Sebivo: è un farmaco sicuro? Come funziona?

Sebivo 600 mg compresse rivestite con film (Telbivudina): sicurezza e modo d’azione

Sebivo 600 mg compresse rivestite con film (Telbivudina) è un farmaco che serve per curare le seguenti malattie:

Sebivo è indicato per il trattamento dell’epatite cronica B in pazienti adulti con malattia epatica compensata ed evidenza di replicazione virale, con livelli persistentemente elevati dell’alanina aminotransferasi sierica (ALT) ed evidenza istologica di infiammazione attiva e/o fibrosi.

L’inizio del trattamento con Sebivo deve essere preso in considerazione solo quando non è disponibile o appropriato l’uso di un agente antivirale alternativo, con una barriera genetica alla resistenza più elevata.

Vedere paragrafo 5.1 per i dettagli dello studio e le caratteristiche specifiche dei pazienti su cui si basa questa indicazione.

Sebivo 600 mg compresse rivestite con film: come funziona?

Ma come funziona Sebivo 600 mg compresse rivestite con film? Qual è il suo esatto meccanismo d’azione? Su quali organi del corpo agisce? Vediamolo insieme.

Farmacodinamica di Sebivo 600 mg compresse rivestite con film

Categoria farmacoterapeutica: antivirali per uso sistemico, nucleosidi e nucleotidi inibitori della trascrittasi inversa, codice ATC: J05AF11

Meccanismo d’azione

La telbivudina è un analogo nucleosidico sintetico della timidina attivo contro l’HBV DNA polimerasi. È efficientemente fosforilata dalle chinasi cellulari nella forma attiva trifosfata, che ha un’emivita intracellulare di 14 ore. Telbivudina-5′-trifosfato inibisce la HBV DNA polimerasi (trascrittasi inversa) competendo con il substrato naturale, timidina 5′-trifosfato. L’incorporazione della telbivudina-5′-trifosfato nel DNA virale causa l’interruzione della catena del DNA, con conseguente inibizione della replicazione dell’HBV.

Effetti farmacodinamici

La telbivudina è un inibitore della sintesi sia del primo filamento (EC50 = 0,4-1,3 ?M) che del secondo filamento (EC50 = 0,12-0,24 ?M) di HBV, e mostra una netta preferenza per l’inibizione della produzione del secondo filamento. Viceversa, la telbivudina-5′-trifosfato, a concentrazioni fino a

100 ?M, non ha inibito la DNA polimerasi cellulare ?, ?, o ?. Nei saggi sulla struttura mitocondriale, sulla funzione e sul contenuto di DNA, la telbivudina non ha avuto effetto tossico apprezzabile a concentrazioni fino a 10 ?M e non ha aumentato la produzione di acido lattico in vitro.

L’attività antivirale in vitro della telbivudina è stata valutata nella linea cellulare 2.2.15 di epatoma umano che esprime l’HBV. La concentrazione di telbivudina che ha efficacemente inibito il 50% della sintesi virale (EC50) è stata di circa 0,2 ?M. L’attività antivirale della telbivudina è specifica per il virus B dell’epatite ed hepadnavirus correlati. In vitro la telbivudina non è risultata attiva nei confronti dell’HIV. L’assenza di attività della telbivudina nei confronti dell’HIV non è stata valutata in studi clinici. Sono state riportate riduzioni transitorie dell’ RNA di HIV-1 in un numero esiguo di pazienti dopo somministrazione di telbivudina in assenza di terapia antiretrovirale. Il significato clinico di queste riduzioni non è stato determinato.

Esperienza clinica

La sicurezza e l’efficacia del trattamento a lungo termine (104 settimane) con Sebivo sono state valutate in due studi clinici controllati condotti in 1.699 pazienti con epatite B cronica (NV-02B-007 (GLOBE) e NV-02B-015).

Studio NV-02B-007 (GLOBE)

Lo studio NV-02B-007 (GLOBE) è uno studio di fase III multinazionale, in doppio cieco, randomizzato, su telbivudina in confronto a lamivudina, per un periodo di trattamento di

104 settimane in 1.367 pazienti affetti da epatite cronica B HBeAg-positivi e HBeAg-negativi mai trattati con nucleosidi. La maggioranza della popolazione arruolata era di origine Asiatica. I genotipi HBV più frequenti erano B (26%) e C (51%). Un numero esiguo (totale pari a 98) di pazienti Caucasici sono stati trattati con la telbivudina. L’analisi primaria dei dati è stata condotta dopo che tutti i pazienti avevano raggiunto la settimana 52.

Pazienti HBeAg-positivi: L’età media dei pazienti era di 32 anni, il 74% era di sesso maschile, l’82% era asiatico, il 12% caucasico e il 6% era stato sottoposto in precedenza a terapia con interferone alfa.

Pazienti HBeAg-negativi: L’età media dei pazienti era di 43 anni, il 79% era di sesso maschile, il 65% era asiatico, il 23% caucasico e l’11% era stato sottoposto in precedenza a terapia con interferone alfa.

