Rivastigmina Teva1,5 Mg Capsule Rigide: Scheda Tecnica

Rivastigmina Teva1,5 Mg Capsule Rigide

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Rivastigmina Teva1,5 Mg Capsule Rigide: ultimo aggiornamento pagina: 25/06/2018 (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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Rivastigmina Teva1,5 mg capsule rigide

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Ciascuna capsula contiene rivastigmina idrogeno tartrato pari a 1,5
mg di rivastigmina.

Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

03.0 Forma farmaceutica

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Capsule rigide.

Testa della capsula bianca con stampato "R" e corpo della capsula bianco con
stampato " 1,5".

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Trattamento sintomatico della demenza di tipo Alzheimer da lieve a
moderatamente grave. Trattamento sintomatico della demenza da lieve a
moderatamente grave in pazienti con malattia di Parkinson idiopatica.

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Il trattamento deve essere iniziato e controllato da un medico
esperto nella diagnosi e terapia della demenza di Alzheimer o della
demenza associata alla malattia di Parkinson. La diagnosi deve essere
effettuata in accordo con le attuali linee guida. La terapia con
rivastigmina deve essere iniziata solo se è disponibile un "caregiver"
(colui che assiste abitualmente il paziente) che controlli regolarmente
l’assunzione del medicinale da parte del paziente.

La rivastigmina va somministrata due volte al giorno, a colazione e a cena.
Le capsule vanno deglutite intere.

Dose iniziale: 1,5 mg due volte al giorno.

Titolazione del dosaggio: La dose iniziale è di 1,5 mg due volte al giorno.
Se questa dose risulta ben tollerata per almeno due settimane di trattamento,
potrà essere aumentata a 3 mg due volte al giorno. Successivi aumenti a 4,5 mg e
poi a 6 mg due volte al giorno dovranno sempre basarsi sulla buona
tollerabilità, per almeno due settimane, della dose in corso di
somministrazione.

Se durante il trattamento compaiono reazioni avverse (es. nausea, vomito,
dolore addominale, perdita dell’appetito), perdita di peso o peggioramento dei
sintomi extrapiramidali (es. tremore) nei pazienti con demenza associata alla
malattia di Parkinson, queste potrebbero rispondere alla sospensione di una o
più dosi del medicinale. In caso di persistenza delle reazioni avverse la dose
giornaliera deve essere temporaneamente ridotta alla dose precedente ben
tollerata, oppure può essere interrotto il trattamento.

Dose di mantenimento: La dose efficace è da 3 a 6 mg due volte al giorno; per
raggiungere il massimo beneficio terapeutico i pazienti devono essere mantenuti
al più alto dosaggio ben tollerato. La dose massima raccomandata è di 6 mg due
volte al giorno.

Il trattamento di mantenimento può essere continuato fino a quando sia
riscontrabile un beneficio terapeutico. Pertanto il beneficio clinico della
rivastigmina deve essere rivalutato regolarmente, in particolare per i pazienti
trattati con dosi inferiori a 3 mg due volte al giorno. Se dopo 3 mesi di
terapia con la dose di mantenimento il peggioramento dei sintomi della demenza
non viene influenzato positivamente, il trattamento deve essere interrotto.
Anche nel caso in cui non sia più riscontrabile un effetto terapeutico, si deve
prendere in considerazione l’interruzione del trattamento.

La risposta individuale alla rivastigmina non è prevedibile. Comunque
maggiore effetto terapeutico è stato riscontrato nei pazienti con demenza di
grado moderato con malattia di Parkinson. Alla stessa maniera un più ampio
effetto è stato osservato nei pazienti con malattia di Parkinson con
allucinazioni visive (vedere paragrafo 5.1).

Non è stato studiato l’effetto terapeutico in studi clinici controllati verso
placebo della durata di oltre 6 mesi.

Reintroduzione della terapia: Se si interrompe il trattamento per parecchi
giorni, si deve riprendere la terapia partendo da 1,5 mg due volte al giorno. La
titolazione del dosaggio deve poi essere eseguita come descritto sopra.

