Phesgo: Scheda Tecnica del Farmaco

Phesgo

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Phesgo: ultimo aggiornamento pagina: (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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Phesgo 600 mg/600 mg soluzione iniettabile Phesgo 1200 mg/600 mg soluzione iniettabile

 

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Phesgo 600 mg/600 mg soluzione iniettabile

Un flaconcino di soluzione da 10 mL contiene 600 mg di pertuzumab e 600 mg di trastuzumab. Ogni mL di soluzione contiene 60 mg di pertuzumab e 60 mg di trastuzumab.

Phesgo 1200 mg/600 mg soluzione iniettabile

Un flaconcino di soluzione da 15 mL contiene 1200 mg di pertuzumab e 600 mg di trastuzumab. Ogni mL di soluzione contiene 80 mg di pertuzumab e 40 mg di trastuzumab.

Pertuzumab e trastuzumab sono anticorpi monoclonali umanizzati immunoglobulinici (Ig)G1, prodotti nelle cellule di mammifero (cellule ovariche di criceto cinese) mediante tecnologia del DNA ricombinante (acido deossiribonucleico).

Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

 

03.0 Forma farmaceutica

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Soluzione iniettabile.

Soluzione da limpida a opalescente, da incolore a marroncino, con pH compreso tra 5,2 e 5,8 e osmolalità di 270-370 mOsmol/kg per la soluzione 1200 mg/600 mg e di 275-375 mOsmol/kg per la soluzione 600 mg/600 mg.

 

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Carcinoma mammario in fase iniziale

Phesgo è indicato per l’uso in associazione con chemioterapia nel:

trattamento neoadiuvante di pazienti adulti con carcinoma mammario HER2 positivo, localmente avanzato, infiammatorio o allo stadio iniziale ad alto rischio di recidiva (vedere paragrafo 5.1); trattamento adiuvante di pazienti adulti con carcinoma mammario HER2 positivo allo stadio iniziale ad alto rischio di recidiva (vedere paragrafo 5.1).

Carcinoma mammario metastatico

Phesgo è indicato per l’uso in associazione con docetaxel in pazienti adulti con carcinoma mammario HER2 positivo, metastatico o localmente recidivato non operabile, non trattati in precedenza con terapia anti-HER2 o chemioterapia per la malattia metastatica.

 

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Phesgo deve essere iniziato solo sotto la supervisione di un medico esperto nella somministrazione di farmaci antitumorali. Phesgo deve essere somministrato da un operatore sanitario esperto nella gestione dell’anafilassi e in un ambiente con immediata disponibilità di apparecchiature per la rianimazione (vedere paragrafo 4.4).

Al fine di evitare errori terapeutici è importante verificare l’etichetta del flaconcino per assicurarsi che il medicinale che si sta preparando e somministrando sia Phesgo.

I pazienti attualmente in trattamento con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa possono passare a Phesgo.

Il passaggio dal trattamento con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa a Phesgo (o viceversa) è stato esaminato nello studio MO40628 (vedere paragrafi 4.8 e 5.1).

Posologia

I pazienti trattati con Phesgo devono presentare uno stato di tumore HER2 positivo, definito da un punteggio all’immunoistochimica (IHC) di 3+ e/o un rapporto ≥ 2,0 secondo la valutazione mediante ibridazione in situ (ISH) eseguita con un test convalidato.

Per garantire il raggiungimento di risultati accurati e riproducibili, i test devono essere eseguiti in un laboratorio specializzato, che può assicurare la validazione delle procedure d’analisi. Per le istruzioni complete sull’esecuzione e interpretazione dei test, fare riferimento al foglio illustrativo dei test HER2 validati.

Per le raccomandazioni relative alla dose di Phesgo nel carcinoma mammario in fase iniziale e metastatico, fare riferimento alla Tabella 1.

Tabella 1 Raccomandazioni relative alla posologia e alla somministrazione di Phesgo

Dose (indipendentemente dal peso corporeo) Durata indicativa dell’iniezione sottocutanea Tempo di osservazione ab
Dose di carico 1200 mg pertuzumab/
600 mg trastuzumab
8 minuti 30 minuti
Dose di mantenimento (ogni 3 settimane) 600 mg pertuzumab/
600 mg trastuzumab
5 minuti 15 minuti

a I pazienti devono essere tenuti sotto osservazione per verificare la comparsa di reazioni all’iniezione e di reazioni di ipersensibilità.

b Il periodo di osservazione deve iniziare dopo la somministrazione di Phesgo e venire completato prima della successiva somministrazione della chemioterapia.

Nei pazienti in terapia con un taxano, la somministrazione di quest’ultimo deve essere successiva a quella di Phesgo.

Quando viene somministrato con Phesgo, la dose iniziale raccomandata di docetaxel è di 75 mg/m2 e successivamente può essere aumentata fino a 100 mg/m2 sulla base del regime scelto e della tollerabilità della dose iniziale. In alternativa, docetaxel può essere somministrato dall’inizio a una dose di 100 mg/m2 con una cadenza di 3 settimane, sempre sulla base del regime scelto. Se si utilizza un regime a base di carboplatino, la dose raccomandata per docetaxel è di 75 mg/m2 per tutto il trattamento (senza aumento della dose). Quando viene somministrato con Phesgo nel setting adiuvante, la dose raccomandata di paclitaxel è di 80 mg/m2 una volta alla settimana per 12 cicli settimanali.

Nei pazienti trattati con un regime a base di antracicline, Phesgo deve essere somministrato dopo il completamento dell’intero regime a base di antracicline (vedere paragrafo 4.4).

Carcinoma mammario metastatico

Phesgo deve essere somministrato in associazione con docetaxel. Il trattamento con Phesgo può essere continuato fino alla progressione della malattia o allo sviluppo di tossicità non gestibile anche nel caso in cui la terapia con docetaxel venga interrotta (vedere paragrafo 4.4).

Carcinoma mammario in fase iniziale

Nel setting neoadiuvante, Phesgo deve essere somministrato da 3 a 6 cicli in associazione con chemioterapia nell’ambito di un regime completo per il trattamento del carcinoma mammario in fase iniziale (vedere paragrafo 5.1).

Nel setting adiuvante Phesgo deve essere somministrato per un anno in totale (per un massimo di 18 cicli oppure fino a recidiva della malattia o allo sviluppo di tossicità non gestibile, a seconda di quale evento si verifichi per primo) nell’ambito di un regime completo per il trattamento del carcinoma mammario in fase iniziale e indipendentemente dal timing dell’intervento chirurgico. Il trattamento deve comprendere chemioterapia standard a base di antracicline e/o taxani. La somministrazione del trattamento con Phesgo deve essere iniziata il Giorno 1 del primo ciclo di trattamento contenente taxani e deve essere continuata anche nel caso in cui la chemioterapia venga interrotta.

Dosi ritardate od omesse

Se il tempo trascorso tra due iniezioni successive è:

inferiore a 6 settimane, la dose di mantenimento da 600 mg/600 mg di Phesgo deve essere somministrata non appena possibile. Successivamente, continuare con la somministrazione ogni 3 settimane; pari o superiore a 6 settimane, la dose di carico da 1200 mg/600 mg di Phesgo deve essere somministrata nuovamente, seguita successivamente dalla dose di mantenimento da 600 mg/600 mg di Phesgo ogni 3 settimane.

Modifiche della dose

Per Phesgo non sono raccomandate riduzioni della dose. L’eventuale necessità di interrompere il trattamento con Phesgo rimane a discrezione del medico.

I pazienti possono continuare la terapia durante i periodi di mielosoppressione reversibile indotta da chemioterapia ma devono essere attentamente monitorati per individuare potenziali complicanze neutropeniche che possano insorgere in questo lasso di tempo.

Per le modifiche della dose di docetaxel e di altri chemioterapici, vedere il relativo riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP).

Passaggio dalla somministrazione di pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa a Phesgo

Nei pazienti in trattamento con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa nei quali siano trascorse meno di 6 settimane dalla somministrazione dell’ultima dose, Phesgo deve essere somministrato come dose di mantenimento da 600 mg di pertuzumab/600 mg di trastuzumab e ogni 3 settimane per le somministrazioni successive.

Nei pazienti in trattamento con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa nei quali siano trascorse 6 o più settimane dalla somministrazione dell’ultima dose, Phesgo deve essere somministrato come dose di carico da 1200 mg di pertuzumab/600 mg di trastuzumab seguita da una dose di mantenimento da 600 mg di pertuzumab/600 mg di trastuzumab ogni 3 settimane per le somministrazioni successive.

Disfunzione del ventricolo sinistro

Il trattamento con Phesgo deve essere sospeso per almeno 3 settimane in caso di segni e sintomi che suggeriscano insufficienza cardiaca congestizia. Il trattamento con Phesgo deve essere interrotto se l’insufficienza cardiaca sintomatica viene confermata (per informazioni più dettagliate vedere paragrafo 4.4).

Pazienti con carcinoma mammario metastatico

I pazienti devono presentare un valore pre-trattamento della frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) ≥ 50%. Il trattamento con Phesgo deve essere sospeso per almeno 3 settimane in caso di: una riduzione della LVEF a valori inferiori al 40%

una LVEF tra 40% e 45% associata a una diminuzione ≥ 10% rispetto al valore pre-trattamento.

La somministrazione di Phesgo può essere ripresa se la LVEF è ritornata a valori >45% o 40-45% associata ad una riduzione < 10% rispetto ai valori pre-trattamento.

Pazienti con carcinoma mammario in fase iniziale

I pazienti devono presentare un valore pre-trattamento della LVEF ≥ 55% (≥ 50% dopo il completamento della componente antraciclinica della chemioterapia, se somministrata).

Il trattamento con Phesgo deve essere sospeso per almeno 3 settimane in caso di una riduzione della LVEF a valori inferiori al 50% associata a una diminuzione ≥ 10% rispetto al valore pre-trattamento.

La somministrazione di Phesgo può essere ripresa se la LVEF è ritornata a valori ≥ 50% o ad una riduzione < 10% rispetto ai valori pre-trattamento.

Popolazioni particolari

Anziani

Nel complesso non sono state osservate differenze nell’efficacia di Phesgo tra i pazienti di età ≥ 65 anni e i pazienti di età < 65 anni. Non è necessario un aggiustamento della dose di Phesgo nei pazienti di età ≥ 65 anni. I dati nei pazienti di età > 75 anni sono limitati.

Per la valutazione della sicurezza nei pazienti anziani, vedere paragrafo 4.8.

Compromissione renale

Non sono necessari aggiustamenti della dose di Phesgo in pazienti con compromissione renale lieve o moderata. Non è possibile fornire raccomandazioni per la dose in pazienti con compromissione renale severa a causa dei limitati dati farmacocinetici (PK) disponibili (vedere paragrafo 5.2).

Compromissione epatica

La sicurezza e l’efficacia di Phesgo non sono state studiate in pazienti con compromissione della funzionalità epatica. È improbabile che nei pazienti con compromissione della funzionalità epatica siano necessari aggiustamenti della dose. Non sono raccomandati specifici aggiustamenti della dose (vedere paragrafo 5.2).

Popolazione pediatrica

La sicurezza e l’efficacia di Phesgo non sono state stabilite nei bambini e negli adolescenti al di sotto dei 18 anni di età. Non vi è un impiego rilevante di Phesgo nella popolazione pediatrica per il trattamento del carcinoma mammario.

Modo di somministrazione

Phesgo deve essere somministrato unicamente mediante iniezione sottocutanea. Phesgo non è destinato alla somministrazione endovenosa.

Il sito d’iniezione deve essere alternato soltanto tra la coscia destra e quella sinistra. Le nuove iniezioni devono essere somministrate ad almeno 2,5 cm di distanza dal precedente punto di iniezione e mai in zone in cui la cute è arrossata, livida, sensibile o indurita. La dose non deve essere suddivisa tra due siringhe né tra due punti d’iniezione. Durante il trattamento con Phesgo la somministrazione per via sottocutanea di altri farmaci deve avvenire preferibilmente mediante iniezione in altri siti.

La dose di carico e la dose di mantenimento devono essere somministrate rispettivamente nell’arco di 8 e 5 minuti.

Si raccomanda un periodo di osservazione di 30 minuti dopo il completamento della somministrazione della dose di carico di Phesgo e di 15 minuti dopo il completamento della somministrazione della dose di mantenimento per rilevare l’eventuale comparsa di reazioni all’iniezione (vedere paragrafi 4.4 e 4.8).

Reazioni all’iniezione

Se il paziente sviluppa sintomi correlati all’iniezione, è possibile rallentare o sospendere l’iniezione (vedere paragrafi 4.4 e 4.8). Anche il trattamento con ossigeno, beta agonisti, antistaminici, somministrazione rapida di liquidi per via endovenosa e antipiretici può contribuire ad alleviare i sintomi sistemici.

Reazioni di ipersensibilità/anafilassi

Se il paziente manifesta una reazione di grado 4 secondo i Criteri comuni di terminologia per gli eventi avversi del National Cancer Institute (NCI-CTCAE; anafilassi), broncospasmo o sindrome da distress respiratorio acuto, l’iniezione deve essere interrotta immediatamente e in via definitiva (vedere paragrafi 4.4 e 4.8).

Per le istruzioni sull’uso e sulla manipolazione del medicinale prima della somministrazione, vedere paragrafo 6.6.

 

04.3 Controindicazioni

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Ipersensibilità ai principi attivi o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.

 

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Tracciabilità

Al fine di migliorare la tracciabilità dei medicinali biologici, il nome e il numero di lotto del medicinale somministrato devono essere chiaramente registrati.

Disfunzione del ventricolo sinistro (inclusa insufficienza cardiaca congestizia)

Sono state riferite diminuzioni della LVEF con medicinali che bloccano l’attività di HER2, compresi pertuzumab e trastuzumab. L’incidenza di disfunzione sistolica ventricolare sinistra sintomatica (LVD [insufficienza cardiaca congestizia]) è risultata superiore nei pazienti trattati con pertuzumab in associazione con trastuzumab e chemioterapia rispetto a trastuzumab e chemioterapia. I casi di insufficienza cardiaca sintomatica segnalati nel setting adiuvante sono stati riscontrati per la maggior parte in pazienti trattati con chemioterapia a base di antracicline (vedere paragrafo 4.8). In base agli studi condotti su pertuzumab e.v. in associazione con trastuzumab e chemioterapia i pazienti trattati in precedenza con antracicline o radioterapia nell’area del torace possono essere a maggior rischio di diminuzione della LVEF.

I pazienti con anamnesi di malattia cardiaca o condizioni mediche gravi, anamnesi di disaritmie ventricolari o fattori di rischio per disaritmie ventricolari sono stati esclusi dallo studio registrativo FEDERICA condotto con Phesgo sul carcinoma mammario in fase iniziale nel setting (neo)adiuvante.

Phesgo non è stato valutato in pazienti con: valore pre-trattamento della LVEF <55% (carcinoma mammario in fase iniziale) o < 50% (carcinoma mammario metastatico); anamnesi di insufficienza cardiaca congestizia (CHF); condizioni che possono compromettere la funzionalità del ventricolo sinistro, quali ipertensione non controllata, infarto miocardico recente, grave aritmia cardiaca che necessiti di trattamento o precedente esposizione ad una dose cumulativa di antracicline > 360 mg/m2 di doxorubicina o equivalente. Inoltre, l’uso di pertuzumab in associazione con trastuzumab e chemioterapia non è stato valutato in pazienti con diminuzioni della LVEF < 50% durante la precedente terapia adiuvante con trastuzumab.