Risultati clinici alla settimana 52

Gli endpoint di efficacia clinica e virologica sono stati valutati separatamente nelle popolazioni di pazienti HBeAg-positivi e HBeAg-negativi. L’endpoint primario di risposta terapeutica era un endpoint sierologico composito che richiede la soppressione dell’HBV DNA a <5 log10 copie/ml, congiuntamente alla perdita di HBeAg sierico o alla normalizzazione delle ALT. Gli endpoint secondari comprendevano la risposta istologica, la normalizzazione delle ALT e diversi criteri di misura dell’efficacia antivirale.

Indipendentemente dalle caratteristiche basali, la maggior parte dei pazienti che assumeva Sebivo ha evidenziato una risposta istologica, virologica, biochimica e sierologica al trattamento. Livelli di ALT al basale >2 x ULN e HBV DNA al basale <9 log10 copie/ml sono stati associati a tassi più elevati di sieroconversione HBeAg in pazienti HBeAg-positivi. Pazienti che avevano raggiunto livelli di HBV DNA <3 log10 copie/ml entro la settimana 24 hanno avuto una risposta ottimale al trattamento; viceversa i pazienti con livelli di HBV DNA>4 log10 copie/ml a 24 settimane hanno avuto esiti meno favorevoli alla settimana 52.

Nei pazienti HBeAg-positivi, la telbivudina è stata superiore alla lamivudina nella risposta terapeutica (75,3% vs. 67,0% di responder; p = 0,0047). Nei pazienti HBeAg-negativi, la telbivudina è stata non inferiore alla lamivudina (75,2% e 77,2% di responder; p = 0,6187). L’etnia caucasica è stata associata ad una minore risposta al trattamento ad entrambi gli agenti antivirali utilizzati nello studio NV-02B-007 (GLOBE); tuttavia la popolazione di pazienti Caucasici è stata molto limitata (n = 98).

Alla settimana 24, 203 soggetti HBeAg-positivi e 177 soggetti HBeAg-negativi hanno raggiunto livelli di HBV DNA non rilevabili. Di questi soggetti HBeAg-positivi, il 95% ha raggiunto HBV DNA non rilevabile, il 39% ha raggiunto la sieroconversione HBeAg, il 90% ha raggiunto la normalizzazione delle ALT alla settimana 52 e lo 0,5% ha manifestato resistenza alla settimana 48. Analogamente, fra i soggetti HBeAg-negativi, il 96% ha raggiunto HBV DNA non rilevabile, il 79% ha raggiunto la normalizzazione delle ALT alla settimana 52 e lo 0% ha manifestato resistenza alla settimana 48.

I criteri selezionati di misurazione degli esiti virologici, biochimici e sierologici sono indicati nella Tabella 5 e la risposta istologica nella Tabella 6.

Tabella 5 Endpoint virologici, biochimici e sierologici alla settimana 52 nello studio NV-02B- 007 (GLOBE)

Parametro di risposta HBeAg-positivi (n = 921) HBeAg-negativi (n = 446)
Telbivudina 600 mg
(n = 458)
Lamivudina 100 mg
(n = 463)
Telbivudina 600 mg
(n = 222)
Lamivudina 100 mg
(n = 224)
Riduzione media di HBV DNA rispetto al basale (log10
copie/ml) ± SEM1,2,3
-6,45 (0,11) * -5,54 (0,11) -5,23 (0,13) * -4,40 (0,13)
% di pazienti con HBV DNA non rilevabile mediante
PCR
60%* 40% 88%* 71%
Normalizzazione
ALT4
77% 75% 74% 79%
Sieroconversione di
HBeAg4
23% 22%
Perdita di HBeAg5 26% 23%

1 SEM: Errore standard della media

2 Test PCR COBAS Amplicor® Roche (limite inferiore di quantificazione ?300 copie/ml).

3 HBeAg-positivi n = 443 e 444, HBeAg-negativi n = 219 e 219, per i gruppi telbivudina e lamivudina, rispettivamente. La differenza nelle popolazioni è causata dall’uscita dei pazienti dallo studio e dalla mancata valutazione dell’HBV DNA alla settimana 52.

4 HBeAg-positivi n = 440 e 446, HBeAg-negativi n = 203 e 207, per i gruppi telbivudina e lamivudina, rispettivamente. Normalizzazione delle ALT valutata solo nei pazienti con ALT > ULN al basale.

5 n = 432 e 442, per i gruppi telbivudina e lamivudina, rispettivamente. Sieroconversione e perdita di HBeAg valutate solo nei pazienti con HBeAg rilevabile al basale.

