Rivaroxaban 20 Hcs: Scheda Tecnica e Prescrivibilità

Rivaroxaban 20 Hcs - Prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica nei pazienti adulti affetti da fibrillazione atriale non ...

Rivaroxaban 20 Hcs

Rivaroxaban 20 Hcs

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Rivaroxaban 20 Hcs: ultimo aggiornamento pagina: 29/07/2024 (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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Rivaroxaban HCS 20 mg compresse rivestite con film

 

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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contiene 20 mg di rivaroxaban. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

 

03.0 Forma farmaceutica

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Compressa rivestita con film (compressa) Compresse rivestite con film da rosa a rosa scuro, rotonde, leggermente biconvesse, incise con il segno 20 su un lato della compressa.

Dimensioni: diametro circa 7 mm.

 

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica nei pazienti adulti affetti da fibrillazione atriale non valvolare con uno o più fattori di rischio, come insufficienza cardiaca congestizia, ipertensione, età ≥ 75 anni, diabete mellito, pregresso ictus o attacco ischemico transitorio.

Trattamento della trombosi venosa profonda (TVP) e dell’embolia polmonare (EP) e prevenzione delle recidive di TVP ed EP nell’adulto. (Vedere paragrafo 4.4 per pazienti EP emodinamicamente instabili).

 

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Posologia

Prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica

La dose raccomandata è 20 mg una volta al giorno e corrisponde alla dose massima raccomandata.

La terapia con Rivaroxaban HCS deve essere proseguita a lungo termine, a condizione che il beneficio legato alla prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica superi il rischio di sanguinamento (vedere paragrafo 4.4).

In caso di dimenticanza di una dose, il paziente deve assumere Rivaroxaban HCS immediatamente e proseguire il giorno successivo con l’assunzione monogiornaliera raccomandata. Non deve essere assunta una dose doppia in uno stesso giorno per compensare la dimenticanza della dose.

Trattamento della TVP, trattamento dell’EP e prevenzione delle recidive di TVP ed EP

La dose raccomandata per il trattamento iniziale della TVP acuta o dell’EP è 15 mg due volte al giorno nelle prime tre settimane, seguita da una dose di 20 mg una volta al giorno per la prosecuzione del trattamento e la prevenzione delle recidive di TVP ed EP.

Una terapia di breve durata (almeno 3 mesi) deve essere presa in considerazione nei pazienti con TVP o EP provocate da fattori di rischio transitori maggiori (p.e. recente intervento chirurgico maggiore o trauma). Una terapia di durata maggiore deve essere presa in considerazione nei pazienti con TVP o EP provocata ma non correlata a fattori di rischio transitori maggiori, in caso di TVP o EP non provocata, o in caso di anamnesi di TVP o EP recidivante.

Quando è indicata una profilassi delle recidive di TVP ed EP di lunga durata (dopo il completamento di una terapia di almeno 6 mesi per TVP o EP), la dose raccomandata è di 10 mg una volta al giorno. Nei pazienti considerati ad alto rischio di TVP o EP recidivante, come quelli con comorbidità complicate o che hanno manifestato TVP o EP recidivante in corso di profilassi di lunga durata con rivaroxaban 10 mg una volta al giorno, deve essere presa in considerazione una dose di Rivaroxaban HCS di 20 mg una volta al giorno.

La durata della terapia e la selezione della dose devono essere personalizzate dopo un’attenta valutazione del beneficio del trattamento in rapporto al rischio di sanguinamento (vedere paragrafo 4.4).

Periodo temporale Schema posologico Dose
giornaliera totale
Trattamento e
prevenzione della TVP e della EP recidivante
Giorno 1-21 15 mg due volte al
giorno
30 mg
Giorno 22 e successivi 20 mg una volta al
giorno
20 mg
Prevenzione della TVP
e della EP recidivante
Dopo il completamento
di una terapia di almeno 6 mesi per TVP o EP
10 mg una volta
al giorno o
20 mg una volta al giorno
10 mg
o 20 mg

In caso di dimenticanza di una dose nella fase di trattamento con 15 mg due volte al giorno (giorno 1 – 21), il paziente deve assumere Rivaroxaban HCS immediatamente, per garantire l’assunzione giornaliera di 30 mg di Rivaroxaban HCS. In questo caso possono essere assunte contemporaneamente due compresse da 15 mg. Il giorno successivo, il paziente deve proseguire con l’assunzione abituale raccomandata di 15 mg due volte al giorno.

In caso di dimenticanza di una dose nella fase di trattamento con assunzione monogiornaliera, il paziente deve assumere Rivaroxaban HCS immediatamente e proseguire il giorno successivo con l’assunzione monogiornaliera raccomandata. Non deve essere assunta una dose doppia in uno stesso giorno per compensare la dimenticanza della dose.

Passaggio dagli antagonisti della vitamina K (AVK) a Rivaroxaban HCS

Nei pazienti sottoposti a trattamento per la prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica, il trattamento con AVK deve essere interrotto e la terapia con Rivaroxaban HCS deve essere iniziata quando l’International Normalised Ratio (INR) è ≤ 3,0.

Nei pazienti sottoposti a trattamento per la TVP, l’EP e per la prevenzione delle recidive, il trattamento con AVK deve essere interrotto e la terapia con Rivaroxaban HCS iniziata quando l’INR è ≤ 2,5.

Nei pazienti che passano dagli AVK a Rivaroxaban HCS, dopo l’assunzione di Rivaroxaban HCS i valori dell’INR saranno falsamente elevati. L’INR non è indicato per misurare l’attività anticoagulante di Rivaroxaban HCS e quindi non deve essere utilizzato (vedere paragrafo 4.5).

Passaggio da Rivaroxaban HCS agli antagonisti della vitamina K (AVK)

Durante la transizione da Rivaroxaban HCS agli AVK esiste la possibilità di un effetto anticoagulante inadeguato. Ogni qualvolta si passi ad un altro anticoagulante deve essere assicurato un livello di anticoagulazione adeguato e continuo. Si noti che Rivaroxaban HCS può contribuire a innalzare l’INR.