È opportuno valutare la LVEF prima dell’inizio di Phesgo e a intervalli regolari durante il trattamento (ad es. una volta durante il trattamento neoadiuvante e ogni 12 settimane nel setting adiuvante o metastatico) per assicurare che la LVEF rientri entro i limiti normali. Se la LVEF è diminuita come indicato nel paragrafo 4.2 e in occasione della valutazione successiva non è migliorata o è ulteriormente peggiorata, deve essere seriamente presa in considerazione la sospensione di Phesgo, a meno che non si ritenga che i benefici per il singolo paziente superino i rischi.

Il rischio cardiaco deve essere attentamente valutato e bilanciato con la necessità medica del singolo paziente prima di utilizzare Phesgo in associazione con un’antraciclina. Sulla base delle attività farmacologiche di farmaci diretti contro HER2 e antracicline, l’uso concomitante di Phesgo e queste ultime può portare ad un aumento del rischio di tossicità cardiaca rispetto all’uso sequenziale.

Nell’ambito dello studio FEDERICA l’uso sequenziale di Phesgo (in associazione con un taxano) è stato valutato dopo la somministrazione di doxorubicina quale componente di due regimi a base di antracicline, mentre nell’ambito degli studi APHINITY e BERENICE l’uso sequenziale di pertuzumab e.v. (in associazione con trastuzumab e un taxano) è stato valutato dopo la somministrazione di epirubicina o doxorubicina quale componente di vari regimi a base di antracicline. Tuttavia, in merito all’uso concomitante di pertuzumab e.v. in associazione con trastuzumab e un’antraciclina sono disponibili solo dati di sicurezza limitati. Nello studio TRYPHAENA pertuzumab e.v. in associazione con trastuzumab è stato somministrato in concomitanza con epirubicina, come parte del regime FEC (5- fluorouracile, epirubicina, ciclofosfamide; vedere paragrafi 4.8 e 5.1). Sono stati trattati soltanto pazienti naïve alla chemioterapia che hanno ricevuto basse dosi cumulative di epirubicina (fino a 300 mg/m2). In questo studio la sicurezza cardiaca è risultata simile a quella osservata nei pazienti trattati con lo stesso regime ma con la somministrazione sequenziale di pertuzumab (dopo chemioterapia FEC).

Reazioni correlate all’iniezione/infusione

Phesgo è stato associato a reazioni correlate all’iniezione (vedere paragrafo 4.8), definite come qualsiasi reazione sistemica con sintomi quali febbre, brividi, cefalea, probabilmente causati da un rilascio di citochine verificatosi entro 24 ore dalla somministrazione di Phesgo. Si raccomanda l’attenta osservazione del paziente durante la somministrazione della dose di carico di Phesgo e nei 30 minuti successivi, nonché durante la somministrazione della dose di mantenimento di Phesgo e nei 15 minuti successivi. Se si verifica una reazione all’iniezione significativa, l’iniezione deve essere rallentata o sospesa e devono essere somministrate terapie mediche appropriate. I pazienti devono essere sottoposti ad attenta valutazione clinica ed essere strettamente monitorati fino alla completa risoluzione dei segni e dei sintomi. Nei pazienti che manifestano gravi reazioni all’iniezione occorre prendere in considerazione l’interruzione permanente del trattamento. La valutazione clinica deve fondarsi sulla gravità della precedente reazione e sulla risposta alla terapia somministrata per la reazione avversa (vedere paragrafo 4.2). Sebbene con l’uso di Phesgo non siano stati osservati esiti fatali a seguito di reazioni correlate all’iniezione, occorre prestare cautela in quanto reazioni fatali correlate all’iniezione sono state associate alla somministrazione endovenosa di pertuzumab in combinazione con trastuzumab endovena e chemioterapia.

Reazioni di ipersensibilità/anafilassi

I pazienti devono essere sottoposti a stretta osservazione al fine di rilevare l’insorgenza di reazioni di ipersensibilità. Con l’uso di pertuzumab in associazione con trastuzumab e chemioterapia sono state riscontrate reazioni di ipersensibilità severe, comprese anafilassi ed eventi con esito fatale (vedere paragrafo 4.8). La maggior parte delle reazioni anafilattiche si è manifestata entro i primi 6-8 cicli di trattamento quando pertuzumab e trastuzumab sono stati somministrati in associazione con chemioterapia. I medicinali per il trattamento di tali reazioni devono essere pertanto sempre disponibili per l’uso immediato, unitamente alle attrezzature di emergenza. La somministrazione di Phesgo deve essere definitivamente interrotta in caso di reazioni di ipersensibilità di grado 4 NCI-CTCAE (anafilassi), broncospasmo o sindrome da distress respiratorio acuto (vedere paragrafo 4.2). L’uso di Phesgo è controindicato in pazienti con ipersensibilità nota a pertuzumab, trastuzumab o a uno qualsiasi dei suoi eccipienti (vedere paragrafo 4.3).

Neutropenia febbrile

I pazienti trattati con Phesgo in associazione con un taxano sono a maggior rischio di sviluppare neutropenia febbrile.

I pazienti trattati con pertuzumab e.v. in associazione con trastuzumab e docetaxel sono a maggior rischio di sviluppare neutropenia febbrile rispetto ai pazienti trattati con placebo, trastuzumab e docetaxel, soprattutto durante i primi 3 cicli di trattamento (vedere paragrafo 4.8). Nello studio CLEOPATRA condotto sul carcinoma mammario metastatico, la conta dei neutrofili al nadir era simile nei pazienti del gruppo trattato con pertuzumab e nei pazienti del gruppo trattato con placebo. La più alta incidenza di neutropenia febbrile nei pazienti trattati con pertuzumab era associata ad un’incidenza superiore di mucosite e diarrea in questi pazienti. Deve essere considerato un trattamento sintomatico per la mucosite e la diarrea. Non è stato riferito alcun evento di neutropenia febbrile dopo l’interruzione del trattamento con docetaxel.

Diarrea

Phesgo può indurre diarrea severa. La diarrea è più frequente durante la somministrazione concomitante con terapia a base di taxani. I pazienti anziani (≥ 65 anni) possono presentare un rischio maggiore di diarrea rispetto ai pazienti più giovani (< 65 anni). La diarrea deve essere trattata secondo la pratica clinica standard e le linee guida. Un intervento precoce con loperamide, fluidi e sostituzione di elettroliti, in particolare nei pazienti anziani e in caso di diarrea severa o prolungata, deve essere preso in considerazione. In caso di mancato miglioramento delle condizioni del paziente, deve essere considerata l’interruzione del trattamento con Phesgo. Quando la diarrea è sotto controllo, il trattamento con Phesgo può essere ripristinato.

Eventi polmonari

Nel contesto post-commercializzazione, con l’uso di trastuzumab sono stati riferiti eventi polmonari severi, risultati occasionalmente fatali. Sono stati inoltre segnalati casi di malattia polmonare interstiziale, inclusi infiltrati polmonari, sindrome da distress respiratorio acuto, polmonite, infiammazioni polmonari, versamento pleurico, distress respiratorio, edema polmonare acuto e insufficienza respiratoria. I fattori di rischio associati a malattia polmonare interstiziale includono una terapia precedente o concomitante con altri trattamenti antineoplastici come taxani, gemcitabina, vinorelbina e radioterapia, per i quali tale associazione è già nota. Questi eventi possono verificarsi nel contesto di una reazione all’infusione oppure avere un’insorgenza tardiva. I pazienti che manifestano dispnea a riposo, dovuta a complicanze di tumori avanzati e comorbilità, possono correre un rischio più elevato di manifestare eventi polmonari. Questi pazienti non devono pertanto essere trattati con Phesgo. In presenza di infiammazioni polmonari occorre osservare cautela, specialmente in pazienti trattati in concomitanza con taxani.

Eccipienti

Questo medicinale contiene meno di 1 mmol (23 mg) di sodio per dose, cioè essenzialmente “senza sodio”.

Interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione Non sono stati condotti studi formali di interazione farmacologica. Pertuzumab

In un sottostudio dello studio registrativo randomizzato CLEOPATRA nel carcinoma mammario metastatico, condotto su 37 pazienti, non sono state osservate interazioni farmacocinetiche tra pertuzumab e trastuzumab o tra pertuzumab e docetaxel. Inoltre, l’analisi farmacocinetica di popolazione non ha mostrato evidenza di interazione farmacologica tra pertuzumab e trastuzumab o tra pertuzumab e docetaxel. L’assenza di interazioni farmacologiche è stata confermata dai dati farmacocinetici emersi dagli studi NEOSPHERE e APHINITY.

In cinque studi sono stati valutati gli effetti di pertuzumab sulla farmacocinetica di farmaci citotossici somministrati in concomitanza, docetaxel, paclitaxel, gemcitabina, capecitabina, carboplatino ed erlotinib. Non si è evidenziata alcuna interazione farmacocinetica tra pertuzumab e questi farmaci. La farmacocinetica di pertuzumab in questi studi è risultata sovrapponibile a quella osservata negli studi che prevedevano trattamenti in monoterapia.

Trastuzumab

Non sono stati effettuati studi formali di interazione farmacologica. Non sono state osservate interazioni clinicamente significative fra trastuzumab e i medicinali co-somministrati durante gli studi clinici.

Effetto di trastuzumab sulla farmacocinetica di altri agenti antineoplastici

I dati farmacocinetici emersi dagli studi BO15935 e M77004 condotti su donne affette da carcinoma mammario metastatico HER2 positivo hanno suggerito che l’esposizione a paclitaxel e doxorubicina (e ai loro metaboliti principali 6-α-idrossipaclitaxel, POH e doxorubicinolo, DOL) non veniva alterata in presenza di trastuzumab (dose di carico da 8 mg/kg o 4 mg/kg per via endovenosa seguita rispettivamente da 6 mg/kg ogni 3 settimane o 2 mg/kg settimanalmente per via endovenosa). Trastuzumab può però aumentare l’esposizione complessiva di un metabolita della doxorubicina (7- deossi-13 diidro-doxorubicinone, D7D). La bioattività di D7D e l’impatto clinico dell’aumento di questo metabolita non erano chiari.

I dati emersi dallo studio JP16003, uno studio a braccio singolo su trastuzumab (dose di carico da 4 mg/kg per via endovenosa e 2 mg/kg per via endovenosa settimanalmente) e docetaxel (60 mg/m2 per via endovenosa) condotto su donne giapponesi con carcinoma mammario metastatico HER2 positivo, hanno suggerito che la somministrazione concomitante di trastuzumab non aveva effetti sulla farmacocinetica di una singola dose di docetaxel. Lo studio JP19959 è stato un sottostudio di BO18255 (ToGA), condotto su pazienti giapponesi di ambo i sessi con tumore gastrico in stadio avanzato per valutare la farmacocinetica di capecitabina e cisplatino usati con o senza trastuzumab. I risultati di questo sottostudio hanno suggerito che l’esposizione ai metaboliti bioattivi (per es. 5-FU) di capecitabina non risulta influenzata dall’uso concomitante di cisplatino o dall’uso concomitante di cisplatino più trastuzumab. Capecitabina ha però mostrato concentrazioni più alte e un’emivita maggiore quando associata a trastuzumab. I dati hanno inoltre indicato che la farmacocinetica di cisplatino non è stata alterata dall’uso concomitante di capecitabina, né dall’uso concomitante di capecitabina più trastuzumab.

I dati di farmacocinetica provenienti dallo studio H4613g/GO01305 in pazienti con carcinoma mammario metastatico o localmente avanzato inoperabile HER2 positivo hanno suggerito che trastuzumab non ha impattato sulla farmacocinetica di carboplatino.

Effetto degli agenti antineoplastici sulla farmacocinetica di trastuzumab

Confrontando le concentrazioni sieriche simulate di trastuzumab dopo somministrazione di trastuzumab in monoterapia (dose di carico da 4 mg/kg / 2 mg/kg settimanalmente per via endovenosa) e le concentrazioni sieriche osservate in donne giapponesi con carcinoma mammario metastatico HER2 positivo (studio JP16003), non è stata rilevata alcuna evidenza di un effetto sulla farmacocinetica di trastuzumab derivante dalla somministrazione concomitante di docetaxel. Il confronto dei risultati di farmacocinetica emersi da due studi di fase II (BO15935 e M77004) e di uno studio di fase III (H0648g) nei quali i pazienti sono stati trattati in concomitanza con trastuzumab e paclitaxel e di due studi di fase II nei quali trastuzumab è stato somministrato in monoterapia (W016229 e MO16982), in donne con carcinoma mammario metastatico HER2 positivo indica che le concentrazioni sieriche minime singole e medie di trastuzumab intra- e interstudio sono state diverse, ma non è emerso un chiaro effetto della somministrazione concomitante di paclitaxel sulla farmacocinetica di trastuzumab.

Un confronto tra i dati farmacocinetici di trastuzumab provenienti dallo studio M77004 in cui donne con carcinoma mammario metastatico HER2 positivo sono state sottoposte a trattamento concomitante con trastuzumab, paclitaxel e doxorubicina, ed i dati di farmacocinetica di trastuzumab negli studi in cui trastuzumab era stato somministrato in monoterapia (H0649g) o in associazione con antraciclina più ciclofosfamide o paclitaxel (Studio H0648g), hanno suggerito che doxorubicina e paclitaxel non hanno effetto sulla farmacocinetica di trastuzumab.

I dati di farmacocinetica provenienti dallo studio H4613g/GO01305 hanno suggerito che carboplatino non ha avuto alcun effetto sulla farmacocinetica di trastuzumab.

Non sembra che la somministrazione concomitante di anastrozolo abbia avuto effetti sulla farmacocinetica di trastuzumab.

 

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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Donne in età fertile/contraccezione

Le donne in età fertile devono usare metodi contraccettivi efficaci durante il trattamento con Phesgo e nei 7 mesi successivi alla somministrazione dell’ultima dose.

Gravidanza

Negli studi sugli animali, pertuzumab ha evidenziato tossicità riproduttive. I dati relativi all’uso di pertuzumab in donne in gravidanza sono un numero limitato.

Sulla base degli studi sugli animali, non è noto se trastuzumab possa avere effetti sulla capacità riproduttiva (vedere paragrafo 5.3). Tuttavia, dopo la commercializzazione, in donne in gravidanza trattate con trastuzumab sono stati segnalati casi di alterazione della funzionalità e/o della crescita renale fetale in associazione a oligoidramnios, alcuni dei quali associati a ipoplasia polmonare del feto ad esito fatale.

In base ai suddetti studi sugli animali e ai dati post-commercializzazione, Phesgo deve essere pertanto evitato durante la gravidanza, a meno che il potenziale beneficio per la madre superi il potenziale rischio per il feto. Le donne che iniziano una gravidanza devono essere messe al corrente della possibilità di danno al feto. Se una donna in gravidanza viene trattata con Phesgo o se una paziente inizia una gravidanza durante il trattamento con Phesgo o nei 7 mesi successivi alla somministrazione dell’ultima dose di Phesgo, è consigliabile un attento monitoraggio da parte di un’équipe multidisciplinare.

Allattamento

Poiché le IgG umane vengono secrete nel latte materno e il potenziale di assorbimento e danno per il neonato non è noto, le donne non devono allattare al seno durante la terapia con Phesgo e per almeno 7 mesi dopo la somministrazione dell’ultima dose.