Insufficienza renale e epatica: A causa dell’aumentata esposizione al
medicinale, in caso di insufficienza renale moderata o compromissione epatica
lieve o moderata, la posologia deve essere accuratamente titolata a seconda
della tollerabilità individuale (vedere paragrafo 5.2).

I pazienti con grave compromissione della funzionalità epatica non sono stati
studiati (vedere paragrafo 4.3).

Uso nei bambini: L’uso di rivastigmina non è raccomandato nei bambini.

04.3 Controindicazioni

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L’assunzione di questo medicinale è controindicata nei pazienti con:

– ipersensibilità al principio attivo, ad altri derivati del carbammato o ad
uno qualsiasi degli eccipienti utilizzati nella formulazione.

– grave compromissione della funzionalità epatica, poichè il medicinale non è
stato studiato in questa popolazione.

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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L’incidenza e la gravità delle reazioni avverse generalmente aumenta con le
dosi più alte. Se si interrompe il trattamento per parecchi giorni, si deve
riprendere la terapia partendo da 1,5 mg due volte al giorno per ridurre il
rischio di reazioni avverse (es. vomito).

Titolazione del dosaggio: subito dopo l’aumento della dose sono state
osservate reazioni avverse (es. ipertensione e allucinazioni in pazienti con
demenza di Alzheimer e peggioramento dei sintomi extrapiramidali, in particolare
tremore, in pazienti con demenza associata a malattia di Parkinson). Queste
possono essere sensibili ad una riduzione della dose. In altri casi, la
somministrazione di rivastigmina è stata interrotta (vedere paragrafo 4.8).

Disturbi gastrointestinali quali nausea e vomito, si possono verificare in
modo particolare all’inizio del trattamento e/o in occasione di incrementi
posologici. Queste reazioni avverse si verificano piu’ frequentemente nelle
donne. I pazienti con malattia di Alzheimer tendono a perdere peso. L’uso degli
inibitori delle colinesterasi, rivastigmina compresa, è stato associato a
perdita di peso in questi pazienti. Durante la terapia il peso corporeo dei
pazienti deve essere controllato.

Qualora si verificassero, in associazione al trattamento con rivastigmina,
episodi di vomito di grado severo, si deve procedere con opportuni aggiustamenti
della dose come raccomandato al paragrafo 4.2. Alcuni episodi di vomito di grado
severo sono stati accompagnati da rottura esofagea (vedere paragrafo 4.8). Tali
episodi si sono verificati in particolare dopo incrementi del dosaggio di
rivastigmina o dopo la somministrazione di alte dosi.

Si deve prestare attenzione alla somministrazione di rivastigmina in pazienti
con sindrome del nodo del seno o disturbi della conduzione (blocco seno-atriale,
blocco atrio-ventricolare) (vedere paragrafo 4.8).

La rivastigmina può provocare un aumento delle secrezioni acide gastriche. E’
consigliabile particolare prudenza nel trattamento di pazienti con ulcera
gastrica o duodenale in fase attiva o in pazienti predisposti.

Gli inibitori delle colinesterasi devono essere prescritti con cautela a
pazienti con anamnesi positiva di asma o broncopneumopatia ostruttiva.

I colinomimetici possono causare o aggravare ostruzioni urinarie e crisi
convulsive. Si raccomanda cautela nel trattamento di pazienti predisposti a
questo tipo di disturbi.

L’impiego di rivastigmina in pazienti con grave demenza di Alzheimer o
demenza associata alla malattia di Parkinson, in altri tipi di demenza, o in
altri tipi di disturbi della memoria (es. declino cognitivo correlato all’età)
non è stato oggetto di studio, e pertanto si sconsiglia l’uso in queste
popolazioni di pazienti.

Come altri colinomimetici, la rivastigmina può aggravare o indurre sintomi
extrapiramidali. Un peggioramento (comprendente bradicinesia, discinesia,
andatura anormale) ed un’aumentata incidenza

o gravità del tremore sono stati osservati in pazienti con demenza associata
alla malattia di Parkinson (vedere paragrafo 4.8). Tali eventi possono, in
alcuni casi, portare alla sospensione di rivastigmina (es. interruzione causata
dal tremore nell’1,7% dei pazienti con rivastigmina verso 0% in placebo). Si
raccomanda il monitoraggio clinico per queste reazioni avverse.