Nei pazienti che passano da Rivaroxaban HCS agli AVK, gli AVK devono essere somministrati in associazione fino a che l’INR sia ≥ 2,0. Nei primi due giorni della fase di transizione, deve essere utilizzata la dose iniziale standard degli AVK seguita dalla dose basata sull’INR. Nella fase di trattamento concomitante con Rivaroxaban HCS e AVK, l’INR deve essere determinato non prima che siano trascorse 24 ore dalla dose precedente di Rivaroxaban HCS, ma prima della dose successiva.

Dopo l’interruzione di Rivaroxaban HCS, l’INR può essere determinato in modo affidabile dopo che siano trascorse almeno 24 ore dall’ultima dose (vedere paragrafi 4.5 e 5.2).

Passaggio dagli anticoagulanti parenterali a Rivaroxaban HCS

Nei pazienti in trattamento con un anticoagulante parenterale, interrompere il trattamento con l’anticoagulante parenterale e iniziare la terapia con Rivaroxaban HCS da 0 a 2 ore prima del momento in cui sarebbe dovuta avvenire la successiva somministrazione del medicinale parenterale (ad es. eparine a basso peso molecolare) o al momento dell’interruzione di un medicinale parenterale a somministrazione continua (ad es. eparina non frazionata per via endovenosa).

Passaggio da Rivaroxaban HCS agli anticoagulanti parenterali

Somministrare la prima dose dell’anticoagulante parenterale nel momento in cui si sarebbe dovuta assumere la dose successiva di Rivaroxaban HCS.

Popolazioni particolari

Compromissione renale

I limitati dati clinici relativi ai pazienti con grave compromissione renale (clearance della creatinina 15 29 ml/min) indicano che le concentrazioni plasmatiche di rivaroxaban aumentano in misura significativa. Pertanto Rivaroxaban HCS deve essere usato con cautela in questi pazienti. L’uso in pazienti con clearance della creatinina < 15 ml/min non è raccomandato (vedere paragrafi 4.4 e 5.2).

Nei pazienti con compromissione renale moderata (clearance della creatinina 30 – 49 ml/min) o grave (clearance della creatinina 15 – 29 ml/min) si applicano le seguenti raccomandazioni posologiche: Per la prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare, la dose raccomandata è 15 mg una volta al giorno (vedere paragrafo 5.2).

Per il trattamento della TVP, il trattamento dell’EP e la prevenzione delle recidive di TVP ed EP: i pazienti devono essere trattati con 15 mg due volte al giorno nelle prime 3 settimane.

Successivamente, quando la dose raccomandata è 20 mg una volta al giorno, una riduzione della dose da 20 mg una volta al giorno a 15 mg una volta al giorno deve essere presa in considerazione solo se il rischio di sanguinamento valutato per il paziente è superiore al rischio di recidiva di TVP ed EP. La raccomandazione per l’uso di 15 mg è basata su modelli farmacocinetici e non è stata studiata in ambito clinico (vedere paragrafi 4.4, 5.1 e 5.2).

Quando la dose raccomandata è di 10 mg una volta al giorno, non sono necessari aggiustamenti della dose rispetto alla dose raccomandata.

Non è necessario alcun aggiustamento della dose nei pazienti con compromissione renale lieve (clearance della creatinina 50 – 80 ml/min) (vedere paragrafo 5.2).

Compromissione epatica

Rivaroxaban HCS è controindicato nei pazienti con patologie epatiche associate a coagulopatia e rischio di sanguinamento clinicamente significativo, compresi i pazienti cirrotici con Child Pugh B e C (vedere paragrafi 4.3 e 5.2).

Anziani

Nessun aggiustamento della dose (vedere paragrafo 5.2) Peso corporeo

Nessun aggiustamento della dose (vedere paragrafo 5.2) Sesso

Nessun aggiustamento della dose (vedere paragrafo 5.2) Popolazione pediatrica

La sicurezza e l’efficacia di rivaroxaban nei bambini di età compresa tra 0 e 18 anni non sono state stabilite. Non ci sono dati disponibili. Pertanto, l’uso di Rivaroxaban HCS è sconsigliato nei bambini al di sotto dei 18 anni.

Pazienti sottoposti a cardioversione

Il trattamento con Rivaroxaban HCS può essere iniziato o continuato nei pazienti che necessitino di cardioversione.

Per la cardioversione guidata da Ecografia Trans-Esofagea (TEE) in pazienti non precedentemente trattati con anticoagulanti, il trattamento con Rivaroxaban HCS deve essere iniziato almeno 4 ore prima della cardioversione per garantire un’adeguata anticoagulazione (vedere paragrafi 5.1 e 5.2). Per tutti i pazienti, prima d’iniziare la cardioversione è necessario avere conferma che Rivaroxaban HCS sia stato assunto come prescritto. Le decisioni sull’inizio e sulla durata del trattamento devono essere prese tenendo in considerazione le raccomandazioni delle linee guida ufficiali per il trattamento anticoagulante nei pazienti sottoposti a cardioversione.

Pazienti con fibrillazione atriale non valvolare sottoposti a PCI (Intervento Coronarico Percutaneo) con posizionamento di uno stent Nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare che richiedono un anticoagulante orale e vengono sottoposti a PCI (Intervento Coronarico Percutaneo) con posizionamento di uno stent, vi è un’esperienza limitata con una dose ridotta di 15 mg di rivaroxaban una volta al giorno (o 10 mg di rivaroxaban una volta al giorno per pazienti con compromissione renale moderata [clearance della creatinina 30 – 49 ml/min]) in aggiunta ad un inibitore di P2Y12 per un massimo di 12 mesi (vedere paragrafi 4.4 e 5.1).

Modo di somministrazione Rivaroxaban HCS è per uso orale.

Le compresse devono essere assunte con del cibo (vedere paragrafo 5.2).

Per i pazienti incapaci di deglutire le compresse intere, la compressa di Rivaroxaban HCS può essere frantumata e mescolata con un po’ d’acqua o purea di mele immediatamente prima dell’uso e somministrata per via orale. Dopo la somministrazione delle compresse rivestite con film frantumate da 15 mg o 20 mg di Rivaroxaban HCS, la dose deve essere seguita immediatamente dall’assunzione di cibo.