Fertilità

Pertuzumab

Non sono stati condotti studi specifici sugli animali per valutare l’effetto di pertuzumab sulla fertilità. In studi di tossicità a dose ripetuta su pertuzumab non sono stati osservati effetti avversi sugli organi riproduttivi maschili e femminili nelle scimmie cynomolgus per un periodo massimo di 6 mesi (vedere paragrafo 5.3).

Trastuzumab

Studi sulla riproduzione condotti nella scimmia cynomolgus con trastuzumab non hanno rivelato alcuna evidenza di alterata fertilità negli esemplari femmina (vedere paragrafo 5.3).

 

04.6 Gravidanza e allattamento

Indice

Phesgo altera in modo trascurabile la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari (vedere paragrafo 4.8). I pazienti che manifestano reazioni all’iniezione o capogiri (vedere paragrafo 4.4) devono essere avvisati di non guidare veicoli e di non utilizzare macchinari fino alla scomparsa dei sintomi.

 

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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Riassunto del profilo di sicurezza

Le reazioni avverse al farmaco (ADR) più frequentemente segnalate (≥30%) nei pazienti trattati con Phesgo o pertuzumab e.v. in associazione a trastuzumab e chemioterapia sono state alopecia diarrea, nausea, anemia, astenia e artralgia.

Gli eventi avversi gravi (SAE) (≥ 1 %) più comunemente segnalati in pazienti trattati con Phesgo o pertuzumab e.v. in associazione a trastuzumab sono stati neutropenia febbrile, insufficienza cardiaca, piressia, neutropenia, sepsi neutropenica, conta dei neutrofili diminuita e polmonite.

Nel complesso il profilo di sicurezza di Phesgo è risultato in linea con quello noto di pertuzumab e.v. in associazione a trastuzumab, con una ADR aggiuntiva di reazione in sede di iniezione (14,9 % versus 0,4%) Tabella delle reazioni avverse

Il profilo di sicurezza di pertuzumab in associazione a trastuzumab è stato valutato in 3834 pazienti affetti da carcinoma mammario HER2 positivo negli studi registrativi CLEOPATRA, NEOSPHERE, TRYPHAENA, APHINITY e FEDERICA. Il profilo è risultato in generale uniforme tra i diversi studi, sebbene l’incidenza e le reazioni avverse più comuni varino se pertuzumab in combinazione con trastuzumab viene somministrato in associazione ad agenti antineoplastici o meno.

Nella Tabella 2 sono presentate le ADR segnalate con l’uso di pertuzumab in associazione con trastuzumab e chemioterapia nell’ambito dei seguenti studi clinici registrativi (n= 3834) e nel setting post-marketing.

CLEOPATRA, in cui pertuzumab è stato somministrato in associazione con trastuzumab e docetaxel a pazienti affetti da carcinoma mammario metastatico (n= 453); NEOSPHERE (n= 309) e TRYPHAENA (n= 218), in cui pertuzumab è stato somministrato nel

setting neoadiuvante in associazione con trastuzumab e chemioterapia a pazienti affette da carcinoma mammario localmente avanzato, infiammatorio o allo stadio iniziale; APHINITY, in cui pertuzumab è stato somministrato nel setting adiuvante in associazione con trastuzumab e chemioterapia a base di antracicline o non antracicline oppure chemioterapia contenente taxani a pazienti affetti da carcinoma mammario allo stadio iniziale (n= 2.364); FEDERICA, in cui Phesgo (n= 243) o pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa (n= 247) è

stato somministrato in combinazione con chemioterapia a pazienti affetti da carcinoma mammario allo stadio iniziale.

Poiché pertuzumab viene usato in associazione con trastuzumab e chemioterapia, risulta difficile stabilire il nesso causale di una reazione avversa a un medicinale specifico.

Le ADR di seguito elencate sono riportate in base alla classificazione per sistemi e organi (SOC) secondo MedDRA e alle seguenti categorie di frequenza: molto comune (≥ 1/10)

comune (≥ 1/100, < 1/10)

non comune (≥ 1/1.000, < 1/100) raro (≥ 1/10.000, < 1/1.000) molto raro (< 1/10.000) non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).

All’interno di ciascuna classe di frequenza e della classe sistemico-organica (SOC), le ADR sono presentate in ordine di gravità decrescente.

Tabella 2 Sintesi delle ADR osservate in pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab nell’ambito degli studi clinici registrativi^ e nel setting post-marketing†

Classificazione per sistemi e organi Molto comune Comune Non comune Raro
Infezioni ed infestazioni Rinofaringite Paronichia Infezione delle vie
respiratorie superiori
Patologie del sistema emolinfopoietico Neutropenia febbrile* Neutropenia Leucopenia
Anemia
Disturbi del sistema immunitario Reazione all’infusione°°, * Ipersensibilità°, * Ipersensibilità al farmaco°, * Reazione anafilattica°,
*
Sindrome da rilascio di citochine°°
Disturbi del metabolismo e della nutrizione Appetito ridotto Sindrome da lisi tumorale†
Disturbi psichiatrici Insonnia
Patologie del sistema nervoso Neuropatia periferica Cefalea
Disgeusia Neuropatia sensitiva periferica
Capogiro Parestesia
Patologie dell’occhio Lacrimazione
aumentata
Patologie cardiache Disfunzione del ventricolo sinistro ** Insufficienza cardiaca congestizia**
Patologie vascolari Vampata di calore
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Tosse Epistassi Dispnea Malattia polmonare interstiziale Versamento pleurico
Patologie gastrointestinali Diarrea Vomito Stomatite Nausea Stipsi Dispepsia
Dolore addominale
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Alopecia Eruzione cutanea

 

04.8 Effetti indesiderati

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Pelle secca

Patologie del sistema muscoloscheletrico e del
tessuto connettivo
Mialgia Artralgia
Dolore a un arto
Classificazione per sistemi e organi Molto comune Comune Non comune Raro
Patologie generali e condizioni relative alla sede di somministrazione Infiammazione delle mucose
Edema periferico Piressia Stanchezza Astenia
Reazione in sede di iniezione °°°
Brividi Dolore Edema

^ La Tabella 2 riporta i dati aggregati emersi dall’intero periodo di trattamento dello studio CLEOPATRA (data di cut-off dei dati: 11 febbraio 2014; numero mediano di cicli di pertuzumab: 24), dal periodo di trattamento neoadiuvante degli studi NEOSPHERE (numero mediano di cicli di pertuzumab: 4 in tutti i bracci di trattamento) e TRYPHAENA (numero mediano di cicli di pertuzumab: 3-6 in tutti i bracci di trattamento), dal periodo di trattamento dello studio APHINITY (numero mediano di cicli di pertuzumab: 18) e dal periodo di trattamento dello studio FEDERICA (numero mediano di cicli di Phesgo: 7).

* Sono state riportate ADR con esito fatale.

** Per l’intero periodo di trattamento nei 5 studi (CLEOPATRA, NEOSPHERE, TRYPHAENA, APHINITY, FEDERICA). L’incidenza della disfunzione del ventricolo sinistro e dell’insufficienza cardiaca congestizia rispecchiano i termini preferiti MedDRA riportati nei singoli studi.

° La reazione di ipersensibilità/anafilattica è definita da una serie di termini MedDRA.

°° La reazione all’infusione include una serie di differenti termini MedDRA all’interno di un intervallo di tempo ed è definita come qualsiasi evento sistemico segnalato come reazione di ipersensibilità, reazione anafilattica, reazione acuta all’infusione o sindrome da rilascio di citochine verificatosi durante un’infusione o nelle 24 ore successive.

°°°Osservata soltanto con Phesgo (correlata alla somministrazione sottocutanea).

† ADR riportate nel setting post-marketing. Descrizione di reazioni avverse selezionate Disfunzione del ventricolo sinistro Phesgo in associazione a chemioterapia

Nello studio registrativo FEDERICA l’incidenza di insufficienza cardiaca sintomatica (classe III o IV secondo la New York Heart Association, NYHA) associata a una diminuzione della LVEF di almeno il 10% rispetto al basale e fino a un valore inferiore al 50% è risultata pari all’1,2% dei pazienti trattati con Phesgo in confronto allo 0,8% dei pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa. Dei pazienti che avevano manifestato insufficienza cardiaca sintomatica, nessuno dei pazienti trattati con Phesgo mostrava una risoluzione della diminuzione della LVEF alla data di cut-off dei dati e un paziente ha dovuto interrompere il trattamento con Phesgo a causa di un evento di insufficienza cardiaca sintomatica. Diminuzioni asintomatiche o lievemente sintomatiche (classe II secondo NYHA) della LVEF di almeno il 10% rispetto al basale e fino a un valore inferiore al 50% (confermate dalla seconda misurazione della LVEF) sono state segnalate nello 0,8% dei pazienti trattati con Phesgo e nel 4% dei pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa; in uno dei pazienti del gruppo trattato con Phesgo si è osservata una reversibilità completa della diminuzione della LVEF alla data di cut-off dei dati e due pazienti hanno dovuto interrompere il trattamento con Phesgo (vedere paragrafi 4.2 e 4.4).

Pertuzumab per via endovenosa in associazione a trastuzumab e chemioterapia

Nello studio registrativo CLEOPATRA l’incidenza della LVD durante il trattamento in studio è risultata superiore nel gruppo trattato con placebo rispetto al gruppo trattato con pertuzumab (rispettivamente 8,6% e 6,6%). L’incidenza di LVD sintomatica è risultata a sua volta inferiore nel gruppo trattato con pertuzumab (1,8% nel gruppo trattato con placebo versus 1,5% nel gruppo trattato con pertuzumab) (vedere paragrafo 4.4).

Nello studio neoadiuvante NEOSPHERE, in cui alle pazienti sono stati somministrati 4 cicli di pertuzumab come trattamento neoadiuvante, l’incidenza di LVD (nel corso dell’intero periodo di trattamento) è risultata superiore nel gruppo trattato con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel (7,5%) rispetto al gruppo trattato con trastuzumab e docetaxel (1,9%). Nel gruppo trattato con pertuzumab e trastuzumab è stato osservato un caso di LVD sintomatica.

Nello studio neoadiuvante TRYPHAENA l’incidenza di LVD (nel corso dell’intero periodo di trattamento) è risultata dell’8,3% nel gruppo trattato con pertuzumab + trastuzumab e FEC (5- fluorouracile, epirubicina, ciclofosfamide) seguiti da pertuzumab + trastuzumab e docetaxel, del 9,3% nel gruppo trattato con pertuzumab + trastuzumab e docetaxel dopo FEC e del 6,6% nel gruppo trattato con pertuzumab in associazione con TCH (docetaxel, carboplatino e trastuzumab). L’incidenza di LVD sintomatica (insufficienza cardiaca congestizia) è risultata dell’1,3% sia nel gruppo trattato con pertuzumab + trastuzumab e docetaxel dopo FEC (ad esclusione di una paziente che ha manifestato LVD sintomatica durante il trattamento con FEC prima di ricevere pertuzumab + trastuzumab e docetaxel) sia nel gruppo trattato con pertuzumab in associazione con TCH. Nessuna paziente del gruppo trattato con pertuzumab + trastuzumab e FEC seguiti da pertuzumab + trastuzumab e docetaxel ha manifestato LVD sintomatica.

Nella fase neoadiuvante dello studio BERENICE l’incidenza di LVD sintomatica di classe III/IV secondo NYHA (insufficienza cardiaca congestizia secondo gli NCI-CTCAE v.4) si è attestata all’1,5% nel gruppo trattato con il regime dose dense doxorubicina e ciclofosfamide (AC) seguito da pertuzumab + trastuzumab e paclitaxel, mentre nessun paziente (0%) ha manifestato LVD sintomatica nel gruppo trattato con il regime FEC seguito da pertuzumab in associazione con trastuzumab e docetaxel. L’incidenza di LVD asintomatica (riduzione della frazione di eiezione secondo gli NCI-CTCAE v.4) si è attestata al 7% nel gruppo trattato con il regime dose dense AC seguito da pertuzumab + trastuzumab e paclitaxel, e al 3,5% nel gruppo trattato con il regime FEC seguito da pertuzumab + trastuzumab e docetaxel.

Nello studio APHINITY l’incidenza di insufficienza cardiaca sintomatica (classe III o IV secondo NYHA), associata a una diminuzione della LVEF di almeno il 10% rispetto al basale e fino a un valore inferiore al 50%, si è attestata al di sotto dell’1% (0,6% dei pazienti trattati con pertuzumab versus 0,3% dei pazienti trattati con placebo). Alla data di cut-off dei dati, il 46,7% dei pazienti trattati con pertuzumab e il 57,1% dei pazienti trattati con placebo che avevano manifestato insufficienza cardiaca sintomatica mostravano una risoluzione della diminuzione della LVEF (ovvero presentavano 2 misurazioni consecutive della LVEF al di sopra del 50%). Gli eventi sono stati segnalati per la maggior parte in pazienti trattati con antracicline. Diminuzioni asintomatiche o lievemente sintomatiche (classe II secondo NYHA) della LVEF di almeno il 10% rispetto al basale e fino a un valore inferiore al 50% sono state riportate nel 2,7% dei pazienti trattati con pertuzumab e nel 2,8% dei pazienti trattati con placebo; di questi, nel 79,7% dei pazienti trattati con pertuzumab e nell’80,6% dei pazienti trattati con placebo si è osservata una reversibilità della diminuzione di LVEF alla data di cut-off dei dati.

Reazioni all’iniezione/infusione

Phesgo in associazione a chemioterapia

Nello studio registrativo FEDERICA una reazione all’iniezione/infusione è stata definita come qualsiasi reazione sistemica riportata nelle 24 ore successive alla somministrazione di Phesgo o di pertuzumab per via endovenosa, in associazione con trastuzumab (vedere paragrafi 4.2 e 4.4).

Nello 0,8% dei pazienti trattati con Phesgo sono state segnalate reazioni all’iniezione, mentre nel 10,7% dei pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa sono state segnalate reazioni all’infusione. Le reazioni sistemiche all’iniezione/infusione osservate con Phesgo o con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa sono state principalmente brividi, piressia o vomito.

Le reazioni in sede d’iniezione sono state definite come qualsiasi reazione locale riportata nelle 24 ore successive alla somministrazione di Phesgo, sono state segnalate nel 14,9% dei pazienti trattati con Phesgo e sono tutte risultate eventi di grado 1 o 2. Le reazioni locali al sito d’iniezione osservate con Phesgo sono state perlopiù dolore o eritema al sito d’iniezione.

Pertuzumab per via endovenosa in associazione a trastuzumab e chemioterapia

Negli studi registrativi una reazione correlata alla somministrazione è stata definita come qualsiasi evento segnalato come reazione di ipersensibilità, reazione anafilattica, reazione acuta all’infusione o sindrome da rilascio di citochine verificatosi durante un’infusione o nello stesso giorno dell’infusione. Nello studio registrativo CLEOPATRA, la dose iniziale di pertuzumab veniva somministrata il giorno prima della somministrazione di trastuzumab e docetaxel per permettere la valutazione delle reazioni associate a pertuzumab. Nel primo giorno in cui veniva somministrato solo pertuzumab, la frequenza complessiva delle reazioni all’infusione è stata del 9,8% nel gruppo trattato con placebo e del 13,2% nel gruppo trattato con pertuzumab; la maggior parte delle reazioni all’infusione è stata di intensità lieve o moderata. Le reazioni all’infusione più comuni (≥ 1,0%) nel gruppo trattato con pertuzumab sono state piressia, brividi, stanchezza, cefalea, astenia, ipersensibilità e vomito.

