 504 pazienti con scompenso cardiaco in fase di instabilità acuta in seguito a infarto miocardico acuto, e per i quali era necessario un supporto inotropo, sono stati trattati con levosimendan e placebo per 6 ore. Non ci sono state differenze significative dell’incidenza di ipotensione e ischemia fra i gruppi di trattamento.

Nell’analisi retrospettiva degli studi LIDO e RUSSLAN, non si sono osservati eventi avversi sulla sopravvivenza fino ad un periodo di 6 mesi.


Mendalur: come si assorbe e si elimina?

Abbiamo visto qual è il meccanismo d’azione di Mendalur, ma è altrettanto importante conoscere in quanto tempo viene assorbito dall’organismo per capire quanto tempo il farmaco impiegherà ad agire, attraverso quali vie viene eliminato (ad esempio fegato o reni) per sapere quali organi va ad impegnare e, per ultimo, in quanto tempo viene eliminato per avere idea di quando non avremo più il farmaco nell’organismo.

Tutte queste informazioni sono indicate nel paragrafo “Farmacocinetica” che segue.

Farmacocinetica di Mendalur

Generale

La farmacocinetica del levosimendan è lineare alla dose terapeutica compresa tra 0,05-0,2 mcg/kg/minuto.

Distribuzione

Il volume di distribuzione del levosimendan (Vss) è circa 0,2 l/kg. Il levosimendan si lega per il 97- 98% alle proteine del plasma, principalmente all’albumina. Nei pazienti, il valore medio del legame alle proteine del plasma dei metaboliti OR-1855 e OR-1896 è rispettivamente pari a 42 % e 39 %.

Biotrasformazione

Il levosimendan è completamente metabolizzato e solo quantità trascurabili del farmaco immodificato sono escrete nelle urine e nelle feci. Il levosimendan è metabolizzato primariamente per coniugazione a cisteinilglicina ciclica o N-acetilata e cisteina coniugata. Il 5% circa della dose è metabolizzato nell’intestino attraverso la riduzione in aminofenilpiridazinone (OR-1855), che dopo il riassorbimento è metabolizzato dall’Nacetiltransferasi nel metabolita attivo OR-1896. Il livello di acetilazione è determinato geneticamente. Negli acetilatori rapidi, le concentrazioni del metabolita OR-1896 sono leggermente più alte che negli acetilatori lenti. Tuttavia, questo non ha implicazioni per l’effetto clinico emodinamico alle dosi raccomandate.

A seguito della somministrazione del levosimendan, gli unici metaboliti rivelati in modo significativo nella circolazione sistemica sono l’OR-1855 e OR-1896. In vivo questi metaboliti raggiungono l’equilibrio come risultato di vie metaboliche di acetilazione e de-acetilazione, che sono regolate dall’enzima polimorfico N-acetil transferasi 2. Negli acetilatori lenti, predomina il metabolita OR- 1855 mentre negli acetilatori rapidi predomina il metabolita OR-1896. La somma delle esposizioni ai due metaboliti è simile tra gli acetilatori lenti e quelli rapidi e tra i due gruppi non ci sono differenze per quanto riguarda gli effetti emodinamici. Gli effetti emodinamici prolungati (che durano fino a 7-9 giorni dall’interruzione di un’infusione di levosimendan di 24 ore) sono attribuiti a questi metaboliti.

Eliminazione

La clearance del levosimendan è di 3,0 ml/min/kg e l’emivita è di circa 1 ora. Il 54% della dose è escreto nelle urine e il 44% nelle feci. Più del 95% della dose viene escreto entro una settimana. Una quantità irrilevante (<0,05% della dose) di levosimendan viene escreta in forma immodificata nelle urine. I metaboliti OR-1855 e OR-1896 sono formati ed eliminati lentamente (circa il 5% della dose di levosimendan). La concentrazione di picco plasmatico dei metaboliti attivi di levosimendan, OR-1855 e OR-1896, viene raggiunta due giorni dopo il termine dell’infusione. L’emivita dei

metaboliti è di circa 75-80 ore. OR-1855 e OR-1896 subiscono coniugazione o filtrazione renale e sono escreti principalmente nelle urine.

Popolazioni speciali

Bambini e adolescenti

Levosimendan non deve essere somministrato ai bambini (vedere paragrafo 4.4).

Dati limitati indicano che la farmacocinetica del levosimendan dopo una dose singola nei bambini (età 3 mesi – 6 anni) è simile a quella degli adulti. La farmacocinetica del metabolita attivo non è stata studiata nei bambini.

Compromissione renale

La farmacocinetica del levosimendan è stata studiata in soggetti affetti da compromissione renale di grado variabile non affetti da insufficienza cardiaca. L’esposizione a levosimendan si è dimostrata simile in soggetti affetti da insufficienza renale da lieve a moderata e in soggetti sottoposti ad emodialisi, mentre l’esposizione a levosimendan può essere leggermente più bassa in soggetti affetti da compromissione renale grave.

Rispetto ai volontari sani, la frazione non legata di levosimendan è apparsa essere leggermente aumentata e le AUC dei metaboliti (OR-1855 e OR- 1896) si sono dimostrate fino al 170% superiori in soggetti con compromissione renale grave e in pazienti sottoposti ad emodialisi. Ci si aspetta che gli effetti della compromissione renale da lieve a moderata sulla farmacocinetica dell’OR-1855 e

dell’OR-1896 siano minori rispetto a quelli della compromissione renale grave.

