Ictus cerebrale

Ictus cerebrale

Epidemiologia

Dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie l’ Ictus cerebrale rappresenta la terza causa di morte (10%-12% di tutti i decessi per anno), e la principale causa d’ invalidità.

Infatti ad un anno dall’ evento acuto, un terzo circa dei soggetti sopravvissuti ad un ictus cerebrale, indipendentemente dal fatto che sia ischemico o emorragico, presenta un grado di disabilità elevato, che li rende totalmente dipendenti.

La forma più frequente di manifestazione dell’ ictus cerebrale è quella ischemica (80% circa), mentre le emorragie intraparenchimali riguardano il 15%-20% e le emorragie subaracnoidee circa il 3%.

Il primo tende a colpire maggiormente pazienti anziani (età media superiore ai 70 anni) e più spesso gli uomini il secondo soggetti leggermente più giovani, sempre con lieve prevalenza per il sesso maschile. Solo l’ emorragia subaracnoidea colpisce più spesso soggetti di sesso femminile e di età intorno ai 50 anni.

La mortalità acuta ( 30 giorni) è pari a circa il 20%-25% mentre quella ad 1 anno ammonta al 30%-40% circa; le emorragie (parenchimali) hanno tassi di mortalità precoce più alta (30%-40% circa dopo la prima settimana; 45%-50% ad 1 mese).

Le emorragie subaracnoidee hanno un tasso di mortalità precoce simile all’ emorragie intra-parenchiamali; i decessi nel primo mese si concentrano in 3⁄4 dei casi nella prima settimana. Gli infarti lacunari hanno prognosi migliore, in acuto e ad un anno, rispetto a quelli non lacunari, sia in termini di mortalità, sia di disabilità residua, sia di tasso di ricorrenza.

Fattori di rischio

Attraverso attenti studi epidemiologici è stato possibile individuare i fattori di rischio e in base al tipo di ictus cerebrale(ischemico o emorragico ) suddividerli in modificabili e non.

Per l’ emorragia cerebrale i fattori di rischio sono:

  • non modificabili: età; razza non caucasica;
  • modificabili: ipertensione arteriosa, eccessiva assunzione di alcool, fumo.

Per l’ ischemia cerebrale i fattori di rischio:

  • Non modificabili:
    • Età,
    • Fattori genetici,
    • Fattori etnici
  • Modificabili:
    • ipertensione arteriosa;
    • alcune cardiopatie (in particolare, fibrillazione atriale);
    • diabete mellito;
    • iperomocisteinemia;
    • ipertrofia ventricolare sinistra;
    • stenosi carotidea;
    • fumo di sigaretta;
    • eccessivo consumo di alcool;
    • ridotta attività fisica;
    • dieta;
    • ipercolesterolemia;
    • obesità.

Sono stati inoltre individuati dei fattori di rischio indipendente fa cui:

  • Pregresso attacco ischemico transitorio (TIA)
  • Obesità, sindrome metabolica
  • Forame ovale pervio, aneurisma settale
  • Placche dell’ arco aortico
  • Uso di contraccettivi e terapia ormonale sostitutiva
  • Anticorpi antifosfolipidi
  • Fattori dell’ emostasi, infezione e uso di droghe

 

Prevenzione primaria dell’ictus cerebrale

Riguarda prima di tutto la regolamentazione di alcuni fattori di rischio modificabili

Dieta

Sembrano avere un ruolo protettivo il consumo di acidi grassi polinsaturi, fibra alimentare, potassio e calcio (attraverso un’ azione per lo più mediata dalla pressione arteriosa), antiossidanti (un equilibrato apporto di antiossidanti naturali media un effetto protettivo) in particolar modo associato al consumo di antiossidanti vitaminici (vitamina C e vitamina E) e non vitaminici (carotenoidi e sostanze fenoliche); eventuali supplementazioni non sono indicate. Folati, vitamina B6 e vitamina B12 (agiscono sulla plasticità neuronale).

Viene inoltre consigliato secondo le linee guida correnti al fine di ridurre il rischio di incidenza di ictus:

  • consumo giornaliero di sale che non ecceda 5g/die
  • consumo almeno due volte a settimana di fonti di omega-3
  • consumo di due porzioni di verdura e tre di frutta al giorno e con regolarità di fonti di fibre
  • consumo di non più di due bicchieri di vino al giorno.
  • Riduzione del BMI con l’ aiuto dell’ esercizio fisico di tipo aerobio
  • Cessare il fumo di sigaretta.

