Aclasta: Scheda Tecnica e Prescrivibilità

Aclasta

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Aclasta: ultimo aggiornamento pagina: (Fonte: A.I.FA.)

Se sei un paziente, consulta anche il Foglietto Illustrativo (Bugiardino) di Aclasta 5 mg soluzione per infusione

01.0 Denominazione del medicinale

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Aclasta 5 mg soluzione per infusione

 

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Ogni flacone con 100 ml di soluzione contiene 5 mg di acido zoledronico (come monoidrato). Ogni ml della soluzione contiene 0,05 mg di acido zoledronico (come monoidrato).

Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

 

03.0 Forma farmaceutica

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Soluzione per infusione Soluzione limpida ed incolore.

 

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Trattamento dell’osteoporosi nelle donne in post-menopausa negli uomini adulti ad aumentato rischio di fratture, compresi quelli con una recente frattura dell’anca da trauma lieve.

Trattamento dell’osteoporosi associata a terapia sistemica a lungo termine con glucocorticoidi in donne in post-menopausa in uomini adulti ad aumentato rischio di frattura.

Trattamento del morbo di Paget osseo negli adulti.

 

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Posologia

I pazienti devono essere idratati adeguatamente prima della somministrazione di Aclasta. Ciò è particolarmente importante per gli anziani (≥65 anni) e per i pazienti in terapia con diuretici.

Si raccomanda di associare alla somministrazione di Aclasta un adeguato supplemento di calcio e vitamina D.

Osteoporosi

Per il trattamento dell’osteoporosi post-menopausale, dell’osteoporosi nell’uomo e per il trattamento dell’osteoporosi associata a terapia sistemica a lungo termine con glucocorticoidi, la dose raccomandata è una singola infusione endovenosa di Aclasta 5 mg somministrata una volta all’anno.

Non è stata stabilita la durata ottimale del trattamento con bisfosfonati per l’osteoporosi. La necessità di un trattamento continuativo deve essere rivalutata in ogni singolo paziente periodicamente in funzione dei benefici e rischi potenziali di Aclasta, in particolare dopo 5 o più anni d’uso.

Nei pazienti con una recente frattura dell’anca da trauma lieve, si raccomanda la somministrazione per infusione di Aclasta almeno due settimane dopo guarigione della frattura dell’anca (vedere paragrafo 5.1). Nei pazienti con una recente frattura dell’anca da trauma lieve, si raccomanda la somministrazione di una dose di carico da 50.000 a 125.000 UI di vitamina D, somministrata per via orale o per via intramuscolare, precedentemente alla prima infusione di Aclasta.

Morbo di Paget

Per il trattamento del morbo di Paget, Aclasta deve essere prescritto solo da medici esperti nel trattamento del morbo di Paget osseo. La dose raccomandata è una singola infusione endovenosa di Aclasta 5 mg. Ai pazienti con il morbo di Paget è fortemente consigliato garantire un adeguato supplemento di calcio corrispondente ad almeno 500 mg di calcio elementare due volte al giorno almeno nei 10 giorni successivi alla somministrazione di Aclasta (vedere paragrafo 4.4).

Ritrattamento del morbo di Paget: nel morbo di Paget, dopo il trattamento iniziale con Aclasta, è stato osservato un periodo di remissione prolungato nei pazienti rispondenti. Il ritrattamento nei pazienti con recidiva consiste in un’ulteriore infusione endovenosa di Aclasta 5 mg dopo un intervallo di un anno o più dal trattamento iniziale. Sono disponibili dati limitati sul ritrattamento del morbo di Paget (vedere paragrafo 5.1).

Popolazioni speciali

Pazienti con compromissione renale

Aclasta è controindicato nei pazienti con clearance della creatinina <35 ml/min (vedere paragrafi 4.3 e 4.4).

Nei pazienti con clearance della creatinina ≥35 ml/min non è necessario un aggiustamento della dose.

Pazienti con compromissione epatica

Non è richiesto un aggiustamento della dose (vedere paragrafo 5.2).

Anziani (≥65 anni)

Poichè la biodisponibilità, la distribuzione e l’eliminazione erano simili nei pazienti anziani e nei soggetti più giovani, non è necessario un aggiustamento della dose.

Popolazione pediatrica

Aclasta non deve essere usato nei bambini e negli adolescenti di età inferiore a 18 anni. Non ci sono dati disponibili per i bambini al di sotto dei 5 anni di età. I dati al momento disponibili per bambini di età compresa tra 5 e 17 anni sono riportati nel paragrafo 5.1.

Modo di somministrazione

Uso endovenoso.

Aclasta è somministrato attraverso una linea infusionale con membrana di ventilazione e viene somministrato lentamente a velocità di infusione costante. Il tempo di infusione non deve essere inferiore a 15 minuti. Per informazioni sulla modalità di infusione di Aclasta, vedere il paragrafo 6.6.

Ai pazienti trattati con Aclasta deve essere fornito il foglio illustrativo e la carta di promemoria per il paziente.

 

04.3 Controindicazioni

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Ipersensibilità al principio attivo, a qualsiasi bisfosfonato o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.

Pazienti con ipocalcemia (vedere paragrafo 4.4).

Grave compromissione renale con clearance della creatinina < 35 ml/min (vedere paragrafo 4.4).

Gravidanza e allattamento (vedere paragrafo 4.6).

 

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Funzione renale

L’uso di Aclasta in pazienti con grave compromissione renale (clearance della creatinina < 35 ml/min) è controindicato a causa di un aumento del rischio di insufficienza renale in questa popolazione.

Compromissione renale è stata osservata a seguito della somministrazione di Aclasta (vedere paragrafo 4.8) in particolare in pazienti con preesistente disfunzione renale o con altri fattori di rischio tra i quali età avanzata, uso concomitante di medicinali nefrotossici, concomitante terapia diuretica (vedere paragrafo 4.5), o disidratazione successiva alla somministrazione di Aclasta. Dopo somministrazione singola nei pazienti è stata osservata compromissione renale. Raramente si è verificata insufficienza renale che comportasse la necessità di dialisi o con esito fatale in pazienti con sottostante compromissione renale o con uno qualsiasi dei fattori di rischio sopra descritti.

Per minimizzare il rischio di reazioni avverse renali si devono prendere in considerazione le seguenti precauzioni: Prima di ogni infusione di Aclasta, deve essere calcolata la clearance della creatinina in base al peso corporeo utilizzando la formula di Cockcroft-Gault.

L’aumento transitorio della creatinina sierica può essere più marcato in pazienti con sottostante compromissione renale.

Nei pazienti a rischio deve essere considerato il monitoraggio periodico della creatinina sierica.

Aclasta deve essere usato con cautela se somministrato in concomitanza con altri medicinali che possono avere impatto sulla funzionalità renale (vedere paragrafo 4.5).

Prima della somministrazione di Aclasta i pazienti, in particolare i pazienti anziani e quelli in terapia con diuretici, devono essere idratati adeguatamente.

Una singola infusione di Aclasta non deve superare 5 mg e la durata dell’infusione deve essere di almeno 15 minuti (vedere paragrafo 4.2).

Ipocalcemia

Un’ipocalcemia preesistente deve essere trattata con un’adeguata somministrazione di calcio e vitamina D prima di iniziare la terapia con Aclasta (vedere paragrafo 4.3). Anche altre alterazioni del metabolismo minerale devono essere adeguatamente trattate, (ad es. ridotta riserva paratiroidea, malassorbimento intestinale del calcio). Per questi pazienti i medici devono valutare la possibilità del monitoraggio clinico.

