Kisplyx – Lenvatinib: Scheda Tecnica e Prescrivibilità

Kisplyx

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Kisplyx: ultimo aggiornamento pagina: (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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Kisplyx 4 mg capsule rigide Kisplyx 10 mg capsule rigide

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Kisplyx 4 mg capsule rigide

Ogni capsula rigida contiene 4 mg di lenvatinib (come mesilato).

Kisplyx 10 mg capsule rigide

Ogni capsula rigida contiene 10 mg di lenvatinib (come mesilato). Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

03.0 Forma farmaceutica

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Capsula rigida.

Kisplyx 4 mg capsule rigide

Corpo di colore rosso-giallastro e testa di colore rosso-giallastro, lunghezza di circa 14,3 mm, con impresso in inchiostro nero “Є” sulla testa e “LENV 4 mg” sul corpo.

Kisplyx 10 mg capsule rigide

Corpo di colore giallo e testa di colore rosso-giallastro, lunghezza di circa 14,3 mm, con impresso in

inchiostro nero “Є” sulla testa e “LENV 10 mg” sul corpo.

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Kisplyx è indicato in associazione a everolimus per il trattamento dei pazienti adulti affetti da carcinoma a cellule renali (RCC) avanzato dopo una precedente terapia anti-VEGF (fattore di crescita vascolare endoteliale).

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Il trattamento con Kisplyx deve essere iniziato e supervisionato da un operatore sanitario esperto nell’uso di terapie oncologiche.

Posologia

La dose giornaliera raccomandata di lenvatinib è 18 mg (una capsula da 10 mg e due capsule da 4 mg) una volta al giorno, in associazione a 5 mg di everolimus una volta al giorno. Le dosi giornaliere di lenvatinib ed eventualmente di everolimus devono essere modificate se necessario, secondo il piano di gestione della dose/tossicità.

Se un paziente omette una dose e non può assumerla entro 12 ore, tale dose deve essere saltata e la dose successiva deve essere assunta all’orario di somministrazione abituale.

Il trattamento deve continuare fino a quando si osserva un beneficio clinico o fino a quando si verifica una tossicità inaccettabile.

La gestione medica ottimale (ossia il trattamento o la terapia) di nausea, vomito e diarrea deve essere iniziata prima di un’eventuale sospensione della terapia o di una riduzione della dose di lenvatinib; tuttavia, la tossicità gastrointestinale deve essere trattata attivamente, al fine di ridurre il rischio di sviluppare compromissione o insufficienza renale (vedere paragrafo 4.4, Insufficienza e compromissione renali).

Aggiustamento della dose

La gestione delle reazioni avverse può richiedere la sospensione della somministrazione, l’aggiustamento della dose o l’interruzione della terapia di associazione (vedere paragrafo 4.4). Le reazioni avverse da lievi a moderate (ad es. di grado 1 o 2) non giustificano in genere la sospensione della terapia di associazione, a meno che non risultino intollerabili per il paziente nonostante una gestione ottimale delle stesse. Le reazioni avverse severe (ad es. di grado 3) o intollerabili richiedono la sospensione dell’associazione dei medicinali fino al miglioramento della reazione a grado 0-1 o ritorno ai valori al basale.

Per le tossicità ritenute correlate a lenvatinib (vedere Tabella 1), al momento della risoluzione/miglioramento di una reazione avversa a grado 0-1 o ritorno ai valori al basale, il trattamento deve essere ripreso a una dose ridotta di lenvatinib, come indicato nella Tabella 2.

Per le tossicità ritenute correlate a everolimus, il trattamento deve essere sospeso, ridotto alla somministrazione a giorni alterni o interrotto (vedere il riassunto delle caratteristiche del prodotto di everolimus per le raccomandazioni in merito a reazioni avverse specifiche).

Per le tossicità ritenute correlate sia a lenvatinib sia a everolimus, la dose di lenvatinib deve essere ridotta (vedere Tabella 2) prima di ridurre everolimus.

Il trattamento deve essere interrotto in caso di reazioni potenzialmente pericolose per la vita (ad es. di grado 4), ad eccezione delle anomalie di laboratorio giudicate non potenzialmente pericolose per la vita, che possono essere gestite secondo le modalità previste per le reazioni severe (ad es. di grado 3).

I gradi si basano sui criteri comuni di terminologia per gli eventi avversi (CTCAE) del National Cancer Institute (NCI).

Tabella 1 Reazioni avverse che richiedono una modifica della dose di lenvatinib

Reazione avversa Severità Azione Ridurre la dose e riprendere lenvatinib
Ipertensione Grado 3
(nonostante una terapia antipertensiva ottimale)
Sospendere Risoluzione a grado 0, 1 o 2.
Vedere linee guida dettagliate nella Tabella 3, paragrafo 4.4.
Grado 4 Interrompere Non riprendere il trattamento
Proteinuria ≥ 2 g/24 ore Sospendere Risoluzione a meno di

2 g/24 ore

Sindrome nefrosica ——- Interrompere Non riprendere il trattamento
Compromissione o insufficienza renale Grado 3 Sospendere Risoluzione a grado 0-1 o ritorno ai valori al basale
Grado 4* Interrompere Non riprendere il trattamento
Disfunzione cardiaca Grado 3 Sospendere Risoluzione a grado 0-1 o
ritorno ai valori al basale
Grado 4 Interrompere Non riprendere il trattamento
PRES/RPLS Qualsiasi grado Sospendere Considerare la ripresa del trattamento a una dose ridotta in caso di risoluzione a grado 0-

1

Reazione avversa Severità Azione Ridurre la dose e
riprendere lenvatinib
Epatotossicità Grado 3 Sospendere Risoluzione a grado 0-1 o
ritorno ai valori al basale
Grado 4* Interrompere Non riprendere il trattamento
Tromboembolia
arteriosa
Qualsiasi grado Interrompere Non riprendere il trattamento
Emorragia Grado 3 Sospendere Risoluzione a grado 0-1
Grado 4 Interrompere Non riprendere il trattamento
Perforazione gastro-
intestinale o fistola
Grado 3 Sospendere Risoluzione a grado 0-1 o
ritorno ai valori al basale
Grado 4 Interrompere Non riprendere il trattamento
Fistola non
gastrointestinale
Grado 4 Interrompere Non riprendere il trattamento
Prolungamento
dell’intervallo QT
> 500 ms Sospendere Risoluzione a < 480 ms o
ritorno ai valori al basale
Diarrea Grado 3 Sospendere Risoluzione a grado 0-1 o
ritorno ai valori al basale
Grado 4 (nonostante la
gestione medica)
Interrompere Non riprendere il trattamento

* Le anomalie di laboratorio di grado 4 giudicate non potenzialmente pericolose per la vita possono

essere gestite secondo le modalità previste per le reazioni severe (ad es. di grado 3)

Tabella 2 Modifiche rispetto alla dose giornaliera raccomandata di lenvatinib a

Livello di dose Dose giornaliera Numero di capsule
Dose giornaliera
raccomandata
18 mg per via orale una
volta al giorno
Una capsula da 10 mg più due capsule da 4 mg
Prima riduzione della
dose
14 mg per via orale una
volta al giorno
Una capsula da 10 mg più una capsula da 4 mg
Seconda riduzione della
dose
10 mg per via orale una
volta al giorno
Una capsula da 10 mg
Terza riduzione della
dose
8 mg per via orale una
volta al giorno
Due capsule da 4 mg

a Sono disponibili dati limitati per dosi inferiori a 8 mg

Popolazioni speciali

Non sono disponibili dati relativi alla terapia di associazione per la maggior parte delle popolazioni speciali. Le informazioni seguenti derivano all’esperienza clinica con lenvatinib in monoterapia nei pazienti con carcinoma differenziato della tiroide (DTC, vedere il riassunto delle caratteristiche del prodotto per Lenvima).

Tutti i pazienti, eccetto quelli con compromissione epatica o renale severa (vedere di seguito), devono iniziare il trattamento alla dose raccomandata di 18 mg di lenvatinib con 5 mg di everolimus, assunta una volta al giorno; in seguito, la dose deve essere ulteriormente aggiustata sulla base della tollerabilità individuale.

Pazienti con ipertensione

La pressione arteriosa deve essere ben controllata prima del trattamento con lenvatinib e deve essere monitorata a intervalli regolari durante il trattamento (vedere paragrafo 4.4). Consultare anche il paragrafo 4.8, Altre popolazioni speciali.

Pazienti con compromissione epatica

Non sono disponibili dati relativi alla terapia di associazione in pazienti con compromissione epatica. Non è necessario un aggiustamento della dose iniziale dell’associazione sulla base della funzionalità epatica nei pazienti con compromissione epatica lieve (Child-Pugh A) o moderata (Child-Pugh B). Nei pazienti con compromissione epatica severa (Child-Pugh C), la dose iniziale raccomandata di

lenvatinib è 10 mg una volta al giorno in associazione alla dose di everolimus raccomandata per i pazienti con compromissione epatica grave nel riassunto delle caratteristiche del prodotto per everolimus. Ulteriori aggiustamenti della dose possono essere necessari in funzione della tollerabilità individuale. Nei pazienti con compromissione epatica grave, la terapia di associazione deve essere usata solo se il beneficio previsto supera il rischio. Consultare anche il paragrafo 4.8, Altre popolazioni speciali.

Pazienti con compromissione renale

Non è necessario un aggiustamento della dose iniziale sulla base della funzionalità renale nei pazienti con compromissione renale lieve o moderata. Nei pazienti con compromissione renale severa, la dose iniziale raccomandata è 10 mg di lenvatinib con 5 mg di everolimus una volta al giorno. Ulteriori aggiustamenti della dose possono essere necessari in funzione della tollerabilità individuale. I pazienti con malattia renale allo stadio terminale non sono stati studiati; pertanto, l’uso di lenvatinib in questi pazienti non è raccomandato. Consultare anche il paragrafo 4.8, Altre popolazioni speciali.

Popolazione anziana

Non è necessario un aggiustamento della dose iniziale sulla base dell’età. Sono disponibili dati limitati sull’uso in pazienti di età ≥ 75 anni (vedere anche il paragrafo 4.8, Altre popolazioni speciali).

Popolazione pediatrica

Lenvatinib non deve essere usato nei bambini di età inferiore a 2 anni a causa di problematiche di sicurezza individuate negli studi sugli animali (vedere paragrafo 5.3). La sicurezza e l’efficacia di lenvatinib nei bambini di età compresa tra 2 e < 18 anni non sono state ancora stabilite (vedere paragrafo 5.1). Non ci sono dati disponibili.

Razza

Non è necessario un aggiustamento della dose iniziale sulla base della razza (vedere paragrafo 5.2). Sono disponibili dati limitati sull’uso in pazienti di origine etnica diversa da quella caucasica o asiatica (vedere anche il paragrafo 4.8, Altre popolazioni speciali).

Peso corporeo inferiore a 60 kg

Non è necessario un aggiustamento della dose iniziale sulla base del peso corporeo. Sono disponibili dati limitati in merito a pazienti con peso corporeo inferiore a 60 kg affetti da RCC (vedere anche il paragrafo 4.8, Altre popolazioni speciali).