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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Essendo un inibitore della colinesterasi, la rivastigmina può aumentare gli
effetti dei miorilassanti di tipo succinilcolinico durante l’anestesia. Si
raccomanda cautela nella scelta degli anestetici. Se necessario, si possono
prendere in considerazione aggiustamenti della dose o la sospensione
temporanea del trattamento.

Per i suoi effetti farmacodinamici, la rivastigmina non va somministrata in
associazione con altre sostanze colinomimetiche; essa può interferire con
l’attività di medicinali anticolinergici.

In studi su volontari sani nessuna interazione farmacocinetica è stata
osservata fra rivastigmina e digossina, warfarin, diazepam o fluoxetina.
L’aumento del tempo di protrombina indotto da warfarin non è modificato dalla
somministrazione di rivastigmina. Con la somministrazione concomitante di
digossina e rivastigmina non sono stati osservati effetti indesiderati sulla
conduzione cardiaca.

Considerando il suo metabolismo, appaiono improbabili interazioni
farmacometaboliche con altri medicinali, sebbene la rivastigmina possa inibire
il metabolismo di altre sostanze mediato dalle butirrilcolinesterasi.

04.6 Gravidanza e allattamento

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Per rivastigmina non sono disponibili dati clinici relativi a gravidanze
esposte. Non sono stati osservati effetti sulla fertilità o sullo sviluppo
embriofetale in ratti e conigli, ad eccezione delle dosi alle quali si è
manifestata tossicità nella madre. In studi peri-postnatali nel ratto, è stato
osservato un aumento del tempo di gestazione. Rivastigmina non deve essere
usata durante la gravidanza, se non in caso di assoluta necessità.

Negli animali, la rivastigmina viene escreta nel latte. Non è noto se la
rivastigmina sia escreta nel latte umano e quindi le donne trattate con
rivastigmina non devono allattare.

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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La malattia di Alzheimer può causare una graduale perdita della capacità di
guidare o compromettere l’abilità di usare macchinari. Inoltre la rivastigmina
può indurre vertigini e sonnolenza, soprattutto all’inizio del trattamento o in
concomitanza con l’aumento della dose. Di conseguenza, rivastigmina ha una lieve
o moderata influenza sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari.
Quindi la capacità dei pazienti con demenza trattati con rivastigmina di
continuare a guidare o utilizzare macchine complesse deve essere abitualmente
valutata dal medico curante.

04.8 Effetti indesiderati

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Le reazioni avverse segnalate più frequentemente sono di natura
gastrointestinale e comprendono nausea (38%) e vomito (23%), soprattutto
durante la fase di titolazione. Negli studi clinici le donne sono risultate
più sensibili degli uomini alle reazioni gastrointestinali e alla perdita di
peso.

Le seguenti reazioni avverse, elencate in Tabella 1, si riferiscono a
pazienti con demenza di Alzheimer trattati con rivastigmina.

Le reazioni avverse sono classificate in ordine di frequenza decrescente
utilizzando i seguenti parametri convenzionali: Molto comune (≥1/10), comune
(≥1/100; <1/10), non comune (≥1/1.000; <1/100), raro (≥1/10.000; <1/1.000),
molto raro (<1/10.000) e non nota (la frequenza non può essere stabilita sulla
base dei dati disponibili).