Controllo della pressione arteriosa

Viene consigliato il mantenimento di livelli di PA intorno ai 140/90 mmHg

Negli anziani si preferisce l’ uso di diuretici e calcio antagonisti diidropiridinici nei pazienti con ipertrofia ventricolare sinistra è invece consigliabile l’ uso di ace-inibitori e sartani.

Pazienti con Fibrillazione Atriale Non Valvolare (FANV)

E’ necessario intraprendere una terapia anticoagulante orale (TAO) in base al rischio cardiovascolare calcolato con CHA2DS2VASc.

Se la TAO non può essere intrapresa sulla base del rischio emorragico e/o sulla scarsa compliance del paziente si deve intraprendere terapia con ASA (325mg/die).

Pazienti con fattori di rischio cardiovascolari

E’ consigliato l’ uso delle statine se il paziente è ipercolesterolemico e con alto rischio per patologie vascolari.

Sembra essere indicato inoltre l’ uso dell’ ASA nei pazienti diabetici e in quelli in cui il beneficio rispetto ai rischi è maggiore mentre non se ne consiglia l’ uso nei pazienti che presentano come unico rischio cardiovascolare la presenza di una placca carotidea isolata.

Gestione preospedaliera

È indicato che il personale della Centrale Operativa (118) sia addestrato ad identificare al triage telefonico un sospetto ictus cerebrale e, in presenza di indicazioni cliniche alla trombolisi, a gestirlo come una emergenza medica trattata come codice rosso.Il personale del 118 invece deve essere in grado di capire precocemente se in base ai sintomi il paziente deve essere ospedalizzato soprattutto nei pazienti con TIA in cui il rischio di ictus cerebrale a breve termine è elevato. Sono stati in questo senso validati degli score di rischio come:

L’ ABCD2 score: punteggio predittivo del rischio precoce di ictus cerebrale in pazienti con attacco ischemico transitorio (TIA), costituito dalla somma di punti assegnati a 5 fattori clinici, indipendentemente associati al rischio di ictus:

  • età ≥60 anni: 1 punto
  • pressione sistolica ≥140 mm Hg o diastolica ≥90 mm Hg: 1 punto
  • caratteristiche cliniche del TIA: ipostenia monolaterale: afasia senza ipostenia: 2 punti
  • durata del TIA: ≥60 min: 10-59 min: 1 punto
  • diabete: 1 punto

 

Nei pazienti con TIA, lo ABCD2 score classifica il rischio di ictus cerebrale a 2 giorni come

  • basso: score < 4
  • moderato: score 4-5
  • alto: score > 5

 

È indicato che il personale dei mezzi di soccorso rilevi eventuali traumi, escluda condizioni a rischio per la sopravvivenza del paziente ed esegua un primo inquadramento diagnostico, effettuando le seguenti valutazioni:

1. ABC (airway, breathing, circulation);

2. Valutazione dei parametri vitali (respiro, polso, PA, saturazione O2);

3. Glasgow coma scale (GCS);

4. Cincinnati Prehospital Stroke Scale (CPSS).

Appena individuati i sintomi è necessario trasferire il paziente nella struttura che sia il più adeguata possibile che abbia una stroke unit.

 

Gestione ospedaliera del paziente con ictus cerebrale

Diagnosi

Nella gestione di questa particolare categoria di pazienti è indicato un precoce inquadramento neurologico che sia il più standardizzato possibile in modo da poter attivare il più velocemente possibile tutti i circuiti atti ad gestire questa emergenza. Generalmente questa la gestione di questa fase spetta al neurologo.

L’ identificazione clinica di un territorio vascolare è indicata per quanto riguarda l’ iter degli esami strumentali, la correlazione con le informazioni fornite dalle neuroimmagini, l’ identificazione dei fattori patogenetici e prognostici.

All’accettazione al Pronto Soccorso occorre definire:

  • Il più accuratamente possibile (approssimazione ±30 min) l’ ora di esordio dei sintomi;
  • Definire che la causa del deficit neurologico sia di natura vascolare e definirne quindi il territorio arterioso (carotideo o vertebro-basilare)
  • Misurare la gravità del quadro clinico (possibilmente mediante l’ uso di scale neurologiche quali la National Institutes of Health Stroke Scale – NIHSS versione italiana) a fini prognostici e del monitoraggio clinico successivo;
  • Valutare la potenziale evoluzione spontanea in peggioramento o in miglioramento;
  • Definire precocemente il rischio di complicanze mediche o neurologiche e riconoscerle al fine di prevenirle e trattarle adeguatamente;
  • Avviare in maniera tempestiva la terapia più appropriata.
  • Eseguire TC il più velocemente possibile per distinguere l’ ictus cerebrale ischemico da quello emorragico e/o altre patologie non vascolari che giustifichino i sintomi.
  • Eseguire alternativamente la RMN cerebrale in DWI/PWI nell’ ictus cerebrale ischemico per valutare l’ area del core ischemico e quindi datare la lesione nell’ incertezza dell’ esordio dei sintomi. Con questa tecnica è infatti possibile studiare i pazienti che non sanno riferire con precisione l’ esordio dei sintomi. Se l’ area visibile in PWI è molto marcata significa che si sta già estendendo l’ area della penombra ischemica spai del fatto che il danno è presente da molte ore e esclude il paziente dal trattamento trombolitico.

L’ angiografia cerebrale è indicata nelle prime ore di un ictus cerebrale ischemico solo se rappresenta il primo passo di un intervento endovascolare di disostruzione arteriosa mediante fibrinolisi locoregionale.

Altri test indicati all’ arrivo in pronto soccorso del paziente con ictus cerebrale sono:

L’ elettrocardiogramma, la radiografia del torace e gli esami di laboratorio (emocromocitometrico con piastrine, glicemia, elettroliti sierici, creatininemia, transaminasi, tempo di protrombina, APTT). Tuttavia i primi due ed in particolar modo la Rx del torace non devono ritardare l’ esecuzione della trombolisi.

Nelle fasi immediatamente successive:

Studio con ultrasuoni dei vasi extra- ed intracranici: Utile ai fini di una precoce definizione dei tipi patogenetici, del rischio tromboembolico e delle decisioni terapeutiche.

Le stesse indicazioni valgono per l’ ecocardiografia transtoracica o transesofagea; Doppler transcranico, angio-RM ed angio-TC sono utili per la definizione della sede e del grado della occlusione arteriosa e quindi per una più appropriata selezione dei pazienti da sottoporre a trattamento trombolitico, specialmente se da effettuarsi per via intra-arteriosa.

Tuttavia il loro uso appare per ora limitato ai centri altamente specializzati. Nell’ emorragia cerebrale, RM ed angio-RM sono utili in pazienti selezionati e sono indicate nei pazienti in cui si sospetti una angiopatia amiloide e, a distanza di almeno 30 giorni dall’ evento, nei pazienti con lesioni lobari ed angiografia negativa candidati alla chirurgia e per la diagnostica degli angiomi cavernosi.

Il controllo morfologico al di fuori della fase acuta può essere effettuato indifferentemente con TC o RM convenzionale, risultando la RM più utile nel caso di lesioni lacunari o lesioni del troncoencefalo. La valutazione morfologica di un aneurisma viene effettuata in maniera molto dettagliata dall’ angiografia, che può essere valutata quando questa metodica non è disponibile anche tramite angio-TC/RMN.

Terapia ospedaliera dell’ictus cerebrale

In acuto

Ictus cerebrale ischemico

Trombolisi e.v: rappresenta il Gold standard terapeutico nel paziente che possa essere trattato entro le 4,5 ore e che quindi non presenti controindicazioni assolute.

Il trattamento con r-tPA e.v. (0,9 mg/kg, dose massima 90 mg, il 10% della dose in bolo, il rimanente in infusione di 60 minuti) è indicato entro 4.5 ore dall’ esordio di un ictus cerebrale ischemico.

Pazienti trattati con terapia anticoagulante orale con farmaci anti-vit K e INR ≤ 1.7 pur presentando un rischio più elevato di emorragia cerebrale sintomatica hanno una mortalità ed un outcome funzionale comparabili a quelli di pazienti non anticoagulati. Pertanto a giudizio del clinico possono essere sottoposti a trombolisi i.v. o, nei centri adeguatamente organizzati, a trattamenti di rivascolarizzazione i.a.

Considerato il profilo di maggior sicurezza dei nuovi farmaci anticoagulanti orali rispetto al warfarin relativamente al rischio di emorragie intracerebrali, confermato nel sottogruppo dei pazienti con storia di pregresso TIA o ictus, è ragionevole ritenere che sia possibile prendere in considerazione la trombolisi i.v. in pazienti trattati con i nuovi anticoagulanti orali con effetto sub terapeutico, evidenziato da test specifici e standardizzati che devono essere disponibili presso tutti i centri dedicati.