Pazienti con performance status ECOG elevato

I pazienti con performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) uguale o superiore a 2 sono stati esclusi dallo studio sull’RCC (vedere paragrafo 5.1). Il rapporto beneficio/rischio in questi pazienti non è stato valutato.

Modo di somministrazione

Lenvatinib è per uso orale. Le capsule devono essere assunte ogni giorno circa alla stessa ora, con o senza cibo (vedere paragrafo 5.2). Le capsule possono essere ingerite intere con acqua. I caregiver non devono aprire la capsula, al fine di evitare l’esposizione ripetuta al suo contenuto.

In alternativa, le capsule di lenvatinib possono essere aggiunte, senza romperle o frantumarle, a un cucchiaio di acqua o succo di mela in un piccolo bicchiere, per produrre una sospensione. Le capsule devono essere lasciate nel liquido per almeno 10 minuti e mescolate per almeno 3 minuti per dissolverne l’involucro. La sospensione deve essere ingerita. Una volta bevuta, la stessa quantità di acqua o succo di mela (un cucchiaio) deve essere versata nel bicchiere e il contenuto fatto girare alcune volte. Il liquido aggiunto deve essere ingerito.

04.3 Controindicazioni

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Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1. Allattamento (vedere paragrafo 4.6).

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Ipertensione

Ipertensione è stata segnalata nei pazienti trattati con lenvatinib ed è comparsa di solito precocemente durante il trattamento (vedere paragrafo 4.8, Descrizione di reazioni avverse selezionate). La pressione arteriosa (PA) deve essere ben controllata prima di iniziare il trattamento con lenvatinib e, se i pazienti hanno una diagnosi di ipertensione, devono essere in terapia con una dose stabile di antipertensivi da almeno 1 settimana prima di iniziare il trattamento con lenvatinib. Sono state segnalate complicanze gravi di ipertensione scarsamente controllata, compresa dissezione dell’aorta. Il rilevamento precoce e la gestione efficace dell’ipertensione sono importanti per ridurre al minimo la necessità di sospendere la somministrazione e di ridurre la dose di lenvatinib. La somministrazione di antipertensivi deve iniziare non appena si conferma un innalzamento della PA. La PA deve essere monitorata dopo

1 settimana di trattamento con lenvatinib, poi ogni 2 settimane per i primi 2 mesi e successivamente una volta al mese. La scelta del trattamento antipertensivo deve essere personalizzata in base alle circostanze cliniche del paziente e deve seguire la pratica medica standard. Per i soggetti in precedenza normotesi, la monoterapia con una delle classi di antipertensivi deve essere iniziata quando si osserva un innalzamento della PA. Per i pazienti che sono già in terapia antipertensiva, può essere aumentata la dose del farmaco correntemente impiegato, se opportuno, o si devono aggiungere uno o più farmaci di una diversa classe di antipertensivi. Se necessario, gestire l’ipertensione secondo le raccomandazioni contenute nella Tabella 3.

Tabella 3 Gestione raccomandata dell’ipertensione

Livello di pressione arteriosa (PA) Azione raccomandata
PA sistolica da ≥ 140 mmHg fino a
< 160 mmHg o PA diastolica da ≥ 90 mmHg fino a < 100 mmHg
Continuare lenvatinib e iniziare la terapia antipertensiva, se non già in corso
OPPURE
Continuare lenvatinib e aumentare la dose della terapia antipertensiva attuale, oppure iniziare una terapia antipertensiva supplementare
PA sistolica ≥ 160 mmHg o
PA diastolica ≥ 100 mmHg nonostante una terapia antipertensiva ottimale
Conseguenze potenzialmente letali (ipertensione maligna, deficit neurologico o crisi ipertensiva) È indicato un intervento urgente.
Interrompere lenvatinib e istituire una gestione medica appropriata.

Sospendere lenvatinib

Quando la PA sistolica è ≤ 150 mmHg, la PA diastolica è ≤ 95 mmHg e il paziente segue una terapia antipertensiva a dose stabile da almeno 48 ore, riprendere lenvatinib a una dose ridotta (vedere paragrafo 4.2)

Aneurismi e dissezioni arteriose

L’uso di inibitori del pathway del VEGF in pazienti con o senza ipertensione può favorire la formazione di aneurismi e/o dissezioni arteriose. Prima di iniziare con lenvatinib, questo rischio deve essere attentamente considerato in pazienti con fattori di rischio quali ipertensione o storia anamnestica di aneurisma.

Donne in età fertile

Le donne in età fertile devono usare metodi contraccettivi altamente efficaci durante il trattamento con lenvatinib e per un mese dopo l’interruzione del trattamento (vedere paragrafo 4.6). Non è noto attualmente se lenvatinib aumenti il rischio di eventi tromboembolici in caso di associazione con contraccettivi orali.

Proteinuria

Proteinuria è stata segnalata nei pazienti trattati con lenvatinib ed è comparsa di solito precocemente durante il trattamento (vedere paragrafo 4.8, Descrizione di reazioni avverse selezionate). La proteinuria deve essere monitorata regolarmente. Se si rileva un livello di proteinuria ai test con striscia reattiva ≥ 2+, può essere necessario sospendere, aggiustare la dose o interrompere la somministrazione (vedere paragrafo 4.2). Casi di sindrome nefrosica sono stati segnalati nei pazienti che usano lenvatinib. Il trattamento con lenvatinib deve essere interrotto in caso di sindrome nefrosica.

Insufficienza e compromissione renali

Compromissione renale e insufficienza renale sono state segnalate nei pazienti trattati con lenvatinib (vedere paragrafo 4.8, Descrizione di reazioni avverse selezionate). Il fattore di rischio primario identificato è stato la disidratazione e/o l’ipovolemia dovute a tossicità gastrointestinale. La tossicità gastrointestinale deve essere gestita attivamente, al fine di ridurre il rischio di sviluppare compromissione renale o insufficienza renale. Si deve usare cautela nei pazienti trattati con sostanze che agiscono sul sistema renina-angiotensina-aldosterone, dato il rischio potenzialmente più elevato di insufficienza renale acuta con la terapia in associazione. Può essere necessario sospendere, aggiustare la dose o interrompere la somministrazione (vedere paragrafo 4.2).

Se i pazienti presentano una compromissione renale severa, la dose iniziale di lenvatinib deve essere aggiustata (vedere paragrafi 4.2 e 5.2).

Disfunzione cardiaca

Insufficienza cardiaca (< 1%) e riduzione della frazione di eiezione ventricolare sinistra sono state segnalate nei pazienti trattati con lenvatinib (vedere paragrafo 4.8, Descrizione di reazioni avverse selezionate). I pazienti devono essere monitorati per rilevare sintomi o segni clinici di scompenso cardiaco, poiché può essere necessario sospendere, aggiustare la dose o interrompere la somministrazione (vedere paragrafo 4.2).

Sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (PRES)/Sindrome da leucoencefalopatia posteriore reversibile (RPLS)

PRES, nota anche come RPLS, è stata segnalata nei pazienti trattati con lenvatinib (< 1%; vedere paragrafo 4.8, Descrizione di reazioni avverse selezionate). La PRES è un disturbo neurologico che può presentarsi con cefalea, crisi convulsiva, letargia, confusione, alterazione della funzione mentale, cecità e altri disturbi visivi o neurologici. Può essere presente ipertensione da lieve a severa. Per confermare la diagnosi di PRES è necessaria una risonanza magnetica. Devono essere prese idonee misure per controllare la pressione arteriosa (vedere paragrafo 4.4, Ipertensione). Nei pazienti con segni o sintomi di PRES, può essere necessario sospendere, aggiustare la dose o interrompere la somministrazione (vedere paragrafo 4.2).

Epatotossicità

Fra le reazioni avverse a carico del fegato più comunemente segnalate nei pazienti trattati con lenvatinib vi sono stati aumenti dell’alanina aminotransferasi, aumenti dell’aspartato aminotransferasi e aumenti della bilirubinemia. Insufficienza epatica ed epatite acuta (< 1%; vedere paragrafo 4.8, Descrizione di reazioni avverse selezionate) sono state segnalate nei pazienti trattati con lenvatinib. I casi di insufficienza epatica sono stati in genere segnalati in pazienti con metastasi epatiche in progressione. I test di funzionalità epatica devono essere controllati prima dell’inizio del trattamento, poi ogni 2 settimane per i primi 2 mesi e successivamente una volta al mese durante il trattamento. In caso di epatotossicità può essere necessario sospendere, aggiustare la dose o interrompere la somministrazione (vedere paragrafo 4.2).

Se i pazienti hanno compromissione epatica grave, la dose iniziale di lenvatinib deve essere aggiustata (vedere paragrafi 4.2 e 5.2).

Tromboembolia arteriosa

Casi di tromboembolia arteriosa (evento cerebrovascolare, attacco ischemico transitorio ed infarto del miocardio) sono stati segnalati nei pazienti trattati con lenvatinib (vedere paragrafo 4.8, Descrizione di

reazioni avverse selezionate). Lenvatinib non è stato studiato nei pazienti che hanno avuto tromboembolia arteriosa nei 6 mesi precedenti e pertanto deve essere usato con cautela in tali pazienti. La decisione di effettuare il trattamento deve basarsi su una valutazione del rapporto beneficio/rischio del singolo paziente. Il trattamento con lenvatinib deve essere interrotto in seguito a un evento trombotico arterioso.

Emorragia

Casi gravi di emorragie correlate al tumore, inclusi eventi emorragici con esito fatale, si sono verificati negli studi clinici e sono stati segnalati nell’esperienza post-marketing (vedere paragrafo 4.8, Descrizione di reazioni avverse selezionate). Nella sorveglianza post-marketing, emorragie dell’arteria carotide gravi e con esito fatale sono state osservate con maggiore frequenza nei pazienti con carcinoma anaplastico della tiroide (Anaplastic Thyroid Carcinoma, ATC) rispetto a DTC o ad altri tipi di tumore. Il grado di invasione/infiltrazione tumorale dei principali vasi sanguigni (ad es. arteria carotide) deve essere considerato, a causa del potenziale rischio di emorragia severa associata a riduzione del tumore/necrosi in seguito alla terapia con lenvatinib. Alcuni casi di sanguinamento si sono verificati secondariamente a riduzione del tumore e formazione di fistole, ad es. fistole tracheo- esofagee. Casi di emorragia intracranica con esito fatale sono stati riportati in alcuni pazienti con o senza metastasi cerebrali. È stato segnalato anche sanguinamento in sedi diverse da quella cerebrale (ad es. tracheale, intraddominale, polmonare).

In caso di sanguinamento, può essere necessario sospendere, aggiustare o interrompere la somministrazione (vedere paragrafo 4.2, Tabella 2).

Perforazione gastrointestinale e formazione di fistole

Perforazione gastrointestinale o fistole sono state segnalate nei pazienti trattati con lenvatinib (vedere paragrafo 4.8). Nella maggior parte dei casi, perforazione gastrointestinale e fistole si sono verificate in pazienti con fattori di rischio, quali precedente intervento chirurgico o radioterapia. In caso di perforazione o fistola gastrointestinale, può essere necessario sospendere, aggiustare la dose o interrompere la somministrazione (vedere paragrafo 4.2).