La compressa frantumata di Rivaroxaban HCS può anche essere somministrata tramite sonda gastrica, previa conferma del corretto posizionamento della sonda a livello gastrico. La compressa frantumata deve essere somministrata con una piccola quantità d’acqua mediante una sonda gastrica, che successivamente deve essere risciacquata con acqua. Dopo la somministrazione delle compresse rivestite con film frantumate da 15 mg o 20 mg di Rivaroxaban HCS, la dose deve essere seguita immediatamente dalla nutrizione enterale (vedere paragrafo 5.2).

 

04.3 Controindicazioni

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Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1. Sanguinamento clinicamente significativo in atto.

Lesioni o condizioni considerate un rischio significativo di sanguinamento maggiore. Queste possono includere ulcerazione gastrica recente o in corso, presenza di neoplasie maligne ad alto rischio di sanguinamento, recente lesione cerebrale o spinale, recente intervento chirurgico cerebrale, spinale od oftalmico, recente emorragia intracranica, varici esofagee note o sospette, malformazioni arterovenose, aneurismi vascolari o anomalie vascolari maggiori intraspinali o intracerebrali.

Trattamento concomitante con altri anticoagulanti, ad esempio eparina non frazionata, le eparine a basso peso molecolare (enoxaparina, dalteparina, ecc.), i derivati dell’eparina (fondaparinux, ecc.), gli anticoagulanti orali (warfarin, dabigatran etexilato, apixaban, ecc.), tranne in casispecifici di cambiamento di terapia anticoagulante (vedere paragrafo 4.2) o quando l’ eparina frazionata sia somministrata a dosi necessarie per mantenere un catetere centrale aperto, venoso o arterioso (vedere paragrafo 4.5).

Patologia epatica associata a coagulopatia e rischio di sanguinamento clinicamente significativo, compresi i pazienti cirrotici con Child Pugh B e C (vedere paragrafo 5.2).

Gravidanza e allattamento (vedere paragrafo 4.6).

 

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Si raccomanda la sorveglianza secondo la prassi usuale nel paziente in terapia anticoagulante per l’intera durata del trattamento.

Rischio emorragico

Come con gli altri anticoagulanti, i pazienti che assumono Rivaroxaban HCS devono essere attentamente monitorati in relazione ai segni di sanguinamento. Si raccomanda di usarlo con cautela in condizioni di aumentato rischio di emorragia. La somministrazione di Rivaroxaban HCS dev‘essere sospesa in caso si verifichi emorragia grave.

Negli studi clinici i sanguinamenti della mucosa (ad es. epistassi, sanguinamenti gengivali, gastrointestinali e genito-urinari, compresi sanguinamenti vaginali anomali o un aumentato sanguinamento mestruale) e anemia sono stati osservati più frequentemente durante il trattamento a lungo termine con rivaroxaban rispetto al trattamento con AVK. Pertanto, oltre ad un’adeguata sorveglianza clinica, analisi di laboratorio su emoglobina/ematocrito potrebbero essere utili per rilevare sanguinamento occulto e quantificare la rilevanza clinica del sanguinamento evidente, se ritenuto appropriato.

Diverse sottopopolazioni di pazienti, descritte di seguito in dettaglio, hanno un aumentato rischio di sanguinamento. Tali pazienti devono essere sottoposti ad attento monitoraggio per la comparsa di segni e sintomi di complicanze emorragiche e anemia dopo l’inizio del trattamento (vedere paragrafo 4.8).

Qualsiasi abbassamento inspiegabile dell’emoglobina o della pressione arteriosa deve indurre a ricercare un sito di sanguinamento.

Anche se il trattamento con rivaroxaban non richiede il monitoraggio continuo dell’esposizione, la misurazione dei livelli di rivaroxaban con un dosaggio quantitativo calibrato anti-fattore Xa può essere utile in situazioni eccezionali, quando la conoscenza dell’esposizione a rivaroxaban può essere d’aiuto nel prendere una decisione clinica, come nei casi di sovradosaggio e di chirurgia d’emergenza (vedere paragrafi 5.1 e 5.2).

Compromissione renale

Nei pazienti con compromissione renale grave (clearance della creatinina < 30 ml/min), i livelli plasmatici di rivaroxaban possono aumentare in misura significativa (in media 1,6 volte), e questo può condurre ad un aumento del rischio di sanguinamento. Rivaroxaban HCS deve essere usato con cautela nei pazienti con clearance della creatinina compresa fra 15 e 29 ml/min. L’uso nei pazienti con clearance della creatinina < 15 ml/min non è raccomandato (vedere paragrafi 4.2 e 5.2).

Rivaroxaban HCS dev’essere usato con cautela anche nei pazienti con compromissione renale che stanno assumendo in concomitanza altri medicinali che aumentano le concentrazioni plasmatiche di rivaroxaban (vedere paragrafo 4.5).

 

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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L’uso di Rivaroxaban HCS non è raccomandato nei pazienti in trattamento concomitante con antimicotici azolici per via sistemica (quali ketoconazolo, itraconazolo, voriconazolo e posaconazolo) o inibitori delle proteasi del HIV (ad es. ritonavir). Questi principi attivi sono potenti inibitori del CYP3A4 e della P-gp e possono pertanto aumentare le concentrazioni plasmatiche di rivaroxaban in misura clinicamente rilevante (in media 2,6 volte e questo può condurre ad un aumento del rischio di sanguinamento) (vedere paragrafo 4.5).

Si deve usare cautela se i pazienti sono trattati contemporaneamente con medicinali che influiscono sull’emostasi, come i medicinali anti-infiammatori non steroidei (FANS), l’acido acetilsalicilico e gli antiaggreganti piastrinici o gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (selective serotonin reuptake inhibitors, SSRI) e gli inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina (serotonin norepinephrine reuptake inhibitors, SNRI). Per i pazienti a rischio di di malattia gastrointestinale ulcerativa può essere preso in considerazione un idoneo trattamento profilattico (vedere paragrafi 4.5 e 5.1).