Tabella 1*

Infezioni ed infestazioni
Molto raro Infezioni urinarie
Disturbi psichiatrici
Comune Agitazione
Comune Confusione
Non comune Insonnia
Non comune Depressione
Molto raro Allucinazioni
Patologie del sistema nervoso
Molto comune Capogiri
Comune Cefalea
Comune Sonnolenza
Comune Tremori
Non comune Sincope
Raro Crisi convulsive
Molto raro Sintomi extrapiramidali (incluso un peggioramento della malattia di
Parkinson)
Patologie cardiache
Raro Angina pectoris
Molto raro Aritmia cardiaca (es. bradicardia, blocco atrio-ventricolare, fibrillazione
atriale e tachicardia)
Patologie vascolari
Molto raro Ipertensione
Patologie gastrointestinali
Molto comune Nausea
Molto comune Vomito
Molto comune Diarrea
Comune Dolore addominale e dispepsia
Raro Ulcera gastrica e duodenale
Molto raro Emorragia gastrointestinale
Molto raro Pancreatite
Non nota Alcuni episodi di vomito di grado severo sono stati accompagnati da rottura
esofagea (vedi paragrafo 4.4)
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Molto comune Anoressia
Patologie epatobiliari
Non comune Alterazione dei test di funzionalità epatica
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Comune Aumento della sudorazione
Raro Rash cutanei
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Comune Fatica ed astenia
Comune Malessere
Non comune Cadute accidentali
Esami diagnostici
Comune Perdita di peso

La Tabella 2 mostra le reazioni avverse segnalate in pazienti con demenza
associata alla malattia di Parkinson trattati con rivastigmina.

Tabella 2

Disturbi psichiatrici
Comune Insonnia
Comune Ansia
Comune Irrequietezza
Patologie del sistema nervoso
Molto comune Tremori
Comune Capogiri
Comune Sonnolenza
Comune Cefalea
Comune Peggioramento della malattia di Parkinson
Comune Bradicinesia
Comune Discinesia
Non comune Distonia
Patologie cardiache
Comune Bradicardia
Non comune Fibrillazione atriale
Non comune Blocco atrioventricolare
Patologie gastrointestinali
Molto comune Nausea
Molto comune Vomito
Comune Diarrea
Comune Dolore addominale e dispepsia
Comune Ipersecrezione salivare
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Comune Aumento della sudorazione
Patologie del tessuto muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Comune Rigidità muscolare
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Comune Anoressia
Comune Disidratazione
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Comune Fatica ed astenia
Comune Andatura anomala

Nella Tabella 3 sono elencati il numero e la percentuale dei pazienti che
hanno partecipato ad uno specifico studio clinico della durata di 24 settimane,
condotto in pazienti con demenza associata alla malattia di Parkinson trattati
con rivastigmina, con eventi avversi pre-definiti che potrebbero rispecchiare un
peggioramento dei sintomi parkinsoniani.

Tabella 3 4.9 Sovradosaggio

Eventi avversi pre-definiti che potrebbero rispecchiare un peggioramento dei
sintomi parkinsoniani in pazienti con demenza associata alla malattia di
Parkinson
Rivastigmina n (%) Placebo n (%)
Totale pazienti studiati 362 (100) 179 (100)
Totale pazienti con eventi avversi pre-definiti 99 (27,3) 28 (15,6)
Tremore 37 (10,2) 7 (3,9)
Cadute 21 (5,8) 11 (6,1)
Malattia di Parkinson (peggioramento) 12 (3,3) 2 (1,1)
Ipersecrezione salivare 5 (1,4) 0
Discinesia 5 (1,4) 1 (0,6)
Parkinsonismo 8 (2,2) 1 (0,6)
Ipocinesia 1 (0,3) 0
Disturbi del movimento 1 (0,3) 0
Bradicinesia 9 (2,5) 3 (1,7)
Distonia 3 (0,8) 1 (0,6)
Andatura anormale 5 (1,4) 0
Rigidità muscolare 1 (0,3) 0
Disturbi dell’equilibrio 3 (0,8) 2 (1,1)
Rigidità muscolo-scheletrica 3 (0,8) 0
Irrigidimento 1 (0,3) 0
Disfunzioni motorie 1 (0,3) 0

Sintomi La maggior parte degli episodi di sovradosaggio accidentale sono
stati asintomatici e quasi tutti i pazienti interessati hanno proseguito il
trattamento con rivastigmina. Nei casi di sovradosaggio sintomatico si sono
osservati: nausea, vomito, diarrea, ipertensione o allucinazioni. A causa del
noto effetto vagotonico degli inibitori delle colinesterasi sul battito
cardiaco, si possono verificare episodi di bradicardia e/o sincope. Si è
verificato un caso di ingestione di 46 mg; dopo un trattamento conservativo il
paziente si è completamente ripreso in 24 ore.