Un elevato ricambio osseo è una caratteristica del morbo di Paget osseo. A causa della rapida insorgenza dell’effetto dell’acido zoledronico sul ricambio osseo, si può sviluppare un’ipocalcemia transitoria, talvolta sintomatica, che raggiunge i massimi livelli solitamente nei 10 giorni successivi all’infusione di Aclasta (vedere paragrafo 4.8).

Si raccomanda di associare alla somministrazione di Aclasta un adeguato supplemento di calcio e vitamina D. In aggiunta, ai pazienti affetti dal morbo di Paget, è fortemente consigliato garantire un adeguato supplemento di calcio corrispondente ad almeno 500 mg di calcio due volte al giorno almeno nei 10 giorni successivi alla somministrazione di Aclasta (vedere paragrafo 4.2).

I pazienti devono essere informati sui possibili sintomi causati dall’ipocalcemia e devono essere monitorati adeguatamente da un punto di vista clinico durante il periodo a rischio. Nei pazienti affetti dal morbo di Paget si raccomanda di misurare il calcio sierico prima dell’infusione di Aclasta.

Nei pazienti in trattamento con bisfosfonati, compreso acido zoledronico, è stato riportato non frequentemente dolore severo e occasionalmente invalidante alle ossa, alle articolazioni e/o ai muscoli (vedere paragrafo 4.8).

Osteonecrosi della mandibola/mascella

L’ osteonecrosi della mandibola/mascella è stata riportata nel corso dell’esperienza post-marketing in pazienti trattati con Aclasta (acido zoledronico) per osteoporosi (vedere paragrafo 4.8).

L’inizio del trattamento o di un nuovo ciclo di trattamento deve essere rimandato in pazienti con lesioni aperte non rimarginate dei tessuti molli del cavo orale. Prima di iniziare il trattamento con Aclasta in pazienti con fattori di rischio concomitanti si raccomanda un esame odontoiatrico con le appropriate procedure odontoiatriche preventive ed una valutazione del beneficio-rischio individuale.

Quando si valuta il rischio per un paziente di sviluppare osteonecrosi della mandibola/mascella bisogna considerare quanto di seguito: La potenza di inibire il riassorbimento osseo del medicinale (rischio maggiore per molecole molto potenti), via di somministrazione (rischio maggiore per la somministrazione parenterale) e dose cumulativa.

Cancro, co-morbidità (es.: anemia, coaugulopatie, infezione), fumo.

Terapie concomitanti: corticosteroidi, chemioterapia, inibitori dell’angiogenesi, radioterapia a testa e collo.

Scarsa igiene orale, malattia periodontale, dentiera mal fissata, storia di malattia dentale, procedure dentarie invasive, es.: estrazioni dentali.

Tutti i pazienti devono essere incoraggiati a mantenere una buona igiene orale, a sottoporsi a controlli dentari di routine e a segnalare immediatamente qualsiasi sintomo orale come mobilità dentale, dolore, gonfiore o mancata rimarginazione di piaghe, oppure secrezione durante il trattamento con acido zoledronico. Nel corso del trattamento, procedure dentarie invasive devono essere eseguite con cautela ed evitate in stretta prossimità del trattamento con acido zoledronico.

Il programma di gestione dei pazienti che sviluppano osteonecrosi della mandibola/mascella deve essere stabilito in stretta collaborazione tra il medico curante e un dentista o un chirurgo del cavo orale competente in osteonecrosi della mandibola/mascella. Si deve prendere in considerazione l’interruzione temporanea del trattamento con acido zoledronico fino a quando la condizione si risolve e i fattori di rischio concomitanti sono mitigati ove possibile.

Osteonecrosi del canale uditivo esterno

È stata riferita osteonecrosi del canale uditivo esterno in concomitanza con l’uso di bisfosfonati, prevalentemente in associazione a terapie di lungo termine. Tra i possibili fattori di rischio dell’osteonecrosi del canale uditivo esterno sono inclusi l’uso di steroidi e la chemioterapia e/o fattori di rischio locali quali infezione o trauma. L’eventualità di osteonecrosi del canale uditivo esterno deve essere valutata in pazienti trattati con bisfosfonati che presentano sintomi a carico dell’orecchio, tra cui infezioni croniche dell’orecchio.

Fratture atipiche del femore

Sono state riportate fratture atipiche sottotrocanteriche e diafisarie del femore, principalmente in pazienti in terapia da lungo tempo con bisfosfonati per l’osteoporosi. Queste fratture trasversali o oblique corte, possono verificarsi in qualsiasi parte del femore a partire da appena sotto il piccolo trocantere fino a sopra la linea sovracondiloidea. Queste fratture si verificano spontaneamente o dopo un trauma minimo e alcuni pazienti manifestano dolore alla coscia o all’inguine, spesso associato a evidenze di diagnostica per immagini di fratture da stress, settimane o mesi prima del verificarsi di una frattura femorale completa. Le fratture sono spesso bilaterali; pertanto nei pazienti trattati con bisfosfonati che hanno subito una frattura della diafisi femorale deve essere esaminato il femore controlaterale. E’ stata riportata anche una limitata guarigione di queste fratture. Nei pazienti con sospetta frattura atipica femorale si deve prendere in considerazione l’interruzione della terapia con bisfosfonati in attesa di una valutazione del paziente basata sul rapporto beneficio rischio individuale.

Durante il trattamento con bisfosfonati i pazienti devono essere informati di segnalare qualsiasi dolore alla coscia, all’anca o all’inguine e qualsiasi paziente che manifesti tali sintomi deve essere valutato per la presenza di una frattura incompleta del femore.

Reazione di fase acuta

Sono state osservate reazioni di fase acuta o sintomi post-dose come febbre, mialgia, sintomi simil- influenzali, artralgia e cefalea, la maggior parte delle quali si è verificata entro tre giorni dalla somministrazione di Aclasta.

Le reazioni di fase acuta possono talvolta essere serie o prolungate nella durata. L’incidenza dei sintomi post-dose possono essere ridotti con la somministrazione di paracetamolo o ibuprofene subito dopo la somministrazione di Aclasta. E’ anche consigliabile posticipare il trattamento se il paziente è clinicamente instabile a causa di una condizione medica acuta e una reazione di fase acuta potrebbe essere problematica (vedere paragrafo 4.8).

Generale

Sono disponibili altri prodotti contenenti acido zoledronico come sostanza attiva per indicazioni oncologiche. I pazienti trattati con Aclasta non devono essere trattati in concomitanza con tali prodotti o con qualsiasi altro bisfosfonato, poiché gli effetti combinati di queste sostanze sono sconosciuti.

Questo medicinale contiene meno di 1 mmol di sodio (23 mg) per flacone da 100 ml di Aclasta, quindi risulta essenzialmente “privo di sodio”.

 

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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Non sono stati effettuati studi d’interazione con altri medicinali. L’acido zoledronico non è metabolizzato a livello sistemico e non influenza in vitro l’attività degli enzimi del citocromo P450 umano (vedere paragrafo 5.2). L’acido zoledronico non si lega ampiamente alle proteine plasmatiche (circa il 43-55% del farmaco risulta legato) e pertanto sono improbabili interazioni derivanti dallo spiazzamento di medicinali con elevato legame alle proteine.