Altri fattori di rischio emorragico

Come con altri antitrombotici, rivaroxaban è sconsigliato nei pazienti ad aumentato rischio di sanguinamento, quali: : disturbi di sanguinamento congeniti o acquisiti

ipertensione arteriosa grave non controllata

altra malattia gastrointestinale senza ulcerazione attiva che può potenzialmente portare a complicanze emorragiche (per esempio malattia infiammatoria intestinale, esofagite, gastrite e malattia da reflusso gastroesofageo) retinopatia vascolare

bronchiectasia o anamnesi di sanguinamento polmonare

Pazienti con protesi valvolari

Rivaroxaban non deve essere usato per la tromboprofilassi in pazienti recentemente sottoposti alla sostituzione della valvola aortica transcatetere (TAVR). La sicurezza e l’efficacia di rivaroxaban non sono state studiate in pazienti con protesi valvolari cardiache; pertanto, non vi sono dati che supportino che rivaroxaban fornisca un’azione anticoagulante adeguata in questa popolazione di pazienti. Il trattamento con rivaroxaban non è raccomandato per questi pazienti.

Pazienti con sindrome antifosfolipidica

Gli anticoagulanti orali ad azione diretta (DOAC), tra cui rivaroxaban, non sono raccomandati nei pazienti con storia pregressa di trombosi ai quali è diagnosticata la sindrome antifosfolipidica. In particolare, per pazienti triplo-positivi (per anticoagulante lupico, anticorpi anticardiolipina e anticorpi anti-beta 2- glicoproteina I), il trattamento con DOAC potrebbe essere associato a una maggiore incidenza di eventi trombotici ricorrenti rispetto alla terapia con antagonisti della vitamina K.

Pazienti con fibrillazione atriale non valvolare sottoposti a PCI con posizionamento di uno stent Sono disponibili dati clinici derivanti da uno studio interventistico con l’obiettivo primario di valutare la sicurezza in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare sottoposti a PCI con posizionamento di uno stent. I dati di efficacia in questa popolazione sono limitati (vedere paragrafi 4.2 e 5.1). Non ci sono dati disponibili per questa tipologia di pazienti con pregresso ictus/attacco ischemico transitorio (transient ischaemic attack, TIA).

Pazienti con EP emodinamicamente instabili o pazienti che necessitano di trombolisi od embolectomia polmonare Rivaroxaban HCS non è raccomandato come alternativa all’eparina non frazionata in pazienti con embolia polmonare che sono emodinamicamente instabili o che possono essere sottoposti a trombolisi od embolectomia polmonare, in quanto la sicurezza e l’efficacia di rivaroxaban non sono state valutate in queste condizioni cliniche.

Anestesia o puntura spinale/epidurale

In caso di anestesia neurassiale (anestesia spinale/epidurale) o puntura spinale/epidurale, i pazienti trattati con agenti antitrombotici per la prevenzione delle complicanze tromboemboliche sono esposti al rischio di ematoma epidurale o spinale, che può causare una paralisi prolungata o permanente. Il rischio di questi eventi può aumentare in caso di uso post-operatorio di cateteri epidurali a permanenza o di uso concomitante di medicinali che alterano l’emostasi. Il rischio può aumentare anche in caso di puntura epidurale o spinale traumatica o ripetuta. I pazienti devono essere controllati frequentemente per segni e sintomi di compromissione neurologica (ad es. intorpidimento o debolezza degli delle gambe, disfunzione intestinale o vescicale). In presenza di compromissione neurologica sono necessari una diagnosi e un trattamento immediati. Prima dell’intervento neurassiale, il medico deve valutare il rapporto tra il potenziale beneficio e il rischio presente nei pazienti in terapia anticoagulante o nei pazienti per i quali è in programma una terapia anticoagulante per la profilassi antitrombotica. Non vi è esperienza clinica riguardo l’utilizzo di rivaroxaban 20 mg in queste situazioni.

Al fine di ridurre il potenziale rischio di sanguinamento associato all’uso concomitante di rivaroxaban e anestesia neurassiale (epidurale/spinale) o puntura spinale, si prenda in considerazione il profilo farmacocinetico di rivaroxaban. Il posizionamento o la rimozione di un catetere epidurale o una puntura lombare vengono eseguiti meglio quando l’effetto anticoagulante di rivaroxaban si stima basso. Tuttavia non è noto il tempo esatto per raggiungere, in ciascun paziente, un effetto anticoagulante sufficientemente basso.

Per la rimozione di un catetere epidurale tenuto conto delle caratteristiche PK generali deve trascorrere almeno il doppio dell’emivita, ovvero devono trascorrere almeno 18 ore nei pazienti giovani e 26 ore nei pazienti anziani, dopo l’ultima somministrazione di rivaroxaban (vedere paragrafo 5.2). Dopo la rimozione del catetere, devono trascorrere almeno 6 ore prima che venga somministrata la dose successiva di rivaroxaban.

In caso di puntura traumatica, la somministrazione di rivaroxaban deve essere rimandata di 24 ore.

Raccomandazioni posologiche prima e dopo procedure invasive e interventi chirurgici Qualora siano necessari una procedura invasiva o un intervento chirurgico, il trattamento con Rivaroxaban HCS 20 mg deve essere interrotto, se possibile e sulla base del giudizio clinico del medico, almeno 24 ore prima dell’intervento.

Se la procedura non può essere rimandata, l’aumentato rischio di sanguinamento deve essere valutato in rapporto all’urgenza dell’intervento.

Il trattamento con Rivaroxaban HCS deve essere ripreso al più presto dopo la procedura invasiva o l’intervento chirurgico, non appena la situazione clinica lo consenta e sia stata raggiunta un’emostasi adeguata, in base alla valutazione del medico curante (vedere paragrafo 5.2).

Anziani

L’aumento dell’età può causare un incremento del rischio emorragico (vedere paragrafo 5.2).

Reazioni dermatologiche

Durante la sorveglianza post-marketing sono state riportate gravi reazioni cutanee, inclusa la sindrome di Stevens-Johnson / necrolisi epidermica tossica e la sindrome DRESS, in associazione con l’uso di rivaroxaban (vedere paragrafo 4.8). I pazienti sembrano essere a più alto rischio di sviluppare queste reazioni nelle prime fasi del ciclo di terapia: l’insorgenza della reazione si verifica nella maggior parte dei casi entro le prime settimane di trattamento. Rivaroxaban deve essere interrotto alla prima comparsa di un’eruzione cutanea grave (ad esempio diffusa, intensa e/o con vescicole), o qualsiasi altro segno di ipersensibilità associato con lesioni della mucosa.