Trattamento Poiché la rivastigmina ha una emivita plasmatica di circa 1 ora e
la durata dell’inibizione dell’acetilcolinesterasi è di circa 9 ore, in caso di
sovradosaggio asintomatico si raccomanda di non somministrare altre dosi di
rivastigmina nelle successive 24 ore. Nei casi di sovradosaggio accompagnati da
nausea e vomito gravi, si deve prendere in considerazione l’uso di antiemetici.
In caso di comparsa di altra sintomatologia, si dovrà predisporre un opportuno
trattamento sintomatico.

Nei casi di grave sovradosaggio si può utilizzare atropina. Si raccomanda una
dose iniziale di 0,03 mg/kg per via intravenosa di solfato di atropina, con
successivi adeguamenti posologici conformemente alla risposta clinica. �ˆ
sconsigliato l’uso di scopolamina come antidoto.

04.9 Sovradosaggio

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05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

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Categoria farmacoterapeutica: anticolinesterasici, codice ATC: N06DA03.

La rivastigmina è un inibitore dell’acetil- e butirrilcolinesterasi di tipo
carbamidico, che facilita la neurotrasmissione colinergica rallentando
l’inattivazione della acetilcolina rilasciata dai neuroni colinergici
funzionalmente integri. La rivastigmina può quindi esercitare un miglioramento
dei deficit cognitivi a mediazione colinergica nella demenza associata alla
malattia di Alzheimer e alla malattia di Parkinson.

La rivastigmina interagisce con i suoi enzimi bersaglio formando un complesso
a legame covalente che inattiva temporaneamente gli enzimi. Nei giovani
volontrari sani, una dose orale di 3 mg riduce l’attività dell’acetilcolinesterasi
(AChE) a livello del liquido cerebrospinale di circa il 40% nella prima ora e
mezza dalla somministrazione. L’attività dell’enzima ritorna ai livelli basali
dopo circa 9 ore dal raggiungimento dell’effetto inibitorio massimo. Nei
pazienti con malattia di tipo Alzheimer, l’inibizione dell’AChE a livello del
liquido cerebrospinale ad opera della rivastigmina è risultata dipendente dalla
dose fino a 6 mg somministrata due volte al giorno, che è stata la massima dose
testata. In 14 pazienti con malattia di Alzheimer trattati con rivastigmina
l’inibizione dell’attività della butirrilcolinesterasi a livello del liquido
cerebrospinale è risultata simile a quella osservata per l’AChE

Studi clinici nella demenza di Alzheimer La valutazione dell’efficacia di
rivastigmina è stata effettuata mediante l’uso di tre strumenti di valutazione
indipendenti e dominio specifici, verificati ad intervalli regolari durante
periodi di trattamento della durata di 6 mesi. Questi strumenti sono la ADAS-Cog
(una valutazione della capacità cognitiva), la CIBIC-Plus (una valutazione
globale del paziente da parte del medico considerando quanto riportato anche dal
"caregiver"), e la PDS (una valutazione effettuata dal "caregiver" delle normali
attività quotidiane quali l’igiene personale, la capacità di alimentarsi, di
vestirsi, di effettuare faccende domestiche, di fare acquisti, il mantenimento
della capacità di orientarsi nell’ambiente circostante come pure il
coinvolgimento in attività relative alla gestione del denaro, ecc.).

I pazienti studiati avevano un punteggio al MMSE (Mini-Mental State
Examination) compreso tra 10 e 24.

I risultati dei pazienti con risposta clinicamente significativa, emersi
dall’analisi combinata di due degli studi, a dose flessibile, su tre studi
pivotal multicentrici della durata di 26 settimane, condotti in pazienti affetti
da demenza di tipo Alzheimer di grado lieve o moderatamente grave sono indicati
nella Tabella 4, riportata più oltre. In questi studi era stato definito a
priori quale miglioramento rilevante dal punto di vista clinico un miglioramento
di almeno 4 punti della ADAS-Cog, un miglioramento della CIBIC-Plus o un
miglioramento di almeno il 10% della PDS.