*p < 0,0001

Tabella 6 Miglioramento istologico e variazione del punteggio di fibrosi secondo Ishak alla settimana 52 nello studio NV-02B-007 (GLOBE)

HBeAg-positivi (n = 921) HBeAg-negativi (n = 446)
Telbivudina 600 mg
(n = 384)1
Lamivudina 100 mg
(n = 386)1
Telbivudina 600 mg
(n = 199)1
Lamivudina 100 mg
(n = 207)1
Risposta istologica2
Miglioramento 71%* 61% 71% 70%
Assenza di
miglioramento
17% 24% 21% 24%
Punteggio di fibrosi secondo Ishak3
Miglioramento 42% 47% 49% 45%
Nessun
cambiamento
39% 32% 34% 43%
Peggioramento 8% 7% 9% 5%
Biopsia mancante alla settimana 52 12% 15% 9% 7%
1 Pazienti con ?una dose del farmaco in studio con biopsia epatica al basale valutabile e punteggio dell’indice di attività istologica (HAI) di Knodell >3 al basale.

2 Risposta istologica definita come riduzione ?2 punti del punteggio di attività necroinfiammatoria di Knodell rispetto al basale, senza peggioramento del punteggio di fibrosi di Knodell.

3 Per il punteggio di fibrosi di Ishak, miglioramento misurato come riduzione ?1 punto del punteggio di fibrosi di Ishak rispetto al basale alla settimana 52.
*p = 0,0024

Risultati clinici alla settimana 104

Complessivamente, alla settimana 104 i risultati clinici nei pazienti trattati con telbivudina sono stati consistenti con quelli ottenuti alla settimana 52, dimostrando la permanenza di risposte efficaci nei pazienti trattati con telbivudina durante la continuazione del trattamento.

Tra i pazienti HBeAg-positivi, la risposta terapeutica (63% verso 48%; p < 0,0001) e i principali endpoint secondari (riduzione media log10 dell’HBV DNA: -5,74 verso -4,42; p < 0,0001, HBV DNA non rilevabile: 56% verso 39%; p < 0,0001 e normalizzazione delle ALT del 70% verso 62%) hanno evidenziato alla settimana 104 un aumento delle differenze tra telbivudina e lamivudina rispettivamente. Per la telbivudina è inoltre stata osservata una tendenza verso valori più elevati di perdita di HBeAg (35% verso 29%) e di sieroconversione (30% verso 25%). Inoltre, nel sottogruppo di pazienti con ALT basali ?2x ULN (320), una percentuale significativamente superiore di pazienti trattati con telbivudina (36%) ha raggiunto sieroconversione HBeAg alla settimana 104 rispetto a lamivudina (28%).

Tra i pazienti HBeAg-negativi, le differenze di risposta terapeutica (78% verso 66%) e dei principali obiettivi secondari (riduzione media dell’HBV DNA: -5,00 log10 verso -4,17 log10, e HBV DNA non rilevabile: 82% verso 57%; p < 0,0001) sono risultate più elevate per la telbivudina sino alla settimana 104. I tassi di normalizzazione delle ALT (78% verso 70%) hanno continuato ad essere superiori sino alla settimana 104.

Predittività alla settimana 24

Alla settimana 24, 203 pazienti HBeAg-positivi (44%) e 177 pazienti HBeAg-negativi (80%) trattati con telbivudina hanno raggiunto livelli non rilevabili di HBV DNA.

Sia nei pazienti HBeAg-positivi che nei pazienti HBeAg-negativi, i risultati di HBV DNA alla settimana 24 sono stati predittivi di un esito a lungo termine favorevole. I pazienti trattati con telbivudina che hanno raggiunto livelli di HBV DNA non rilevabili mediante PCR entro la

settimana 24 hanno dimostrato alla settimana 104 il tasso più elevato di HBV DNA non rilevabile e di sieroconversione (nei pazienti HBeAg-positivi) e, complessivamente, i livelli più bassi di ripresa della replicazione virale (breakthrough virologico).

I risultati alla settimana 104, basati sui livelli di HBV DNA alla settimana 24, sia per i pazienti HBeAg-positivi che per quelli HBeAg-negativi sono presentati nella Tabella 7.

Tabella 7 Principali endpoint di efficacia alla settimana 104 in base ai livelli serici di HBV DNA alla settimana 24, in pazienti trattati con telbivudina nello studio NV-02B-007 (GLOBE)

Livelli di HBV DNA alla settimana 24 Risultati per i principali endpoint di efficacia alla settimana 104 , sulla base dei risultati alla settimana 24
Risposta terapeutica n/N (%) HBV DNA
non rilevabile mediante PCR
n/N (%)
Sieroconversion e dell’HBeAg n/N (%) Normalizzazion e delle ALT n/N (%) Breakthrough virologico* n/N (%)
HBeAg-positivi
<300 copie/ml 172/203 (85) 166/203 (82) 84/183 (46) 160/194 (82) 22/203 (11)
Compresi tra 300 copie/ml e
<3 log10 copie/ml
36/57 (63) 35/57 (61) 21/54 (39) 40/54 (74) 18/57 (32)
?3 log10 copie/ml 82/190 (43) 54/190 (28) 23/188 (12) 106/184 (58) 90/190 (47)
HBeAg-negativi
<300 copie/ml 146/177 (82) 156/177 (88) N/A 131/159 (82) 11/177 (6)
Compresi tra 300 copie/ml e
<3 log10 copie/ml
13/18 (72) 14/18 (78) N/A 13/17 (76) 4/18 (22)
?3 log10 copie/ml 13/26 (50) 12/26 (46) N/A 14/26 (54) 12/26 (46)