Fistola non gastrointestinale

I pazienti possono avere un maggiore rischio di sviluppare fistole durante il trattamento con lenvatinib. Casi di formazione o ingrossamento di fistole che coinvolgono aree del corpo diverse dallo stomaco o dall’intestino sono stati osservati negli studi clinici e nell’esperienza post-marketing (ad es. fistole tracheali, tracheo-esofagee, esofagee, cutanee e del tratto genitale femminile). Inoltre, è stato riportato pneumotorace con e senza chiara evidenza di fistola broncopleurica. Alcuni casi di fistola e di pneumotorace si sono verificati in associazione a regressione del tumore o necrosi. Un precedente intervento chirurgico e la radioterapia possono essere fattori di rischio concomitanti. Anche le metastasi polmonari possono aumentare il rischio di pneumotorace. La terapia con lenvatinib non deve essere iniziata in pazienti con fistola, per evitarne il peggioramento, e lenvatinib deve essere definitivamente interrotto in pazienti con coinvolgimento del tratto esofageo o tracheobronchiale e qualsiasi fistola di grado 4 (vedere paragrafo 4.2); sono disponibili informazioni limitate sulla sospensione o riduzione della dose nella gestione di altri eventi, ma un peggioramento è stato osservato in alcuni casi, pertanto si richiede cautela. Lenvatinib può influire negativamente sul processo di guarigione delle ferite, come avviene per altri agenti della stessa classe.

Prolungamento dell’intervallo QT

Un prolungamento dell’intervallo QT/QTc è stato riportato con un’incidenza più elevata nei pazienti trattati con lenvatinib rispetto ai pazienti trattati con placebo (vedere paragrafo 4.8, Descrizione di reazioni avverse selezionate). L’elettrocardiogramma deve essere monitorato in tutti i pazienti, con particolare attenzione a quelli affetti da sindrome congenita del QT lungo, insufficienza cardiaca congestizia, bradiaritmie e nei pazienti che assumono medicinali noti per prolungare l’intervallo QT, inclusi antiaritmici di classe Ia e III. Lenvatinib deve essere sospeso nel caso in cui si manifesti un prolungamento dell’intervallo QT superiore a 500 ms. Il trattamento con lenvatinib deve essere ripreso a una dose ridotta una volta che il prolungamento del QTc è ridotto a < 480 ms o al ritorno ai valori al basale.

Disturbi elettrolitici, quali ipokaliemia, ipocalcemia o ipomagnesiemia, aumentano il rischio di prolungamento del QT; pertanto, le anomalie degli elettroliti devono essere monitorate e corrette in tutti i pazienti prima di iniziare il trattamento. Durante il trattamento si deve considerare il monitoraggio periodico dell’ECG e degli elettroliti (magnesio, potassio e calcio). I livelli ematici di calcio devono essere monitorati almeno una volta al mese e, in caso di necessità, si deve prevedere un’integrazione di calcio durante il trattamento con lenvatinib. Se necessario, si deve sospendere la somministrazione o ridurre la dose di lenvatinib in base alla gravità, alla presenza di alterazioni all’ECG e alla persistenza dell’ipocalcemia.

Alterazione della soppressione dell’ormone tireostimolante/Disfunzione tiroidea

Ipotiroidismo è stato segnalato in pazienti trattati con lenvatinib (vedere paragrafo 4.8, Descrizione di reazioni avverse selezionate). La funzione tiroidea deve essere monitorata prima di iniziare il trattamento e periodicamente durante tutto il trattamento con lenvatinib. L’ipotiroidismo deve essere trattato secondo la pratica medica standard al fine di mantenere uno stato eutiroideo.

Lenvatinib altera la soppressione tiroidea esogena (vedere paragrafo 4.8, Descrizione di reazioni avverse selezionate). I livelli di ormone tireostimolante (TSH) devono essere monitorati a intervalli regolari e la somministrazione di ormone tiroideo deve essere aggiustata al fine di raggiungere livelli di TSH adeguati, secondo l’obiettivo terapeutico del paziente.

Diarrea

Diarrea è stata segnalata frequentemente nei pazienti trattati con lenvatinib ed è comparsa di solito precocemente durante il trattamento (vedere paragrafo 4.8, Descrizione di reazioni avverse selezionate). Si deve provvedere immediatamente alla gestione medica della diarrea al fine di prevenire la disidratazione. Il trattamento con lenvatinib deve essere interrotto in caso di persistenza di diarrea di grado 4 nonostante la gestione medica.

Complicanze della guarigione delle ferite

Non sono stati condotti studi formali sull’effetto di lenvatinib sulla guarigione delle ferite. Compromissione del processo di guarigione delle ferite è stata segnalata in pazienti trattati con lenvatinib. Nei pazienti che devono essere sottoposti a procedure chirurgiche maggiori si deve prendere in considerazione la sospensione temporanea di lenvatinib. L’esperienza clinica relativa ai tempi di ripresa di lenvatinib dopo una procedura chirurgica maggiore è limitata, pertanto la decisione di iniziare nuovamente lenvatinib dopo tale procedura deve essere basata sul giudizio clinico di un’adeguata guarigione delle ferite.

Osteonecrosi della mandibola (ONJ)

Casi di ONJ sono stati riportati in pazienti trattati con lenvatinib. Alcuni casi sono stati riportati in pazienti che erano stati sottoposti in precedenza o contemporaneamente a una terapia antiriassorbimento osseo e/o con altri inibitori dell’angiogenesi, per es., bevacizumab, inibitori delle tirosin chinasi (TKI) o inibitori di mTOR. Perciò è necessario adottare cautela in caso di somministrazione concomitante o sequenziale di lenvatinib con la terapia antiassorbimento e/o con altri inibitori dell’angiogenesi.

Le procedure dentali invasive sono un fattore di rischio identificato. Prima del trattamento con lenvatinib, è necessario prendere in considerazione un esame dentale e appropriate cure odontoiatriche. In pazienti sottoposti a terapia precedente o corrente con bifosfonati per via endovenosa, se possibile, dovrebbero essere evitate le procedure dentali invasive (vedere paragrafo 4.8).

Popolazioni speciali

Sono disponibili dati limitati per i pazienti di origine etnica diversa da quella caucasica o asiatica e in pazienti di età  75 anni. Lenvatinib deve essere utilizzato con cautela in tali pazienti, data la ridotta tollerabilità di lenvatinib nei pazienti asiatici e anziani (vedere paragrafo 4.8, Altre popolazioni speciali).

Non sono disponibili dati sull’uso di lenvatinib immediatamente successivo alla terapia con sorafenib o con altri trattamenti antitumorali e può esserci un rischio potenziale di tossicità additive, a meno che non sia previsto un adeguato periodo di washout tra i trattamenti. Il periodo minimo di washout negli studi clinici è stato di 4 settimane.

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

Indice

Effetto di altri medicinali su lenvatinib

Agenti chemioterapici

La somministrazione concomitante di lenvatinib, carboplatino e paclitaxel non ha avuto un impatto significativo sulla farmacocinetica di nessuna di queste tre sostanze.

Effetto di lenvatinib su altri medicinali

Substrati del CYP3A4

Uno studio clinico di interazione farmacologica (DDI) in pazienti oncologici ha mostrato che le concentrazioni plasmatiche di midazolam (un substrato sensibile del CYP3A e della P-gp) non sono state alterate in presenza di lenvatinib. Non si attendono pertanto interazioni farmacologiche significative tra lenvatinib e altri substrati del CYP3A/della P-gp.

Contraccettivi orali

Non è noto attualmente se lenvatinib possa ridurre l’efficacia dei contraccettivi ormonali; pertanto, le donne che usano contraccettivi ormonali orali devono adottare un metodo di barriera supplementare (vedere paragrafo 4.6).

04.6 Gravidanza e allattamento

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Donne in età fertile/Contraccezione nelle donne

Le donne in età fertile devono evitare di iniziare una gravidanza e adottare misure contraccettive altamente efficaci durante il trattamento con lenvatinib e per almeno un mese dopo la fine del trattamento. Non è noto attualmente se lenvatinib possa ridurre l’efficacia dei contraccettivi ormonali; pertanto, le donne che usano contraccettivi ormonali orali devono adottare un metodo di barriera supplementare.

Gravidanza

I dati relativi all’uso di lenvatinib in donne in gravidanza non esistono. Lenvatinib è risultato embriotossico e teratogeno quando è stato somministrato a ratti e conigli (vedere paragrafo 5.3).

Lenvatinib non deve essere usato durante la gravidanza se non in caso di assoluta necessità e dopo un’attenta valutazione delle necessità della madre e del rischio per il feto.

Allattamento

Non è noto se lenvatinib sia escreto nel latte materno. Lenvatinib/metaboliti sono escreti nel latte di ratto (vedere paragrafo 5.3).

Il rischio per i neonati/lattanti non può essere escluso, pertanto lenvatinib è controindicato durante l’allattamento (vedere paragrafo 4.3).

Fertilità

Non sono noti gli effetti nell’uomo. Tuttavia, tossicità testicolare e ovarica è stata osservata nei ratti, nei cani e nelle scimmie (vedere paragrafo 5.3).

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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Lenvatinib altera lievemente la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari, a causa di effetti indesiderati quali affaticamento e capogiri. I pazienti che manifestano questi sintomi devono usare cautela nella guida di veicoli o nell’uso di macchinari.

04.8 Effetti indesiderati

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Riassunto del profilo di sicurezza

Il profilo di sicurezza di lenvatinib in associazione a everolimus si basa sui dati provenienti da

62 soggetti, che consentono la caratterizzazione solo delle reazioni avverse comuni al farmaco nei pazienti con RCC. Le reazioni avverse riportate in questo paragrafo si basano sui dati di sicurezza combinati di 62 pazienti con RCC (vedere paragrafo 5.1) e 458 pazienti con DTC (vedere riassunto delle caratteristiche del prodotto di Lenvima).

Le reazioni avverse più frequentemente riportate nella popolazione di pazienti con RCC e DTC (verificatesi in  30% dei pazienti) sono state diarrea (80,6%), ipertensione (70,1%)*, affaticamento (59,7%), riduzione dell’appetito (53,7%), calo ponderale (52,6%)*, vomito (48,4%), nausea (45,2%), proteinuria (38,9%)*, stomatite (36,9%)*, cefalea (35,8%)*, disfonia (35,6%)*, sindrome da eritrodisestesia palmo-plantare (PPE) (34,1%)*, edema periferico (33,9%) e ipercolesterolemia (30,6%). Ipertensione e proteinuria tendono a verificarsi precocemente durante il trattamento con lenvatinib (vedere paragrafi 4.4 e 4.8, Descrizione di reazioni avverse selezionate; le frequenze contrassegnate da un asterisco si riferiscono alla popolazione di pazienti con DTC).

Le reazioni avverse gravi più importanti sono state insufficienza e compromissione renali (11,3%), tromboembolia arteriosa (3,9%)*, insufficienza cardiaca (1,6%), emorragia cerebrale (1,6%), emorragia tumorale intracranica (0,7%)*, PRES/RPLS (0,2%)* e insufficienza epatica (0,2%)* (le frequenze contrassegnate da un asterisco si riferiscono alla popolazione di pazienti con DTC).