L’acido zoledronico è eliminato per escrezione renale. Usare cautela se l’acido zoledronico viene somministrato in associazione a medicinali che possono avere un impatto significativo sulla funzionalità renale (ad esempio aminoglicosidi o diuretici che possono causare disidratazione) (vedere paragrafo 4.4).

In pazienti con compromissione renale può aumentare l’esposizione sistemica a medicinali somministrati in concomitanza ed escreti principalmente per via renale.

 

04.6 Gravidanza e allattamento

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Donne potenzialmente fertili

Aclasta non è raccomandato in donne in età fertile. Gravidanza Aclasta è controindicato durante la gravidanza (vedere paragrafo 4.3). Non vi sono dati adeguati riguardanti l’uso dell’acido zoledronico in donne in gravidanza. Gli studi condotti su animali con acido zoledronico hanno evidenziato una tossicità riproduttiva comprese malformazioni (vedere paragrafo 5.3). Il rischio potenziale per gli esseri umani non è noto.

Allattamento

Aclasta è controindicato durante l’allattamento (vedere paragrafo 4.3). Non è noto se l’acido zoledronico sia escreto nel latte umano.

Fertilità

L’acido zoledronico è stato valutato nei ratti per potenziali effetti avversi sulla fertilità dei genitori e della generazione F1. Ciò ha avuto come conseguenza accentuati effetti farmacologici considerati correlati all’inibizione della mobilizzazione del calcio scheletrico da parte del composto, risultanti in ipocalcemia durante il periparto, un effetto di classe dei bisfosfonati, distocia e conclusione anticipata dello studio. Questi risultati non consentono quindi di determinare un effetto definitivo di Aclasta sulla fertilità negli esseri umani.

 

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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Reazioni avverse, come per esempio capogiro, possono alterare la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari.

 

04.8 Effetti indesiderati

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Riassunto del profilo di sicurezza

La percentuale complessiva di pazienti che hanno manifestato reazioni avverse era pari rispettivamente a 44,7%, 16,7% e 10,2% dopo la prima, la seconda e la terza infusione. L’incidenza di reazioni avverse individuali in seguito alla prima infusione era: piressia (17,1%), mialgia (7,8%), malattia simil-influenzale (6,7%), artralgia (4,8%) e cefalea (5,1%), vedere di seguito “reazioni di fase acuta”.

Tabella delle reazioni avverse

Le reazioni avverse nella Tabella 1 sono elencate secondo la classificazione MedDRA per sistemi e organi e categoria di frequenza. Le categorie di frequenza sono definite usando la seguente convenzione: molto comune (≥1/10); comune (≥1/100, <1/10); non comune (≥1/1.000, <1/100); raro (≥1/10.000, <1/1.000); molto raro (<1/10.000); non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). All’interno di ciascuna classe di frequenza, le reazioni avverse sono riportate in ordine decrescente di gravità.

Tabella 1

Infezioni ed infestazioni Non comune Influenza, nasofaringite
Patologie del sistema emolinfopoietico Non comune Anemia
Disturbi del sistema immunitario Non nota** Reazioni di ipersensibilità compresi rari casi di broncospasmo, orticaria e angioedema e casi molto rari di
reazione/shock
Disturbi del metabolismo e della Comune Ipocalcemia*
nutrizione
Non comune Diminuzione dell’appetito
Raro Ipofosfatemia
Disturbi psichiatrici Non comune Insonnia
Patologie del sistema nervoso Comune Non comune Cefalea, capogiro
Letargia, parestesia, sonnolenza, tremori, sincope, disgeusia
Patologie dell’occhio Comune Iperemia oculare
Non comune Congiuntivite, dolore oculare
Raro Uveite, episclerite, irite
Non nota** Sclerite e paroftalmia
Patologie dell’orecchio e del labirinto Non comune Vertigine
Patologie cardiache Comune Non comune Fibrillazione atriale Palpitazioni
Patologie vascolari Non comune Non nota** Ipertensione, vampate
Ipotensione (alcuni dei pazienti avevano sottostanti fattori di rischio)
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Non comune Tosse, dispnea
Patologie gastrointestinali Comune Non comune Nausea, vomito, diarrea
Dispepsia, dolore addominale superiore, dolore addominale, malattia da reflusso
gastroesofageo, stipsi, secchezza della bocca, esofagite, mal di denti, gastrite4
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Non comune Eruzione cutanea, iperidrosi, prurito, eritema
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Comune Non comune
Raro Molto raro
Non nota**
Mialgia, artralgia, dolore osseo, dolore dorsale, dolore alle estremità
Dolore al collo, rigidità muscoloscheletrica, gonfiore articolare, spasmi muscolari, dolore toracico muscoloscheletrico, dolore muscoloscheletrico, rigidità articolare, artrite, debolezza muscolare
Fratture atipiche sottotrocanteriche e diafisarie del femore† (reazione avversa di classe dei bisfosfonati)
Osteonecrosi del canale uditivo esterno (reazione avversa per la classe dei bisfosfonati)
Osteonecrosi della mandibola/mascella
(vedere paragrafi 4.4 e 4.8 Effetti di classe)
Patologie renali e urinarie Non comune Non nota** Aumento della creatininemia, pollachiuria, proteinuria Compromissione renale. Sono stati riportati rari casi di insufficienza renale
con necessità di dialisi e rari casi con esito fatale in pazienti con preesistente disfunzione renale o con altri fattori di rischio tra i quali età avanzata, uso concomitante di medicinali nefrotossici, concomitante terapia diuretica, o disidratazione successiva all’infusione (vedere paragrafi 4.4 e 4.8 Effetti di
classe)
Patologie sistemiche e condizioni relative Molto comune Piressia
alla sede di somministrazione Comune Malattia simil-influenzale, brividi,
affaticamento, astenia, dolore, malessere, reazione al sito d’infusione
Non comune Edema periferico, sete, reazione di fase
acuta, dolore toracico non cardiaco
Non nota** Disidratazione secondaria alle reazioni di fase acuta (sintomi post-dose come piressia, vomito e diarrea)
Esami diagnostici Comune
Non comune
Aumento della proteina C reattiva
Diminuzione del calcio nel sangue

# Osservato in pazienti che assumevano in concomitanza glucocorticoidi.

* Comune solo nel morbo di Paget.

** Sulla base delle segnalazioni post-marketing. La frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili.

† Identificate durante l’esperienza post-marketing.

Descrizione di reazioni avverse selezionate

Fibrillazione Atriale

Nello studio HORIZON – Pivotal Fracture Trial [PFT] (vedere paragrafo 5.1), l’incidenza complessiva di fibrillazione atriale era pari al 2,5% (96 su 3.862) e 1,9% (75 su 3.852) in pazienti in trattamento rispettivamente con Aclasta e placebo. La percentuale di eventi avversi gravi di fibrillazione atriale aumentava nei pazienti in trattamento con Aclasta (1,3%) (51 su 3.862) rispetto ai pazienti che ricevevano placebo (0,6%) (22 su 3.852). Il meccanismo dietro l’aumentata incidenza di fibrillazione atriale è sconosciuto. Negli studi sull’osteoporosi (PFT, HORIZON – Recurrent Fracture Trial [RFT]) l’incidenza combinata di fibrillazione atriale è stata paragonabile tra Aclasta (2,6%) e placebo (2,1%). Per gli eventi avversi gravi di fibrillazione atriale l’incidenza combinata è stata pari a 1,3% per Aclasta e a 0,8% per il placebo.