N/A = non pertinente

* Breakthrough virologico: definito come “incremento di almeno un 1 log rispetto al valore di nadir” valutato alla settimana 104

Studio NV-02B-015

I risultati di efficacia e sicurezza dello studio NV-02B-007 (GLOBE) sono stati confermati dallo studio NV-02B-015. E’ questo uno studio di fase III, in doppio cieco, randomizzato su telbivudina

600 mg somministrata una volta al giorno a confronto con lamivudina 100 mg somministrata una volta al giorno per un periodo di trattamento di 104 settimane in 332 pazienti cinesi HBeAg-positivi e HBeAg-negativi con epatite B cronica mai trattati con nucleosidi.

Studio CLDT600A2303 – Risultati clinici dopo 208 settimane

Lo studio CLDT600A2303 è stato uno studio di estensione, in aperto, di 104 settimane, in pazienti con epatite cronica B compensata precedentemente trattati con telbivudina per 2 anni, che includeva pazienti dagli studi NV-02B-007 (GLOBE) e NV-02B-015. Lo studio ha fornito dati di efficacia e sicurezza dopo 156 e 208 settimane di terapia continua con telbivudina. I pazienti con HBV DNA non rilevabile alla settimana 24 sono quelli che hanno avuto un outcome più favorevole alle settimane 156 e 208 (Tabella 8).

Tabella 8 Analisi di efficacia nel pool di dati derivanti dagli studi NV-02B-007 (GLOBE), NV- 02B-015 eCLDT600A2303

Settimana 52 Settimana 104 Settimana 156 Settimana 208
Pazienti HBeAg-positivi (n = 293*)
Persistenza di HBV DNA non rilevabile (<300 copie/ml) 70,3% (206/293) 77,3% (218/282) 75,0% (198/264) 76,2% (163/214)
Persistenza di HBV DNA non rilevabile (<300 copie/ml) nei pazienti con HBV DNA non rilevabile alla settimana 24 99,4% (161/162) 94,9% (150/158) 86,7% (130/150) 87,9% (109/124)
Tassi cumulativi di seroconversione HBeAg (%) 27,6% (81/293) 41,6% (122/293) 48,5% (142/293) 53,2% (156/293)
Tassi cumulativi di seroconversione HBeAg in pazienti con HBV DNA non rilevabile alla
settimana 24 (%)
40,1% (65/162) 52,5% (85/162) 59,3% (96/162) 65,4% (106/162)
Persistenza della normalizzazzione di ALT 81,4% (228/280) 87,5% (237/271) 82,9% (209/252) 86,4% (178/106)
Pazienti HBeAg-negativi (n = 209*)
Persistenza di HBV DNA non rilevabile (<300 copie/ml) 95,2% (199/209) 96,5% (195/202) 84,7% (160/189) 86,0% (141/164)
Persistenza di HBV DNA non rilevabile (<300 copie/ml) nei pazienti con HBV DNA non rilevabile alla settimana 24 97,8% (175/179) 96,5% (166/172) 86,7% (143/165) 87,5% (126/144)
Persistenza della normalizzazzione di ALT 80,3% (151/188) 89,0% (161/181) 83,5% (142/170) 89,6% (129/144)

* All’ingresso nello studio CLDT600A2303502, 502 pazienti (293 HBeAg-positivi and 209 HBeAg- negativi) non presentavano resistenza virale.

Studio CLDT600ACN04E1 – Conseguenze del trattamento sull’istologia epatica

Nello studio CLDT600ACN04E1, 57 pazienti con disponibili biopsie epatiche normali sia al basale sia dopo un periodo di trattamento medio di 260,8 settimane sono stati valutati per valutare eventuali modifiche dell’istologia epatica (38 pazienti HBeAg-positivi and 19 pazienti HBeAg-negativi).

L’indice medio necroinfiammatorio di Knodell di 7,6 (DS 2,9) al basale è migliorato fino a 1,4 (DS 0,9) (p < 0,0001), con una variazione media di -6,3 (DS 2,8). Nel 98,2% (56/57) dei pazienti è stato osservato un indice necroinfiammatorio di Knodell ?3 (nessuna o minima microinfiammazione).

L’indice medio di fibrosi di Ishak di 2,2 (DS 1,1) al basale è migliorato fino a 0,9 (DS 1,0) (p < 0,0001), con una variazione media di -1,3 (DS 1,3). Un indice di fibrosi di Ishak ?1 (nessuna o minima fibrosi) è stato osservato nell’84,2% (48/57) dei pazienti.

Le variazioni dell’indice necroinfiammatorio di Knodell e dell’indice di Ishak sono risultate simili nei pazienti HBeAg-positivi e HBeAg-negativi.