Nello studio condotto nel RCC (vedere paragrafo 5.1), le reazioni avverse hanno comportato una riduzione della dose nel 67,7% dei pazienti e 18 (29,0%) pazienti hanno interrotto il trattamento. Le reazioni avverse più comuni (≥ 5%) che hanno comportato una riduzione della dose nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus sono state diarrea (21,0%), trombocitopenia (6,5%) e vomito (6,5%).

Tabella delle reazioni avverse per gli studi in RCC e DTC

Reazioni avverse simili sono state osservate negli studi clinici condotti nel RCC e nel DTC. Le reazioni avverse che si verificano con maggiore frequenza nella terapia di associazione, rispetto a lenvatinib in monoterapia, sono ipotiroidismo (incluso aumento dei livelli ematici di ormone tireostimolante), ipercolesterolemia e diarrea severa.

Le reazioni avverse osservate negli studi clinici per RCC e DTC e segnalate nell’uso post-marketing di lenvatinib sono elencate nella Tabella 4.

Le frequenze sono definite come:

molto comune (≥ 1/10)

comune (≥ 1/100, < 1/10)

non comune (≥ 1/1000, < 1/100)

non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili)

All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine di gravità decrescente.

Tabella 4 Reazioni avverse segnalate nei pazienti trattati con lenvatinib

Classificazione per sistemi e organi (secondo
MedDRA2)
Molto comune Comune Non comune Non nota
Infezioni ed
infestazioni
Infezione del
tratto urinario
Ascesso perineale
Patologie del
sistema emolinfopoietico
Trombocitopeniaa Linfopeniaa Infarto splenico
Patologie Ipotiroidismo**
endocrine Aumento dei
livelli ematici di
ormone
tireostimolante‡**
Disturbi del metabolismo e
della nutrizione
Ipocalcemia Ipercolesterolemia
b**
Disidratazione Ipomagnesiemiab
Ipokaliemia Diminuzione dell’appetito
Calo ponderale
Disturbi
psichiatrici
Insonnia
Patologie del Capogiri Accidente Sindrome da
sistema nervoso Cefalea cerebrovascolare encefalopatia
Disgeusia posteriore
reversibile
Monoparesi
Attacco ischemico
transitorio
Patologie Infarto del
cardiache miocardioc,†
Insufficienza
cardiaca
Prolungamento del
QT
all’elettrocardiogram
ma
Riduzione della
frazione di eiezione
Patologie vascolari Emorragiad, †,‡ Ipertensionee,‡ Ipotensione Aneurismi e dissezioni arteriose
Patologie respiratorie, toraciche e
mediastiniche
Disfonia Embolia polmonare5 Pneumotorace
Classificazione per sistemi e organi (secondo MedDRA2) Molto comune Comune Non comune Non nota
Patologie Diarrea‡** Fistola anale Pancreatite
gastrointestinali Dolori addominali Flatulenza
e gastrointestinalif Lipasi aumentata
Vomito Amilasi aumentata
Nausea
Infiammazione
oraleg
Dolore oraleh
Costipazione
Dispepsia
Bocca secca
Patologie Aumento Danno
epatobiliari dell’aspartato epatocellulare/epati
aminotransferasi tei
Ipoalbuminemia
Aumento dell’alanina
aminotransferasi
Aumento della
fosfatasi alcalina
ematica
Anomalie della
funzione epatica
Aumento della
gamma-glutamil
transferasik
Aumento della
bilirubinemia
Colecistite
Patologie della Sindrome da Ipercheratosi
cute e del tessuto eritrodisestesia
sottocutaneo palmo-plantare
Eritema palmare
Rash
Alopecia
Patologie del Dolore dorsale Osteonecrosi della
sistema Artralgia mandibola
muscoloscheletri Mialgia
co e del tessuto Dolore alle
connettivo estremità
Dolore
muscoloscheletric
o
Patologie renali
e urinarie
Proteinuria Insufficienza renale j,
†, ‡
Sindrome nefrosica
Compromissione
renale Aumento della creatininemia Aumento
dell’azotemia
Classificazione per sistemi e organi (secondo MedDRA2) Molto comune Comune Non comune Non nota
Patologie Affaticamento Malessere Guarigione Fistola non
sistemiche e
condizioni
Astenia
Edema periferico
compromessa*** gastrointestinal ek
relative alla sede
di
somministrazion
e

*: Medical Dictionary for Regulatory Activities (Dizionario medico per le attività di

regolamentazione) (MedDRA), versione 17.1. I termini preferiti sono stati riassegnati alla classificazione per sistemi e organi più pertinente all’organo bersaglio.

**: Queste reazioni avverse si verificano con maggiore frequenza nella terapia in associazione rispetto a lenvatinib in monoterapia.

***: Identificate nell’uso post-marketing di lenvatinib.

†: Comprende casi con esito fatale.

‡: Vedere paragrafo 4.8 Descrizione di reazioni avverse selezionate per ulteriore caratterizzazione. I termini seguenti sono stati combinati:

a: Trombocitopenia comprende trombocitopenia e riduzione della conta piastrinica. Linfopenia comprende linfopenia e riduzione della conta linfocitaria.

b: Ipomagnesiemia comprende ipomagnesiemia e riduzione della magnesiemia. Ipercolesterolemia comprende ipercolesterolemia e aumento della colesterolemia.

c: Infarto del miocardio comprende infarto del miocardio e infarto acuto del miocardio.

d: Emorragia comprende: epistassi, emottisi, ematuria, contusione, ematochezia, sanguinamento gengivale, petecchie, emorragia polmonare, emorragia rettale, presenza di sangue nelle urine, ematoma, emorragia vaginale, emorragia congiuntivale, emorragia emorroidale, emorragia da tumore intracranico, emorragia laringea, ecchimosi, aumentata tendenza all’ecchimosi, emorragia post-procedurale, porpora, emorragia cutanea, rottura dell’aneurisma, emorragia arteriosa, emorragia oculare, emorragia gastrica, gastroduodenite emorragica, emorragia gastrointestinale, ematemesi, emorragia, ictus emorragico, melena, metrorragia, sanguinamento del letto ungueale, emotorace, emorragia post-menopausale, proctite emorragica, ematoma renale, emorragia splenica, emorragie a scheggia, emorragia subaracnoidea, emorragia tracheale, emorragia tumorale.

e: Ipertensione comprende: ipertensione, crisi ipertensiva, aumento della pressione arteriosa diastolica e aumento della pressione arteriosa.

f: Dolore addominale e gastrointestinale comprende: fastidio addominale, dolore addominale, dolore addominale inferiore, dolore addominale superiore, dolorabilità addominale, fastidio epigastrico e dolore gastrointestinale.

g: Infiammazione orale comprende: ulcera aftosa, stomatite, glossite, ulcerazione della bocca e infiammazione delle mucose.

h: Dolore orale comprende: dolore orale, glossodinia e dolore orofaringeo.

i: Danno epatocellulare ed epatite comprendono: lesione epatica indotta da farmaco, steatosi epatica e lesione epatica colestatica.

j: Insufficienza renale comprende: insufficienza prerenale acuta, insufficienza renale, lesione renale acuta e necrosi tubulare renale.

k: Le fistole non gastrointestinali comprendono casi di fistola insorta in sedi diverse dallo stomaco o dall’intestino, quali fistola tracheale, tracheo-esofagea, esofagea, del tratto genitale femminile e cutanea.

Descrizione di reazioni avverse selezionate

Ipertensione (vedere paragrafo 4.4)

Nello studio nel RCC (vedere paragrafo 5.1), ipertensione è stata segnalata nel 41,9% dei pazienti del gruppo trattato con lenvatinib più everolimus (l’incidenza di ipertensione di grado 3 o di grado 4 è

stata del 12,9%) e nel 10,0% dei pazienti del gruppo trattato con everolimus (l’incidenza di ipertensione di grado 3 o di grado 4 è stata del 2,0%). Il tempo mediano all’insorgenza di ipertensione nei pazienti del gruppo trattato con lenvatinib più everolimus è stato di 4,9 settimane (qualsiasi grado) e di 6,9 settimane (grado ≥ 3).

Nello studio nel DTC (vedere riassunto delle caratteristiche del prodotto di Lenvima), ipertensione (comprendente ipertensione, crisi ipertensiva, aumento della pressione arteriosa diastolica e aumento della pressione arteriosa) è stata segnalata nel 72,8% dei pazienti trattati con lenvatinib e nel 16,0% dei pazienti del gruppo trattato con placebo. Il tempo mediano all’insorgenza di ipertensione nei pazienti trattati con lenvatinib è stato di 16 giorni. Reazioni di grado 3 o superiore (inclusa 1 reazione di

grado 4) si sono verificate nel 44,4% dei pazienti trattati con lenvatinib, rispetto al 3,8% dei pazienti trattati con placebo. Nella maggior parte dei casi i pazienti si sono ripresi o l’evento si è risolto dopo la sospensione della somministrazione o la riduzione della dose, avvenuta rispettivamente nel 13,0% e nel 13,4% dei pazienti. Nell’1,1% dei pazienti, l’ipertensione ha portato all’interruzione definitiva del trattamento.

Proteinuria (vedere paragrafo 4.4)

Nello studio nel RCC (vedere paragrafo 5.1), proteinuria è stata segnalata nel 30,6% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus (l’8,1% era di grado ≥ 3) e nel 14,0% dei pazienti del gruppo trattato con everolimus (il 2,0% era di grado ≥ 3). Il tempo mediano all’insorgenza di proteinuria nei pazienti del gruppo trattato con lenvatinib più everolimus è stato di 6,1 settimane (qualsiasi grado) e di 20,1 settimane (grado ≥ 3). La proteinuria ha portato all’interruzione definitiva del trattamento nel 4,8% dei pazienti.

Nello studio nel DTC (vedere riassunto delle caratteristiche del prodotto di Lenvima), proteinuria è stata segnalata nel 33,7% dei pazienti trattati con lenvatinib e nel 3,1% dei pazienti del gruppo trattato con placebo. Il tempo mediano all’insorgenza è stato di 6,7 settimane. Reazioni di grado 3 si sono verificate nel 10,7% dei pazienti trattati con lenvatinib e in nessuno dei pazienti trattati con placebo. La maggior parte dei casi ha avuto un esito di recupero o risoluzione dopo la sospensione della somministrazione o la riduzione della dose, avvenuta rispettivamente nel 16,9% e nel 10,7% dei pazienti. La proteinuria ha portato all’interruzione definitiva del trattamento nello 0,8% dei pazienti.

Insufficienza e compromissione renali (vedere paragrafo 4.4)

Nello studio nel RCC (vedere paragrafo 5.1), l’8,1% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus ha sviluppato insufficienza renale e il 3,2% ha sviluppato compromissione renale (il 9,7% dei pazienti ha avuto un evento di insufficienza o compromissione renale di grado 3). Nel gruppo trattato con everolimus in monoterapia il 2,0% dei pazienti ha sviluppato insufficienza renale (il 2,0% era di grado 3).

Nello studio nel DTC (vedere riassunto delle caratteristiche del prodotto di Lenvima), il 5,0% dei pazienti ha sviluppato insufficienza renale e l’1,9% compromissione renale (il 3,1% dei pazienti ha avuto un evento di insufficienza o compromissione renale di grado ≥ 3). Nel gruppo placebo, lo 0,8% dei pazienti ha sviluppato insufficienza o compromissione renale (lo 0,8% era di grado ≥ 3).