I pochi dati disponibili mostrano un aumento di rischio di emorragia sintomatica e di esito clinico negativo quando si trattano con trombolisi i.v. pazienti che avevano ricevuto una dose di EBPM da 6 a 24 ore prima. Tuttavia il numero limitato di casi non consente di valutare se tempi di somministrazione e dosaggi diversi comportino sempre lo stesso aumento di rischio.

Pertanto, pur dovendosi in generale suggerire la massima cautela, la possibilità di trattare il paziente va comunque valutata nel singolo caso, tenendo conto del rapporto rischio-beneficio calcolabile sulla base dei dati disponibili e della prognosi presumibile del paziente in assenza di trombolisi.

Pazienti con deficit neurologico focale esordito con crisi epilettica possono essere sottoposti a trombolisi i.v., quando ci siano evidenze cliniche, eventualmente supportate con neuroimmagini, che il deficit neurologico residuo non è un deficit post-critico ma sia attribuibile ad ischemia cerebrale.Pazienti con deficit lieve o in rapido miglioramento possono essere sottoposti a trombolisi i.v. qualora rispettivamente il tipo di deficit e l’ entità del deficit residuo possano a giudizio del clinico comportare limitazioni importanti dell’ autonomia funzionale.

Trombolisi intrarteriosa: consigliata in quei pazienti che hanno un occlusione di grossi vasi (basilare/carotide comune) o che non hanno potuto effettuare la trombolisi entro le 4,5.
Tecniche endovascolari: In caso di occlusione dei tronchi arteriosi maggiori (carotide interna intracranica, tronco principale dell’arteria cerebrale media, arteria basilare) con quadro clinico predittivo di elevato rischio di morte o gravi esiti funzionali, nei centri con provata esperienza di neuroradiologia interventistica come scelta primaria o secondaria ad una trombolisi i.v. inefficace.

Eparina non frazionata /Eparina a basso peso molecolare: non è indicata come terapia specifica dell’ ictus cerebrale a meno che non si sospetti la trombosi dei seni venosi.

Acido Acetil-Salicilico (ASA): In acuto è consigliata al dosaggio 300 mg per tutti i pazienti ad eccezione di quelli che sono stati candidati alla trombolisi in cui il trattamento inizierà 24h dopo.
Non sono indicati in acuto: l’ uso di farmaci neuroprotettivi, farmaci neurolettici, corticosteroidi, diuretici osmotici.

Ictus cerebrale emorragico

Trattamento neurochirugico: Il trattamento chirurgico dell’emorragia cerebrale è indicato in caso di emorragie cerebellari di diametro >3 cm con quadro di deterioramento neurologico o con segni di compressione del tronco e idrocefalo secondario a ostruzione ventricolare.

In caso di emorragie lobari di medie (≥30 e <50 cm3) o grandi (≥50 cm3) dimensioni, in rapido deterioramento per compressione delle strutture vitali intracraniche o erniazione, in caso di emorragie intracerebrali associate ad aneurismi o a malformazioni artero-venose e nelle emorragia sovratentoriali sembra essere associato a una riduzione della probabilità di morte entro le 72h.

Trattamento chiururgico/endovascolare di un aneurisma: Gli elementi a favore per tale trattamento sono la giovane età pregressa ESA da altro aneurisma, familiarità per ESA e/o aneurismi, presenza di ipertensione arteriosa non controllata, necessità di trattamento anticoagulante, diametro superiore ai 7 mm, sintomi compressivi o evidenza di ingrandimento progressivo della sacca, localizzazione sulla linea mediana (aneurisma dell’ arteria comunicante anteriore o della basilare), sacca irregolare.

Non vanno invece trattati generalmente quelli del tratto intracavernoso finchè non danno sintomi clinici.

Il trattamento dell’ ESA da aneurisma è indicato entro 72 ore dall’ esordio. I dati di mortalità, disabilità, complicanze neurologiche sono a favore del trattamento endovascolare, che ha però una più alta percentuale di chisura non completa della sacca aneurismatica ed una più alta percentuale di risanguinamenti nel breve periodo, da verificare nei periodi medio-lunghi.

La somministrazione di nimodipina per via orale è indicata nel trattamento del vasospasmo dopo ESA. Nell’ impossibilità di somministrazione per os può essere indicata la somministrazione e.v.