Studio CLDT600A2303 – Persistenza delle risposte HBeAg in assenza di trattamento

Lo studio CLDT600A2303 ha incluso pazienti HBeAg-positivi provenienti dagli studi NV-02B-007 (GLOBE) o NV-02B-015 per una valutazione di follow-up in assenza di trattamento. Questi pazienti avevano completato ?52 settimane di trattamento con telbivudina e avevano mostrato una perdita di HBeAg per ?24 settimane, con HBV DNA <5 log10 copie/ml nell’ultima visita in corso di trattamento. La durata media del trattamento è stata di 104 settimane. Dopo un periodo medio di follow-up di

120 settimane in assenza di trattamento, la maggioranza dei pazienti HBeAg-positivi trattati con telbivudina ha mostrato una persistente perdita di HBeAg (83,3%, 25/30) e persistente seroconversione HBeAg (79,2%, 19/24). I pazienti con seroconversione HBeAg persistente hanno avuto un HBV DNA medio di 3,3 log10 copie/ml e il 73,7% ha avuto un HBV DNA <4 log10 copie/ml.

Resistenza clinica

Il test di resistenza genotipica è stato effettuato nello studio NV-02B-007 (GLOBE; n = 680) nei pazienti con rebound virologico (aumento confermato di HBV DNA ?1 log10 copie/ml HBV DNA rispetto al nadir).

Alla settimana 48 tra i pazienti HBeAg-positivi e HBeAg-negativi, rispettivamente il 5% (23/458) e il 2% (5/222) ha avuto rebound virologico con mutazioni HBV determinabili e correlate alla resistenza.

Studi NV-02B-007 (GLOBE) e CLDT600A2303 – tassi cumulativi di resistenza genotipica

L’analisi originale sui tassi cumulativi di resistenza genotipica alle settimane 104 e 208 erano basati sulla popolazione ITT e comprendeva tutti i pazienti che avevano continuato il tarttamento fino a

4 anni, indipendentemente dai livelli di HBV DNA. Su 680 pazienti trattati con telbivudina inizialmente inseriti nello studio principale NV-02B-007 (GLOBE), 517 (76%) erano stati arruolati nello studio CLDT600A2303 per un trattamento continuativo con telbivudina sino a 208 settimane. All’interno della popolazione di 517 pazienti, 159 pazienti (HBeAg-positivi=135, HBeAg- negativi=24) hanno avuto HBV DNA misurabile.

I tassi di resistenza genotipica alla settimana 104 sono stati 25,1% (115/458) nei pazienti HBeAg- positivi e del 10,8% (24/222) nei pazienti HBeAg-negativi.

Nella popolazione ITT totale, i tassi cumulativi di resistenza all’anno 4 per i pazienti HBeAg-positivi e HBeAg-negativi, sono stati rispettivamente 40,8% (131/321) e18,9% (37/196).

I tassi cumulativi di resistenza genotipica sono stati anche determinati applicando un modello matematico nel quale sono considerati solo i pazienti con HBV DNA non rilevabile all’inizio del corrispondente anno. In questa analisi i tassi cumulativi di resistenza all’anno 4 sono stati 22,3% per i pazienti HBeAg-positivi e 16,0% per i pazienti HBeAg-negativi.

Considerando i pazienti con breakthrough virologico entro la settimana 104 nello studio NV-02B-007 (GLOBE), il tasso di resistenza è risultato inferiore nei pazienti con HBV DNA <300 copie/ml alla settimana 24 rispetto ai pazienti con HBV DNA ?300 copie/ml alla settimana 24. Nei pazienti HBeAg-positivi con HBV DNA <300 copie/ml alla settimana 24, la resistenza è stata dell’1% (3/203) alla settimana 48 e del 9% (18/203) alla settimana 104, mentre nei pazienti con HBV DNA

?300 copie/ml la resistenza è stata dell’8% (20/247) alla settimana 48 e del 39% (97/247) alla settimana 104. Nei pazienti HBeAg-negativi con HBV DNA <300 copie/ml alla settimana 24, la resistenza è stata dello 0% (0/177) alla settimana 48 e del 5% (9/177) alla settimana 104, mentre nei pazienti con HBV DNA ?300 copie/ml la resistenza è stata dell’11% (5/44) alla settimana 48 e del 34% (15/44) alla settimana 104.

Modello di mutazione genotipica e resistenza crociata

L’analisi genotipica effettuata in 203 coppie di campioni valutabili ottenuti da pazienti con HBV DNA ?1.000 copie/ml alla settimana 104 (NV-02B-007 (GLOBE)) ha dimostrato che la mutazione primaria associata a resistenza alla telbivudina era la sostituzione rtM204I, spesso associata alle mutazioni rtL180M e rtL80I/V e meno frequentemente alle rtV27A, rtL82M, rtV173L, rtT184I e rtA200V. I fattori basali correlati allo sviluppo di farmaco-resistenza genotipica comprendevano: il trattamento con lamivudina, valori basali di HBV DNA elevati, valori basali di ALT sieriche più bassi e aumento di peso corporeo o dell’indice di massa corporea (BMI). In corso di trattamento i parametri di risposta che alla settimana 24 si mostravano predittivi dell’insorgenza di virus farmaco-resistenti entro la settimana 104 erano i livelli di HBV DNA >300 copie/ml e l’innalzamento delle ALT sieriche.