Disfunzione cardiaca (vedere paragrafo 4.4)

Nello studio nel RCC (vedere paragrafo 5.1), riduzione della frazione di eiezione/insufficienza cardiaca sono state segnalate nel 4,8% dei pazienti (il 3,2% era di grado ≥ 3) nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus e nel 4,0% del gruppo trattato con everolimus (il 2,0% era di grado ≥ 3). Il tempo mediano all’insorgenza di riduzione della frazione di eiezione e insufficienza cardiaca è stato di 15,7 settimane (qualsiasi grado) e di 32,8 settimane (grado ≥ 3) nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus.

Nello studio nel DTC (vedere riassunto delle caratteristiche del prodotto di Lenvima), riduzione della frazione di eiezione/insufficienza cardiaca è stata segnalata nel 6,5% dei pazienti (l’1,5% era di grado

≥ 3) nel gruppo trattato con lenvatinib e nel 2,3% del gruppo trattato con placebo (nessuno era di grado

≥ 3).

Sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (PRES)/Sindrome da leucoencefalopatia posteriore reversibile (RPLS) (vedere paragrafo 4.4)

Nello studio nel RCC (vedere paragrafo 5.1), vi è stato 1 evento di PRES (grado 3) nel gruppo trattato con lenvatinib, verificatosi dopo 18,4 settimane di trattamento. Non vi sono state segnalazioni nel gruppo lenvatinib più everolimus o nel gruppo everolimus in monoterapia.

Nello studio nel DTC (vedere riassunto delle caratteristiche del prodotto di Lenvima), vi è stato 1 evento di PRES (grado 2) nel gruppo trattato con lenvatinib e nessuna segnalazione nel gruppo placebo.

Tra i 1.166 pazienti trattati con lenvatinib, vi sono stati 4 casi (0,3%) di PRES (lo 0,3% era di grado 3 o 4), tutti risoltisi dopo la sospensione del trattamento e/o della dose o l’interruzione definitiva del trattamento.

Epatotossicità (vedere paragrafo 4.4)

Nello studio nel RCC (vedere paragrafo 5.1), le reazioni avverse di natura epatica più comunemente segnalate nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus sono state aumento dei livelli degli enzimi epatici, inclusi aumento dell’alanina aminotransferasi (9,7%), dell’aspartato aminotransferasi (4,8%), della fosfatasi alcalina (4,8%) e della bilirubinemia (3,2%). Il tempo mediano all’insorgenza di eventi epatici nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus è stato di 6,7 settimane (qualsiasi grado) e di 14,2 settimane (grado ≥ 3). Reazioni di natura epatica di grado 3 si sono verificate nel 3,2% dei pazienti del gruppo trattato con lenvatinib più everolimus. Le reazioni di natura epatica hanno comportato sospensioni e riduzioni della dose rispettivamente nell’1,6% e nell’1,6% dei pazienti e l’interruzione definitiva del trattamento nel 3,2% dei pazienti.

Nello studio nel DTC (vedere riassunto delle caratteristiche del prodotto di Lenvima), le reazioni avverse di natura epatica più comunemente segnalate sono state ipoalbuminemia (9,6% lenvatinib vs 1,5% placebo) e aumento dei livelli degli enzimi epatici, inclusi aumento dell’alanina aminotransferasi (7,7% lenvatinib vs 0 placebo), dell’aspartato aminotrasferasi (6,9% lenvatinib vs 1,5% placebo) e della bilirubinemia (1,9% lenvatinib vs 0 placebo). Il tempo mediano all’insorgenza delle reazioni epatiche nei pazienti trattati con lenvatinib è stato di 12,1 settimane. Reazioni di natura epatica di grado 3 o superiore (incluso 1 caso di insufficienza epatica di grado 5) si sono verificate nel 5,4% dei pazienti trattati con lenvatinib, rispetto allo 0,8% dei pazienti trattati con placebo. Le reazioni di natura epatica hanno comportato sospensioni e riduzioni della dose rispettivamente nel 4,6% e 2,7% dei pazienti e l’interruzione definitiva del trattamento nello 0,4%.

Tra i 1.166 pazienti trattati con lenvatinib, vi sono stati 3 casi (0,3%) di insufficienza epatica, tutti con esito fatale. Uno si è verificato in un paziente che non presentava metastasi epatiche. Vi è stato anche un caso di epatite acuta in un paziente che non presentava metastasi epatiche.

Tromboembolia arteriosa (vedere paragrafo 4.4)

Nello studio nel RCC (vedere paragrafo 5.1), l’1,6% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus ha riferito eventi di tromboembolia arteriosa. Il tempo all’insorgenza è stato di

69,6 settimane. Nel gruppo everolimus, il 6,0% dei pazienti ha riferito tromboembolia arteriosa (il 4,0% era di grado ≥ 3). Nello studio nel DTC (vedere riassunto delle caratteristiche del prodotto di Lenvima), eventi di tromboembolia arteriosa sono stati segnalati nel 5,4% dei pazienti trattati con lenvatinib e nel 2,3% dei pazienti nel gruppo placebo.

Tra i 1.166 pazienti trattati con lenvatinib, vi sono stati 5 casi (0,4%) di tromboembolia arteriosa (3 casi di infarto del miocardio e 2 casi di accidente cerebrovascolare) con esito fatale.

Emorragia (vedere paragrafo 4.4)

Nello studio nel RCC (vedere paragrafo 5.1), emorragia è stata segnalata nel 38,7% (l’8,1% era di grado ≥ 3) dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus. Le reazioni che si sono verificate con un’incidenza ≥ 2,0% sono state: epistassi (22,6%), ematuria (4,8%), ematoma (3,2%) ed emorragia gastrica (3,2%). Il tempo mediano alla prima insorgenza nei pazienti del gruppo trattato con lenvatinib più everolimus è stato di 10,2 settimane (qualsiasi grado) e di 7,6 settimane (grado ≥ 3).

L’incidenza di emorragia grave è stata del 4,8% (emorragia cerebrale, emorragia gastrica ed emartrosi). L’interruzione del trattamento a causa di eventi emorragici si è verificata nel 3,2% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus. Vi sono stati un caso di emorragia cerebrale con esito fatale nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus e un caso di emorragia intracranica con esito fatale nel gruppo trattato con lenvatinib.

Nello studio nel DTC (vedere riassunto delle caratteristiche del prodotto di Lenvima), emorragia è stata segnalata nel 34,9% (l’1,9% era di grado ≥ 3) dei pazienti trattati con lenvatinib, rispetto al 18,3% (il 3,1% era di grado ≥ 3) dei pazienti trattati con placebo. Le reazioni che si sono verificate con un’incidenza di ≥ 0,75% superiore al placebo sono state: epistassi (11,9%), ematuria (6,5%), contusione (4,6%), sanguinamento gengivale (2,3%), ematochezia (2,3%), emorragia rettale (1,5%),

ematoma (1,1%), emorragia delle emorroidi (1,1%), emorragia laringea (1,1%), petecchie (1,1%) ed emorragia da tumore intracranico (0,8%). In questo studio, vi è stato 1 caso di emorragia intracranica con esito fatale tra i 16 pazienti che erano stati trattati con lenvatinib e presentavano metastasi del SNC al basale.

Il tempo mediano alla prima insorgenza nei pazienti trattati con lenvatinib è stato di 10,1 settimane. Non sono state osservate differenze fra i pazienti trattati con lenvatinib e quelli trattati con placebo nell’incidenza di reazioni gravi (3,4% vs 3,8%), reazioni che hanno comportato l’interruzione anticipata (1,1% vs 1,5%) o reazioni che hanno comportato la sospensione (3,4% vs 3,8%) o la riduzione (0,4% vs 0) della dose.

Tra i 1.166 pazienti trattati con lenvatinib, emorragia di grado 3 o superiore è stata segnalata nel 2% dei pazienti, 3 pazienti (0,3%) hanno avuto un’emorragia di grado 4 e 5 pazienti (0,4%) hanno avuto una reazione di grado 5, inclusi emorragia arteriosa, ictus emorragico, emorragia da tumore intracranico, emottisi ed emorragia tumorale.

Ipocalcemia (vedere paragrafo 4.4, Prolungamento dell’intervallo QT)

Nello studio nel RCC (vedere paragrafo 5.1), ipocalcemia è stata segnalata nell’8,1% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus (il 3,2% era di grado ≥ 3) e nel 4,0% dei pazienti nel gruppo trattato con everolimus (nessuna era di grado ≥ 3). Il tempo mediano all’insorgenza di ipocalcemia nei pazienti del gruppo trattato con lenvatinib più everolimus è stato di 28,3 settimane (qualsiasi grado) e di 45,9 settimane (grado ≥ 3). Vi è stato un evento avverso insorto durante il trattamento (TEAE) di grado 4. Nessun evento di ipocalcemia ha richiesto la riduzione di dose o la sospensione della somministrazione e nessun paziente ha interrotto il trattamento a causa di ipocalcemia.

Nello studio nel DTC (vedere riassunto delle caratteristiche del prodotto di Lenvima), ipocalcemia è stata segnalata nel 12,6% dei pazienti trattati con lenvatinib rispetto a nessun caso nel braccio placebo. Il tempo mediano alla prima insorgenza nei pazienti trattati con lenvatinib è stato di 11,1 settimane.

Reazioni di grado 3 o 4 di gravità si sono verificate nel 5,0% dei pazienti trattati con lenvatinib rispetto a 0 pazienti trattati con placebo. La maggior parte delle reazioni si è risolta dopo il trattamento di supporto, senza sospensione o riduzione della dose, avvenuta rispettivamente nell’1,5% e nell’1,1% dei pazienti; un paziente con ipocalcemia di grado 4 ha interrotto definitivamente il trattamento.

Perforazione gastrointestinale e formazione di fistole (vedere paragrafo 4.4)

Nello studio nel RCC (vedere paragrafo 5.1), l’1,6% dei casi di appendicite perforata (grado 3) si è verificato nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus; non vi sono state segnalazioni nei gruppi trattati con lenvatinib o everolimus.

Nello studio nel DTC, eventi di perforazione gastrointestinale o fistola sono stati segnalati nell’1,9% dei pazienti trattati con lenvatinib e nello 0,8% dei pazienti nel gruppo placebo.

Fistole non gastrointestinali (vedere paragrafo 4.4)

L’uso di lenvatinib è stato associato a casi di fistole, incluse reazioni con esito fatale. Casi di fistole che interessavano aree del corpo diverse dallo stomaco o dall’intestino sono stati segnalati in varie indicazioni. Le reazioni sono state riportate in vari momenti nel corso del trattamento, da due

settimane a più di 1 anno dall’inizio del trattamento con lenvatinib, con una latenza mediana di circa 3 mesi.

Prolungamento dell’intervallo QT (vedere paragrafo 4.4)

Nello studio nel RCC (vedere paragrafo 5.1), aumenti dell’intervallo QTc superiori a 60 ms sono stati segnalati nell’11% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus. L’incidenza di intervallo QTc maggiore di 500 ms è stata del 6% nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus. Non vi sono state segnalazioni di un prolungamento dell’intervallo QTc superiore a 500 ms, o di aumenti maggiori di 60 ms, nel gruppo trattato con everolimus.