Durante il secondo ciclo, in cui tutti i medicinali sono stati somministrati nello stesso giorno, le reazioni all’infusione più comuni (≥ 1,0%) nel gruppo trattato con pertuzumab sono state stanchezza, ipersensibilità al farmaco, disgeusia, ipersensibilità, mialgia e vomito (vedere paragrafo 4.4).

Negli studi condotti nel setting neoadiuvante e adiuvante, pertuzumab è stato somministrato lo stesso giorno dell’altro trattamento in studio. Le reazioni all’infusione si sono manifestate nel 18,6% – 25,0% dei pazienti il primo giorno della somministrazione di pertuzumab (in associazione con trastuzumab e chemioterapia). La tipologia e la gravità degli eventi erano in linea con quelle osservate nello studio CLEOPATRA e la maggior parte delle reazioni si è manifestata con severità lieve o moderata.

Reazioni di ipersensibilità/anafilassi

Phesgo in associazione con chemioterapia

Nello studio registrativo FEDERICA la frequenza complessiva di eventi di ipersensibilità/anafilassi segnalati in correlazione alla terapia a bersaglio molecolare anti-HER2 è stata dell’1,6% nel gruppo trattato con Phesgo versus l’1,2% nel gruppo trattato con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa e nessuno di questi eventi era di grado 3-4 secondo gli NCI-CTCAE v.4 (vedere paragrafo 4.4). Un paziente ha manifestato un evento di ipersensibilità/anafilassi durante o subito dopo la somministrazione di Phesgo al momento del primo ciclo, che ha comportato l’interruzione della terapia (vedere paragrafi 4.2 e 4.4).

Pertuzumab per via endovenosa in associazione a trastuzumab e chemioterapia

Nello studio registrativo CLEOPATRA nel carcinoma mammario metastatico, la frequenza complessiva di eventi di ipersensibilità/anafilassi segnalati dallo sperimentatore durante l’intera durata del trattamento è stata del 9,3% tra i pazienti trattati con placebo e dell’11,3% tra i pazienti trattati con pertuzumab, rispettivamente il 2,5% e il 2,0% dei quali era di grado 3-4 secondo gli NCI-CTCAE. Complessivamente, 2 pazienti del gruppo trattato con placebo e 4 pazienti del gruppo trattato con pertuzumab hanno manifestato eventi descritti dallo sperimentatore come anafilassi (vedere paragrafo 4.4).

In generale, la maggior parte delle reazioni di ipersensibilità è stata di gravità lieve o moderata e si è risolta con il trattamento. In base alle modifiche apportate al trattamento dello studio, la maggior parte delle reazioni è stata valutata secondaria alle infusioni di docetaxel.

Nell’ambito degli studi condotti nel setting neoadiuvante e adiuvante, gli eventi di ipersensibilità/anafilassi erano in linea con quelli osservati nello studio CLEOPATRA. Nello studio NEOSPHERE due pazienti del gruppo trattato con pertuzumab e docetaxel hanno sviluppato anafilassi. In entrambi gli studi TRYPHAENA e APHINITY la frequenza complessiva delle reazioni di ipersensibilità/anafilassi è risultata superiore nel gruppo trattato con pertuzumab e TCH (rispettivamente 13,2% e 7,6%) di cui il 2,6% e l’1,3% di tali reazioni era di grado 3-4 secondo gli NCI-CTCAE.

Neutropenia febbrile

Phesgo in associazione a chemioterapia

Nello studio registrativo FEDERICA eventi di neutropenia febbrile si sono verificati nel 6,5% dei pazienti trattati con Phesgo e nel 5,6% dei pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa.

Come per gli studi registrativi condotti su pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa, è stata osservata un’incidenza maggiore di neutropenia febbrile tra i pazienti asiatici trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa (13,0%); analogamente, l’incidenza di neutropenia febbrile nei pazienti asiatici trattati con Phesgo è risultata maggiore (13,7%).

Pertuzumab per via endovenosa in associazione a trastuzumab e chemioterapia

Nello studio registrativo CLEOPATRA la maggioranza dei pazienti di entrambi i gruppi di trattamento ha manifestato almeno un evento di leucopenia (63,0% dei pazienti del gruppo trattato con pertuzumab e 58,3% dei pazienti del gruppo trattato con placebo), e si è trattato per lo più di eventi di natura neutropenica (vedere paragrafo 4.4). Si è manifestata neutropenia febbrile nel 13,7% dei pazienti trattati con pertuzumab e nel 7,6% dei pazienti trattati con placebo. In entrambi i gruppi di trattamento la proporzione di pazienti che ha manifestato neutropenia febbrile è risultata maggiore nel primo ciclo di terapia e in seguito è diminuita costantemente. È stato osservato un aumento dell’incidenza di neutropenia febbrile tra i pazienti asiatici di entrambi i gruppi di trattamento rispetto ai pazienti di altre etnie e di altre zone geografiche. Tra i pazienti asiatici l’incidenza di neutropenia febbrile è stata più alta nel gruppo trattato con pertuzumab (25,8%) rispetto al gruppo trattato con placebo (11,3%).

Nello studio NEOSPHERE l’8,4% dei pazienti trattati nel setting neoadiuvante con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel ha manifestato neutropenia febbrile rispetto al 7,5% dei pazienti trattati con trastuzumab e docetaxel. Nello studio TRYPHAENA la neutropenia febbrile si è osservata nel 17,1% dei pazienti trattati nel setting neoadiuvante con pertuzumab + TCH e nel 9,3% dei pazienti trattati nel setting neoadiuvante con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel dopo FEC. Nello studio TRYPHAENA l’incidenza della neutropenia febbrile è stata maggiore nei pazienti a cui sono stati somministrati sei cicli di pertuzumab rispetto ai pazienti a cui sono stati somministrati tre cicli di pertuzumab, indipendentemente dalla chemioterapia. Come per lo studio CLEOPATRA, è stata osservata una maggiore incidenza di neutropenia e neutropenia febbrile tra i pazienti asiatici, rispetto ad altri pazienti, in entrambi gli studi in neoadiuvante. Nello studio NEOSPHERE l’8,3% dei pazienti asiatici trattati in neoadiuvante con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel ha manifestato neutropenia febbrile rispetto al 4,0% dei pazienti asiatici trattati in neoadiuvante con trastuzumab e docetaxel.

Nello studio APHINITY si è manifestata neutropenia febbrile nel 12,1% dei pazienti trattati con pertuzumab e nell’11,1% dei pazienti trattati con placebo. Come per gli studi CLEOPATRA, TRYPHAENA e NEOSPHERE, nello studio APHINITY è stata osservata una maggiore incidenza di neutropenia febbrile tra i pazienti asiatici trattati con pertuzumab rispetto ai pazienti di altre razze (15,9% dei pazienti trattati con pertuzumab e 9,9% dei pazienti trattati con placebo).

Diarrea

Phesgo in associazione a chemioterapia

Nello studio registrativo FEDERICA si è manifestata diarrea nel 61,7% dei pazienti trattati con Phesgo e nel 59,1% dei pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa. Casi di diarrea di grado ≥ 3 sono stati riportati nel 7,3% dei pazienti del braccio trattato con Phesgo rispetto al 5,2% dei pazienti del braccio trattato con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa. Nella maggioranza dei casi, gli eventi segnalati si sono manifestati con una severità di grado 1 o 2. L’incidenza più alta di diarrea (tutti i gradi) è stata riportata durante il periodo di concomitanza tra la terapia a bersaglio molecolare e la chemioterapia con taxano (57,7% dei pazienti nel braccio trattato con Phesgo rispetto al 53,6% dei pazienti nel braccio trattato con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa) (vedere paragrafo 4.4).

Pertuzumab per via endovenosa in associazione a trastuzumab e chemioterapia

Nello studio registrativo CLEOPATRA nel carcinoma mammario metastatico, si è manifestata diarrea nel 68,4% dei pazienti trattati con pertuzumab e nel 48,7% dei pazienti trattati con placebo (vedere paragrafo 4.4). La maggior parte degli eventi è stata di gravità da lieve a moderata e si è manifestata nei primi cicli di trattamento. L’incidenza di diarrea di grado 3-4 secondo gli NCI-CTCAE è stata del 9,3% nei pazienti trattati con pertuzumab rispetto al 5,1% dei pazienti trattati con placebo. La durata mediana dell’episodio più lungo è stata di 18 giorni nei pazienti trattati con pertuzumab e di 8 giorni nei pazienti trattati con placebo. I casi di diarrea hanno risposto positivamente alla terapia proattiva con farmaci antidiarroici.

Nello studio NEOSPHERE si è manifestata diarrea nel 45,8% dei pazienti trattati in neoadiuvante con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel rispetto al 33,6% dei pazienti trattati con trastuzumab e docetaxel. Nello studio TRYPHAENA si è manifestata diarrea nel 72,3% dei pazienti trattati in neoadiuvante con pertuzumab + TCH e nel 61,4% dei pazienti trattati in neoadiuvante con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel dopo FEC. In entrambi gli studi la maggior parte degli eventi è stata di severità da lieve a moderata.

Nello studio APHINITY è stata segnalata una maggiore incidenza di diarrea nel braccio trattato con pertuzumab (71,2%) rispetto al braccio trattato con placebo (45,2%). Eventi di diarrea di grado ≥ 3 sono stati riportati nel 9,8% dei pazienti nel braccio trattato con pertuzumab rispetto al 3,7% dei pazienti nel braccio trattato con placebo. Nella maggioranza dei casi, gli eventi segnalati si sono manifestati con una severità di grado 1 o 2. L’incidenza più alta di diarrea (tutti i gradi) è stata riportata durante il periodo di concomitanza tra la terapia a bersaglio molecolare e la chemioterapia con taxano (61,4% dei pazienti nel braccio trattato con pertuzumab rispetto al 33,8% dei pazienti nel braccio trattato con placebo). L’incidenza della diarrea è risultata molto più bassa dopo l’interruzione della chemioterapia, interessando, nel periodo di sola terapia con farmaci a bersaglio molecolare, il 18,1% dei pazienti nel braccio trattato con pertuzumab rispetto al 9,2% dei pazienti nel braccio trattato con placebo.

Eruzione cutanea

Phesgo in associazione a chemioterapia

Nello studio registrativo FEDERICA si è manifestata eruzione cutanea nel 18,1% dei pazienti trattati con Phesgo e nel 21,8% dei pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa. Nella maggioranza dei casi, gli eventi di eruzione cutanea si sono manifestati con una gravità di grado 1 o 2.

Pertuzumab per via endovenosa in associazione a trastuzumab e chemioterapia

Nello studio registrativo CLEOPATRA nel carcinoma mammario metastatico, si è manifestata eruzione cutanea nel 51,7% dei pazienti trattati con pertuzumab rispetto al 38,9% dei pazienti trattati con placebo. La maggior parte degli eventi ha presentato una severità di grado 1 o 2, si è manifestata nei primi due cicli e ha risposto alle terapie standard come il trattamento dell’acne per via topica od orale.

Nello studio NEOSPHERE si è manifestata eruzione cutanea nel 40,2% dei pazienti trattati nel setting neoadiuvante con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel rispetto al 29,0% dei pazienti trattati con trastuzumab e docetaxel. Nello studio TRYPHAENA si è manifestata eruzione cutanea nel 36,8% dei pazienti trattati nel setting neoadiuvante con pertuzumab + TCH e nel 20,0% dei pazienti trattati nel setting neoadiuvante con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel dopo FEC. L’incidenza di eruzione cutanea è stata più alta nei pazienti a cui sono stati somministrati sei cicli di pertuzumab rispetto ai pazienti a cui sono stati somministrati tre cicli di pertuzumab, indipendentemente dalla chemioterapia.

Nello studio APHINITY la reazione avversa di eruzione cutanea si è manifestata nel 25,8% dei pazienti nel braccio trattato con pertuzumab rispetto al 20,3% dei pazienti nel braccio trattato con placebo. La maggior parte degli eventi di eruzione cutanea era di grado 1 o 2.

Anomalie di laboratorio

Phesgo in associazione a chemioterapia

Nello studio registrativo FEDERICA l’incidenza di neutropenia di grado 3-4 secondo gli NCI-CTCAE v.4 era equilibrata tra i due gruppi di trattamento (14,5% dei pazienti trattati con Phesgo e 13,9% dei pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa).

Pertuzumab per via endovenosa in associazione a trastuzumab e chemioterapia

Nello studio registrativo CLEOPATRA nel carcinoma mammario metastatico, l’incidenza di neutropenia di grado 3-4 secondo gli NCI-CTCAE v.3 era equilibrata tra i due gruppi di trattamento (86,3% dei pazienti trattati con pertuzumab e 86,6% dei pazienti trattati con placebo, incluso rispettivamente il 60,7% e il 64,8% di neutropenia di grado 4).

Nello studio NEOSPHERE l’incidenza di neutropenia di grado 3-4 secondo gli NCI-CTCAE v.3 è stata del 74,5% in pazienti trattati nel setting neoadiuvante con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel rispetto all’84,5% in pazienti trattati con trastuzumab e docetaxel, incluso rispettivamente il 50,9% e il 60,2% di neutropenia di grado 4. Nello studio TRYPHAENA l’incidenza di neutropenia di grado 3-4 secondo gli NCI-CTCAE v.3 è stata dell’85,3% in pazienti trattati nel setting neoadiuvante con pertuzumab + TCH e del 77,0% in pazienti trattati nel setting neoadiuvante con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel dopo FEC, incluso rispettivamente il 66,7% e il 59,5% di neutropenia di grado 4.

Nello studio APHINITY l’incidenza di neutropenia di grado 3-4 secondo gli NCI-CTCAE v.4 è stata del 40,6% in pazienti trattati con pertuzumab, trastuzumab e chemioterapia rispetto al 39,1% in pazienti trattati con placebo, trastuzumab e chemioterapia, incluso rispettivamente il 28,3% e il 26,5% di neutropenia di grado 4.

Immunogenicità

Come per tutte le proteine terapeutiche, nei pazienti trattati con Phesgo esiste la possibilità di una risposta immunitaria a pertuzumab e trastuzumab.

Nello studio FEDERICA l’incidenza di anticorpi anti-pertuzumab e anti-trastuzumab sviluppati a seguito del trattamento si è attestata rispettivamente al 6,1% (15/245) e allo 0,4% (1/245) nei pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa. Tra i pazienti risultati positivi agli anticorpi anti-pertuzumab, sono stati riscontrati anticorpi neutralizzanti anti-pertuzumab in due pazienti.

L’incidenza di anticorpi anti-pertuzumab e anti-trastuzumab rilevata a qualsiasi timepoint (compreso il basale) si è attestata rispettivamente al 10,3% (26/252) e all’1,2% (3/252) nei pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa. Tra questi pazienti, sono stati riscontrati anticorpi neutralizzanti anti-pertuzumab in tre pazienti.

L’incidenza di anticorpi anti-pertuzumab, anti-trastuzumab e anti-ialuronidasi umana ricombinante sviluppati dal trattamento si è attestata rispettivamente all’8,3% (20/241), all’1,7% (4/241) e al 3,8% (9/238) nei pazienti trattati con Phesgo. Tra questi pazienti, sono stati riscontrati anticorpi neutralizzanti anti-pertuzumab in due pazienti, e sono stati riscontrati anticorpi neutralizzanti anti-trastuzumab in un paziente.