L’analisi genotipica di 50 isolati di HBV ottenuti alla settimana 208 da pazienti trattati con telbivudina (CLDT600A2303) ha rivelato un profilo di resistenza simile a quello riscontrato alla settimana 104. In tutte le sequenze genotipiche alberganti la sostituzione M204I sono state individuate sostituzioni in posizione 80 e 180 e polimorfismi in posizione 91 e 229. Queste mutazioni sono di probabile natura compensatoria. In pazienti trattati con telbivudina che avevano sviluppato un breakthrough virologico entro la settimana 208 sono state segnalate una mutazione isolata rtM204V e due mutazioni rtM204I/V/M. Non sono state riportate nuove mutazioni.

E’ stata osservata resistenza crociata tra gli analoghi nucleosidici HBV (vedere paragrafo 4.4). Nei saggi cellulari, ceppi di HBV lamivudina resistenti contenenti la mutazione rtM204I o la doppia mutazione rtL180M/rtM204V avevano una sensibilità alla telbivudina ridotta di ?1.000 volte. Nelle colture cellulari, i ceppi di HBV codificanti per le sostituzioni rtN236T o rtA181V associate a resistenza ad adefovir hanno mostrato una sensibilità a telbivudina ridotta rispettivamente di circa 0,3 e 4 volte (vedere paragrafo 4.4).


Sebivo 600 mg compresse rivestite con film: come si assorbe e si elimina?

Abbiamo visto qual è il meccanismo d’azione di Sebivo 600 mg compresse rivestite con film, ma è altrettanto importante conoscere in quanto tempo viene assorbito dall’organismo per capire quanto tempo il farmaco impiegherà ad agire, attraverso quali vie viene eliminato (ad esempio fegato o reni) per sapere quali organi va ad impegnare e, per ultimo, in quanto tempo viene eliminato per avere idea di quando non avremo più il farmaco nell’organismo.

Tutte queste informazioni sono indicate nel paragrafo “Farmacocinetica” che segue.

Farmacocinetica di Sebivo 600 mg compresse rivestite con film

La farmacocinetica della telbivudina in somministrazione singola e ripetuta è stata valutata in soggetti sani e in pazienti con epatite cronica B. La farmacocinetica della telbivudina non è stata valutata alla dose raccomandata di 600 mg in pazienti con epatite cronica B. Tuttavia la farmacocinetica della telbivudina è simile nelle due popolazioni.

Assorbimento

A seguito di somministrazione orale di una dose singola di 600 mg di telbivudina in soggetti sani

(n = 42), il picco di concentrazione plasmatica (Cmax) di telbivudina era 3,2 ? 1,1 ?g/ml (media ? DS) e si è verificato a una mediana di 3,0 ore dopo la somministrazione. L’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo della telbivudina (AUC0-?) era 28,0 ? 8,5 ?g?h/ml (media ? DS). La variabilità interindividuale (CV%) per i parametri di esposizione sistemica (Cmax, AUC) è stata tipicamente di circa 30%.

Effetto del cibo sull’assorbimento orale

L’assorbimento e l’esposizione della telbivudina sono rimasti inalterati quando una dose singola di 600 mg è stata somministrata con cibo.

Distribuzione

In vitro il legame della telbivudina alle proteine plasmatiche umane è basso (3,3%).

Biotrasformazione

Eliminazione

Dopo il raggiungimento del picco di concentrazione, la disponibilità plasmatica della telbivudina si riduce in modo biesponenziale con un’emivita di eliminazione terminale (t1/2) di 41,8 ± 11,8 ore. La telbivudina è eliminata principalmente per escrezione urinaria di sostanza immodificata. La clearance renale della telbivudina si avvicina alla normale velocità di filtrazione glomerulare, suggerendo che la filtrazione è il principale meccanismo di escrezione. Dopo una dose orale singola di 600 mg di telbivudina, circa il 42% della dose viene recuperato nelle urine nell’arco di 7 giorni. Dato che l’escrezione renale è la via prevalente di eliminazione, i pazienti con disfunzione renale da moderata a grave e i pazienti in emodialisi richiedono un aggiustamento dell’intervallo di dose (vedere paragrafo 4.2).

Linearità/Non-linearità

La farmacocinetica della telbivudina è proporzionale alla dose nell’intervallo da 25 a 1.800 mg. Lo stato stazionario è stato raggiunto dopo 5-7 giorni di monosomministrazione giornaliera con un accumulo di circa 1,5 volte nell’esposizione sistemica, suggerendo un’emivita effettiva di accumulo di circa 15 ore. Dopo una monosomministrazione giornaliera di telbivudina 600 mg, le concentrazioni plasmatiche di valle allo stato stazionario erano approssimativamente di 0,2-0,3 ?g/ml.