Nello studio nel DTC (vedere riassunto delle caratteristiche del prodotto di Lenvima), prolungamento dell’intervallo QT/QTc è stato segnalato nell’8,8% dei pazienti trattati con lenvatinib e nell’1,5% dei pazienti del gruppo trattato con placebo. L’incidenza di prolungamento dell’intervallo QT maggiore di 500 ms è stata del 2% nei pazienti trattati con lenvatinib, rispetto a nessuna segnalazione nel gruppo placebo.

Aumento dei livelli ematici di ormone tireostimolante (vedere paragrafo 4.4 Alterazione della soppressione dell’ormone tireostimolante/Disfunzione tiroidea) (vedere paragrafo 4.4)

Nello studio nel RCC (vedere paragrafo 5.1), ipotiroidismo si è verificato nel 24% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus e nel 2% dei pazienti nel gruppo trattato con everolimus. Tutti gli eventi di ipotiroidismo nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus erano di grado 1 o 2. Nei pazienti con TSH nella norma al basale, un aumento del livello di TSH è stato osservato al post- basale nel 60,5% dei pazienti trattati con lenvatinib più everolimus, rispetto a nessuno dei pazienti trattati con everolimus in monoterapia.

Nello studio nel DTC (vedere riassunto delle caratteristiche del prodotto di Lenvima), l’88% di tutti i pazienti aveva un livello di TSH al basale inferiore o pari a 0,5 mU/l. Nei pazienti con TSH nella norma al basale, un aumento del livello di TSH oltre 0,5 mU/l è stato osservato al post-basale nel 57% dei pazienti trattati con lenvatinib, rispetto al 14% dei pazienti trattati con placebo.

Diarrea (vedere paragrafo 4.4)

Nello studio nel RCC (vedere paragrafo 5.1), diarrea è stata segnalata nell’80,6% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus (il 21,0% era di grado ≥ 3) e nel 34,0% dei pazienti nel gruppo trattato con everolimus (il 2,0% era di grado ≥ 3). Il tempo mediano all’insorgenza è stato di 4,1 settimane (qualsiasi grado) e di 8,1 settimane (grado ≥ 3) nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus. La diarrea è stata la causa più frequente di sospensione/riduzione della dose e si è ripresentata nonostante la riduzione della dose. La diarrea ha comportato l’interruzione del trattamento in un paziente.

Nello studio nel DTC (vedere riassunto delle caratteristiche del prodotto di Lenvima), diarrea è stata segnalata nel 67,4% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib (il 9,2% era di grado ≥ 3) e nel 16,8% dei pazienti nel gruppo placebo (nessun caso era di grado ≥ 3).

Popolazione pediatrica

Vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico. Altre popolazioni speciali

Anziani

I dati relativi ai pazienti di età ≥ 75 anni con RCC sono limitati. Tuttavia, nel DTC i pazienti di età

≥ 75 anni hanno avuto una maggiore probabilità di manifestare ipertensione di grado 3 o 4, proteinuria, riduzione dell’appetito e disidratazione.

Sesso

Nei pazienti con DTC, le donne hanno avuto una più elevata incidenza di ipertensione (inclusa ipertensione di grado 3 o 4), proteinuria e PPE, mentre gli uomini hanno avuto una più elevata incidenza di riduzione della frazione di eiezione e di perforazione gastrointestinale e formazione di fistole.

Origine etnica

I dati relativi a pazienti asiatici con RCC sono limitati. Tuttavia, nel DTC, rispetto ai pazienti caucasici, i pazienti asiatici hanno avuto una più elevata incidenza di edema periferico, ipertensione, affaticamento, PPE, proteinuria, trombocitopenia e aumento dei livelli ematici di ormone tireostimolante.

Ipertensione al basale

Nel DTC, i pazienti con ipertensione al basale hanno avuto una più elevata incidenza di ipertensione di grado 3 o 4, proteinuria, diarrea e disidratazione e hanno manifestato più casi gravi di disidratazione, ipotensione, embolia polmonare, versamento pleurico maligno, fibrillazione atriale e sintomi gastrointestinali (dolore addominale, diarrea, vomito). Nel RCC, i pazienti con ipertensione al basale hanno avuto una più elevata incidenza di disidratazione, affaticamento e ipertensione di grado 3 o 4.

Diabete al basale

Nel RCC, i pazienti con diabete al basale hanno avuto un’incidenza più elevata di ipertensione di grado 3 o 4, ipertrigliceridemia e insufficienza renale acuta.

Compromissione epatica

I dati relativi a pazienti con compromissione epatica nel RCC sono limitati. Tuttavia, nel DTC i pazienti con compromissione epatica al basale hanno avuto una più elevata incidenza di ipertensione e PPE e una più elevata incidenza di ipertensione di grado 3 o 4, astenia, affaticamento e ipocalcemia, rispetto ai pazienti con funzione epatica normale.

Compromissione renale

Nel DTC, i pazienti con compromissione renale al basale hanno avuto una più elevata incidenza di ipertensione di grado 3 o 4, proteinuria, affaticamento, stomatite, edema periferico, trombocitopenia, disidratazione, prolungamento del QT all’elettrocardiogramma, ipotiroidismo, iponatriemia, aumento dei livelli ematici di ormone tireostimolante e polmonite, rispetto ai soggetti con funzione renale normale. Questi pazienti hanno avuto inoltre un’incidenza più elevata di reazioni renali e una tendenza verso un’incidenza più elevata di reazioni epatiche. Nel RCC, i pazienti con compromissione renale al basale hanno avuto una più elevata incidenza di affaticamento di grado 3.

Pazienti con peso corporeo < 60 kg

I dati relativi a pazienti con peso corporeo < 60 kg nel RCC sono limitati. Tuttavia, nel DTC, i pazienti con basso peso corporeo (< 60 kg) hanno avuto un’incidenza più elevata di PPE, proteinuria, ipocalcemia e iponatriemia di grado 3 o 4 e una tendenza verso una più elevata incidenza di diminuzione dell’appetito di grado 3 o 4.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il istema nazionale di segnalazione riportato nell’allegato V.

04.9 Sovradosaggio

Indice

Le dosi più elevate di lenvatinib clinicamente studiate sono state 32 mg e 40 mg al giorno. Negli studi clinici si sono verificati inoltre errori accidentali che hanno comportato la somministrazione di dosi singole comprese tra 40 e 48 mg. Le reazioni avverse al farmaco osservate con maggiore frequenza a queste dosi sono state ipertensione, nausea, diarrea, affaticamento, stomatite, proteinuria, cefalea e aggravamento della PPE. Vi sono state inoltre segnalazioni di sovradosaggio con lenvatinib, che hanno comportato somministrazioni singole da 6 a 10 volte la dose giornaliera raccomandata. Tali casi sono stati associati a reazioni avverse coerenti con il profilo di sicurezza noto di lenvatinib (ossia insufficienza renale e cardiaca), oppure non hanno prodotto reazioni avverse.

Non esiste un antidoto specifico per il sovradosaggio di lenvatinib. In caso di sospetto sovradosaggio, lenvatinib deve essere sospeso e deve essere istituita una terapia di supporto appropriata, secondo necessità.

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

Indice

Categoria farmacoterapeutica: agenti antineoplastici, inibitori della proteina chinasi, codice ATC: L01XE29

Meccanismo d’azione

Lenvatinib è un inibitore dei recettori tirosin chinasici (RTK) che inibisce in modo selettivo le attività chinasiche dei recettori del fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF) VEGFR1 (FLT1), VEGFR2 (KDR) e VEGFR3 (FLT4), in aggiunta ad altri RTK correlati ai pathway proangiogenici e oncogenici, inclusi i recettori del fattore di crescita dei fibroblasti (FGF) FGFR1, 2, 3 e 4, il recettore del fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGF) PDGFRα, KIT e RET. L’associazione di lenvatinib ed everolimus ha evidenziato un aumento dell’attività antiangiogenica e antitumorale, come dimostrato da una riduzione della proliferazione di cellule endoteliali umane, della formazione di tubuli, dell’attività di segnalazione di VEGF in vitro e del volume tumorale in modelli di xenotrapianto murino di carcinoma a cellule renale umano, maggiore rispetto a ciascun farmaco in monoterapia.

Sebbene non sia stato studiato direttamente con lenvatinib, si ipotizza che il meccanismo d’azione per l’ipertensione sia mediato dall’inibizione di VEGFR2 nelle cellule endoteliali vascolari.

Analogamente, sebbene non sia stato studiato direttamente, si ipotizza che il meccanismo d’azione per la proteinuria sia mediato dalla downregulation di VEGFR1 e VEGFR2 nei podociti glomerulari.

Il meccanismo d’azione per l’ipotiroidismo non è pienamente chiarito.

Il meccanismo d’azione per il peggioramento dell’ipercolesterolemia nel trattamento in associazione non è stato studiato direttamente e non è pienamente chiarito.

Sebbene non studiato direttamente, il meccanismo d’azione per il peggioramento della diarrea nel trattamento in associazione è presumibilmente mediato dall’alterazione della funzione intestinale correlata al meccanismo d’azione dei singoli principi – inibizione di VEGF/VEGFR e c-KIT da parte di lenvatinib, abbinata a inibizione di mTOR/NHE3 da parte di everolimus.

Efficacia e sicurezza clinica

È stato condotto uno studio clinico multicentrico, randomizzato, in aperto, per determinare la sicurezza ed efficacia di lenvatinib somministrato in monoterapia o in associazione a everolimus, in soggetti affetti da RCC avanzato non operabile o metastatico. Lo studio era costituito da una parte di fase lb di dose finding e da una parte di fase 2. La parte di fase lb comprendeva 11 pazienti trattati con l’associazione di 18 mg di lenvatinib più 5 mg di everolimus. La parte di fase 2 ha arruolato in totale 153 pazienti con RCC avanzato non operabile o metastatico, dopo 1 precedente terapia mirata anti- VEGF. In totale, 62 pazienti hanno ricevuto l’associazione di lenvatinib ed everolimus alla dose raccomandata. I pazienti dovevano avere, tra gli altri, conferma istologica di RCC a predominanza di cellule chiare, evidenza radiografica di progressione della malattia secondo i criteri RECIST 1.1 (Response Evaluation Criteria in Solid Tumours Version 1.1), una precedente terapia mirata anti- VEGF e Performance Status (PS) secondo l’Eastern Cooperative Oncology Group (ECOG) di 0 o 1.

I pazienti sono stati randomizzati a uno dei 3 bracci: 18 mg di lenvatinib più 5 mg di everolimus, 24 mg di lenvatinib o 10 mg di everolimus, utilizzando un rapporto 1:1:1. I pazienti sono stati

stratificati per livello di emoglobina (≤ 13 g/dl vs. > 13 g/dl per gli uomini e ≤ 11,5 g/dl vs. > 11,5 g/dl per le donne) e calcio sierico corretto (≥ 10 mg/dl vs. < 10 mg/dl). La mediana della dose giornaliera media nel braccio in associazione per soggetto è stata 13,5 mg di lenvatinib (75,0% della dose prevista

di 18 mg) e 4,7 mg di everolimus (93,6% della dose prevista di 5 mg). Il livello di dose finale nel braccio in associazione è stato 18 mg per il 29% dei pazienti, 14 mg per il 31% dei pazienti, 10 mg per il 23% dei pazienti, 8 mg per il 16% dei pazienti e 4 mg per il 2% dei pazienti.