Il levosimendan non è dializzabile, mentre lo sono l’OR-1855 e l’OR-1896. Le clearance della dialisi sono basse (approssimativamente 8-23 ml/min) e l’effetto netto di una sessione di dialisi di 4 ore sull’esposizione complessiva a questi metaboliti è minimo.

Compromissione epatica

In soggetti affetti da cirrosi di grado da lieve a moderato non sono state riscontrate differenze nella farmacocinetica e nel grado di legame alle proteine per il levosimendan rispetto a quanto riscontrato in soggetti sani. La farmacocinetica del levosimendan, dell’OR-1855 e dell’OR-1896 si sono dimostrate simili tra i volontari sani e i soggetti affetti da compromissione epatica moderata (Child-Pugh Class B), fatta eccezione per le emivite di eliminazione dell’OR-1855 e dell’OR-1896 più lunghe in soggetti affetti da compromissione epatica moderata.

L’analisi di popolazione non ha mostrato effetti attribuibili all’età, all’origine etnica o al sesso sulla farmacocinetica del levosimendan. Tuttavia, la stessa analisi ha rivelato che il volume di distribuzione e la clearance totale sono dipendenti dal peso.


Mendalur: è un farmaco sicuro?

Abbiamo visto come Mendalur agisce e come si assorbe e si elimina; ma come facciamo a sapere se Mendalur è un farmaco sicuro?

Prima di tutto è necessario leggere quali sono i dati sulla sicurezza che vengono riportati nella scheda tecnica del farmaco.

Si tratta di dati forniti dalla casa produttrice e basati su un certo numero di lavori scientifici eseguiti prima della commercializzazione: si tratta dei cosiddetti “Dati preclinici di sicurezza”, che riportiamo nel prossimo paragrafo.

Mendalur: dati sulla sicurezza

Studi convenzionali sulla tossicità generale e genotossicità non hanno rivelato rischi particolari per l’uomo nell’uso a breve termine.

In studi su animali, il levosimendan non si è dimostrato teratogeno, ma ha causato una riduzione generalizzata nel grado di ossificazione nei feti di ratto e di coniglio con sviluppo anomalo dell’osso sopraoccipitale nel coniglio. Se somministrato prima e durante le fasi iniziali di gravidanza, il levosimendan ha diminuito la fertilità (ha diminuito il numero di corpi lutei e degli impianti) ed ha mostrato tossicità relativamente allo sviluppo (ha diminuito le nidiate e ha aumentato il numero dei riassorbimenti precoci e le perdite post-impianto) nella femmina del ratto. Gli effetti sono stati riscontrati a dosaggi clinici.

In studi animali, il levosimendan è stato escreto nel latte materno.


Dopo la commercializzazione di un farmaco, vengono tuttavia attuate delle misure di controllo dagli organi preposti, per monitorare comunque tutti gli effetti collaterali che dovessero manifestarsi nell’impiego clinico.

Tutti gli effetti collaterali segnalati nella fase di commercializzazione del farmaco, vengono poi riportati nella scheda tecnica nei paragrafi “effetti indesiderati” e “controindicazioni”.

Mendalur: si può prendere insieme ad altri farmaci?

Un altro importante capitolo da non dimenticare per valutare se un farmaco è sicuro o no, è quello delle interazioni con altri farmaci.

Può infatti capitare che un farmaco, di per sé innocuo, diventi pericoloso se associato ad alcuni altri farmaci.

Questo è vero anche per i prodotti erboristici: classico è l’esempio dell’ “Erba di San Giovanni” (Iperico) che interagisce con alcuni farmaci anticoagulanti aumentandone l’efficacia e mettendo quindi il paziente a rischio di emorragie.

Esaminiamo allora quali sono le interazioni possibili di Mendalur

Mendalur: interazioni

Come da corrente pratica medica, levosimendan deve essere usato con cautela quando somministrato con altri medicinali vasoattivi per via endovenosa in quanto aumenta il rischio potenziale di ipotensione (vedere paragrafo 4.4).

Non si sono verificate interazioni farmacocinetiche in pazienti trattati con un’infusione di digossina e levosimendan. L’infusione di Mendalur può essere effettuata in pazienti sottoposti a trattamento con beta-bloccanti senza che si verifichi una perdita di efficacia. La somministrazione contemporanea di isosorbide mononitrato e levosimendan in volontari sani ha dato luogo a un potenziamento significativo della risposta dell’ipotensione ortostatica.


Mendalur: posso guidare la macchina se lo prendo?

Un capitolo poco noto e molto sottovalutato è quello degli effetti di un farmaco sui riflessi e quindi sulla capacità di guidare la macchina o di effettuare lavori pericolosi.

Molti farmaci riducono la capacità di reazione, oppure possono causare vertigini o abbassamenti di pressione che possono essere molto pericolosi per chi guida o effettua lavori in cui le capacità fisiche sono importanti: basti pensare agli operai che lavorano su impalcature o che operano su macchinari come presse o forni

E’ sempre bene quindi leggere attentamente questo piccolo ma molto importante paragrafo della Scheda Tecnica del farmaco.

Mendalur: effetti sulla guida e sull’uso di macchinari

Non applicabile.

Per approfondire l’argomento, per avere ulteriori raccomandazioni, o per chiarire ogni dubbio, si raccomanda di leggere l’intera Scheda Tecnica del Farmaco