Effetti di classe Compromissione renale

L’acido zoledronico è stato associato a compromissione renale evidenziata dal deterioramento della funzionalità renale (ovvero aumento della creatinina sierica) e in rari casi da insufficienza renale acuta. In seguito a somministrazione di acido zoledronico, soprattutto in pazienti con preesistente disfunzione renale o con ulteriori fattori di rischio (ad esempio età avanzata, pazienti oncologici sottoposti a chemioterapia, uso concomitante di medicinali nefrotossici, concomitante terapia diuretica, grave disidratazione) si è osservata compromissione renale. Nella maggioranza dei casi questi pazienti erano in trattamento con una dose di 4 mg ogni 3-4 settimane, ma l’alterazione è stata rilevata anche dopo una singola somministrazione.

In studi clinici sull’osteoporosi, le variazioni di clearance della creatinina (misurate annualmente prima del dosaggio) e l’incidenza dell’insufficienza e della compromissione renale sono risultate paragonabili in entrambi i gruppi di trattamento con Aclasta e placebo nell’arco dei tre anni. Si è verificato un aumento transitorio della creatinina sierica osservato nei primi 10 giorni nell’1,8% delle pazienti trattate con Aclasta rispetto allo 0,8% delle pazienti trattate con placebo.

Ipocalcemia

In studi clinici sull’osteoporosi, circa lo 0,2% delle pazienti ha mostrato una considerevole diminuzione dei livelli di calcio sierico (meno di 1,87 mmol/l) in seguito a somministrazione di Aclasta. Non sono stati osservati casi sintomatici di ipocalcemia.

Negli studi sul morbo di Paget, l’ipocalcemia sintomatica è stata osservata nell’1% circa dei pazienti, recedendo in tutti i casi.

Sulla base di valori di laboratorio, livelli di calcio transitori asintomatici sotto l’intervallo di riferimento normale (meno di 2,10 mmol/l) si sono verificati nel 2,3% dei pazienti trattati con Aclasta in uno studio clinico di grandi dimensioni rispetto al 21% dei pazienti trattati con Aclasta negli studi sul morbo di Paget. La frequenza dell’ipocalcemia era molto più bassa in seguito a infusioni successive.

E’ stato somministrato un adeguato supplemento di vitamina D e di calcio a tutti i pazienti arruolati nello studio sull’osteoporosi post-menopausale, nello studio sulla prevenzione delle fratture cliniche dopo frattura dell’anca e negli studi sul morbo di Paget (vedere anche paragrafo 4.2). Nello studio sulla prevenzione delle fratture cliniche dopo una recente frattura dell’anca, non sono stati misurati di routine i livelli di vitamina D ma la maggioranza dei pazienti aveva ricevuto una dose di carico di vitamina D prima della somministrazione di Aclasta (vedere paragrafo 4.2).

Reazioni locali

In uno studio clinico di grandi dimensioni sono state riportate reazioni locali nel sito di infusione (0,7%) come rossore, gonfiore e/o dolore dopo la somministrazione dell’acido zoledronico.

Osteonecrosi della mandibola/mascella

Casi di osteonecrosi (della mandibola/mascella), sono stati riportati principalmente in pazienti oncologici in trattamento con prodotti che inibiscono il riassorbimento osseo, compreso l’acido zoledronico (vedere paragrafo 4.4). In uno studio clinico di grandi dimensioni condotto in 7.736 pazienti è stata riportata osteonecrosi della mandibola/mascella in un paziente trattato con Aclasta e in uno trattato con placebo. Casi di osteonecrosi della mandibola/mascella sono stati riportati nell’esperienza post-marketing di Aclasta.

Reazioni di fase acuta

La percentuale complessiva dei pazienti che hanno segnalato reazioni di fase acuta o sintomi post-dose (compresi casi seri) dopo la somministrazione di Aclasta è la seguente (frequenze derivanti dallo studio nel trattamento dell’osteoporosi post-menopausale): febbre (18,1%), mialgia (9,4%), sintomi simil-influenzali (7,8%), artralgia (6,8%) e cefalea (6,5%), la maggior parte dei quali si è verificata entro i primi 3 giorni dalla somministrazione di Aclasta. La maggior parte di questi sintomi è stata di intensità da lieve a moderata e si è risolta entro 3 giorni dall’insorgenza. L’incidenza di questi sintomi è diminuita con le successive dosi annuali di Aclasta. La percentuale di pazienti in cui si sono verificate reazioni avverse è risultata più bassa in uno studio più piccolo (19,5%, 10,4%, 10,7% rispettivamente dopo la prima, seconda e terza infusione) dove era stata adottata la profilassi contro le reazioni avverse (vedere paragrafo 4.4).

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell’Allegato V

.

 

04.9 Sovradosaggio

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L’esperienza clinica con sovradosaggio acuto è limitata. Pazienti che sono stati trattati con dosi superiori a quelle raccomandate devono essere monitorati con particolare attenzione. In caso di sovradosaggio che comporti un’ipocalcemia clinicamente significativa, può essere effettuata una terapia sintomatica mediante la somministrazione di un supplemento di calcio per via orale e/o di calcio gluconato per infusione endovenosa.

 

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

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Categoria farmacoterapeutica: Farmaci per il trattamento delle malattie delle ossa, bisfosfonati, codice ATC: M05BA08 Meccanismo di azione

L’acido zoledronico appartiene alla classe dei bisfosfonati contenenti azoto ed agisce principalmente sul tessuto osseo. E’ un inibitore del processo di riassorbimento del tessuto osseo mediato dagli osteoclasti.

Effetti farmacodinamici

L’azione selettiva dei bisfosfonati sull’osso è dovuta alla loro elevata affinità per l’osso mineralizzato.

Il principale target molecolare dell’acido zoledronico è l’enzima farnesil pirofosfato sintetasi nell’osteoclasta. La lunga durata d’azione dell’acido zoledronico è attribuibile alla sua elevata affinità di legame per il sito attivo della farnesil pirofosfato (FPP) sintetasi e alla sua forte affinità nei confronti dell’osso mineralizzato.

Il trattamento con Aclasta ha ridotto rapidamente il tasso di turnover osseo dagli elevati livelli post- menopausali con il nadir dei marker di riassorbimento osservato al giorno 7 e dei marker di formazione alla settimana 12. Successivamente i marker ossei si sono stabilizzati nei range pre- menopausali. Non si è verificata riduzione progressiva dei marker di turnover osseo con dosaggio annuale ripetuto.

Efficacia clinica nel trattamento dell’osteoporosi post-menopausale (PFT)

L’efficacia e la sicurezza di Aclasta 5 mg una volta all’anno per 3 anni consecutivi sono state dimostrate in donne in post-menopausa (7.736 donne di età 65-89 anni) con: T-score della densità minerale ossea (BMD) del collo femorale ≤ –1,5 e almeno due fratture vertebrali pre-esistenti lievi o una moderata; oppure T-score della BMD del collo femorale ≤ –2,5 con o senza evidenza di fratture vertebrali pre-esistenti. L’85% dei pazienti era al primo trattamento con bisfosfonati. Le donne valutate per l’incidenza di fratture vertebrali non hanno ricevuto terapia concomitante per l’osteoporosi, che era invece concessa alle donne valutate per le fratture all’anca e tutte le fratture cliniche. La terapia concomitante per l’osteoporosi ha compreso: calcitonina, raloxifene, tamoxifene, terapia ormonale sostitutiva, tibolone; ma ha escluso altri bisfosfonati. Tutte le donne hanno ricevuto giornalmente da 1.000 a 1.500 mg di calcio elementare e da 400 a 1.200 UI di supplemento di vitamina D.