Trattamento dell’ ipertensione endocranica: Per il trattamento dell’ ipertensione endocranica in pazienti con emorragia cerebrale sono indicate le seguenti opzioni:

agenti osmotici: sono le prime sostanze da utilizzare, ma non sono da usare come profilassi. Il mannitolo al 20% (0,25-0,5 g/kg per 4 ore) o il glicerolo (250 mL di glicerolo al 10% in 30-60 minuti, ogni 6 ore), in alternativa è possibile la somministrazione orale (50 mL al 10% ogni 6 ore) sono da riservare ai pazienti con ipertensione endocranica di livello elevato, clinica in rapido deterioramento, edema circostante l’emorragia.

Per i noti fenomeni di rebound è da utilizzare per tempi inferiori ai 5 giorni. Durante la terapia con agenti osmotici controllare l’emocromo, in quanto possono indurre emolisi, e la sodiemia.

furosemide: 10 mg ogni 2-8 h può essere somministrata contemporaneamente alla terapia osmotica. L’osmolarità plasmatica va valutata due volte al giorno nei pazienti in terapia osmotica e come obiettivo vanno mantenuti livelli <310 mOsm/L

iperventilazione: l’ipocapnia causa vasocostrizione cerebrale, la riduzione del flusso cerebrale è praticamente immediata con riduzione dei valori di pressione endocranica dopo 30 minuti. Una riduzione di pCO2 a 30-35 mm Hg si ottiene mediante ventilazione costante con volumi di 12-14 ml/kg e riduce la pressione endocranica del 25%-30%

farmaci sedativi: la paralisi neuromuscolare in combinazione con una adeguata sedazione con tiopentale previene le elevazioni di pressione intratoracica da vomito, tosse, resistenza al respiratore. In queste situazioni sono da preferirsi farmaci non depolarizzanti come il vecuronio o il pancuronio.

Trattamento dell’ ipertensione arteriosa: Nei pazienti con emorragia intracerebrale è indicata la correzione dell’ ipertensione arteriosa se la pressione sistolica è >200 mm Hg o la pressione arteriosa media è >150 mm Hg, iniziare la terapia con nitroprussiato o urapidil e e monitoraggio ogni 5 minuti.

Se la pressione sistolica è >180 mm Hg o la pressione arteriosa media è >130 mm Hg e vi è evidenza o sospetto clinico di elevati valori di pressione endocranica, considerare l’ utilizzo del monitoraggio dell’ ipertensione endocranica e la riduzione dei valori pressori, ma – mantenendo i valori di perfusione cerebrale tra 60 e 80 mm Hg – iniziare una terapia endovenosa con labetalolo, urapidil, nitroprussiato o furosemide o altri farmaci a basse dosi somministrabili e.v in boli o somministrazione continua di antipertensivi, con rivalutazione clinica del paziente ogni 15 minuti.

Trattamento dei pazienti in terapia anticoagulante orale: è indicata una rapida correzione dell’ emostasi che si ottiene a seconda della terapia anticoagulante in corso con:

  • solfato di protamina in pazienti in trattamento con eparina ev o sc;
  • plasma fresco congelato o concentrati di complesso protrombinico associati con vitamina K ev in pazienti in terapia con anticoagulanti orali.

 

Prevenzione secondaria dell’ictus cerebrale

ictus cerebrale ischemico

Terapia di prevenzione secondaria precoce dopo un ictus cerebrale cardioembolico:

Iniziare TAO/NAO mantenendo i valori di INR tra 2-3.

In tutti i casi nei quali la terapia anticoagulante è controindicata o non possa essere adeguatamente monitorata al momento della dimissione, è indicato somministrare ASA alla dose di 300 mg/die per le prime due settimane per poi proseguire con 100 mg/die oppure, se non è presente elevato rischio emorragico, con l’ associazione di ASA (75-100 mg/die) e clopidogrel (75 mg/die).

Terapia in pazienti con ictus cerebrale che già facevano TAO/NAO: In pazienti con protesi valvolari già in terapia anticoagulante orale ben condotta, è indicata l’ associazione agli anticoagulanti orali di antiaggreganti piastrinici.

Terapia in pazienti con patologia aterotrombotica: iniziare ASA e correggere i fattori di rischio. Se già in trattamento con terapia antiaggregante somministrare TAO/NAO e valutare comunque la compliance dei pazienti.

Terapia della prevenzione della trombosi venosa profonda: eparina non frazionata o a basso peso molecolare secondo le dosi profilattiche, ma non a dosi scoagulanti. Mentre non è consigliato l’ uso delle calze elastiche.

ictus cerebrale emorragico

Terapia della prevenzione della trombosi venosa profonda: Nei pazienti con emorragia cerebrale l’ uso di calze elastiche a compressione graduata non è indicato.