Informazioni sugli eccipienti

Questo medicinale contiene meno di 1 mmol (23 mg) di sodio per compressa rivestita con film, cioè essenzialmente ‘senza sodio’.

Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

Inibitori del CYP3A4 e della P-gp

La somministrazione concomitante di rivaroxaban e ketoconazolo (400 mg una volta al giorno) o ritonavir (600 mg due volte al giorno) ha determinato un aumento di 2,6 / 2,5 volte dell’AUC media di rivaroxaban e un aumento di 1,7 / 1,6 volte della Cmax media di rivaroxaban, con aumento significativo degli effetti farmacodinamici e questo può condurre ad un aumento del rischio di sanguinamento.

Pertanto, l’uso di Rivaroxaban HCS non è raccomandato nei pazienti che ricevono un trattamento concomitante sistemico antimicotici azolici, quali ketoconazolo, itraconazolo, voriconazolo e posaconazolo, o inibitori delle proteasi del HIV. Questi principi attivi potenti sono inibitori del CYP3A4 e della P-gp (vedere paragrafo 4.4).

Si prevede che i principi attivi che inibiscono fortemente solo una delle vie di eliminazione di rivaroxaban, il CYP3A4 o la P-gp, aumentino le concentrazioni plasmatiche di rivaroxaban in misura minore. La claritromicina (500 mg due volte al giorno), ad esempio, considerata potente un inibitore del CYP3A4 e un inibitore moderato della P-gp, ha determinato un aumento di 1,5 volte dell’AUC media di rivaroxaban e un aumento di 1,4 volte della Cmax. L’interazione con la claritromicina probabilmente non è clinicamente rilevante nella maggior parte dei pazienti, ma può essere potenzialmente significativa nei pazienti ad alto rischio. (Per i pazienti con compromissione renale: vedere paragrafo 4.4).

L’eritromicina (500 mg tre volte al giorno), che inibisce moderatamente il CYP3A4 e la P-gp, ha determinato un aumento di 1,3 volte dell’AUC e della Cmax medie di rivaroxaban. L’interazione con l’eritromicina non è clinicamente rilevante nella maggior parte dei pazienti, ma può essere potenzialmente significativa nei pazienti ad alto rischio. Nei soggetti con compromissione renale lieve, l’eritromicina (500 mg tre volte al giorno) ha determinato un aumento di 1,8 volte dell’AUC media di rivaroxaban e un aumento di 1,6 volte di Cmax in confronto ai soggetti con funzionalità renale normale. Nei soggetti con compromissione renale moderata, l’eritromicina ha determinato un aumento di 2,0 volte dell’AUC media di rivaroxaban e un aumento di 1,6 volte di Cmax in confronto ai soggetti con funzionalità renale normale. L’effetto dell’eritromicina è additivo a quello della compromissione renale (vedere paragrafo 4.4).

Il fluconazolo (400 mg una volta al giorno), considerato un inibitore moderato del CYP3A4, ha determinato un aumento di 1,4 volte dell’AUC media di rivaroxaban e di 1,3 volte la Cmax media. L’interazione con il fluconazolo probabilmente non è clinicamente rilevante nella maggior parte dei pazienti, ma può essere potenzialmente significativa nei pazienti ad alto rischio. (Per i pazienti con compromissione renale: vedere paragrafo 4.4).

A causa dei limitati dati clinici disponibili con il dronedarone, la sua co-somministrazione con rivaroxaban deve essere evitata.

Anticoagulanti

Dopo somministrazione congiunta di enoxaparina (40 mg dose singola) e rivaroxaban (10 mg dose singola) è stato osservato un effetto additivo sull’attività anti-fattore Xa in assenza di altri effetti sui test della coagulazione (PT, aPTT). L’enoxaparina non ha modificato la farmacocinetica di rivaroxaban.

A causa dell’aumentato rischio di sanguinamento, occorre usare cautela in caso di trattamento concomitante con qualsiasi altro anticoagulante (vedere paragrafo 4.3 e 4.4).

FANS/antiaggreganti piastrinici

Dopo somministrazione combinata di rivaroxaban (15 mg) e 500 mg di naproxene non sono stati osservati aumenti clinicamente rilevanti del tempo di sanguinamento. Tuttavia, alcuni soggetti possono presentare una risposta farmacodinamica più pronunciata.

Non sono state osservate interazioni farmacocinetiche o farmacodinamiche clinicamente significative in caso di co-somministrazione di rivaroxaban e 500 mg di acido acetilsalicilico.

Il clopidogrel (dose di carico di 300 mg, seguita da una dose di mantenimento di 75 mg) non ha mostrato alcuna interazione farmacocinetica con rivaroxaban (15 mg), ma in una sottopopolazione di pazienti è stato osservato un aumento rilevante del tempo sanguinamento che non era correlato all’aggregazione piastrinica, alla P-selectina o al recettore GPIIb/IIIa.

Si deve usare cautela se i pazienti sono trattati in concomitanza con FANS (compreso l’acido acetilsalicilico) e antiaggreganti piastrinici, perché questi medicinali tipicamente aumentano il rischio di sanguinamento (vedere paragrafo 4.4).

SSRI/SNRI

Come avviene con altri anticoagulanti, esiste la possibilità che i pazienti possano presentare un maggior maggior rischio di sanguinamenti in caso di uso concomitante con SSRI o SNRI, a causa del riportato effetto di questi farmaci sulle piastrine. Nei casi in cui siano utilizzati contemporaneamente nel corso del programma clinico di rivaroxaban, sono state osservate percentuali numericamente più elevate di sanguinamenti maggiori o non maggiori clinicamente rilevanti in tutti i gruppi di trattamento.