Popolazioni speciali

Sesso

Non ci sono differenze significative legate al sesso nella farmacocinetica della telbivudina.

Razza

Non ci sono differenze significative legate alla razza nella farmacocinetica della telbivudina.

Pediatria e anziani (65 anni e oltre)

Non sono stati condotti studi di farmacocinetica su soggetti pediatrici o anziani.

Insufficienza renale

La farmacocinetica della telbivudina dopo dose singola (200, 400 e 600 mg) è stata valutata in pazienti (senza epatite cronica B) con diversi gradi di insufficienza renale (valutata mediante clearance della creatinina). Sulla base dei risultati riportati nella Tabella 9, si raccomanda l’aggiustamento dell’intervallo di dose per la telbivudina nei pazienti con clearance della creatinina

<50 ml/min. (vedere paragrafì 4.2 e 4.4).

Tabella 9 Parametri di farmacocinetica (media ? DS) della telbivudina in soggetti con diverso grado di funzionalità renale

Funzionalità renale (clearance della creatinina in ml/min.)
Normale Lieve Moderata Grave (<30) ESRD/
(>80) (50-80) (30-49) (n = 6) Emodialisi
(n = 8) (n = 8) (n = 8) 200 mg (n = 6)
600 mg 600 mg 400 mg 200 mg
Cmax (?g/ml) 3,4 ± 0,9 3,2 ± 0,9 2,8 ± 1,3 1,6 ± 0,8 2,1 ± 0,9
AUC0-?(?g•h/ml) 28,5 ± 9,6 32,5 ± 10,1 36,0 ± 13,2 32,5 ± 13,2 67,4 ± 36,9
CLRENALE (ml/min) 126,7 ± 48,3 83,3 ± 20,0 43,3 ± 20,0 11,7 ± 6,7

Pazienti con insufficienza renale in emodialisi

L’emodialisi (fino a 4 ore) riduce l’esposizione sistemica alla telbivudina di circa il 23%. Dopo un aggiustamento dell’intervallo di dose per la clearance della creatinina, non è necessaria un’ulteriore modifica della dose durante l’emodialisi di routine (vedere paragrafo 4.2). La telbivudina deve essere somministrata dopo l’emodialisi.

Insufficienza epatica

La farmacocinetica della telbivudina è stata studiata in pazienti (senza epatite cronica B) con diversi gradi di insufficienza epatica e in alcuni pazienti affetti da scompenso epatico. Non ci sono stati cambiamenti significativi nella farmacocinetica della telbivudina in soggetti con alterata funzionalità epatica rispetto a soggetti senza alterazione della funzione epatica. I risultati di questi studi indicano che non è necessario un aggiustamento del dosaggio per i pazienti con insufficienza epatica (vedere paragrafo 4.2).


Sebivo 600 mg compresse rivestite con film: è un farmaco sicuro?

Abbiamo visto come Sebivo 600 mg compresse rivestite con film agisce e come si assorbe e si elimina; ma come facciamo a sapere se Sebivo 600 mg compresse rivestite con film è un farmaco sicuro?

Prima di tutto è necessario leggere quali sono i dati sulla sicurezza che vengono riportati nella scheda tecnica del farmaco.

Si tratta di dati forniti dalla casa produttrice e basati su un certo numero di lavori scientifici eseguiti prima della commercializzazione: si tratta dei cosiddetti “Dati preclinici di sicurezza”, che riportiamo nel prossimo paragrafo.

Sebivo 600 mg compresse rivestite con film: dati sulla sicurezza

I dati preclinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di sicurezza farmacologica, tossicità a dosi ripetute e genotossicità. La telbivudina non ha evidenziato potenziale carcinogenico. Nei test standard di tossicologia riproduttiva, non è stata osservata evidenza di un effetto tossico diretto della telbivudina. Nel coniglio, dosi di telbivudina tali da fornire livelli di esposizione pari a 37 volte a quelli osservati nell’uomo alla dose terapeutica (600 mg) sono stati associati a un aumento dell’incidenza di aborto e di parto prematuro. Questo effetto è stato ritenuto secondario alla tossicità materna.

La fertilità è stata esaminata in studi convenzionali condotti su ratti adulti e come parte di uno studio di tossicologia giovanile.

Nei ratti adulti, la fertilità è risultata diminuita quando i ratti sia maschi che femmine sono stati trattati con telbivudina a dosi di 500 o 1000 mg/kg/die (indice di fertilità inferiore in confronto ai rispettivi controlli). Non sono state osservate anomalie nella morfologia e nella funzionalità degli spermatozoi; testicoli e ovaie non hanno mostrato un profilo istologico peculiare.