Dei 153 pazienti randomizzati, il 73% era di sesso maschile, l’età mediana era 61 anni, il 37% aveva un’età pari o superiore a 65 anni, il 7% aveva un’età pari o superiore a 75 anni e il 97% era caucasico. Metastasi erano presenti nel 95% dei pazienti e lo stato di malattia avanzata non operabile era presente nel 5%. Tutti i pazienti avevano un PS ECOG al basale di 0 (55%) o 1 (45%), con distribuzione simile fra i 3 bracci di trattamento. Il 39% dei pazienti del braccio lenvatinib più everolimus, il 44% dei pazienti del braccio lenvatinib ed il 38% dei pazienti del braccio everolimus appartenevano alla categoria di rischio sfavorevole secondo il Memorial Sloan Kettering Cancer Center (MSKCC). Il 20% dei pazienti del braccio lenvatinib più everolimus, il 23% dei pazienti del braccio lenvatinib ed il 24% dei pazienti del braccio everolimus appartenevano alla categoria di rischio sfavorevole secondo l’International mRCC Database Consortium (IMDC). Il tempo mediano dalla diagnosi alla prima dose è stato di 32 mesi nel braccio di trattamento lenvatinib più everolimus, di 33 mesi nel braccio lenvatinib e di 26 mesi nel braccio everolimus. Tutti i pazienti erano stati trattati con 1 precedente inibitore del VEGF; il 65% con sunitinib, il 23% con pazopanib, il 4% con tivozanib, il 3% con bevacizumab e il 2% ciascuno con sorafenib o axitinib.

La misura primaria di esito dell’efficacia, basata sulla risposta tumorale valutata dallo sperimentatore, era la sopravvivenza libera da progressione (PFS) del braccio lenvatinib più everolimus rispetto al braccio everolimus, e del braccio lenvatinib rispetto al braccio everolimus. Altre misure di esito dell’efficacia comprendevano la sopravvivenza globale (OS) e il tasso di risposta obiettiva (ORR) valutato dallo sperimentatore. Le valutazioni del tumore sono state eseguite secondo i criteri

RECIST 1.1.

Il braccio lenvatinib più everolimus ha evidenziato un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante della PFS, rispetto al braccio everolimus (vedere Tabella 5 e Figura 1). Sulla base dei risultati di un’analisi esplorativa post-hoc in un numero limitato di pazienti per sottogruppo, l’effetto positivo sulla PFS è stato osservato indipendentemente da quale terapia anti-VEGF fosse stata utilizzata in precedenza: sunitinib (hazard ratio [HR] = 0,356 [IC al 95%: 0,188, 0,674] o altre terapie (HR = 0,350 [IC al 95%: 0,148, 0,828]). Il braccio lenvatinib ha dimostrato inoltre un miglioramento della PFS rispetto al braccio everolimus. La sopravvivenza globale è risultata più lunga nel braccio lenvatinib più everolimus (vedere Tabella 5 e Figura 2). Lo studio non aveva la potenza necessaria per l’analisi dell’OS.

L’effetto del trattamento in associazione su PFS e ORR è stato supportato inoltre da una revisione post-hoc retrospettiva, indipendente, condotta in cieco, degli esami di imaging. Il braccio lenvatinib più everolimus ha evidenziato un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante della PFS rispetto al braccio everolimus. I risultati per l’ORR erano coerenti con quelli delle valutazioni degli sperimentatori, 35,3% nel braccio lenvatinib più everolimus, con una risposta completa e 17 risposte parziali; nessun soggetto ha avuto una risposta obiettiva nel braccio everolimus (p < 0,0001) a favore del braccio lenvatinib più everolimus.

Tabella 5 Risultati di efficacia nel carcinoma a cellule renali

lenvatinib 18 mg + everolimus 5 mg
(N=51)
lenvatinib 24 mg
(N=52)
everolimus 10 mg (N=50)
Sopravvivenza libera da progressione (PFS)a secondo la valutazione dello sperimentatore
PFS mediana in mesi (IC al
95%)
14,6 (5,9, 20,1) 7,4 (5,6,
10,2)
5,5 (3,5, 7,1)
Hazard ratio (IC al 95%)b lenvatinib + everolimus vs
everolimus
0,40 (0,24,
0,67)
P value 0,0005
lenvatinib 18 mg + everolimus 5 mg
(N=51)
lenvatinib 24 mg
(N=52)
everolimus 10 mg (N=50)
lenvatinib + everolimus vs
everolimus
Sopravvivenza libera da progressione (PFS)a secondo la revisione post-hoc retrospettiva
indipendente
PFS mediana in mesi (IC al
95%)
12,8 (7,4, 17,5) 9,0 (5,6,
10,2)
5,6 (3,6, 9,3)
Hazard ratio (IC al 95%)b
lenvatinib + everolimus vs everolimus
0,45 (0,26,
0,79)
P value
lenvatinib + everolimus vs everolimus
0,003
Sopravvivenza globalec
Numero di decessi, n (%) 32 (63) 34 (65) 37 (74)
OS mediana in mesi (IC al
95%)
25,5
(16,4, 32,1)
19,1 (13,6, 26,2) 15,4 (11,8, 20,6)
Hazard ratio (IC al 95%)b
lenvatinib + everolimus vs everolimus
0,59
(0,36, 0,97)
Tasso di risposta obiettiva n (%) secondo la valutazione dello sperimentatore
Risposte complete 1 (2) 0 0
Risposte parziali 21 (41) 14 (27) 3 (6)
Tasso di risposta obiettiva 22 (43) 14 (27) 3 (6)
Malattia stabile 21 (41) 27 (52) 31 (62)
Durata della risposta, mesi,
mediana (IC al 95%)
13,0 (3,7, NS) 7,5 (3,8, NS) 8,5 (7,5, 9,4)

La valutazione del tumore si è basata sui criteri RECIST 1.1. Data di cut-off dei dati = 13 giu 2014.

Le percentuali si basano sul numero totale di soggetti per l’analisi completa, all’interno del gruppo di trattamento pertinente.

IC = intervallo di confidenza, NS = non stimabile

a Le stime puntuali si basano sul metodo di Kaplan-Meier e gli IC al 95% si basano sulla formula di Greenwood utilizzando la trasformazione log-log

bL’hazard ratio stratificato si basa su un modello di regressione di Cox stratificato, comprendente il trattamento come covariata ed emoglobina e calcio sierico corretto come strati. Il metodo Efron è stato utilizzato per la correzione per gli eventi legati.

cData di cut-off dei dati = 31 lug

2015

Sopravvivenza libera da progressione

Figura 1: Curva di Kaplan-Meier della sopravvivenza libera da progressione (Valutazione dello sperimentatore)

Numero di soggetti a rischio:
L (18 mg) + E (5 mg) 51 41 27 23 16 10 5 1 0
L (24 mg) 52 41 29 20 11 6 4 1 0
E (10 mg) 50 29 15 11 7 3 1 0

Tempo (mesi)

L (18 mg) + E (5 mg) = lenvatinib 18 mg + everolimus 5 mg; L (24 mg) = lenvatinib 24 mg; E (10 mg) = everolimus 10 mg Data di cut-off dei dati: 13 GIU. 2014

14,6 (5,9, 20,1)

7,4 (5,6, 10,2)

5,5 (3,5, 7,1)

lenvatinib (18 mg) + everolimus (5 mg) lenvatinib (24 mg)

everolimus (10 mg)

Mediana (mesi) (IC al 95%)

Levantinib (18 mg) + everolimus (5 mg) vs. everolimus (10 mg): HR (IC al 95%): 0,40 (0,24, 0,67)

Logrank test: p = 0,0005

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25,5 (16,4, 32,1)

19,1 (13,6, 26,2)

15,4 (11,8, 20,6)

levantinib (18 mg) + everolimus (5 mg) levantinib (24 mg)

everolimus (10 mg)

Mediana (mesi) (IC al 95%)

Levantinib (18 mg) + everolimus (5 mg) vs. everolimus (10 mg): HR (IC al 95%): 0,59 (0,36, 0,97)

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Probablità di sopravvivenza

Figura 2: Curva di Kaplan-Meier della sopravvivenza globale

Tempo (mesi)

Numero di soggetti a rischio:

L (18 mg) + E (5 mg)51 48 46 44 37 35 32 30 26 17 11 7 2 0 0
L (24 mg) 52 50 45 42 37 31 28 23 19 12 7 3 2 1 0
E (10 mg) 50 46 42 38 30 27 20 17 13 10 9 5 1 0 0
L (18 mg) + E (5 mg) = lenvatinib 18 mg + everolimus 5 mg; L (24 mg) = lenvatinib 24 mg; E (10 mg) = everolimus 10 mg Data di cut-off dei dati: 31 LUG. 2015

Popolazione pediatrica

L’Agenzia europea dei medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con lenvatinib in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per il carcinoma a cellule renali (RCC).

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

I parametri di farmacocinetica di lenvatinib sono stati studiati in soggetti adulti sani, in soggetti adulti con compromissione epatica, compromissione renale e tumori solidi.

Assorbimento

Lenvatinib è assorbito rapidamente dopo la somministrazione orale, con tmax osservato in genere da 1 a 4 ore dopo la somministrazione. Il cibo non influisce sull’entità, ma rallenta la velocità dell’assorbimento. Quando è stato somministrato con il cibo in soggetti sani, il picco di concentrazione plasmatica è risultato ritardato di 2 ore. La biodisponibilità assoluta non è stata determinata nell’uomo; tuttavia, i dati derivati da uno studio del bilancio di massa suggeriscono che sia nell’ordine dell’85%.

Distribuzione

In vitro il legame di lenvatinib alle proteine plasmatiche umane è elevato e varia dal 98% al 99% (0,3-30 μg/ml, mesilato). Questo legame ha riguardato principalmente l’albumina, con un legame di minore entità all’α1-glicoproteina acida e alla γ-globulina.

In vitro il rapporto di concentrazione sangue-plasma di lenvatinib era compreso tra 0,589 e 0,608 (0,1-10 μg/ml, mesilato).

Gli studi in vitro indicano che lenvatinib è un substrato per la P-gp e la BCRP. Lenvatinib mostra attività inibitorie minime o assenti verso le attività di trasporto mediate dalla P-gp e dalla BCRP. Analogamente, non è stata osservata induzione di espressione dell’mRNA della P-gp. Lenvatinib non è un substrato per OAT1, OAT3, OATP1B1, OATP1B3, OCT1, OCT2 o BSEP. Nel citosol epatico umano, lenvatinib non ha inibito l’attività dell’aldeide ossidasi.

Nei pazienti il volume di distribuzione apparente mediano (Vz/F) della prima dose era compreso tra 50,5 L e 92 L ed è risultato in genere coerente tra i gruppi di dose da 3,2 mg a 32 mg. Anche il volume di distribuzione apparente allo steady-state (Vz/Fss) mediano analogo è stato in genere coerente e compreso tra 43,2 L e 121 L.