L’incidenza di anticorpi anti-pertuzumab, anti-trastuzumab e anti-ialuronidasi umana ricombinante rilevata a qualsiasi timepoint (compreso il basale) si è attestata rispettivamente al 12,1% (30/248), al 3,2% (8/248) e al 9% (22/245) nei pazienti trattati con Phesgo. Tra questi pazienti sono stati riscontrati anticorpi neutralizzanti anti-pertuzumab in tre pazienti, sono stati riscontrati anticorpi neutralizzanti anti-trastuzumab in un paziente e sono stati riscontrati anticorpi anti-ialuronidasi umana ricombinante in un paziente.

La rilevanza clinica dello sviluppo di anticorpi anti-pertuzumab, anti-trastuzumab o anti-ialuronidasi umana ricombinante dopo il trattamento con Phesgo non è nota.

Passaggio dal trattamento con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa a Phesgo (o viceversa) Lo studio MO40628 ha esaminato la sicurezza del passaggio da pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa a Phesgo per via sottocutanea (Braccio A) e viceversa (Braccio B) con l’obiettivo primario di valutare la preferenza del paziente per Phesgo (vedere paragrafo 5.1 per i dettagli sul disegno dello studio).

Tra i pazienti del Braccio A, l’incidenza di effetti indesiderati durante i Cicli 1-3 (trattamento endovenoso) si è attestata al 77,5% (62/80 pazienti), contro il 72,5% (58/80 pazienti) durante i Cicli 4- 6 (trattamento sottocutaneo).

Tra i pazienti del Braccio B l’incidenza di AE durante i Cicli 1-3 (trattamento sottocutaneo) si è attestata al 77,5% (62/80 pazienti), contro il 63,8% (51/80 pazienti) durante i Cicli 4-6 (trattamento endovenoso), principalmente a causa della maggiore incidenza di reazioni locali nel sito di iniezione (tutte di grado 1 o 2) durante la somministrazione di Phesgo. La percentuale di effetti indesiderati gravi pre-switch (Cicli 1-3), di reazioni avverse di grado 3 e di interruzioni di trattamento dovute a eventi avversi è stata bassa (<6%) e simile alla percentuale post-switch (Cicli 4-6).

Nessun evento avverso di grado 4 o 5 è stato osservato.

Pazienti anziani

Nel complesso, nello studio FEDERICA non sono state osservate differenze nella sicurezza tra i pazienti di età ≥ 65 anni e i pazienti di età < 65 anni.

Tuttavia, negli studi clinici registrativi su pertuzumab condotti con pertuzumab per via endovenosa in associazione con trastuzumab, appetito ridotto, anemia, peso diminuito, astenia, disgeusia, neuropatia periferica, ipomagnesemia e diarrea si sono manifestati con un’incidenza ≥ 5% più elevata nei pazienti di età ≥ 65 anni (n= 418) rispetto a quanto riscontrato nei pazienti di età < 65 anni (n= 2926).

Sono disponibili dati limitati tratti dagli studi clinici nei pazienti di età > 75 anni trattati con Phesgo o con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa. I dati post-marketing non mostrano differenze nella sicurezza di pertuzumab in associazione con trastuzumab tra i pazienti di età ≥ 65 anni e i pazienti di età < 65 anni.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell’allegato V

.

 

04.9 Sovradosaggio

Indice

La dose massima testata di Phesgo è pari a 1200 mg pertuzumab/600 mg trastuzumab. In caso di sovradosaggio, i pazienti devono essere monitorati attentamente per individuare segni o sintomi di reazioni avverse e deve essere iniziato un trattamento sintomatico appropriato.

 

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

Indice

Categoria farmacoterapeutica: medicinali antineoplastici, anticorpi monoclonali, codice ATC: L01XY02 Meccanismo d’azione

Phesgo contiene pertuzumab e trastuzumab, che determinano l’effetto terapeutico di questo medicinale, e ialuronidasi umana ricombinante, un enzima utilizzato per aumentare la dispersione e l’assorbimento dei farmaci somministrati in concomitanza per via sottocutanea.

Pertuzumab e trastuzumab sono anticorpi monoclonali IgG1 umanizzati ricombinanti diretti contro il recettore 2 del fattore di crescita epiteliale umano (HER2). Entrambe le sostanze si legano a sottodomini distinti di HER2 senza competere e possiedono meccanismi complementari per inibire la segnalazione di HER2: pertuzumab agisce selettivamente sul dominio di dimerizzazione extracellulare (sottodominio II) di HER2 e quindi blocca la eterodimerizzazione ligando-dipendente di HER2 con altri membri della famiglia HER, compresi il recettore per il fattore di crescita dell’epidermide (EGFR), HER3 e HER4. Di conseguenza, pertuzumab inibisce la segnalazione intracellulare avviata dal ligando attraverso due principali vie di segnalazione: protein-chinasi attivata da mitogeni (MAP chinasi) e fosfoinositide 3-chinasi (PI3K). L’inibizione di queste vie di segnalazione può determinare rispettivamente l’arresto della crescita cellulare e l’apoptosi; trastuzumab si lega al sottodominio IV del dominio extracellulare della proteina HER2 per inibire la proliferazione ligando-indipendente mediata da HER2 e i segnali di sopravvivenza nelle cellule tumorali umane con iperespressione di HER2.

Entrambe le sostanze mediano inoltre la citotossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente (ADCC). In vitro le ADCC mediate da pertuzumab e trastuzumab sono esercitate in maniera preferenziale sulle cellule tumorali con iperespressione di HER2 rispetto alle cellule tumorali che non iperesprimono HER2.

Efficacia e sicurezza clinica

Il presente paragrafo illustra l’esperienza clinica relativa a Phesgo, associazione a dose fissa (FDC) di pertuzumab e trastuzumab, e a pertuzumab e.v. in associazione a trastuzumab in pazienti affette da carcinoma mammario metastatico e allo stadio iniziale con iperespressione di HER2.

Esperienza clinica relativa a Phesgo in pazienti affette da carcinoma mammario HER2 positivo allo stadio iniziale L’esperienza clinica relativa a Phesgo si basa sui dati emersi da uno studio di fase III (FEDERICA WO40324) e da uno studio di fase II (PHRANCESCA MO40628) in pazienti affette da carcinoma mammario allo stadio iniziale con iperespressione di HER2. Nell’ambito delle sperimentazioni cliniche riportate di seguito, l’iperespressione di HER2 è stata determinata a cura di un laboratorio centrale e definita da un punteggio all’immunoistochimica (IHC) di 3+ o un rapporto di amplificazione ≥ 2,0 all’ibridazione in situ (ISH).

FEDERICA (WO40324)

Lo studio clinico FEDERICA, randomizzato, in aperto e multicentrico, è stato condotto su 500 pazienti affette da carcinoma mammario HER2 positivo, allo stadio iniziale, operabile o localmente avanzato (incluso infiammatorio) con dimensione tumorale > 2 cm o linfonodo-positivo nel setting neoadiuvante e adiuvante. Le pazienti sono state randomizzate a ricevere 8 cicli di chemioterapia neoadiuvante con somministrazione concomitante di 4 cicli di Phesgo o pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa durante i cicli 5-8. Per le singole pazienti è stato scelto dagli sperimentatori uno dei due seguenti regimi chemioterapici neoadiuvanti: 4 cicli di doxorubicina (60 mg/m2) e ciclofosfamide (600 mg/m2) ogni 2 settimane seguiti da paclitaxel (80 mg/m2) settimanale per 12 settimane; 4 cicli di doxorubicina (60 mg/m2) e ciclofosfamide (600 mg/m2) ogni 3 settimane seguiti da 4 cicli di docetaxel (75 mg/m2 per il primo ciclo e 100 mg/m2 nei cicli successivi a discrezione dello sperimentatore) ogni 3 settimane.

Dopo l’intervento chirurgico le pazienti hanno proseguito la terapia con Phesgo o con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa nelle stesse modalità adottate prima della chirurgia per ulteriori 14 cicli, al fine di completare 18 cicli di terapia a bersaglio molecolare anti-HER2. Le pazienti hanno inoltre ricevuto radioterapia adiuvante ed endocrinoterapia in base alla pratica clinica locale. Nella fase adiuvante la sostituzione di trastuzumab e.v. con la sua formulazione sottocutanea era consentita a discrezione dello sperimentatore. La terapia a bersaglio molecolare anti-HER2 è stata somministrata ogni 3 settimane, come riportato nella Tabella 3.

Tabella 3 Posologia e somministrazione di Phesgo, pertuzumab e.v., trastuzumab e.v. e trastuzumab s.c.

Medicinali Somministrazione Dose
Di carico Di mantenimento
Phesgo Iniezione sottocutanea 1200 mg/600 mg 600 mg/600 mg
Pertuzumab Infusione endovenosa 840 mg 420 mg
Trastuzumab Infusione endovenosa 8 mg/kg 6 mg/kg
Trastuzumab Iniezione sottocutanea 600 mg

Il disegno dello studio FEDERICA prevedeva di dimostrare la non inferiorità della concentrazione minima (Cthrough) sierica al Ciclo 7 (ossia Ciclo 8 pre-dose) di pertuzumab in Phesgo rispetto a pertuzumab endovena (endpoint primario). Ulteriori endpoint secondari comprendevano la non inferiorità della Cthrough sierica al Ciclo 7 di trastuzumab in Phesgo rispetto a trastuzumab endovena, l’efficacia (in base al tasso di risposta patologica completa totale [tpCR] valutato a livello locale) e gli outcome di sicurezza. I dati demografici erano ben equilibrati tra i due bracci di trattamento e l’età mediana delle pazienti trattate nello studio era di 51 anni. Nella maggior parte dei casi le pazienti presentavano malattia positiva ai recettori ormonali (61,2%), malattia linfonodo-positiva (57,6%) ed erano di razza caucasica (65,8%).

Per la non inferiorità delle esposizioni di pertuzumab e trastuzumab nella FDC Phesgo, vedere paragrafo 5.2. Per il profilo di sicurezza, vedere paragrafo 4.8.

L’analisi dell’endpoint secondario di efficacia, tpCR (valutato a livello locale), definito come assenza di malattia invasiva a livello mammario e ascellare (ypT0/is, ypN0), è presentata nella Tabella 4.

Tabella 4 Sintesi della risposta patologica completa totale (tpCR)

Phesgo (n= 248) Pertuzumab + trastuzumab per via endovenosa
(n= 252)
tpCR (ypT0/is, ypN0) 148 (59,7%) 150 (59,5%)
IC esatto al 95% per tasso di tpCR1 (53,28; 65,84) (53,18; 65,64)
Differenza del tasso di tpCR (braccio sottocutaneo meno
braccio endovenoso)
0,15
IC al 95% per la differenza del tasso di tpCR2 Da -8,67 a 8,97

1 Intervallo di confidenza per un campione binomiale secondo il metodo di Pearson-Clopper.

2 Per il calcolo è stata utilizzata la correzione di continuità di Hauck-Anderson.

PHRANCESCA (MO40628)

Lo studio MO40628 ha esaminato la sicurezza del passaggio da pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa a Phesgo per via sottocutanea e viceversa (vedere sezione 4.8) con l’obiettivo primario di valutare la preferenza per la via di somministrazione endovenosa o sottocutanea (l’85% dei pazienti ha preferito la via sottocutanea, mentre il 13,8 % ha preferito la via endovenosa, e l’1,2 % non ha espresso preferenza). Un totale di 160 pazienti è stato incluso in questo studio con un disegno a 2 bracci crossover: 80 pazienti sono stati randomizzati al Braccio A (3 cicli di pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa seguiti da 3 cicli di Phesgo) e 80 pazienti sono stati randomizzati al Braccio B (3 cicli di Phesgo seguiti da 3 cicli di pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa). All’analisi primaria, l’esposizione mediana a pertuzumab e trastuzumab in adiuvante (sia per via endovensa che per via sottocutanea) è stata di 11 cicli (range: da 6 a 15).

Esperienza clinica di pertuzumab e.v. in associazione con trastuzumab nel carcinoma mammario HER2 positivo L’esperienza clinica relativa a pertuzumab e.v. in associazione con trastuzumab si basa sui dati emersi da due studi randomizzati di fase II nel setting neoadiuvante sul carcinoma mammario allo stadio iniziale (uno controllato), da uno studio non randomizzato di fase II nel setting neoadiuvante, da uno studio randomizzato di fase III nel setting adiuvante, da uno studio randomizzato di fase III e da uno studio a braccio singolo di fase II sul carcinoma mammario metastatico. Nell’ambito delle sperimentazioni cliniche riportate di seguito, l’iperespressione di HER2 è stata determinata a cura di un laboratorio centrale e definita da un punteggio all’immunoistochimica (IHC) di 3+ o un rapporto di amplificazione ≥ 2,0 all’ibridazione in situ (ISH). Carcinoma mammario in fase iniziale

Trattamento neoadiuvante

Nel setting neoadiuvante il carcinoma mammario localmente avanzato e infiammatorio è considerato ad alto rischio indipendentemente dallo stato dei recettori ormonali. Nel carcinoma mammario allo stadio iniziale, le dimensioni del tumore, il grado, lo stato dei recettori ormonali e le metastasi linfonodali devono essere presi in considerazione nella valutazione del rischio.

L’indicazione al trattamento neoadiuvante per il carcinoma mammario si basa sul miglioramento dimostrato del tasso di risposta patologica completa e sul trend positivo in termini di sopravvivenza libera da malattia (DFS), benché non sia stato ancora stabilito o misurato con precisione il beneficio in termini di outcome a lungo termine, come ad esempio sopravvivenza globale (OS) o DFS.

NEOSPHERE (WO20697)

Lo studio NEOSPHERE di fase II, multicentrico, internazionale, randomizzato e controllato su pertuzumab è stato condotto su 417 pazienti adulte affette da carcinoma mammario HER2 positivo di nuova diagnosi, allo stadio iniziale, infiammatorio o localmente avanzato (T2-4d; tumore primario > 2 cm di diametro), non trattate in precedenza con trastuzumab, chemioterapia o radioterapia. Non sono state incluse pazienti con metastasi, carcinoma mammario bilaterale, fattori di rischio cardiaco clinicamente importanti (vedere paragrafo 4.4) o LVEF < 55%. La maggior parte delle pazienti era di età inferiore ai 65 anni.

Le pazienti sono state randomizzate a ricevere, prima dell’intervento chirurgico, uno dei seguenti regimi neoadiuvanti per 4 cicli: trastuzumab + docetaxel

pertuzumab + trastuzumab e docetaxel

pertuzumab + trastuzumab

pertuzumab + docetaxel.

La randomizzazione è stata stratificata in funzione della tipologia di carcinoma mammario (operabile, localmente avanzato o infiammatorio) e della positività per i recettori ormonali per gli estrogeni (ER) o per il progesterone (PgR).

Pertuzumab è stato somministrato per via endovenosa a una dose iniziale di 840 mg, seguita da 420 mg ogni 3 settimane. Trastuzumab è stato somministrato per via endovenosa a una dose iniziale di 8 mg/kg, seguita da 6 mg/kg ogni 3 settimane. Docetaxel è stato somministrato per via endovenosa a una dose iniziale di 75 mg/m2, seguita da 75 o 100 mg/m2 (se tollerati) ogni 3 settimane. Dopo l’intervento chirurgico tutte le pazienti hanno ricevuto 3 cicli di 5-fluorouracile (600 mg/m2), epirubicina (90 mg/m2) e ciclofosfamide (600 mg/m2) (FEC) somministrati per via endovenosa ogni 3 settimane e trastuzumab somministrato per via endovenosa ogni 3 settimane al fine di completare un anno di terapia. Alle pazienti che hanno ricevuto prima dell’intervento chirurgico esclusivamente pertuzumab + trastuzumab sono stati somministrati dopo l’intervento sia FEC sia docetaxel.