Warfarin

La transizione dall’antagonista della vitamina K warfarin (INR compreso tra 2,0 e 3,0) a rivaroxaban (20 mg) o da rivaroxaban (20 mg) a warfarin (INR compreso tra 2,0 e 3,0) ha indotto un aumento del tempo di protrombina/INR (Neoplastin) più che additivo (possono essere osservati valori singoli di INR fino a 12), mentre gli effetti su aPTT, inibizione dell’attività del fattore Xa e potenziale endogeno di trombina (ETP) erano additivi.

Se si desidera verificare gli effetti farmacodinamici di rivaroxaban durante il periodo di transizione, possono essere utilizzati i test per l’attività anti-fattore Xa, PiCT e HepTest, perché non sono influenzati da warfarin. Il quarto giorno dopo l’ultima dose di warfarin, tutti i test (compresi PT, aPTT, inibizione dell’attività del fattore Xa ed ETP) rispecchiavano solo l’effetto di rivaroxaban.

Se si desidera verificare gli effetti farmacodinamici di warfarin durante il periodo di transizione, si può usare l’INR in corrispondenza della concentrazione minima (Cvalle) di rivaroxaban (24 ore dopo l’assunzione precedente di rivaroxaban) perché, in quel momento, tale test è influenzato in misura minima da rivaroxaban. Non sono state osservate interazioni farmacocinetiche tra warfarin e rivaroxaban.

Induttori del CYP3A4

La co-somministrazione di rivaroxaban e del potente induttore del CYP3A4 rifampicina ha determinato una riduzione di circa il 50 % dell’AUC media di rivaroxaban, con parallela riduzione dei suoi effetti farmacodinamici. Anche l’uso concomitante di rivaroxaban e altri potenti induttori del CYP3A4 (ad es. fenitoina, carbamazepina, fenobarbital o Erba di S. Giovanni (Hypericum perforatum)) può ridurre le concentrazioni plasmatiche di rivaroxaban. Pertanto, la somministrazione concomitante di potenti induttori del CYP3A4 deve essere evitata, a meno che il paziente non venga controllato con attenzione in merito ai segni e sintomi di trombosi.

Altre terapie concomitanti

Non sono state osservate interazioni farmacocinetiche o farmacodinamiche clinicamente significative quando rivaroxaban è stato co-somministrato con midazolam (substrato del CYP3A4), digossina (substrato della P-gp), atorvastatina (substrato del CYP3A4 e della P-gp) od omeprazolo (inibitore della pompa protonica). Rivaroxaban non inibisce e non induce alcuna delle isoforme principali del CYP, come il CYP3A4.

Parametri di laboratorio

I parametri della coagulazione (ad es. PT, aPTT, HepTest) sono alterati come prevedibile per via del meccanismo d’azione di rivaroxaban (vedere paragrafo 5.1).

 

04.6 Gravidanza e allattamento

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Gravidanza

La sicurezza e l’efficacia di rivaroxaban nelle donne in gravidanza non sono state stabilite. Gli studi sugli animali hanno mostrato tossicità riproduttiva (vedere paragrafo 5.3). ). A causa della potenziale tossicità riproduttiva, del rischio intrinseco di sanguinamento e dell’evidenza che rivaroxaban attraversa la placenta, Rivaroxaban HCS è controindicato durante la gravidanza (vedere paragrafo 4.3). Le donne in età fertile devono evitare di iniziare una gravidanza durante il trattamento con rivaroxaban.

Allattamento

La sicurezza e l’efficacia di rivaroxaban nelle donne che allattano con latte materno non sono state stabilite. I dati ricavati dagli animali indicano che rivaroxaban è escreto nel latte materno. Pertanto, Rivaroxaban HCS è controindicato durante l’allattamento con latte materno (vedere paragrafo 4.3). Si deve decidere se interrompere l’allattamento od interrompere/rinunciare alla terapia.

Fertilità

Non sono stati condotti studi specifici con rivaroxaban sull’uomo per determinarne gli effetti sulla fertilità e. In uno studio sulla fertilità maschile e femminile condotto sui ratti non sono stati osservati effetti (vedere paragrafo 5.3).

 

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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Rivaroxaban altera lievemente la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari. Sono state riportate reazioni avverse come sincope (frequenza: non comune) e capogiro (frequenza: comune) (vedere paragrafo 4.8). I pazienti che manifestano queste reazioni avverse non devono guidare veicoli e usare macchinari.

 

04.8 Effetti indesiderati

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Sintesi del profilo di sicurezza

La sicurezza di rivaroxaban è stata determinata in tredici studi di fase III che hanno coinvolto 53.103 pazienti esposti a rivaroxaban (vedere Tabella 1).

Tabella 1: Numero di pazienti studiati, dose giornaliera totale e durata massima del trattamento negli studi di fase III

Indicazione Numero
di pazienti*
Dose giornaliera totale Durata
massima del trattamento
Prevenzione del
tromboembolismo venoso (TEV) nei pazienti adulti sottoposti a interventi elettivi di
sostituzione dell’anca o del ginocchio
6.097 10 mg 39 giorni
Prevenzione del TEV in pazienti allettati 3.997 10 mg 39 giorni
Trattamento della TVP, EP e prevenzione delle recidive 6.790 Giorno 1 – 21: 30 mg
Giorno 22 e
successivi: 20 mg Dopo almeno 6 mesi: 10 mg o 20 mg
21 mesi
Prevenzione dell’ictus e
dell’embolia sistemica nei pazienti con fibrillazione
atriale non valvolare
7.750 20 mg 41 mesi
Prevenzione di eventi aterotrombotici in pazienti dopo sindrome coronarica acuta (SCA) 10.225 Rispettivamente 5 mg o 10 mg, co-
somministrati con ASA o ASA più clopidogrel o
ticlopidina
31 mesi
Prevenzione di eventi aterotrombotici in pazienti con CAD/PAD 18.244 5 mg co-somministrati con ad ASA o 10 mg da
solo
47 mesi

*Pazienti esposti ad almeno una dose di rivaroxaban

Le reazioni avverse segnalate più comunemente nei pazienti trattati con rivaroxaban sono stati i sanguinamenti (Tabella 2) (vedere anche paragrafo 4.4. e “Descrizione delle reazioni avverse selezionate” più avanti). I sanguinamenti segnalati più comunemente sono stati epistassi (4,5%) ed emorragia del tratto gastrointestinale (3,8%).