Biotrasformazione

In vitro, il citocromo P450 3A4 si è dimostrato l’isoforma predominante (> 80%) coinvolta nel metabolismo di lenvatinib mediato dal P450. Tuttavia, i dati in vivo indicano che le vie non mediate dal P450 contribuiscono in una percentuale significativa al metabolismo complessivo di lenvatinib. Di conseguenza, in vivo, gli induttori e gli inibitori del CYP 3A4 hanno avuto un effetto minimo sull’esposizione a lenvatinib (vedere paragrafo 4.5).

Nei microsomi epatici umani, la forma demetilata di lenvatinib (M2) è stata identificata come il metabolita principale. M2’ e M3’, i principali metaboliti nelle feci umane, si sono formati rispettivamente da M2 e lenvatinib mediante l’aldeide ossidasi.

In campioni plasmatici raccolti fino a 24 ore dopo la somministrazione, lenvatinib costituiva il 97% della radioattività nei radiocromatogrammi del plasma, mentre il metabolita M2 ha rappresentato un ulteriore 2,5%. Sulla base dell’AUC(0 – inf), lenvatinib ha rappresentato il 60% e il 64% della radioattività totale rispettivamente nel plasma e nel sangue.

I dati derivati da uno studio di bilancio di massa/escrezione condotto nell’uomo indicano che lenvatinib viene ampiamente metabolizzato nell’uomo. Le principali vie metaboliche nell’uomo sono state identificate in ossidazione mediante l’aldeide ossidasi, demetilazione tramite il CYP3A4, coniugazione con glutatione con eliminazione del gruppo O-arilico (porzione clorofenilica), e combinazioni di queste vie seguite da ulteriori biotrasformazioni (ad es. glucuronidazione, idrolisi della frazione glutationica, degradazione della porzione cisteinica e riarrangiamento intramolecolare dei coniugati cisteinil-glicina e cisteina, con successiva dimerizzazione). Queste vie metaboliche in vivo sono in linea con i dati forniti negli studi in vitro che hanno utilizzato biomateriali umani.

Studi dei trasportatori in vitro

Vedere il paragrafo sulla distribuzione.

Eliminazione

Le concentrazioni plasmatiche si riducono in modo bi-esponenziale dopo il raggiungimento della Cmax. L’emivita terminale media esponenziale di lenvatinib è di circa 28 ore.

In seguito alla somministrazione di lenvatinib radiomarcato a 6 pazienti con tumori solidi, circa i due terzi e un quarto del radiomarcatore sono stati eliminati rispettivamente nelle feci e nelle urine. Il metabolita M3 è stato l’analita predominante negli escreti (~ 17% della dose), seguito da M2’ (~ 11% della dose) e da M2 (~ 4,4% della dose).

Linearità/Non linearità

Proporzionalità della dose e accumulo

Nei pazienti con tumori solidi a cui erano state somministrate dosi singole e ripetute di lenvatinib una volta al giorno, l’esposizione a lenvatinib (Cmax e AUC) è aumentata in modo direttamente proporzionale alla dose somministrata, in un intervallo posologico da 3,2 a 32 mg una volta al giorno.

Lenvatinib evidenzia un accumulo minimo allo steady state. Nell’arco di questo intervallo, il rapporto di accumulo (Rac) mediano risultava compreso tra 0,96 (20 mg) e 1,54 (6,4 mg).

Popolazioni speciali

Compromissione epatica

La farmacocinetica di lenvatinib, dopo una dose singola di 10 mg, è stata valutata in 6 soggetti, ciascuno con compromissione epatica lieve e moderata (rispettivamente Child-Pugh A e Child-Pugh B). Una dose di 5 mg è stata valutata in 6 soggetti con compromissione epatica severa (Child-Pugh C). Otto soggetti sani, abbinati per caratteristiche demografiche, sono stati utilizzati come controlli e hanno ricevuto una dose di 10 mg. L’emivita mediana è risultata paragonabile tra i soggetti con compromissione epatica lieve, moderata e severa e quelli con funzione epatica nella norma e variava da 26 a 31 ore. La percentuale della dose di lenvatinib escreta nelle urine è stata bassa in tutte le coorti (< 2,16% tra le coorti di trattamento).

L’esposizione a lenvatinib, sulla base dei dati dell’AUC0-t e dell’AUC0-inf aggiustate per la dose, è stata pari al 119%, 107% e 180% della norma per i soggetti rispettivamente con compromissione epatica lieve, moderata e severa. È stato determinato che il legame alle proteine plasmatiche nel plasma dei soggetti con compromissione epatica era simile a quello nei rispettivi soggetti sani corrispondenti e non è stata osservata nessuna dipendenza dalla concentrazione. Per le raccomandazioni posologiche, vedere paragrafo 4.2.

Compromissione renale

La farmacocinetica di lenvatinib, dopo una dose singola di 24 mg, è stata valutata in 6 soggetti ciascuno con compromissione renale lieve, moderata e severa e confrontata con 8 soggetti sani, abbinati per caratteristiche demografiche. I soggetti con malattia renale allo stadio terminale non sono stati studiati.

L’esposizione a lenvatinib, sulla base dei dati dell’AUC0-inf, è stata pari al 101%, 90% e 122% della norma per i soggetti rispettivamente con compromissione renale lieve, moderata e severa. È stato determinato che il legame alle proteine plasmatiche nel plasma dei soggetti con compromissione renale era simile a quello nei rispettivi soggetti sani corrispondenti e non è stata osservata nessuna dipendenza dalla concentrazione. Per le raccomandazioni posologiche, vedere paragrafo 4.2.

Età, sesso, peso, razza

Sulla base di un’analisi di farmacocinetica di popolazione, in pazienti trattati con una dose fino a

24 mg di lenvatinib una volta al giorno, l’età, il sesso, il peso e la razza (giapponese vs altra, caucasica vs altra) non hanno avuto effetti significativi sulla clearance (vedere paragrafo 4.2).

Popolazione pediatrica

I pazienti pediatrici non sono stati studiati.

05.3 Dati preclinici di sicurezza

Indice

Negli studi di tossicità a dosi ripetute (fino a 39 settimane), lenvatinib ha causato alterazioni tossicologiche in vari organi e tessuti, correlate agli effetti farmacologici attesi di lenvatinib, tra cui glomerulopatia, ipocellularità testicolare, atresia dei follicoli ovarici, alterazioni gastrointestinali, alterazioni ossee, alterazioni surrenali (ratti e cani) e lesioni arteriose (necrosi fibrinoide delle arterie, degenerazione della media o emorragia) nei ratti, nei cani e nelle scimmie cynomolgus. Livelli elevati di transaminasi, associati a segni di epatotossicità, sono stati inoltre osservati nei ratti, nei cani e nelle scimmie. Reversibilità delle alterazioni tossicologiche è stata osservata al termine di un periodo di recupero di 4 settimane in tutte le specie animali studiate.

Genotossicità

Lenvatinib non è risultato genotossico.

Non sono stati condotti studi di cancerogenicità con lenvatinib. Tossicità della riproduzione e dello sviluppo

Non sono stati condotti studi specifici con lenvatinib negli animali per valutare l’effetto sulla fertilità.

Tuttavia, alterazioni testicolari (ipocellularità dell’epitelio seminifero) e ovariche (atresia dei follicoli) sono state osservate in studi di tossicità a dosi ripetute negli animali, a esposizioni pari a 11-15 volte (ratto) o 0,6-7 volte (scimmia) l’esposizione clinica prevista (sulla base dell’AUC) alla dose umana massima tollerata. Questi effetti sono risultati reversibili al termine di un periodo di recupero di

4 settimane.

La somministrazione di lenvatinib durante l’organogenesi ha provocato embrioletalità e teratogenicità nei ratti (anomalie fetali esterne e scheletriche), a esposizioni inferiori all’esposizione clinica (sulla base dell’AUC) alla massima dose umana tollerata, e nei conigli (anomalie fetali esterne, viscerali o scheletriche) sulla base della superficie corporea (mg/m2) alla dose umana massima tollerata. Questi risultati indicano che lenvatinib ha un potenziale teratogeno, probabilmente correlato alla sua attività farmacologica come agente antiangiogenico.

Lenvatinib ed i suoi metaboliti sono escreti nel latte di ratto. Studi di tossicità negli animali giovani

La mortalità è stata la tossicità dose-limitante nei ratti giovani, nei quali la somministrazione era stata

iniziata il giorno post-natale (PND) 7 o il PND21, ed è stata osservata a esposizioni rispettivamente 125 o 12 volte inferiori rispetto all’esposizione a cui si è osservata mortalità nei ratti adulti. Ciò suggerisce un aumento della sensibilità alla tossicità con l’abbassamento dell’età. Pertanto, la mortalità può essere imputata a complicanze correlate a lesioni duodenali primarie, con possibile contributo di tossicità aggiuntive negli organi bersaglio immaturi.

La tossicità di lenvatinib è stata più marcata nei ratti più giovani (somministrazione iniziata il PND7), rispetto ai ratti in cui la somministrazione era iniziata il PND21 e la mortalità e alcune tossicità sono state osservate più precocemente nei ratti giovani a una dose di 10 mg/kg, rispetto ai ratti adulti che avevano ricevuto lo stesso livello di dose. Nei ratti giovani sono stati inoltre osservati ritardo della crescita, ritardo secondario dello sviluppo fisico e lesioni imputabili agli effetti farmacologici (incisivi, femore [piastra di crescita epifisaria], reni, surreni e duodeno).

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

Indice

Contenuto della capsula Carbonato di calcio Mannitolo

Cellulosa microcristallina Idrossipropilcellulosa Idrossipropilcellulosa a bassa sostituzione Talco

Involucro della capsula Ipromellosa

Titanio biossido (E171) Ossido di ferro giallo (E172) Ossido di ferro rosso (E172)

Inchiostro di stampa Gommalacca

Ossido di ferro nero (E172) Potassio idrossido Propilenglicole

06.2 Incompatibilità

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Non pertinente.

06.3 Periodo di validità

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4 anni.

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

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Non conservare a temperatura superiore a 25ºC.

Conservare nel blister originale per proteggere il medicinale dall’umidità.

06.5 Natura e contenuto della confezione

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Blister in poliammide/alluminio/PVC/alluminio contenente 10 capsule. Ogni confezione di cartone contiene 30, 60 o 90 capsule rigide.

È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

Indice

Le persone che assistono il paziente non devono aprire la capsula, al fine di evitare l’esposizione ripetuta al suo contenuto.

Il medicinale non utilizzato e i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

Indice

Eisai GmbH

Edmund-Rumpler-Straße 3 60549 Frankfurt am Main Germania

E-mail: medinfo_de-eisai.net

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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Kisplyx 4 mg capsule rigide EU/1/16/1128/001 EU/1/16/1128/003 EU/1/16/1128/004

Kisplyx 10 mg capsule rigide EU/1/16/1128/002 EU/1/16/1128/005 EU/1/16/1128/006

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

Indice

Data della prima autorizzazione: 25 agosto 2016

10.0 Data di revisione del testo

Indice

Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: 11/04/2021