L’endpoint primario dello studio era il tasso di risposta patologica completa (pCR) a livello mammario (ypT0/is). Gli endpoint secondari di efficacia erano il tasso di risposta clinica, il tasso di chirurgia conservativa della mammella (solo tumori T2-3), la sopravvivenza libera da malattia (DFS) e la sopravvivenza libera da progressione (PFS). Altri tassi esplorativi di pCR comprendevano lo stato dei linfonodi (ypT0/isN0 e ypT0N0).

I dati demografici erano ben equilibrati (l’età mediana era pari a 49-50 anni, la maggior parte dei soggetti era caucasica [71%] e tutti erano di sesso femminile). Complessivamente il 7% delle pazienti era affetto da carcinoma mammario infiammatorio, il 32% da carcinoma mammario localmente avanzato e il 61% da carcinoma mammario operabile. Circa la metà delle pazienti in ciascun gruppo di trattamento aveva malattia positiva ai recettori ormonali (ER positiva e/o PgR positiva).

I risultati di efficacia sono presentati nella Tabella 5. Nelle pazienti trattate con pertuzumab + trastuzumab e docetaxel è stato osservato un miglioramento statisticamente significativo dei tassi di pCR (ypT0/is) rispetto alle pazienti a cui sono stati somministrati trastuzumab e docetaxel (45,8% versus 29,0%, valore di p = 0,0141). Indipendentemente dalla definizione di pCR adottata, sono stati evidenziati risultati coerenti. La differenza nel tasso di pCR verosimilmente si tradurrà in una differenza clinicamente significativa dei risultati a lungo termine ed è supportata dall’andamento positivo di PFS (hazard ratio [HR]= 0,69; IC al 95% 0,34; 1,40) e DFS (hazard ratio [HR]= 0,60, IC al 95% 0,28; 1,27).

I tassi di pCR e l’entità del beneficio ottenuto con pertuzumab (pertuzumab più trastuzumab e docetaxel rispetto a pazienti trattate con trastuzumab e docetaxel) sono risultati inferiori nel sottogruppo di pazienti con tumore mammario positivo ai recettori ormonali (differenza del 6% di pCR a livello mammario) rispetto alle pazienti con tumori negativi ai recettori ormonali (differenza del 26,4% di pCR a livello mammario).

I tassi di pCR sono risultati simili nelle pazienti operabili rispetto a quelle con malattia localmente avanzata. Dato l’esiguo numero delle pazienti con carcinoma mammario infiammatorio, non è possibile trarre conclusioni definitive; tuttavia il tasso di pCR è stato maggiore nelle pazienti che hanno ricevuto pertuzumab più trastuzumab e docetaxel.

TRYPHAENA (BO22280)

TRYPHAENA è uno studio clinico di fase II, multicentrico e randomizzato condotto su 225 pazienti adulte affette da carcinoma mammario HER2 positivo, localmente avanzato, operabile o infiammatorio (T2-4d; tumore primario > 2 cm di diametro) non trattate in precedenza con trastuzumab, chemioterapia o radioterapia. Non sono state incluse pazienti con metastasi, carcinoma mammario bilaterale, fattori di rischio cardiaci clinicamente importanti (vedere paragrafo 4.4) o LVEF < 55%. La maggior parte delle pazienti era di età inferiore a 65 anni. Le pazienti sono state randomizzate a ricevere, prima dell’intervento chirurgico, uno dei 3 regimi neoadiuvanti indicati di seguito: 3 cicli di FEC seguiti da 3 cicli di docetaxel, tutti somministrati in concomitanza con pertuzumab e trastuzumab 3 cicli di FEC in monoterapia seguiti da 3 cicli di docetaxel, con somministrazione concomitante di trastuzumab e pertuzumab 6 cicli di TCH in associazione con pertuzumab.

La randomizzazione è stata stratificata in funzione della tipologia di carcinoma mammario (operabile, localmente avanzato o infiammatorio) e della positività per i recettori ormonali ER e/o PgR.

Pertuzumab è stato somministrato per via endovenosa a una dose iniziale di 840 mg, seguita da 420 mg ogni 3 settimane. Trastuzumab è stato somministrato per via endovenosa a una dose iniziale di 8 mg/kg, seguita da 6 mg/kg ogni 3 settimane. Il trattamento FEC (5-fluorouracile [500 mg/m2], epirubicina [100 mg/m2], ciclofosfamide [600 mg/m2]) è stato somministrato per via endovenosa ogni 3 settimane per 3 cicli. Docetaxel è stato somministrato a una dose iniziale di 75 mg/m2 mediante infusione endovenosa ogni 3 settimane con la possibilità di aumentare progressivamente la dose a 100 mg/m2 a discrezione dello sperimentatore, nel caso in cui la dose iniziale fosse ben tollerata. Tuttavia, nel gruppo trattato con pertuzumab in associazione con TCH, docetaxel è stato somministrato per via endovenosa a 75 mg/m2 (aumento progressivo della dose non consentito) e carboplatino (AUC 6) per via endovenosa ogni 3 settimane. Dopo l’intervento chirurgico tutte le pazienti sono state trattate con trastuzumab al fine di completare un anno di terapia.

L’endpoint primario dello studio era la sicurezza cardiaca durante il periodo di trattamento neoadiuvante della sperimentazione. Gli endpoint secondari di efficacia erano il tasso di pCR a livello mammario (ypT0/is), la DFS, la PFS e la sopravvivenza globale (OS).

I dati demografici erano ben equilibrati tra i bracci (l’età mediana era pari a 49-50 anni, la maggior parte dei soggetti era caucasica [77%] e tutti erano di sesso femminile). Complessivamente il 6% delle pazienti era affetto da carcinoma mammario infiammatorio, il 25% da carcinoma mammario localmente avanzato e il 69% da carcinoma mammario operabile. Circa la metà delle pazienti in ciascun gruppo di trattamento presentava malattia ER positiva e/o PgR positiva.

Rispetto ai dati pubblicati per regimi di terapia simili senza pertuzumab, in tutti e 3 i bracci di trattamento sono stati osservati elevati tassi di pCR (vedere Tabella 5). Indipendentemente dalla definizione di pCR adottata, i risultati si sono dimostrati coerenti. I tassi di pCR sono risultati inferiori nel sottogruppo di pazienti con tumori positivi ai recettori ormonali (range: da 46,2% a 50,0%) rispetto alle pazienti con tumori negativi ai recettori ormonali (range: da 65,0% a 83,8%).

I tassi di pCR sono risultati simili nelle pazienti operabili rispetto a quelle con malattia localmente avanzata. Dato l’esiguo numero di pazienti con carcinoma mammario infiammatorio non è possibile trarre conclusioni definitive.

Tabella 5 Studio NEOSPHERE (WO20697) e TRYPHAENA (BO22280): panoramica dell’efficacia (popolazione intent to treat)

NEOSPHERE (WO20697) TRYPHAENA (BO22280)
Parametr o Trastuzum ab + docetaxel
N= 107
Pertuzumab
+
trastuzuma b +
docetaxel N= 107
Pertuzumab
+
trastuzuma b
N= 107
Pertuzuma b + docetaxel
N= 96
Pertuzumab + trastuzumab+ FEC
Pertuzumab + trastuzumab+ docetaxel
N= 73
FEC
Pertuzumab
+
trastuzumab+ docetaxel
N= 75
Pertuzumab
+ TCH N= 77
Tasso di pCR a livello mammario
(ypT0/is)
31 (29,0%)
[20,6; 38,5]
49 (45,8%)
[36,1; 55,7]
18 (16,8%)
[10,3; 25,3]
23 (24,0%)
[15,8; 33,7]
45 (61,6%)
[49,5; 72,8]
43 (57,3%)
[45,4; 68,7]
51 (66,2%)
[54,6; 76,6]
n. (%)
[IC al
95%]1
Differenza nei tassi di pCR2
[IC al
+16,8%
[3,5; 30,1]
-12,2%
[-23,8; -0,5]
-21,8%
[-35,1; -8,5]
NA NA NA
95%]3
Valore di p (con corr. di Simes
del test CMH)4
0,0141
(versus trastuzumab
+ docetaxel)
0,0198
(versus trastuzumab
+ docetaxel)
0,0030
(versus pertuzumab + trastuzumab
+ docetaxel)
NA NA NA
Tasso di pCR a livello mammario e linfonodale (ypT0/is N0)
n. (%)
23 (21,5%)
[14,1; 30,5]
42 (39,3%)
[30,3; 49,2]
12 (11,2%)
[5,9; 18,8]
17 (17,7%)
[10,7; 26,8]
41 (56,2%)
[44,1; 67,8]
41 (54,7%)
[42,7; 66,2]
49 (63,6%)
[51,9; 74,3]
[IC al
95%]
NEOSPHERE (WO20697) TRYPHAENA (BO22280)
Parametr o Trastuzum ab + docetaxel
N= 107
Pertuzumab
+
trastuzuma b +
docetaxel N= 107
Pertuzumab
+
trastuzuma b
N= 107
Pertuzuma b + docetaxel
N= 96
Pertuzumab + trastuzumab+ FEC
Pertuzumab + trastuzumab+ docetaxel
N= 73
FEC
Pertuzumab
+
trastuzumab+ docetaxel
N= 75
Pertuzumab
+ TCH N= 77
ypT0 N0
n. (%) 13 (12,1%) 35 (32,7%) 6 (5,6%) 13 (13,2%) 37 (50,7%) 34 (45,3%) 40 (51,9%)
[IC al
95%]
[6,6; 19,9] [24,0; 42,5] [2,1; 11,8] [7,4; 22,0] [38,7; 62,6] [33,8; 57,3] [40,3; 63,5]
Risposta clinica5 79 (79,8%) 89 (88,1%) 69 (67,6%) 65 (71,4%) 67 (91,8%) 71 (94,7%) 69 (89,6%)

FEC: 5-fluorouracile, epirubicina, ciclofosfamide; TCH: docetaxel, carboplatino e trastuzumab; CMH: Cochran– Mantel–Haenszel.

IC al 95% per un campione binomiale secondo il metodo di Pearson-Clopper.

I trattamenti pertuzumab + trastuzumab + docetaxel e pertuzumab + trastuzumab sono confrontati a trastuzumab + docetaxel, mentre pertuzumab + docetaxel è confrontato a pertuzumab + trastuzumab + docetaxel.

IC al 95% approssimato per la differenza di due tassi di risposta utilizzando il metodo di Hauck-Anderson.

Valore di p ottenuto dal test di Cochran-Mantel-Haenszel, con aggiustamento di Simes per la molteplicità.

La risposta clinica rappresenta le pazienti con CR o PR come miglior risposta globale durante il periodo neoadiuvante (per la lesione mammaria primaria).

BERENICE (WO29217)

Lo studio BERENICE di fase II, non randomizzato, in aperto, multicentrico e internazionale, è stato condotto su 401 pazienti affetti da carcinoma mammario HER2 positivo localmente avanzato, infiammatorio o allo stadio iniziale (con tumori primari di diametro  2 cm o linfonodi positivi).

Lo studio BERENICE comprendeva due gruppi paralleli di pazienti. I soggetti ritenuti idonei al trattamento neoadiuvante con trastuzumab + chemioterapia a base di antracicline/taxani sono stati assegnati al trattamento con uno dei due regimi specificati di seguito prima della chirurgia: coorte A – 4 cicli con regime dose dense di doxorubicina e ciclofosfamide ogni due settimane seguiti da 4 cicli di pertuzumab in associazione a trastuzumab e paclitaxel; coorte B – 4 cicli di FEC seguiti da 4 cicli di pertuzumab in associazione con trastuzumab e docetaxel.

Dopo la chirurgia, tutti i pazienti sono stati trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa ogni 3 settimane fino al completamento di 1 anno di terapia.

L’endpoint primario dello studio BERENICE era la sicurezza cardiaca durante la fase di trattamento neoadiuvante della sperimentazione. L’endpoint primario di sicurezza cardiaca, ossia l’incidenza di LVD di classe III/IV secondo NYHA e le diminuzioni della LVEF, è risultato coerente con i dati riscontrati precedentemente nel setting neoadiuvante (vedere paragrafi 4.4 e 4.8).

Trattamento adiuvante

Nel setting adiuvante, sulla base dei dati dello studio APHINITY, i pazienti con carcinoma mammario HER2 positivo allo stadio iniziale ad alto rischio di recidiva sono definiti come quelli con malattia caratterizzata da coinvolgimento dei linfonodi (linfonodo-positiva) oppure negativa per l’espressione dei recettori ormonali (ormono-negativa).

APHINITY (BO25126)

Lo studio APHINITY di fase III, controllato con placebo, in doppio cieco, randomizzato e multicentrico, è stato condotto su 4.804 pazienti con carcinoma mammario HER2 positivo allo stadio iniziale, sottoposti a rimozione del tumore primitivo prima della randomizzazione. I pazienti sono stati successivamente randomizzati a ricevere pertuzumab o placebo, in associazione con trastuzumab e chemioterapia adiuvante. Per i singoli pazienti è stato scelto dagli sperimentatori uno dei seguenti regimi chemioterapici a base di antracicline o non a base di antracicline: 3 o 4 cicli di FEC o 5-fluorouracile, doxorubicina e ciclofosfamide (FAC), seguiti da 3 o 4 cicli di docetaxel o 12 cicli di paclitaxel settimanale; 4 cicli di AC o epirubicina e ciclofosfamide (EC), seguiti da 3 o 4 cicli di docetaxel o 12 cicli di paclitaxel settimanale; 6 cicli di docetaxel in associazione con carboplatino.

Pertuzumab e trastuzumab sono stati somministrati per via endovenosa (vedere paragrafo 4.2) ogni 3 settimane a partire dal Giorno 1 del primo ciclo contenente un taxano, per 52 settimane complessive (massimo 18 cicli) o fino a recidiva della malattia, ritiro del consenso o sviluppo di tossicità non gestibile. Sono state somministrate dosi standard di 5-fluorouracile, epirubicina, doxorubicina, ciclofosfamide, docetaxel, paclitaxel e carboplatino. Dopo il completamento della chemioterapia, i pazienti sono stati trattati con radioterapia e/o terapia ormonale in base al protocollo clinico locale.

L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da malattia invasiva (IDFS), definita come il tempo intercorso tra la randomizzazione e la prima insorgenza di recidiva ipsilaterale, locale o regionale di carcinoma mammario invasivo, recidiva a distanza, carcinoma mammario controlaterale invasivo o decesso per qualsiasi causa. Gli endpoint secondari di efficacia erano la IDFS, compreso secondo tumore primitivo non mammario, la OS, la DFS, l’intervallo libero da recidiva (RFI) e l’intervallo libero da recidiva a distanza (DRFI).

I dati demografici erano ben equilibrati tra i due bracci di trattamento. L’età mediana era pari a 51 anni e oltre il 99% dei pazienti era di sesso femminile. La maggioranza dei pazienti era caucasica (71%) e presentava malattia linfonodo-positiva (63%) e/o positiva per i recettori ormonali (64%).

Dopo un follow-up mediano di 45,4 mesi lo studio APHINITY ha messo in evidenza una riduzione del 19% (HR= 0,81; IC al 95% 0,66; 1,00, valore di p 0,0446) del rischio di recidiva o decesso nei pazienti randomizzati al trattamento con pertuzumab rispetto ai pazienti randomizzati al trattamento con placebo.