Tabella 2: Percentuali degli eventi di sanguinamento* e anemia in pazienti esposti a rivaroxaban negli studi di fase III completati

Indicazione Sanguinamenti di qualsiasi tipo Anemia
Prevenzione del tromboembolismo venoso
(TEV) nei pazienti adulti sottoposti a interventi elettivi
di sostituzione dell’anca o del ginocchio
6,8% dei pazienti 5,9% dei pazienti
Prevenzione del tromboembolismo venoso in
pazienti allettati
12,6% dei pazienti 2,1% dei pazienti
Trattamento della TVP, dell’EP e
prevenzione delle recidive
23% dei pazienti 1,6% dei pazienti
Prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica nei
pazienti con fibrillazione atriale non-valvolare
28 per 100 anni
paziente
2,5 per 100
anni paziente
Prevenzione di eventi aterotrombotici in pazienti dopo SCA 22 per 100 anni paziente 1,4 per 100 anni paziente
Prevenzione di eventi aterotrombotici in pazienti
con CAD/PAD
6,7 per 100 anni
paziente
0,15 per 100 anni
paziente**

* Vengono raccolti, segnalati e valutati tutti gli eventi di sanguinamento per tutti gli studi con rivaroxaban.

** Nello studio COMPASS, l’incidenza di anemia è bassa, poiché è stato utilizzato un approccio selettivo alla raccolta degli eventi avversi.

Tabella delle reazioni avverse

La frequenza delle reazioni avverse riportate con rivaroxaban sono riportate di seguito nella Tabella 3, classificate per sistemi e organi (secondo MedDRA) e per frequenza.

Le frequenze sono definite come segue:

molto comune (≥ 1/10) comune (≥ 1/100, < 1/10)

non comune (≥ 1/1.000, < 1/100) rara (≥ 1/10.000, < 1/1.000) molto rara (< 1/10.000) non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).

Tabella 3: Tutte le reazioni avverse segnalate nei pazienti degli studi clinici di fase III o durante l’uso post-marketing*

Comune Non comune Rara Molto rara Non nota
Patologie del sistema emolinfopoietico
Anemia (incl. i
rispettivi parametri di laboratorio)
Trombocitosi (incl.
aumento della conta piastrinica)A , Trombocitopenia
Disturbi del sistema immunitario
Reazione
allergica, dermatite allergica, Angioedema ed edema allergico
Reazioni
anafilattic he incluso shock
anafilattico
Patologie del sistema nervoso
Capogiro, cefalea Emorragia
cerebrale e intracranica, sincope
Patologie dell’occhio
Emorragia
oculare (incl. emorragia congiuntivale)
Patologie cardiache
Tachicardia
Patologie vascolari
Ipotensio
ne, ematoma
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Epistassi,
emottisi
Patologie gastrointestinali
Sanguinamento
gengivale, emorragie del tratto gastrointestinal e (incl. emorragia rettale), dolore gastrointestinal e e addominale, dispepsia, nausea, costipazioneA
, diarrea, vomitoA
Bocca secca
Patologie epatobiliari
Aumento
delle transamina si
Compromissi
one epatica, Aumento della bilirubina, aumento della
fosfatasi alcalina A e aumento della GGTA
Ittero,
Aumento della bilirubina coniugata (con o senza contemporan eo aumento della ALT), Colestasi, Epatite (incluso danno
epatocellulare)
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Prurito (incl. casi
non comuni di prurito generalizzato), eruzione cutanea, ecchimosi, emorragia cutanea e sottocutanea
Orticaria Sindrome di
Stevens- Johnson/ Necrolisi Epidermica Tossica, Sindrome DRESS
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Dolore
alle estremit A
Emartrosi Emorragia
muscolare
Sindrome
compartime nta le secondaria al sanguinamento
Patologie renali e urinarie
Emorragie del
tratto urogenitale (incl. ematuria e menorragiaB), compromissio ne renale (incl. aumento della creatininemia, aumento dell’azotem ia)
Insufficienza
renale/insufficien za a renale acuta secondaria a un sanguinamento in grado di causare ipoperfusione
Patologie generali e condizioni relative alla sede di somministrazione
FebbreA,
edema periferico, riduzione delle forze e del ’energia (incl.
affaticamento e astenia)
Sensazione di
indisposizione (incl. malessere)
Edema
localizzatoA
Esami diagnostici
Aumento della LDHA, aumento della lipasiA,
aumento dell’amilasiA
Traumatismo, avvelenamento e complicazioni da procedura
Emorragia
postprocedurale (incl. Anemia postoperatoria ed emorragia dalla ferita), contusione, secrezione dalla
feritaA
Pseudoaneurisma
vascolareC

A: osservato nella prevenzione del TEV in pazienti adulti sottoposti ad interventi chirurgici elettivi di sostituzione dell’anca o del ginocchio

B: osservato nel trattamento di TVP ed EP e nella prevenzione delle recidive come molto comune nelle donne < 55 anni C: osservato come non comune nella prevenzione di eventi aterotrombotici in pazienti dopo SCA (a seguito di un intervento coronarico percutaneo) Per la raccolta degli eventi avversi è stato utilizzato un approccio selettivo prespecificato. Poiché l’incidenza delle reazioni avverse non è aumentata e non sono state identificate nuove reazioni avverse, i dati dello studio COMPASS non sono stati inclusi nel calcolo della frequenza in questa tabella.