Dopo 4-5 giorni dall’insorgenza dell’emorragia cerebrale può essere preso in considerazione l’uso di eparina a basso peso molecolare o di eparina non frazionata a dosi di profilassi.

Follow up degli aneurismi: Nell’ immediata fase post-acuta è necessario un attento monitoraggio dell’evoluzione degli aneurismi parzialmente embolizzati ed il reintervento per via endovascolare a causa del rischio elevato di sanguinamento.

Inoltre gli aneurismi trattati con spirali necessitano di un controllo morfologico nei 2 anni successivi per documentare eventuali fenomeni di ricanalizzazione della sacca che richiedano un successivo trattamento.

Gestione della fase post-acuta dell’ictus cerebrale

Nelle prime 48h succesive all’ ictus cerebrale è importante:

  1. Monitorare i parametri vitali e lo stato neurologico dei pazienti .
  2. Evitare l’ ipertermia (l’ ipotermia ha una funzione neuroprotettiva)
  3. Controllare eventuali infezioni: la prima più frequente sembra essere quella del caterere vescicale, seguita dalle polmoniti ( in particolare quella ab ingestis) e le infezioni secondarie ai cateteri vascolari.
  4. Cercare di mantenere i valori della glicemia sempre compresi tra 140-180 mg/dL

In pazienti con ictus cerebrale acuto e ipoglicemia è indicata la pronta correzione tramite infusione di destrosio in bolo e.v., associando tiamina 100 mg in caso di malnutrizione o di abuso di alcool.

La fluidoterapia di scelta è la soluzione fisiologica. Da evitare ipotoniche e glucosate che sono edemigene.

Nel soggetto affetto da ictus cerebrale in fase acuta la terapia nutrizionale artificiale di scelta è rappresentata dalla nutrizione enterale.

È indicato iniziare il trattamento di nutrizione enterale precocemente e comunque non oltre 5-7 giorni nei pazienti normonutriti e non oltre le 24-72 ore nei pazienti malnutriti.

Nei soggetti con disfagia persistente post ictus cerebrale e se è ipotizzabile una durata superiore a due mesi, entro 30 giorni è indicato prendere in considerazione il ricorso alla PEG (gastrostomia percutanea endoscopica), da praticarsi non prima di 4 settimane dall’ evento.

Monitoraggio continuo dell’ ipertensione endocranica e di tutti i fattori che potrebbero indurla come ipossiemia, ipercapnia.

In caso di rapido deterioramento dello stato di coscienza, segni clinici di erniazione cerebrale o evidenze neuroradiologiche di edema con dislocazione delle strutture della linea mediana od obliterazione delle cisterne perimesencefaliche è indicata :

  • Terapia con furosemide (40mg e.v) , in acuto
  • Glicerolo /Mannitolo anche per terapie prolungate

Non è invece raccomandata la terapia con corticosteroidei nonostante la loro riconosciuta funzione neuroprotettiva e la terapia con i barbiturici a scopo profilattico.

Terapia a lungo termine

Nella gestione dell’ ictus cerebrale a lungo termine è importante una adeguata gestione terapeutica come segue:

Nei pazienti con ictus cerebrale NON di origine cardioembolica si consiglia la somministrazione giornaliera di 100 mg /die di ASA o in alternatica Clopidogrel 75mg/die.

L’ associazione dei due è sconsigliata per i severi rischi emorragici. Meno efficace e come ultima scelta dovrebbe essere la ticlopidina al dosaggio giornaliero di 500mg/die nell’ ipossibilità di prendere gli altri due farmaci.

Nei pazienti con ictus cerebrale secondario a Fibrillazione Atriale NON VALVOLARE è indicata la Terapia con anticoagulante orale mantenendo un INR tra 2 e 3.

Qualora questa non possa essere effettuata.Nei pazienti che già facevano TAO la terapia può essere ripresa dopo 3 settimane
Per il controllo della pressione arteriosa è indicata la terapia con calcio antagonisti, ACE-inibitori e Sartani.

L’ uso delle statine è indicato anche nei pazienti che non presentino valori di colesterolo eleveto per il loro potere nell’ abbassare il rischio di accidenti cerebrovascolari.

Nei pazienti con ictus cerebrale associato a pervità del forame ovale che presentino trombofilia e/o trombosi venosa profonda è raccomandata la terapia con la TAO altrimenti la sola presenza del forame prevede la terapia giornaliera con ASA 100mg/die.

L’ articolo è stato scritto facendo riferimento alle linee Guida SPREAD 2012-2014