Viene inoltre fornita, nella stessa tabella, una definizione a posteriori
della risposta. La definizione secondaria della risposta richiedeva un
miglioramento di 4 punti o piu’ della ADAS-Cog, con nessun peggioramento della
CIBIC-Plus e della PDS. La dose media nei responders del gruppo 6-12 mg,
corrispondente a questa definizione, era di 9,3 mg. �ˆ importante notare che le
scale utilizzate in questa indicazione variano, e il confronto diretto dei
risultati per agenti terapeutici differenti non è valido.

Tabella 4

Pazienti con risposta clinicamente significativa (%)
Intent to Treat Ultima osservazione effettuata
Misurazione della risposta Rivastigmina 6-12 mg N=473 Placebo N=472 Rivastigmina 6-12 mg N=379 Placebo N=444
ADAS-Cog: miglioramento di almeno 4 punti 21*** 12 25*** 12
CIBIC-Plus:miglioramento 29*** 18 32*** 19
PDS: miglioramento di almeno il 10% 26*** 17 30*** 18
Miglioramento di almeno 4 punti della ADAS-Cog senza peggioramento della
CIBIC-Plus e della PDS
10* 6 12** 6

*p<0,05, **p<0,01, ***p<0,001

Studi clinici nella demenza associata alla malattia di Parkinson L’efficacia
della rivastigmina nella demenza associata alla malattia di Parkinson è stata
dimostrata nella fase in doppio cieco di uno studio multicentrico, controllato
verso placebo, della durata di 24 settimane, e nella sua estensione in aperto
della durata di 24 settimane. I pazienti arruolati in questo studio avevano un
punteggio al MMSE (Mini-Mental State Examination) compreso tra 10 e 24. La
valutazione dell’efficacia è stata effettuata mediante l’uso di due scale
indipendenti, valutate ad intervalli regolari durante il periodo di trattamento
della durata di 6 mesi, come riportato nella sottostante Tabella 5: la ADAS-Cog
,una scala di valutazione della capacità cognitiva, e la valutazione generale
ADCS-CGIC (una scala di valutazione globale del paziente da parte del medico).

Tabella 5

Demenza associata con la malattia di Parkinson ADAS-Cog Rivastigmina ADAS-Cog Placebo ADAS-CGIC Rivastigmina ADAS-CGIC Placebo
ITT + popolazione RDO (n=329) (n=161) (n=329) (n=165)
Media Basale ± DS 23,8 ± 10,2 24,3 ± 10,5 n/a n/a
Variazione media alla 24ma settimana ± DS 2,1 ± 8,2 0,7 ± 7,5 3,8 ± 1,4 4,3 ± 1,5
Differenza a terapia accomodata 2,881 n/a
P verso placebo <0,001¹ 0,007²
ITT + popolazione LOCF (n=287) (n=154) (n=289) (n=158)
Media Basale ± DS 24,0 ± 10,3 24,5 ± 10,6 n/a n/a
Variazione media alla 24ma settimana ± DS 2,5 ± 8,4 -0,8 ± 7,5 3,7 ± 1,4 4,3 ± 1,5
Differenza a terapia accomodata 3,541 n/a
P verso placebo <0,001¹ <0,0012

1In base all’ANCOVA con il trattamento e il paese come fattori e la
valutazione basale dell’ADAS- Cog come covariata. Un cambiamento positivo indica
miglioramento. 2 Valori medi presentati per comodità, analisi per categorie
eseguita con test di van Elteren. ITT: Intent-To-Treat: RDO: Retrieved Drop Outs
LOCF: Last Observation Carried Forward

Sebbene l’effetto del trattamento sia stato dimostrato nella totalità della
popolazione studiata, i dati suggeriscono che un effetto più ampio relativo al
placebo è stato visto nel sottogruppo di pazienti con demenza di grado moderato
associata alla malattia di Parkinson. Allo stesso modo è stato osservato un
effetto più importante del trattamento in quei pazienti con allucinazioni visive
(vedere Tabella 6).