Effetto sulle fratture vertebrali morfometriche

Aclasta ha ridotto in modo significativo l’incidenza di una o più nuove fratture vertebrali in tre anni e già alla rilevazione del primo anno (vedere Tabella 2).

Tabella 2 Riassunto dell’efficacia nelle fratture vertebrali a 12, 24 e 36 mesi

Risultati Aclasta (%) Placebo (%) Riduzione assoluta
nell’incidenza di frattura % (CI)
Riduzione relativa nell’incidenza di frattura
% (CI)
Almeno una nuova frattura vertebrale (anno 0-1) 1,5 3,7 2,2 (1,4 – 3,1) 60 (43 – 72)**
Almeno una nuova frattura vertebrale (anno 0-2) 2,2 7,7 5,5 (4,4 – 6,6) 71 (62 – 78)**
Almeno una nuova frattura vertebrale (anno 0-3) 3,3 10,9 7,6 (6,3 – 9,0) 70 (62 – 76)**
** p <0,0001

I pazienti di età maggiore o uguale a 75 anni trattati con Aclasta hanno mostrato una riduzione del rischio di fratture vertebrali del 60% rispetto ai pazienti trattati con placebo (p<0,0001).

Effetto sulle fratture all’anca

Aclasta ha dimostrato un consistente effetto in 3 anni determinando una riduzione del 41% nel rischio di fratture all’anca (95% CI, da 17% a 58%). Il tasso degli episodi di frattura all’anca è stato 1,44% nel gruppo trattato con Aclasta, rispetto al 2,49% nel gruppo trattato con placebo. La riduzione del rischio è stata del 51% nei pazienti al primo trattamento con bisfosfonati e del 42% nei pazienti a cui era stata concessa l’assunzione della terapia concomitante per l’osteoporosi.

Effetto su tutte le fratture cliniche

Tutte le fratture cliniche sono state esaminate sulla base di evidenze radiografiche e/o cliniche. Un riassunto dei risultati è presentato nella Tabella 3.

Tabella 3 Confronto tra trattamenti nell’incidenza delle variabili delle principali fratture cliniche in 3 anni

Risultati Aclasta (N=3.875)
tasso evento (%)
Placebo (N=3.861)
tasso evento (%)
Riduzione assoluta del tasso di evento frattura %
(CI)
Riduzione relativa del rischio
nell’incidenza della frattura % (CI)
Qualsiasi frattura clinica (1) 8,4 12,8 4,4 (3,0 – 5,8) 33 (23 – 42)**
Frattura vertebrale clinica (2) 0,5 2,6 2,1 (1,5 – 2,7) 77 (63 – 86)**
Frattura non vertebrale (1) 8,0 10,7 2,7 (1,4 – 4,0) 25 (13 – 36)*
*valore p <0,001, **valore p <0,0001

Eccetto fratture viso, dita mani e dita piedi.

Comprese fratture vertebrali cliniche toraciche e cliniche lombari.

Effetto sulla densità minerale ossea (BMD)

Aclasta ha aumentato in modo significativo il valore della BMD a colonna lombare, anca e radio distale in relazione al trattamento con placebo su tutti i timepoints (6, 12, 24 e 36 mesi). Il trattamento con Aclasta ha evidenziato un aumento del 6,7% della BMD alla colonna lombare, del 6,0% all’anca totale, del 5,1% al collo femorale e del 3,2% al radio distale nel confronto con placebo nei 3 anni di trattamento.

Istologia ossea

In 152 pazienti in post-menopausa con osteoporosi trattate con Aclasta (N=82) e placebo (N=70), le biopsie ossee sono state ottenute dalla cresta iliaca 1 anno dopo la terza dose annuale. L’analisi istomorfometrica ha mostrato una riduzione del 63% del turnover osseo. Nelle pazienti trattate con Aclasta non sono state rilevate osteomalacia, fibrosi midollare e formazione di osso lamellare. Con l’eccezione di un caso, il marcatore delle tetracicline è stato rintracciato in tutte le 82 biopsie eseguite sulle pazienti trattate con Aclasta. La tomografia microcomputerizzata (µCT) ha dimostrato un aumento del volume dell’osso trabecolare e il mantenimento dell’architettura dell’osso trabecolare nelle pazienti trattate con Aclasta in confronto al gruppo trattato con placebo.

Marker di turnover osseo

Sono state eseguite valutazioni di fosfatasi alcalina osso-specifica (BALP), propeptide sierico N- terminale del collagene di tipo I (P1NP) e telopeptidi beta-C (b-CTx) sierici in sottogruppi da 517 a 1.246 pazienti ad intervalli periodici nel corso dello studio. Il trattamento con una dose annuale di mg di Aclasta ha ridotto in modo significativo la BALP del 30% rispetto al valore basale a 12 mesi, mantenuto al 28% sotto il livello basale a 36 mesi. Il P1NP è diminuito significativamente del 61% al di sotto del livello basale a 12 mesi e si è mantenuto al 52% al di sotto del livello basale a 36 mesi. Il b-CTx è risultato ridotto in modo significativo del 61% rispetto al livello basale a 12 mesi e si è mantenuto al 55% al di sotto dei livelli basali a 36 mesi. In tutto il periodo di tempo osservato i marker di turnover osseo sono rimasti all’interno del range pre-menopausale alla fine di ogni anno. La ripetizione del dosaggio non ha provocato ulteriori riduzioni dei marker di turnover osseo.

Effetto sulla statura

Nello studio di tre anni sull’osteoporosi, è stata misurata annualmente la statura in posizione eretta con l’ausilio di uno stadiometro. Il gruppo trattato con Aclasta ha evidenziato circa 2,5 mm in meno di riduzione della statura rispetto al gruppo trattato con placebo (95% CI: 1,6 mm, 3,5 mm) [p=0,0001].

Giorni di disabilità

Rispetto a placebo, Aclasta ha ridotto in modo significativo la media dei giorni di attività ridotta e dei giorni di riposo a letto dovuti a dolore lombare rispettivamente di 17,9 giorni e di 11,3 giorni, riducendo altresi la media dei giorni di attività ridotta e dei giorni di riposo a letto dovuti a fratture rispettivamente di 2,9 giorni e di 0,5 giorni in confronto con placebo (p=0,01).

Efficacia clinica nel trattamento dell’osteoporosi in pazienti ad aumentato rischio di fratture dopo una recente frattura dell’anca (RFT) L’incidenza di fratture cliniche, vertebrali, non vertebrali e fratture dell’anca incluse, è stata valutata in 2.127 uomini e donne di età compresa tra 50-95 anni (età media 74,5 anni) con una recente (entro 90 giorni) frattura dell’anca da trauma lieve che erano stati seguiti con il trattamento in studio (Aclasta) per una media di 2 anni. In circa il 42% dei pazienti il T-score del collo del femore era inferiore a –2,5 e in circa il 45% dei pazienti il T-score del collo del femore era superiore a –2,5. Aclasta è stato somministrato una volta all’anno, finchè le fratture cliniche sono state confermate in almeno 211 pazienti della popolazione in studio. I livelli di vitamina D non sono stati misurati di routine ma è stata somministrata alla maggioranza dei pazienti 2 settimane prima dell’infusione una dose di carico di vitamina D (da 50.000 a 125.000 UI per via orale o per via intramuscolare). Tutti i partecipanti avevano assunto giornalmente da 1.000 a 1.500 mg di calcio elementare più da 800 a 1.200 UI di supplemento di vitamina D. Il 95% dei pazienti aveva ricevuto l’infusione dopo due o più settimane dalla riparazione della frattura dell’anca e il tempo mediano dell’infusione era di circa sei settimane dopo la riparazione della frattura dell’anca. La variabile primaria di efficacia è stata l’incidenza di fratture cliniche per tutta la durata dello studio.