Nessun effetto sulla fertilità è stato rilevato in altri studi, nei quali sia maschi che femmine di ratto trattati con dosi fino a 2000 mg/kg/die sono stati accoppiati con ratti non trattati (livelli di esposizione sistemica superiori di circa 6-14 volte a quelli raggiunti nell’uomo).

Negli studi di tossicità giovanile, i ratti sono stati trattati dal giorno 14 al giorno 70 post-partum e accoppiati con altri ratti che avevano ricevuto lo stesso trattamento (nessun accoppiamento tra ratti della stessa cucciolata). La fertilità è risultata diminuita nelle coppie che hanno ricevuto

?1000 mg/kg/die, come dimostrato dalla riduzione degli indici di fertilità e di accoppiamento e dalla riduzione del tasso di concepimento. I parametri ovarici e uterini delle femmine che si sono accoppiate con successo non sono tuttavia risultati modificati.

Il livello senza effetti avversi osservabili (no observed adverse effect level, NOAEL) sulla fertilità o i parametri di accoppiamento è risultato essere di 250 mg/kg/die, corrispondente a livelli di esposizione superiori da 2,5 a 2,8 volte quelli raggiunti nell’uomo con normale funzionalità renale alla dose terapeutica.


Dopo la commercializzazione di un farmaco, vengono tuttavia attuate delle misure di controllo dagli organi preposti, per monitorare comunque tutti gli effetti collaterali che dovessero manifestarsi nell’impiego clinico.

Tutti gli effetti collaterali segnalati nella fase di commercializzazione del farmaco, vengono poi riportati nella scheda tecnica nei paragrafi “effetti indesiderati” e “controindicazioni”.

Sebivo 600 mg compresse rivestite con film: si può prendere insieme ad altri farmaci?

Un altro importante capitolo da non dimenticare per valutare se un farmaco è sicuro o no, è quello delle interazioni con altri farmaci.

Può infatti capitare che un farmaco, di per sé innocuo, diventi pericoloso se associato ad alcuni altri farmaci.

Questo è vero anche per i prodotti erboristici: classico è l’esempio dell’ “Erba di San Giovanni” (Iperico) che interagisce con alcuni farmaci anticoagulanti aumentandone l’efficacia e mettendo quindi il paziente a rischio di emorragie.

Esaminiamo allora quali sono le interazioni possibili di Sebivo 600 mg compresse rivestite con film

Sebivo 600 mg compresse rivestite con film: interazioni

Poiché la telbivudina viene eliminata principalmente per escrezione renale, la co-somministrazione di Sebivo con sostanze che influiscono sulla funzione renale (come aminoglicosidi, diuretici dell’ansa, composti del platino, vancomicina, amfotericina B) può alterare le concentrazioni plasmatiche della telbivudina e/o della sostanza somministrata congiuntamente. L’associazione della telbivudina con questi medicinali deve essere usata con cautela. La farmacocinetica della telbivudina allo steady-state è rimasta inalterata dopo somministrazione ripetuta in associazione con lamivudina, adefovir dipivoxil, tenofovir disoproxil fumarato, ciclosporina o interferone alfa-2a pegilato. Inoltre la telbivudina non altera la farmacocinetica di lamivudina, adefovir dipivoxil, tenofovir disoproxil fumarato o ciclosporina. Non è stato possibile trarre alcuna conclusione definitiva riguardo agli effetti della telbivudina sulla farmacocinetica dell’interferone pegilato a causa dell’elevata variabilità

interindividuale delle concentrazioni di interferone alfa-2a pegilato. Uno studio clinico che valutava la combinazione di telbivudina, 600 mg al giorno, e interferone alfa-2a pegilato, 180 microgrammi una volta alla settimana somministrato per via sottocutanea, ha mostrato che questa combinazione è associata ad un aumento del rischio di sviluppare neuropatia periferica. Non è noto il meccanismo alla base di questi eventi (vedere paragrafo 4.4). L’associazione di telbivudina con qualsiasi medicinale contenente interferone pegilato alfa è controindicata (vedere paragrafo 4.3).


Sebivo 600 mg compresse rivestite con film: posso guidare la macchina se lo prendo?

Un capitolo poco noto e molto sottovalutato è quello degli effetti di un farmaco sui riflessi e quindi sulla capacità di guidare la macchina o di effettuare lavori pericolosi.

Molti farmaci riducono la capacità di reazione, oppure possono causare vertigini o abbassamenti di pressione che possono essere molto pericolosi per chi guida o effettua lavori in cui le capacità fisiche sono importanti: basti pensare agli operai che lavorano su impalcature o che operano su macchinari come presse o forni

E’ sempre bene quindi leggere attentamente questo piccolo ma molto importante paragrafo della Scheda Tecnica del farmaco.

Sebivo 600 mg compresse rivestite con film: effetti sulla guida e sull’uso di macchinari

Sebivo altera lievemente la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari.

Per approfondire l’argomento, per avere ulteriori raccomandazioni, o per chiarire ogni dubbio, si raccomanda di leggere l’intera Scheda Tecnica del Farmaco