Tabella 6

Variazione media alla 24ma settimana ± DS

Differenza a terapia accomodata

Demenza associata con la malattia di Parkinson ADAS-Cog Rivastigmina ADAS-Cog Placebo ADAS-Cog Rivastigmina ADAS-Cog Placebo
Pazienti con allucinazioni visive Pazienti senza allucinazioni visive
ITT + popolazione RDO (n=107) (n=60) (n=220) (n=101)
Media Basale ± DS 25,4 ± 9,9 27,4 ± 10,4 23,1 ± 10,4 22,5 ± 10,1
1,0 ± 9,2 -2,1 ± 8,3 2,6 ± 7,6 0,1 ± 6,9
4,27¹ 2,09¹
P verso placebo 0,002¹ 0,015¹
Pazienti con demenza di grado moderato (MMSE 1017) Pazienti con demenza di grado lieve (MMSE 18-24)
ITT – popolazione RDO (n=87) (n=44) (n=237) (n=115)
Media Basale ± DS 32,6 ± 10,4 33,7 ± 10,3 20,6 ± 7,9 20,7 ± 7,9
Variazione media alla 24ma settimana ± DS 2,6 ± 9,4 -1,8 ± 7,2 1,9 ± 7,7 -0,2 ± 7,5
Differenza a terapia accomodata 4,73¹ 2,14¹
P verso placebo 0,0021 0,010¹

1In base all’ANCOVA con il trattamento e il paese come fattori e la
valutazione basale dell’ADAS-Cog come covariata. Un cambiamento positivo indica
miglioramento. ITT: Intent-To-Treat: RDO: Retrieved Drop Outs

05.2 Proprietà farmacocinetiche

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Assorbimento La rivastigmina viene assorbita in modo rapido e completo. Il
picco delle concentrazioni nel plasma viene raggiunto entro 1 ora circa. Come
conseguenza dell’interazione tra la rivastigmina ed il suo enzima bersaglio,
l’aumento della biodisponibilità è circa 1,5 volte superiore rispetto a quello
atteso con l’aumento della dose. Alla dose di 3 mg la biodisponibilità
assoluta risulta del 36% ± 13% circa. L’assunzione di rivastigmina con il cibo
ritarda l’assorbimento (tmax) di 90 minuti, riduce i valori di Cmax ed aumenta
l’AUC di circa il 30%.

Distribuzione Circa il 40% di rivastigmina si lega alle proteine plasmatiche.
Attraversa rapidamente la barriera emato-encefalica e ha un volume apparente di
distribuzione compreso tra 1,8 e 2,7 l/kg.

Metabolismo La rivastigmina viene metabolizzata in modo rapido ed esteso
(emivita plasmatica di circa 1 ora) nel metabolita decarbamilato, principalmente
per idrolisi da parte della colinesterasi. In vitro, questo metabolita mostra un
trascurabile effetto di inibizione dell’acetilcolinesterasi (<10%). In base agli
studi in vitro e sugli animali, i principali isoenzimi del citocromo P450 sono
coinvolti in misura trascurabile nel metabolismo della rivastigmina. Dopo
somministrazione intravenosa di 0,2 mg la clearance totale plasmatica di
rivastigmina è di circa 130 l/h e si riduce a 70 l/h dopo somministrazione
intravenosa di 2,7 mg.

Escrezione Non è stata rilevata la rivastigmina immodificata nell’urina;
l’escrezione renale dei metaboliti rappresenta la principale via di
eliminazione. Dopo la somministrazione di 14 C- rivastigmina, l’eliminazione
renale è risultata rapida e praticamente completa (>90%) nelle 24 ore. Meno
dell’1% della dose somministrata viene escreto nelle feci. Non si evidenzia
alcun accumulo di rivastigmina o del metabolita decarbamilato in pazienti con
malattia di tipo Alzheimer.