Effetto su tutte le fratture cliniche

Le percentuali di incidenza delle principali variabili di frattura clinica sono presentate nella Tabella 4.

Tabella 4 Confronto tra trattamenti nell’incidenza delle principali variabili di frattura clinica

Risultato Aclasta (N=1.065)
tasso evento (%)
Placebo (N=1.062)
tasso evento (%)
Riduzione assoluta della frequenza di eventi fratturativi
% (CI)
Riduzione del rischio relativo dell’incidenza di frattura % (CI)
Qualsiasi frattura clinica (1) 8,6 13,9 5,3 (2,3 – 8,3) 35 (16 – 50)**
Frattura clinica vertebrale (2) 1,7 3,8 2,1 (0,5 – 3,7) 46 (8 – 68)*
Frattura non-vertebrale (1) 7,6 10,7 3,1 (0,3 – 5,9) 27 (2 – 45)*
*p-value <0,05, **p-value <0,01

Eccetto fratture delle dita delle mani, dei piedi e facciali

Comprese fratture cliniche vertebrali toraciche e lombari

Lo studio non era stato disegnato per misurare differenze significative nella frattura dell’anca ma è stato osservato un andamento a favore della riduzione di nuove fratture dell’anca.

Nel gruppo di trattamento Aclasta la mortalità per tutte le cause è risultata pari al 10% (101 pazienti) rispetto al 13% (141 pazienti) nel gruppo placebo. Ciò corrisponde ad una riduzione del rischio di mortalità per tutte le cause del 28% (p=0,01).

L’incidenza di un ritardo della guarigione delle fratture dell’anca è stato confrontabile tra Aclasta (34 [3,2%]) e placebo (29 [2,7%]).

Effetto sulla densità minerale ossea (BMD)

Nello studio HORIZON-RFT il trattamento con Aclasta ha aumentato in modo significativo il valore della BMD dell’anca totale e del collo femorale in relazione al trattamento con placebo su tutti i timepoints. Il trattamento con Aclasta ha evidenziato un aumento del 5,4% della BMD dell’anca totale e del 4,3% del collo femorale nei 24 mesi di trattamento rispetto al placebo.

Efficacia clinica nell’uomo

Nello studio HORIZON-RFT sono stati randomizzati 508 uomini e 185 pazienti sono stati valutati per la BMD al mese 24. Nei pazienti trattati con Aclasta è stato osservato al mese 24 un aumento significativo simile del 3,6% della BMD dell’anca totale paragonabile agli effetti osservati nelle donne in post-menopausa nell’ambito dello studio HORIZON-PFT. Lo studio non era stato dimensionato per dimostrare una riduzione delle fratture cliniche nell’uomo; l’incidenza di fratture cliniche è stata del 7,5% negli uomini trattati con Aclasta rispetto all’8,7% nel placebo.

In un altro studio nell’uomo (studio CZOL446M2308) la percentuale di variazione della BMD della colonna vertebrale al mese 24 in relazione al basale è risultata non inferiore dopo un’infusione annuale di Aclasta rispetto ad alendronato somministrato settimanalmente.

Efficacia clinica nell’osteoporosi indotta dalla terapia sistemica a lungo termine con glucocorticoidi L’efficacia e la sicurezza di Aclasta nel trattamento e nella prevenzione dell’osteoporosi indotta da terapia sistemica a lungo termine con glucocorticoidi sono state valutate in uno studio randomizzato, multicentrico, in doppio cieco, stratificato, con controllo attivo su 833 uomini e donne di età tra 18-85 anni (età media per gli uomini 56,4 anni; per le donne 53,5 anni) trattati con >7,5 mg/die di prednisone per via orale (o equivalente). I pazienti erano stati stratificati in funzione della durata del trattamento con glucocorticoidi prima della randomizzazione (≤3 mesi rispetto a >3 mesi). La durata dello studio è stata di un anno. I pazienti erano stati randomizzati ad Aclasta 5 mg singola infusione o a risedronato per via orale 5 mg al giorno per un anno. Tutti avevano ricevuto giornalmente 1.000 mg di calcio elementare più un supplemento di vitamina D da 400 a 1.000 UI. L’efficacia è stata dimostrata con un disegno di non inferiorità rispetto a risedronato mostrando in modo sequenziale la variazione percentuale della BMD alla colonna vertebrale al mese 12 rispetto al basale rispettivamente nelle sottopopolazioni trattamento e prevenzione. La maggioranza dei pazienti ha continuato l’assunzione di glucocorticoidi per la durata di un anno dello studio.

Effetto sulla densità minerale ossea (BMD)

Gli aumenti della BMD alla colonna vertebrale e al collo femorale al mese 12 sono stati significativamente maggiori nel gruppo in trattamento con Aclasta rispetto a risedronato (p<0,03 per entrambe le valutazioni). Nella sottopopolazione di pazienti che aveva ricevuto glucocorticoidi per più di 3 mesi prima della randomizzazione, Aclasta ha prodotto un aumento della BMD alla colonna vertebrale del 4,06% rispetto al 2,71% di risedronato (differenza media: 1,36%; p<0,001). Nella sottopopolazione di pazienti che aveva ricevuto glucocorticoidi per 3 mesi o meno prima della randomizzazione, Aclasta ha prodotto un aumento della BMD alla colonna vertebrale del 2,60% rispetto allo 0,64% di risedronato (differenza media: 1,96%; p<0,001). Lo studio non era stato dimensionato per dimostrare una riduzione delle fratture rispetto a risedronato. L’incidenza di fratture è stata 8 per i pazienti trattati con Aclasta rispetto a 7 per i pazienti trattati con risedronato (p=0,8055).

Efficacia clinica nel trattamento del morbo di Paget osseo

Aclasta è stato studiato in pazienti di sesso maschile e femminile di età superiore a 30 anni con morbo di Paget osseo di grado principalmente da lieve a moderato (media del livello sierico di fosfatasi alcalina pari a 2,6–3,0 volte il limite superiore della norma specifico per l’età al momento dell’arruolamento nello studio) confermato da esame radiologico.

L’efficacia di un’infusione di 5 mg di acido zoledronico rispetto a dosi giornaliere di 30 mg di risedronato somministrate per 2 mesi è stata dimostrata in due studi di confronto della durata di mesi. Dopo 6 mesi, Aclasta ha evidenziato percentuali pari al 96% (169/176) e 89% (156/176) di risposta terapeutica e normalizzazione della fosfatasi alcalina sierica (SAP) rispetto al 74% (127/171) e 58% (99/171) ottenute con risedronato (sempre p<0,001).