I risultati di efficacia emersi dallo studio APHINITY sono riassunti nella Tabella 6 e nella Figura 1.

Tabella 6 Efficacia complessiva: popolazione intent to treat

Pertuzumab + trastuzumab + chemioterapia
N= 2.400
Placebo + trastuzumab + chemioterapia
N= 2.404
Endpoint primario
Sopravvivenza libera da malattia invasiva (IDFS)
Numero (%) di pazienti con evento 171 (7,1%) 210 (8,7%)
HR [IC al 95%] 0,81 [0,66; 1,00]
Valore di p (test log-rank, stratificato1) 0,0446
Tasso di pazienti liberi da eventi a 3 anni2 [IC al
95%] 94,1 [93,1; 95,0] 93,2 [92,2; 94,3]
Endpoint secondari1
IDFS compreso secondo tumore primitivo non
mammario
Numero (%) di pazienti con evento 189 (7,9%) 230 (9,6%)
HR [IC al 95%] 0,82 [0,68; 0,99]
Valore di p (test log-rank, stratificato1) 0,0430
Tasso di pazienti liberi da eventi a 3 anni2 [IC al
95%] 93,5 [92,5; 94,5] 92,5 [91,4; 93,6]
Sopravvivenza libera da malattia (DFS)
Numero (%) di pazienti con evento 192 (8,0%) 236 (9,8%)
HR [IC al 95%] 0,81 [0,67; 0,98]
Valore di p (test log-rank, stratificato1) 0,0327
Tasso di pazienti liberi da eventi a 3 anni2 [IC al
95%] 93,4 [92,4; 94,4] 92,3 [91,2; 93,4]
Sopravvivenza globale (OS)3
Numero (%) di pazienti con evento 80 (3,3%) 89 (3,7%)
HR [IC al 95%] 0,89 [0,66; 1,21]
Valore di p (test log-rank, stratificato1) 0,4673
Tasso di pazienti liberi da eventi a 3 anni2 [IC al
95%] 97,7 [97,0; 98,3] 97,7 [97,1; 98,3]

Legenda delle abbreviazioni (Tabella 6): HR: hazard ratio; IC: intervallo di confidenza.

Tutte le analisi sono state stratificate per stato linfonodale, versione del protocollo, stato dei recettori ormonali da valutazione centralizzata e regime chemioterapico adiuvante.

Il tasso di pazienti liberi da eventi a 3 anni è stato ricavato da stime di Kaplan-Meier.

Dati emersi dalla prima analisi ad interim.

Figura 1 Curva di Kaplan-Meier della sopravvivenza libera da malattia invasiva

<.. image removed ..> IC = intervallo di confidenza; IDFS = sopravvivenza libera da malattia invasiva; Pla = placebo; Ptz = pertuzumab; T = trastuzumab.

La stima della IDFS a 4 anni si è attestata al 92,3% nel gruppo trattato con pertuzumab rispetto al 90,6% nel gruppo trattato con placebo. Al momento della stima il follow-up mediano era pari a 45,4 mesi.

Risultati relativi all’analisi per sottogruppo

Al momento dell’analisi primaria i benefici ottenuti con pertuzumab sono apparsi più evidenti per i pazienti appartenenti a specifici gruppi ad alto rischio di recidiva: soggetti con malattia linfonodo- positiva oppure soggetti con malattia negativa per i recettori ormonali (vedere Tabella 7).

Tabella 7 Risultati di efficacia nei sottogruppi per stato linfonodale e stato dei recettori ormonali1

Popolazione Numero di eventi IDFS /Totale N (%) HR non stratificato (IC al 95%)
Pertuzumab + trastuzumab + chemioterapia Placebo + trastuzumab + chemioterapia
Stato linfonodale
Positivo 139/1503 181/1502 0,77
(9,2%) (12,1%) (0,62; 0,96)
Negativo 32/897 29/902 1.13
(3,6%) (3,2%) (0,68; 1,86)
Stato dei recettori ormonali
Negativo 71/864 91/858 0,76
(8,2%) (10,6%) (0,56; 1,04)
Positivo 100/1536 119/1546 0,86
(6,5%) (7,7%) (0,66; 1,13)

1 Analisi di sottogruppi prespecificati senza aggiustamenti per confronti multipli; i risultati sono quindi considerati descrittivi.

Nel sottogruppo con malattia linfonodo-positiva, per i pazienti trattati rispettivamente con pertuzumab e con placebo, i tassi di IDFS sono stati stimati nel 92,0% rispetto al 90,2% a 3 anni e nell’89,9% rispetto all’86,7% a 4 anni. Nel sottogruppo con malattia linfonodo-negativa, per i pazienti trattati rispettivamente con pertuzumab e con placebo, i tassi di IDFS sono stati stimati nel 97,5% rispetto al 98,4% a 3 anni e nel 96,2% rispetto al 96,7% a 4 anni. Nel sottogruppo con malattia negativa per i recettori ormonali, per i pazienti trattati rispettivamente con pertuzumab e con placebo, i tassi di IDFS sono stati stimati nel 92,8% rispetto al 91,2% a 3 anni e nel 91,0% rispetto all’88,7% a 4 anni. Nel sottogruppo con malattia positiva per i recettori ormonali, per i pazienti trattati rispettivamente con pertuzumab e con placebo, i tassi di IDFS sono stati stimati nel 94,8% rispetto al 94,4% a 3 anni e nel 93,0% rispetto al 91,6% a 4 anni.

Esiti riferiti dai pazienti (PRO)

Gli endpoint secondari comprendevano la valutazione dello stato di salute globale, della funzionalità fisica e dello svolgimento delle attività della vita quotidiana, e dei sintomi del trattamento riferiti dal paziente attraverso la compilazione dei questionari sulla qualità di vita QLQ-C30 e QLQ-BR23 elaborati dall’EORTC. Nelle analisi degli esiti riferiti dai pazienti una differenza di 10 punti è stata considerata clinicamente rilevante.

In entrambi i bracci di trattamento i punteggi ottenuti dai pazienti relativamente alla funzionalità fisica, allo stato di salute globale e ai sintomi di diarrea hanno mostrato una variazione clinicamente significativa durante la fase di chemioterapia. La riduzione media dal basale a quel momento per la funzionalità fisica è stata pari a -10,7 (IC al 95%: -11,4; -10,0) nel braccio trattato con pertuzumab e pari a -10,6 (IC al 95%: -11,4; -9,9) nel gruppo trattato con placebo, mentre per lo stato di salute globale è risultata pari a -11,2 (IC al 95%: -12,2; -10,2) nel braccio trattato con pertuzumab e a -10,2 (IC al 95%: -11,1; -9,2) nel braccio trattato con placebo. La variazione relativa ai sintomi di diarrea ha registrato un aumento a +22,3 (IC al 95%: 21,0; 23,6) nel braccio trattato con pertuzumab rispetto a +9,2 (IC al 95%: 8,2; 10,2) nel braccio trattato con placebo.

Dopo il termine della chemioterapia e durante il solo trattamento a bersaglio molecolare, in entrambi i bracci, i punteggi relativi alla funzionalità fisica e allo stato di salute globale sono tornati ai livelli basali. I sintomi di diarrea sono tornati al quadro basale dopo la terapia anti-HER2 nel braccio trattato con pertuzumab. Nel complesso l’aggiunta di pertuzumab a trastuzumab + chemioterapia non ha influito sullo svolgimento delle attività della vita quotidiana dei pazienti nel corso dello studio.

Carcinoma mammario metastatico

Pertuzumab in associazione con trastuzumab e docetaxel

Lo studio clinico CLEOPATRA (WO20698) di fase III, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, è stato condotto su 808 pazienti affetti da carcinoma mammario HER2 positivo non operabile metastatico o localmente recidivato. I pazienti con fattori di rischio cardiaco clinicamente rilevanti non sono stati inclusi (vedere paragrafo 4.4). A causa dell’esclusione dei pazienti con metastasi al cervello, non sono disponibili dati circa l’attività di pertuzumab sulle metastasi cerebrali. Sono disponibili dati molto limitati in pazienti con malattia non resecabile localmente recidivata. I pazienti sono stati randomizzati in rapporto 1:1 a ricevere placebo + trastuzumab + docetaxel o pertuzumab + trastuzumab + docetaxel.

Pertuzumab e trastuzumab sono stati somministrati a dosi standard ogni 3 settimane. I pazienti sono stati trattati con pertuzumab e trastuzumab fino a progressione di malattia, al ritiro del consenso o allo sviluppo di tossicità non gestibile. Docetaxel è stato somministrato a una dose iniziale di 75 mg/m2 in infusione endovenosa ogni 3 settimane per almeno 6 cicli. La dose di docetaxel poteva essere progressivamente aumentata fino a 100 mg/m2 a discrezione dello sperimentatore, se la dose iniziale era stata ben tollerata.

L’endpoint primario dello studio era la PFS valutata da un comitato di revisione indipendente e definita come il periodo di tempo trascorso dalla data di randomizzazione alla data della progressione di malattia o decesso (per qualsiasi causa) se verificatosi entro 18 settimane dall’ultima valutazione del tumore. Gli endpoint secondari di efficacia erano la OS, la PFS (valutata dallo sperimentatore), il tasso di risposta obiettiva (ORR), la durata della risposta e il tempo alla progressione dei sintomi secondo il questionario FACT-B sulla qualità della vita.

Circa la metà dei pazienti di ciascun gruppo di trattamento presentava malattia positiva ai recettori ormonali (definita come ER positiva e/o PgR positiva) e circa la metà dei pazienti di ciascun gruppo di trattamento era stata trattata in precedenza con terapia adiuvante o neoadiuvante. La maggior parte di questi pazienti era stata precedentemente trattata con terapia a base di antracicline e l’11% di tutti i pazienti era stato precedentemente trattato con trastuzumab. Complessivamente il 43% dei pazienti di entrambi i gruppi di trattamento era stato precedentemente sottoposto a radioterapia. La LVEF mediana dei pazienti al basale era del 65,0% (range: 50% – 88%) in entrambi i gruppi.

I risultati di efficacia dello studio CLEOPATRA sono riassunti nella Tabella 8. Nel gruppo trattato con pertuzumab è stato dimostrato un miglioramento statisticamente significativo della PFS valutata dalla commissione di revisione indipendente rispetto al gruppo trattato con placebo. I risultati relativi alla PFS valutata dallo sperimentatore erano simili a quelli osservati per la PFS valutata dalla commissione di revisione indipendente.

Tabella 8 Sintesi dei risultati di efficacia nello studio CLEOPATRA

Parametro Placebo+ trastuzumab
+ docetaxel n= 406
Pertuzumab
+
trastuzumab
+ docetaxel n= 402
HR
(IC al 95%)
Valore di p
Sopravvivenza libera da progressione
(revisione indipendente) – endpoint primario*
N. di pazienti con un evento
N. mediano di mesi
242 (59%)
12,4
191 (47,5%)
18,5
0,62
[0,51;0,75]
<0,0001
Sopravvivenza globale – endpoint secondario**
N. di pazienti con un evento*
N. mediano di mesi
221 (54,4%)
40,8
168 (41,8%)
56,5
0,68
[0,56; 0,84]
0,0002
Tasso di risposta obiettiva
(ORR)^ – endpoint secondario
N. di pazienti con malattia 336 343 Differenza 0,0011
misurabile dell’ORR:
Pazienti che hanno risposto al 233 (69,3%) 275 (80,2%) 10,8%
trattamento*** [4,2; 17,5]
IC al 95% per ORR [64,1; 74,2] [75,6; 84,3]
Risposta completa (CR) 14 (4,2%) 19 (5,5%)
Risposta parziale (PR) 219 (65,2%) 256 (74,6%)
Malattia stabile (SD) 70 (20,8%) 50 (14,6%)
Progressione della malattia (PD) 28 (8,3%) 13 (3,8%)
Durata della Risposta †^
n= 233 275
N. mediano di settimane 54,1 87,6
IC al 95% per la mediana [46; 64] [71; 106]

* Analisi primaria della sopravvivenza libera da progressione, data di cut-off 13 maggio 2011.

** Analisi finale della sopravvivenza globale guidata dagli eventi, data di cut-off 11 febbraio 2014.

*** Pazienti con CR o PR come miglior risposta globale confermata secondo i criteri RECIST.

† Parametro valutato nei pazienti con miglior risposta globale di CR o PR.

^ Il tasso di risposta obiettiva e la durata della risposta sono basati su valutazioni del tumore effettuate dalla commissione di revisione indipendente.

Sono stati osservati risultati compatibili nei vari sottogruppi pre-specificati di pazienti, compresi i sottogruppi basati sui fattori di stratificazione per area geografica e per terapia adiuvante/neoadiuvante precedente o carcinoma mammario metastatico de novo (vedere Figura 2). Un’analisi esplorativa post hoc ha rilevato che nei pazienti precedentemente trattati con trastuzumab (n= 88), l’hazard ratio per la PFS valutata dalla commissione di revisione indipendente era dello 0,62 (IC al 95%: 0,35; 1,07) rispetto allo 0,60 (IC al 95%: 0,43; 0,83) per i pazienti precedentemente sottoposti a una terapia che non includeva trastuzumab (n= 288).

Figura 2 PFS per sottogruppo di pazienti valutata dalla commissione di revisione indipendente <.. image removed ..> L’analisi finale della OS guidata dagli eventi è stata condotta al momento del decesso di 389 pazienti (221 nel gruppo trattato con placebo e 168 nel gruppo trattato con pertuzumab). Il beneficio statisticamente significativo in termini di OS a favore del gruppo trattato con pertuzumab, precedentemente osservato nell’analisi ad interim della OS (condotta un anno dopo l’analisi primaria), è stato mantenuto (HR= 0,68; p = 0,0002 test log-rank). Il tempo mediano al decesso è risultato di 40,8 mesi nel gruppo trattato con placebo e di 56,5 mesi nel gruppo trattato con pertuzumab (vedere Tabella 8, Figura 3).

Un’analisi descrittiva della OS effettuata alla fine dello studio dopo il decesso di 515 pazienti (280 nel gruppo trattato con placebo e 235 nel gruppo trattato con pertuzumab) ha evidenziato che il beneficio statisticamente significativo in termini di OS a favore del gruppo trattato con pertuzumab si è mantenuto nel corso del tempo dopo un follow-up mediano di 99 mesi (HR= 0,69; p < 0,0001 test log-rank; tempo mediano al decesso 40,8 mesi [gruppo trattato con placebo] contro 57,1 mesi [gruppo trattato con pertuzumab]). Le stime di sopravvivenza di riferimento a 8 anni si sono attestate al 37% nel gruppo trattato con pertuzumab e al 23% nel gruppo trattato con placebo.

Figura 3 Curva di Kaplan-Meier della sopravvivenza globale guidata dagli eventi

<.. image removed ..> HR= hazard ratio; IC = intervallo di confidenza; Pla= placebo; Ptz = pertuzumab; T = trastuzumab; D = docetaxel.

Non sono state osservate differenze statisticamente significative tra i due gruppi di trattamento in termini di qualità della vita correlata alla salute, valutata mediante i punteggi FACT-B TOI-PFB.

Popolazione pediatrica

L’Agenzia europea dei medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con Phesgo in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per il carcinoma mammario (vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico).