Soggetti anziani Sebbene la biodisponibilità della rivastigmina sia maggiore
nei soggetti anziani rispetto a volontari sani giovani, gli studi condotti su
pazienti Alzheimer di età compresa fra 50 e 92 anni non hanno segnalato nessuna
modifica della biodisponibilità con l’età.

Soggetti con compromissione della funzionalità epatica I valori di Cmax e AUC
della rivastigmina sono ripettivamente del 60% circa e più di due volte
superiori nei soggetti con compromissione epatica da lieve a moderata rispetto
ai soggetti sani.

Soggetti con insufficienza renale I valori di Cmax e AUC della rivastigmina
sono più di due volte superiori nei soggetti con insufficienza renale moderata
rispetto ai soggetti sani: tuttavia i valori di Cmax e AUC della rivastigmina in
soggetti con insufficienza renale grave non sono modificati.

05.3 Dati preclinici di sicurezza

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Studi di tossicità a dosi ripetute condotti su ratti, topi, cani hanno
dimostrato effetti attribuibili soltanto ad un’eccessiva azione farmacologica.
Non è stata osservata alcuna tossicità per gli organi bersaglio. A causa della
sensibilità dei modelli animali usati non sono stati raggiunti margini di
sicurezza relativi all’esposizione nell’uomo.

La rivastigmina è risultata priva di attività mutagena in una batteria
standard di tests in vitro e in vivo ad eccezione di un test di aberrazione
cromosomica in linfociti periferici umani alla dose di 104 volte la massima dose
somministrata in clinica. Il test del micronucleo in vivo è risultato negativo.

Non è emersa alcuna evidenza di carcinogenicità negli studi in topi, ratti
alla dose massima tollerata, sebbene l’esposizione alla rivastigmina e ai suoi
metaboliti sia stata inferiore rispetto all’esposizione nell’uomo. Se rapportata
alla superficie corporea, l’esposizione alla rivastigmina ed ai suoi metaboliti
è risultata approssimativamente equivalente alla dose massima giornaliera
consigliata nell’uomo di 12 mg; tuttavia, in confronto alla dose massima
nell’uomo, nell’animale è stato raggiunto un valore multiplo di circa 6 volte

Negli animali la rivastigmina attraversa la placenta ed è escreta nel latte.
Studi per via orale in ratte e coniglie gravide non hanno fornito indicazioni
sul potenziale teratogenico della rivastigmina.

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

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Contenuto delle capsule Cellulosa microcristallina Ipromellosa Silice
colloidale anidra Magnesio stearato

Guscio della capsula Titanio diossido (E171) Gelatina Inchiostro di stampa –
Nero S-1-17822/S-1-17823: gommalacca-45% Ferro ossido nero Ammonio idrossido

06.2 Incompatibilità

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Non pertinente

06.3 Periodo di validità

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2 anni

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

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Il medicinale non richiede alcuna condizione particolare per la
conservazione

06.5 Natura e contenuto della confezione

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-Contenitore HDPE con tappo di polipropilene e sigillo ad induzione: 250
capsule -28, 56 o 112 capsule in blister trasparente "push through" in
PVC/Alluminio

-50 x 1 capsule in blister "push through" in PVC/Alu, perforato per unità
posologica. �ˆ possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

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Nessuna istruzione particolare.

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

Indice
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Teva Pharma B.V.
Computerweg 10, 3542 DR Utrecht
Paesi Bassi

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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“1,5 MG- CAPSULA RIGIDA- USO ORALE- BLISTER (PVC/ALU)” 112 CAPSULE 041200039

“1,5 MG- CAPSULA RIGIDA- USO ORALE- BLISTER (PVC/ALU)” 28 CAPSULE 041200015

“1,5 MG- CAPSULA RIGIDA- USO ORALE- BLISTER (PVC/ALU)” 50 X 1 CAPSULA (UNITA’ DI DOSE) 041200041

“1,5 MG- CAPSULA RIGIDA- USO ORALE- BLISTER (PVC/ALU)” 56 CAPSULE 041200027

“1,5 MG- CAPSULA RIGIDA- USO ORALE- FLACONE (HDPE)” 250 CAPSULE 041200054

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

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10.0 Data di revisione del testo

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