Con i risultati aggregati, è stata evidenziata per Aclasta e risedronato una diminuzione simile nei punteggi relativi alla severità del dolore e all’interferenza del dolore nell’arco dei 6 mesi rispetto al basale.

I pazienti che alla fine dei 6 mesi dello studio base erano stati classificati come rispondenti al trattamento, erano considerati idonei ad essere inseriti nel periodo di valutazione prolungata. Dei 153 pazienti trattati con Aclasta e dei 115 pazienti trattati con risedronato che sono entrati nel periodo di osservazione prolungata dello studio, dopo un periodo di follow-up medio di 3,8 anni dalla somministrazione, la quota di pazienti che hanno concluso il periodo di osservazione prolungata a causa della necessità di ritrattamento (giudizio clinico) è stata maggiore per risedronato (48 pazienti, 41,7%) rispetto ad acido zoledronico (11 pazienti, 7,2%). Il tempo medio di conclusione del periodo di osservazione prolungata a causa della necessità di ritrattamento del Paget dalla dose iniziale è stato più lungo per acido zoledronico (7,7 anni) rispetto al risedronato (5,1 anni).

Sei pazienti che hanno raggiunto una risposta terapeutica 6 mesi dopo il trattamento con Aclasta e che hanno avuto poi una recidiva della malattia durante il periodo di valutazione prolungata, sono stati ritrattati con Aclasta dopo un tempo medio di 6,5 anni tra il trattamento iniziale ed il ritrattamento.

Cinque dei 6 pazienti hanno avuto livelli di fosfatasi alcalina sierica entro il range di normalità al mese 6 (Last Observation Carried Forward, LOCF).

L’istologia del tessuto osseo è stata valutata in 7 pazienti con morbo di Paget 6 mesi dopo il trattamento con 5 mg di acido zoledronico. I risultati della biopsia ossea hanno mostrato una qualità normale dell’osso senza evidenze di compromissione del rimodellamento osseo e senza evidenze di difetti di mineralizzazione. Questi risultati erano in accordo con il marker biochimico di evidenza di normalizzazione del ricambio osseo.

Popolazione pediatrica

E’ stato condotto uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo in pazienti pediatrici di età compresa tra 5 e 17 anni trattati con glucocorticoidi che avevano densità minerale ossea ridotta (Z-score per la BMD della colonna lombare di 0,5 o meno) e una frattura a basso impatto/da fragilità. La popolazione di pazienti randomizzata in questo studio (popolazione ITT) comprendeva pazienti con diversi sottotipi di condizioni reumatiche, malattie infiammatorie intestinali, o distrofia muscolare di Duchenne. Lo studio era stato pianificato per includere 92 pazienti, tuttavia solo 34 pazienti sono stati arruolati e randomizzati a ricevere un’infusione di acido zoledronico di 0,05 mg/kg (massimo 5 mg) per via endovenosa due volte l’anno o placebo per un anno. A tutti i pazienti è stato richiesto di ricevere una terapia di base di vitamina D e calcio.

L’infusione di acido zoledronico ha comportato un aumento della differenza media dei minimi quadrati dello Z-score per la BMD della colonna lombare di 0,41 al mese 12 verso il basale rispetto al placebo (IC 95%: 0,02, 0,81, 18 e 16 pazienti, rispettivamente). Dopo 6 mesi di trattamento non era evidente alcun effetto sullo Z-score a livello della colonna lombare. A 12 mesi si è osservata una riduzione statisticamente significativa (p<0,05) dei tre marker di turnover osseo (P1NP, BSAP, NTX) nel gruppo trattato con acido zoledronico rispetto al gruppo trattato con placebo. A 6 o12 mesi non si sono osservate differenze significative nel contenuto minerale osseo di tutto l’organismo tra i pazienti trattati con acido zoledronico e queli trattati con placebo. Non ci sono prove chiare che stabiliscano un legame tra le variazioni della BMD e la prevenzione delle fratture nei bambini con scheletri in crescita.

Non sono state osservate nuove fratture vertebrali nel gruppo trattato con acido zoledronico rispetto a due nuove fratture osservate nel gruppo placebo.

Le reazioni avverse segnalate più comunemente dopo infusione di acido zoledronico sono state artralgia (28%), piressia (22%), vomito (22%), cefalea (22%), nausea (17%), mialgia (17%), dolore (17%), diarrea (11%) e ipocalcemia (11%).

Un maggior numero di pazienti ha riportato eventi avversi seri nel gruppo trattato con acido zoledronico rispetto al gruppo trattato con placebo (5 [27,8%] pazienti verso 1 [6,3%] pazienti).

Nell’estensione in aperto di 12 mesi dello studio core sopra citato non sono state osservate nuove fratture cliniche. Tuttavia, in 2 pazienti, uno in ciascuno dei gruppi di trattamento dello studio core (gruppo trattato con acido zoledronico: 1/9, 11,1% e gruppo placebo: 1/14, 7,1%), si sono verificate nuove fratture vertebrali morfometriche. Non sono emersi nuovi dati di sicurezza.

Da questi studi non è possibile stabilire dati di sicurezza a lungo termine in questa popolazione.

L’Agenzia Europea dei Medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con Aclasta in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per il morbo di Paget osseo, l’osteoporosi in donne in post-menopausa ad aumentato rischio di frattura, l’osteoporosi in uomini ad aumentato rischio di frattura e la prevenzione di fratture cliniche dopo una frattura dell’anca in uomini e donne (vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico).

 

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

Infusioni singole e multiple di 5 e 15 minuti di 2, 4, 8 e 16 mg di acido zoledronico in 64 pazienti hanno evidenziato i seguenti dati di farmacocinetica, indipendentemente dalla dose.

Distribuzione

Dopo l’inizio dell’infusione di acido zoledronico, le concentrazioni plasmatiche del principio attivo sono aumentate rapidamente, raggiungendo il picco al termine del periodo di infusione, seguito da una diminuzione rapida <10% del picco dopo 4 ore e <1% del picco dopo 24 ore, con un successivo periodo prolungato di concentrazioni molto basse non superiori allo 0,1% dei livelli di picco.

Eliminazione

Dopo somministrazione endovenosa l’acido zoledronico è eliminato attraverso un processo che si svolge in tre fasi: scomparsa rapida con un andamento bifasico dalla circolazione sistemica, con emivita di t½ 0,24 e t½ 1,87 ore, seguita da una lunga fase di eliminazione con emivita terminale di eliminazione di t½ 146 ore. Non si è osservato accumulo di principio attivo nel plasma dopo dosi multiple somministrate ogni 28 giorni. Le fasi iniziali di predisposizione (α e β con i valori di t½ di cui sopra) rappresentano presumibilmente la rapida captazione ossea e l’escrezione per via renale.

L’acido zoledronico non è metabolizzato ed è escreto immodificato per via renale. Nell’arco delle prime 24 ore, 39 ± 16% della dose somministrata viene recuperata nelle urine, mentre la parte rimanente è legata principalmente al tessuto osseo. Questo assorbimento nell’osso è comune per tutti i bisfosfonati ed è presumibilmente una conseguenza dell’analogia strutturale al pirofosfato. Come per altri bisfosfonati, il tempo di ritenzione dell’acido zoledronico nelle ossa è molto lungo. Dal tessuto osseo il farmaco viene rilasciato molto lentamente nella circolazione sistemica ed eliminato poi per via renale. La clearance corporea totale è 5,04 ± 2,5 l/h, indipendentemente dalla dose, e non viene influenzata da sesso, età, razza o peso corporeo. La variazione della clearance plasmatica di acido zoledronico tra individui ed all’interno dello stesso individuo è risultata rispettivamente pari al 36% e 34%. L’incremento del tempo di infusione da 5 a 15 minuti ha determinato una diminuzione del 30% della concentrazione di acido zoledronico al termine dell’infusione, ma non ha avuto alcun effetto sull’area sotto la curva della concentrazione plasmatica verso il tempo.