 

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

I risultati di farmacocinetica per l’endpoint primario riguardante la Cthrough di pertuzumab al Ciclo 7 (ossia Ciclo 8 pre-dose) hanno dimostrato la non inferiorità di pertuzumab nella FDC Phesgo (media geometrica 88,7 µg/mL) rispetto a pertuzumab e.v. (media geometrica 72,4 µg/mL) con un rapporto della media geometrica pari a 1,22 (IC al 90%: 1,14; 1,31). Il limite inferiore dell’intervallo di confidenza bilaterale al 90% per il rapporto di media geometrica tra pertuzumab nella FDC Phesgo e pertuzumab e.v. è risultato pari a 1,14, ossia maggiore rispetto al margine predefinito di 0,8.

I risultati di farmacocinetica per l’endpoint secondario, la Cthrough di trastuzumab al Ciclo 7 (ossia Ciclo 8 pre-dose), hanno dimostrato la non inferiorità di trastuzumab nella FDC Phesgo (media geometrica 57,5 µg/mL) rispetto a trastuzumab e.v. (media geometrica 43,2 µg/mL) con un rapporto della media geometrica pari a 1,33 (IC al 90%: 1,24; 1,43).

Assorbimento

Il valore mediano della concentrazione massima (Cmax) sierica di pertuzumab nella FDC Phesgo e il tempo alla concentrazione massima (Tmax) sono risultati rispettivamente pari a 157 µg/mL e 3,82 giorni.

In base all’analisi farmacocinetica di popolazione la biodisponibilità assoluta era di 0,712, mentre il tasso di assorbimento di primo ordine (Ka) si attesta a 0,348 (1/giorno).

Il valore della Cmax sierica di trastuzumab nella FDC Phesgo e il Tmax sono risultati rispettivamente pari a 114 µg/mL e 3,84 giorni. In base all’analisi farmacocinetica di popolazione la biodisponibilità assoluta era di 0,771, mentre il tasso di assorbimento di primo ordine (Ka) si attesta a 0,404 (1/giorno).

Distribuzione

In base all’analisi farmacocinetica di popolazione il volume di distribuzione del compartimento centrale (Vc) per pertuzumab nella FDC Phesgo in un paziente tipo è risultato pari a 2,77 litri.

In base all’analisi farmacocinetica di popolazione il volume di distribuzione del compartimento centrale (Vc) per trastuzumab s.c. nella FDC Phesgo in un paziente tipo è risultato pari a 2,91 litri.

Biotrasformazione

Il metabolismo di Phesgo non è stato studiato direttamente. L’eliminazione degli anticorpi avviene prevalentemente mediante catabolismo.

Eliminazione

In base all’analisi farmacocinetica di popolazione la clearance di pertuzumab nella FDC Phesgo è risultata pari a 0,163 l/die, mentre l’emivita di eliminazione (t1/2) era di circa 24,3 giorni.

In base all’analisi farmacocinetica di popolazione la clearance di trastuzumab nella FDC Phesgo è risultata pari a 0,111 L/die. Si stima che trastuzumab raggiunga concentrazioni < 1 µg/mL (circa il 3% della Cmin,ss prevista per la popolazione o circa il 97% dell’eliminazione) in almeno il 95% dei pazienti 7 mesi dopo la somministrazione dell’ultima dose.

Pazienti anziani

Non stati condotti studi volti a indagare la farmacocinetica di Phesgo nei pazienti anziani.

Nelle analisi farmacocinetiche di popolazione condotte su pertuzumab nella FDC Phesgo e a pertuzumab e.v., l’età non è stata ritenuta incidere in maniera significativa sulla farmacocinetica di pertuzumab.

Nelle analisi farmacocinetiche di popolazione condotte su trastuzumab s.c. o e.v., è stato dimostrato che l’età non influisce sull’eliminazione di trastuzumab.

Compromissione renale

Non stati condotti studi volti a indagare la farmacocinetica di Phesgo nei pazienti con compromissione renale.

In base alle analisi farmacocinetiche di popolazione condotte su pertuzumab nella FDC Phesgo e a pertuzumab e.v., è stato dimostrato che la compromissione renale non influisce sull’esposizione a pertuzumab. Tali analisi, tuttavia, hanno incluso soltanto dati limitati su pazienti affetti da compromissione renale severa.

Un’analisi farmacocinetica di popolazione condotta su trastuzumab s.c. ed e.v. ha dimostrato che la compromissione renale non influisce sull’eliminazione di trastuzumab.

Compromissione epatica

Non stati condotti studi formali di farmacocinetica in pazienti con compromissione epatica. In base alle analisi farmacocinetiche di popolazione su pertuzumab all’interno di Phesgo, è stato dimostrato che una lieve compromissione epatica non influisce sull’esposizione a pertuzumab. In queste analisi è stato tuttavia incluso un limitato numero di dati relativo ai pazienti con lieve compromissione epatica. Poiché le molecole IgG1, come pertuzumab e trastuzumab, sono catabolizzate dagli enzimi proteolitici ubiquitari, che non sono limitati al tessuto epatico, è improbabile che alterazioni della funzionalità epatica abbiano qualsiasi effetto sull’eliminazione di pertuzumab e trastuzumab.

 

05.3 Dati preclinici di sicurezza

Indice

Non stati condotti studi dedicati sull’associazione di pertuzumab, trastuzumab e ialuronidasi umana ricombinante per via sottocutanea.

Pertuzumab

Non sono stati condotti studi specifici sugli animali per valutare l’effetto di pertuzumab sulla fertilità. Dagli studi di tossicità a dose ripetuta condotti nelle scimmie cynomolgus non è possibile trarre nessuna conclusione definitiva riguardante gli effetti avversi sugli organi riproduttivi maschili.

Sono stati condotti studi di tossicologia riproduttiva in scimmie

cynomolgus

gravide (dal 19esimo fino al 50esimo giorno di gestazione [GG]) a dosi iniziali di 30-150 mg/kg seguite da dosi bisettimanali di 10-100 mg/kg. Questi livelli di dose hanno determinato un’esposizione clinicamente rilevante da 2,5 a 20 volte maggiore rispetto alla dose sottocutanea umana raccomandata, sulla base della Cmax. La somministrazione endovenosa di pertuzumab dal 19esimo fino al 50esimo GG (periodo di organogenesi) era embriotossica, con un aumento dose-dipendente di decessi embrio-fetali dal 25esimo al 70esimo GG. Le incidenze di mortalità embrio-fetale sono state del 33, 50 e 85% per le scimmie gravide trattate con dosi bisettimanali di pertuzumab rispettivamente di 10, 30 e 100 mg/kg (da 4 a 35 volte superiore alla dose umana raccomandata, in base alla Cmax). Al momento del taglio cesareo avvenuto al 100esimo GG in tutti i gruppi trattati con pertuzumab sono stati rilevati oligoidramnios, riduzione del peso polmonare e renale relativo ed ipoplasia renale evidenziabile microscopicamente in linea con un ritardo dello sviluppo renale. Inoltre, in linea con la riduzione dello sviluppo fetale, secondaria all’oligoidramnios sono stati rilevati anche ipoplasia polmonare (1 di 6 nel gruppo 30 mg/kg e 1 di 2 nel gruppo 100 mg/kg), difetti del setto ventricolare (1 di 6 nel gruppo 30 mg/kg), assottigliamento della parete ventricolare (1 di 2 nel gruppo 100 mg/kg) e difetti scheletrici minori (esterni – 3 di 6 nel gruppo 30 mg/kg). L’esposizione a pertuzumab è stata riscontrata nella prole di tutti i gruppi trattati a livelli compresi tra il 29 e il 40% dei livelli sierici materni al 100esimo GG.

Nelle scimmie cynomolgus (legame di specie) la somministrazione di pertuzumab per via sottocutanea (250 mg/kg/settimana per 4 settimane) e per via endovenosa (fino a 150 mg/kg/settimana per un massimo di 26 settimane) è stata ben tollerata, fatta eccezione per lo sviluppo di diarrea. Con dosi di pertuzumab e.v. da 15 mg/kg e superiori, è stata osservata diarrea lieve intermittente, associata al trattamento. In un sottogruppo di scimmie, la somministrazione cronica (26 dosi settimanali) ha determinato gravi episodi di diarrea secretoria. La diarrea è stata gestita (ad eccezione dell’eutanasia di un animale, 50 mg/kg/dose) con trattamenti di supporto, tra cui idratazione per via endovenosa.

Trastuzumab

Studi sulla riproduzione sono stati condotti nella scimmia cynomolgus per via endovenosa con dosi di trastuzumab fino a 16 volte superiori alla dose di mantenimento utilizzata per Phesgo nell’uomo pari a 600 mg e non hanno rivelato alcuna evidenza di alterata fertilità o di danno fetale. È stato osservato passaggio placentare di trastuzumab durante il periodo di sviluppo fetale precoce (giorni 20-50 di gestazione) e tardivo (giorni 120-150 di gestazione).

Non si è avuta alcuna evidenza di tossicità acuta o correlata a dosi ripetute in studi di durata fino a 6 mesi, né di tossicità a livello della riproduzione in studi sulla teratogenicità, sulla fecondità femminile o sulla tossicità nell’ultimo periodo di gestazione/passaggio placentare. Trastuzumab non è genotossico. Uno studio sul trealosio, uno dei principali eccipienti della formulazione, non ha evidenziato alcuna tossicità.

Non sono stati effettuati studi a lungo termine nell’animale per la determinazione del potenziale carcinogenico di trastuzumab o per determinare i suoi effetti sulla fertilità maschile.

Uno studio condotto su scimmie cynomolgus durante l’allattamento alle quali è stato somministrato trastuzumab per via endovenosa a dosi fino a 16 volte superiori alla dose di mantenimento nell’uomo pari a 600 mg di trastuzumab contenuta nella formulazione di Phesgo ha dimostrato che trastuzumab è secreto nel latte dopo il parto. L’esposizione a trastuzumab nell’utero e la presenza di trastuzumab nel siero della scimmia neonata non sono state associate ad alcun effetto avverso sulla crescita o sullo sviluppo dalla nascita fino a 1 mese di età.

Ialuronidasi

La ialuronidasi si trova nella maggior parte dei tessuti del corpo umano. I dati non clinici relativi alla ialuronidasi umana ricombinante non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di tossicità a dosi ripetute, che hanno incluso endpoint di sicurezza farmacologica. Gli studi sulla tossicità a livello della riproduzione condotti con ialuronidasi umana ricombinante hanno rivelato embriofetotossicità nel topo ad elevate esposizioni sistemiche, ma non hanno dimostrato un potenziale teratogeno.

Su trastuzumab formulazione sottocutanea sono stati condotti uno studio a dose singola nei conigli e uno studio di tossicità a dosi ripetute di 13 settimane nelle scimmie cynomolgus. Lo studio sui conigli è stato condotto appositamente per esaminare aspetti di tollerabilità locale. Lo studio di 13 settimane è stato condotto per confermare che il cambiamento della via di somministrazione a sottocutanea e l’impiego dell’eccipiente ialuronidasi umana ricombinante non hanno alcun effetto sulle caratteristiche di sicurezza di trastuzumab. Trastuzumab formulazione sottocutanea è stato ben tollerato a livello sia locale sia sistemico.

 

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

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Ialuronidasi umana ricombinante (rHuPH20) L-istidina L-istidina cloridrato monoidrato α,α-trealosio diidrato Saccarosio L-metionina Polisorbato 20 (E432) Acqua per preparazioni iniettabili

 

06.2 Incompatibilità

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Phesgo è una soluzione pronta all’uso che non deve essere miscelata o diluita con altri prodotti.

 

06.3 Periodo di validità

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18 mesi.

Una volta trasferito dal flaconcino alla siringa, il medicinale è stabile dal punto di vista fisico-chimico per 28 giorni a una temperatura di 2°C – 8°C protetto dalla luce e per 24 ore (tempo cumulativo nel flaconcino e nella siringa) a temperatura ambiente (massimo 30°C) alla luce del giorno diffusa.

Poiché Phesgo non contiene conservanti antimicrobici, da un punto di vista microbiologico il medicinale deve essere utilizzato immediatamente. Se non usato immediatamente, i tempi e le condizioni di conservazione prima dell’uso sono sotto la responsabilità dell’utilizzatore e normalmente non superano le 24 ore a 2-8 °C, a meno che la preparazione della siringa sia avvenuta in condizioni asettiche controllate e validate.

 

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

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Conservare in frigorifero (2°C-8°C). Non congelare.

Conservare il flaconcino nell’astuccio esterno per tenere il medicinale al riparo dalla luce. Per le condizioni di conservazione dopo l’apertura del medicinale vedere paragrafi 6.3 e 6.6.

 

06.5 Natura e contenuto della confezione

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Phesgo 600 mg/600 mg soluzione iniettabile

Confezione da un flaconcino di vetro borosilicato tipo I da 15 mL, con chiusura di gomma butilica laminata in fluoro-resina, contenente 10 mL di soluzione da 600 mg di pertuzumab e 600 mg di trastuzumab.

La chiusura è sigillata con una ghiera in alluminio e coperta da una capsula a strappo in plastica di colore arancione.

Phesgo 1200 mg/600 mg soluzione iniettabile

Confezione da un flaconcino di vetro borosilicato tipo I da 20 mL, con chiusura di gomma butilica laminata in fluoro-resina, contenente 15 mL di soluzione da 1200 mg di pertuzumab e 600 mg di trastuzumab.

La chiusura è sigillata con una ghiera in alluminio e coperta da una capsula a strappo in plastica di colore verde brillante.

 

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

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Phesgo deve essere ispezionato visivamente prima di essere somministrato per assicurarsi che non siano presenti particelle o alterazione della colorazione. Se si osserva la presenza di particelle o un’alterazione della colorazione, il flaconcino deve essere smaltito in conformità alle relative linee guida in vigore a livello locale.

Non agitare il flaconcino.

Per prelevare la soluzione di Phesgo dal flaconcino e procedere all’iniezione sottocutanea occorrono una siringa, un ago da trasferimento e un ago da iniezione. Phesgo può essere somministrato utilizzando aghi ipodermici per iniezione con calibro compreso tra 25G e 27G e lunghezza compresa tra 10 mm e 16 mm. Phesgo è compatibile con acciaio inossidabile, polipropilene, policarbonato, polietilene, poliuretano, polivinilcloruro ed etilene propilene fluorurato.

Poiché Phesgo non contiene conservanti antimicrobici, da un punto di vista microbiologico il medicinale deve essere utilizzato immediatamente. Se il medicinale non viene utilizzato immediatamente, la preparazione deve avvenire in condizioni asettiche controllate e convalidate. Dopo il trasferimento della soluzione nella siringa, si raccomanda di sostituire l’ago usato per il trasferimento con un tappo di chiusura per siringa per evitare che la soluzione si secchi nella siringa e per non compromettere la qualità del medicinale. Applicare sulla siringa l’etichetta adesiva rimovibile. L’ago ipodermico per iniezione deve essere attaccato alla siringa immediatamente prima della somministrazione, procedendo poi ad aggiustare il volume a 15 mL, qualora venga usato Phesgo 1200 mg/600 mg, o a 10 mL, qualora venga usato Phesgo 600 mg/600 mg.

Phesgo è solo monouso.

Il medicinale non utilizzato e i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.

 

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

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Roche Registration GmbH Emil-Barell-Strasse 1 79639 Grenzach-Wyhlen Germania

 

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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EU/1/20/1497/001 (1200 mg/600 mg) EU/1/20/1497/002 (600 mg/600 mg)

 

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

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Data della prima autorizzazione: 21 Dicembre 2020

 

10.0 Data di revisione del testo

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Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: 06/08/2022