Relazioni farmacocinetiche/farmacodinamiche

Non sono stati effettuati studi di interazione con altri medicinali e l’acido zoledronico. Poiché l’acido zoledronico non viene metabolizzato negli esseri umani e poiché è stato riscontrato che il principio ha scarsa o nessuna capacità come inibitore ad azione diretta e/o irreversibile metabolismo-dipendente degli enzimi del P450, è improbabile che l’acido zoledronico possa ridurre la clearance metabolica delle sostanze metabolizzate attraverso i sistemi enzimatici del citocromo P450. L’acido zoledronico non è ampiamente legato alle proteine plasmatiche (legato pari a circa il 43-55%) e il legame è indipendente dalla concentrazione. Pertanto, le interazioni risultanti dallo spiazzamento di medicinali con elevato legame proteico sono improbabili.

Popolazioni speciali (vedere paragrafo 4.2) Compromissione renale

La clearance renale dell’acido zoledronico è stata correlata alla clearance della creatinina, dal momento che la clearance renale rappresenta il 75  33% della clearance della creatinina, la quale nei 64 pazienti studiati è risultata in media pari a 84  29 ml/min (intervallo da 22 a 143 ml/min). I piccoli aumenti osservati nella AUC(0-24hr) , tra circa il 30% e 40% nella compromissione renale da lieve a moderata, rispetto ai pazienti con funzione renale normale, e l’assenza di accumulo del farmaco a seguito di dosi multiple indipendentemente dalla funzione renale, suggeriscono che non sono necessari aggiustamenti della dose di acido zoledronico in caso di compromissione renale lieve (Clcr = 50–

80 ml/min) e moderata fino a clearance della creatinina pari a 35 ml/min. L’uso di Aclasta in pazienti con grave compromissione renale (clearance della creatinina < 35 ml/min) è controindicato a causa di un aumento del rischio di insufficienza renale in questa popolazione.

 

05.3 Dati preclinici di sicurezza

Indice

Tossicità acuta

La dose massima non letale per somministrazione endovenosa singola è stata pari a 10 mg/kg di peso corporeo nel topo e pari a 0,6 mg/kg nel ratto. In studi di infusione di una dose singola nel cane, 1,0 mg/kg (6 volte l’esposizione terapeutica umana raccomandata in base alla AUC) somministrati nell’arco di 15 minuti sono stati ben tollerati senza effetti renali.

Tossicità subcronica e cronica

In studi di infusione endovenosa, la tollerabilità renale di acido zoledronico è stata stabilita nel ratto con somministrazione di 0,6 mg/kg sotto forma di infusioni da 15 minuti a intervalli di 3 giorni, per un totale di sei infusioni (per una dose cumulativa che corrisponde a livelli di AUC pari a circa 6 volte l’esposizione terapeutica nell’uomo) mentre cinque infusioni da 15 minuti di 0,25 mg/kg somministrate a intervalli di 2–3 settimane (una dose cumulativa corrispondente a 7 volte l’esposizione terapeutica umana) sono state ben tollerate nel cane. Negli studi con bolo endovenoso, le dosi che risultavano ben tollerate diminuivano all’aumentare della durata dello studio: le dosi di 0,2 e 0,02 mg/kg al giorno sono state ben tollerate per 4 settimane nel ratto e nel cane, rispettivamente, ma solo le dosi di 0,01 mg/kg e 0,005 mg/kg sono state ben tollerate nei ratti e nei cani, rispettivamente, quando somministrate per 52 settimane.

La somministrazione ripetuta a lungo termine, ad esposizioni cumulative sufficientemente superiori all’esposizione massima prevista nell’uomo, ha prodotto effetti tossicologici in altri organi, compresi il tratto gastrointestinale e il fegato, e nel sito di somministrazione endovenosa. Non è nota la rilevanza clinica di questi risultati. Il risultato più frequente negli studi a dosi ripetute consiste nell’aumento del tessuto osseo spugnoso nelle metafisi delle ossa lunghe negli animali in sviluppo con quasi tutte le dosi, risultato che riflette l’attività farmacologica anti-riassorbitiva del prodotto.

Tossicità riproduttiva

Gli studi di teratologia sono stati effettuati in due specie, entrambi impiegando la somministrazione sottocutanea. Teratogenicità è stata osservata in ratti a dosi ≥0,2 mg/kg e si è manifestata con malformazioni esterne, viscerali e scheletriche. Distocia è stata osservata alla dose minima testata nel ratto (0,01 mg/kg di peso corporeo). Non sono stati osservati nei conigli effetti teratogeni o embrio/fetali, sebbene la tossicità materna fosse marcata alla dose di 0,1 mg/kg a causa dei ridotti livelli sierici di calcio.

Mutagenicità e potenziale cancerogeno

L’acido zoledronico non è risultato mutageno nei test di mutagenesi eseguiti ed i test di carcinogenesi non hanno fornito prove di potenziale cancerogeno.

 

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

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Mannitolo Sodio citrato Acqua per preparazioni iniettabili

 

06.2 Incompatibilità

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Questo medicinale non deve entrare in contatto con soluzioni contenenti calcio. Aclasta non deve essere miscelato o somministrato per via endovenosa con altri medicinali.

 

06.3 Periodo di validità

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Flacone chiuso: 3 anni Dopo l’apertura: 24 ore a 2°C – 8°C Da un punto di vista microbiologico, il prodotto deve essere utilizzato immediatamente. Se non usato immediatamente, i tempi di conservazione in uso e le condizioni di conservazione prima dell’uso rientrano nella responsabilità dell’utilizzatore e di norma non dovrebbero superare le 24 ore a 2°C – 8°C.

 

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

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Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione.

Per le condizioni di conservazione del medicinale dopo la prima apertura, vedere paragrafo 6.3.

 

06.5 Natura e contenuto della confezione

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100 ml di soluzione in un flacone di plastica trasparente (polimero cicloolefinico) chiuso da un tappo di gomma bromobutilica rivestito di fluoropolimero e capsula di chiusura di alluminio/polipropilene con elemento a strappo.

Aclasta è fornito in confezioni singole contenenti un flacone o in confezioni multiple costituite da cinque confezioni, ognuna da un flacone.

È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.

 

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

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Solo monouso.

La soluzione deve essere utilizzata solo se è trasparente, priva di particelle o di alterazione del colore.

Se conservata in frigorifero, lasciare che la soluzione raggiunga la temperatura ambiente prima della somministrazione. Durante la preparazione dell’infusione devono essere seguite tecniche asettiche.

Il medicinale non utilizzato e i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente

 

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

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Sandoz Pharmaceuticals d.d. Verovškova ulica 57 1000 Ljubljana Slovenia

 

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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EU/1/05/308/001 EU/1/05/308/002

 

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

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Data della prima autorizzazione: 15 Aprile 2005 Data del rinnovo più recente: 19 Gennaio 2015

 

10.0 Data di revisione del testo

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Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: 31/01/2023