Descrizione delle reazioni avverse selezionate

A causa del suo meccanismo d’azione farmacologico, l’uso di rivaroxaban può essere associato a un aumento del rischio di sanguinamento occultoe o conclamato in qualsiasi tessuto od organo, che possono indurre anemia post-emorragica. Segni, sintomi e gravità (compreso l’esito fatale) varieranno a seconda della sede e del grado o dell’entità sanguinamento e/o dell’anemia (vedere paragrafo 4.9 “Gestione delle sanguinamento ”). Negli studi clinici i sanguinamenti della mucosa (ad es. epistassi, sanguinamenti gengivali, gastrointestinali e genito-urinari, compresi sanguinamenti vaginali anomali o aumentato sanguinamento mestruale) e l’anemia sono stati osservati più frequentemente durante il trattamento a lungo termine con rivaroxaban, in confronto al trattamento con AVK. Pertanto, oltre ad un’adeguata sorveglianza clinica, i test di laboratorio su emoglobina/ematocrito possono essere utili per rilevare dei sanguinamenti occulti e quantificare la rilevanza clinica dei sanguinamenti evidenti, se ritenuto appropriato. Il rischio di sanguinamento può essere aumentato in determinate categorie di pazienti, ad es. nei pazienti con grave ipertensione arteriosa non controllata e/o sottoposti a trattamenti concomitanti con effetti sull’emostasi (vedere paragrafo 4.4 “Rischio emorragico”). Il sanguinamento mestrule può essere più abbondante e/o prolungato. Le complicanze emorragiche possono manifestarsi come debolezza, pallore, capogiro, cefalea o gonfiori di origine sconosciuta, dispnea e shock di origine non nota. In alcuni casi, come conseguenza dell’anemia, sono stati osservati sintomi di ischemia cardiaca come dolore toracico o angina pectoris.

Con rivaroxaban riportate le complicanze note delle emorragie gravi, come la sindrome compartimentale e la compromissione renale dovuta a ipoperfusione. Pertanto, nella valutazione delle condizioni dei pazienti in terapia anticoagulante occorre considerare l’eventualità di un’emorragia.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato all’indirizzo https://www.aifa.gov.it/content/segnalazioni- reazioni-avverse.

 

04.9 Sovradosaggio

Indice

Sono stati segnalati rari casi di sovradosaggio fino a 600 mg senza complicanze emorragiche o altre reazioni avverse. A causa dell’assorbimento limitato, ci si attende un effetto tetto senza ulteriori aumenti dell’esposizione plasmatica media a dosi sovraterapeutiche di 50 mg di rivaroxaban o superiori.

E’ disponibile uno specifico agente antagonista (andexanet alfa) che antagonizza l’effetto

farmacodinamico di rivaroxaban è disponibile (fare riferimento al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di andexanet alfa).

In caso di sovradosaggio di rivaroxaban può essere preso in considerazione l’uso di carbone vegetale attivo per ridurre l’assorbimento.

Gestione del sanguinamento

Qualora si verificasse una complicanza emorragica in un paziente trattato con rivaroxaban, la successiva somministrazione di rivaroxaban deve essere posticipata oppure il trattamento deve essere interrotto, a seconda dei casi. Rivaroxaban ha un’emivita compresa tra circa 5 e 13 ore (vedere paragrafo 5.2). La gestione del paziente deve essere personalizzata in base alla gravità e alla sede dell’emorragia. Secondo necessità può essere effettuato un trattamento sintomatico appropriato come la compressione meccanica (ad esempio in caso di epistassi grave), l’emostasi chirurgica con procedure di controllo del sanguinamento, il ripristino dei liquidi e il supporto emodinamico, la somministrazione di emoderivati (concentrati eritrocitari o plasma fresco congelato, a seconda dell’anemia o della coagulopatia associate) o di piastrine.

Se il sanguinamento non può essere controllato con le misure sopra descritte, si deve considerare o la somministrazione di uno specifico agente antagonista inibitore del fattore Xa (andexanet alfa), che antagonizza l’effetto farmacodinamico di rivaroxaban, oppure la somministrazione di un agente procoagulante specifico per l’inversione dell’effetto anticoagulante, come il concentrato di complesso protrombinico (PCC), il concentrato di complesso protrombinico attivato (APCC) o il fattore VIIa ricombinante (r-FVIIa). Tuttavia ad oggi esiste un’esperienza clinica molto limitata con l’uso di questi medicinali nei soggetti trattati con rivaroxaban. La raccomandazione si basa anche su dati pre-clinici limitati. Deve essere presa in considerazione l’eventualità di ripetere la somministrazione di fattore VIIa ricombinante, il dosaggio sulla base al miglioramento del sanguinamento. In base alla disponibilità locale, in caso di sanguinamenti maggiori si deve consultare un esperto di problemi della coagulazione (vedere paragrafo 5.1).

Non si prevede che la protamina solfato e la vitamina K influiscano sull’attività anticoagulante di rivaroxaban. Nei soggetti trattati con rivaroxaban vi è esperienza limitata con l’acido tranexamico e non vi è alcuna esperienza con l’acido aminocaproico e l’aprotinina. Non esistono né un razionale scientifico di un possibile beneficio nè esperienza con l’utilizzo dell’ emostatico sistemico desmopressina nei soggetti trattati con rivaroxaban. A causa dell’elevato legame con le proteine plasmatiche, non ci si attende che rivaroxaban sia dializzabile.

 

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

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Categoria farmacoterapeutica: Agenti antitrombotici, inibitore diretto del fattore Xa, codice ATC: B01AF01.

Meccanismo d’azione

Rivaroxaban è un inibitore diretto e altamente selettivo del fattore Xa, con biodisponibilità orale. L’inibizione del fattore Xa interrompe le vie intrinseca ed estrinseca della cascata della coagulazione e inibisce sia la formazione di trombina, sia lo sviluppo di trombi. Rivaroxaban non inibisce la trombina (fattore II attivato) e non ne è stato dimostrato alcun effetto sulle piastrine.

Effetti farmacodinamici

Nell’uomo è stata osservata un’inibizione dose-dipendente dell’attività del fattore Xa. Se per il test viene utilizzato Neoplastin, il tempo di protrombina (PT) è influenzato da rivaroxaban in misura dose- dipendente, con una stretta correlazione con le concentrazioni plasmatiche (valore r uguale a 0,98).

Con altri reagenti si ottengono risultati diversi. Il PT deve essere espresso in secondi, perché l’INR è calibrato e convalidato solo per le cumarine e non può essere usato per altri anticoagulanti.

Nei pazienti trattati con rivaroxaban per la TVP, l’EP e la prevenzione delle recidive, i percentili 5/95 per il PT (Neoplastin) 2 – 4 ore dopo l’assunzione della compressa (cioè quando l’effetto è massimo) erano compresi tra 17 e 32 s per 15 mg di rivaroxaban due volte al giorno e tra 15 e 30 s per 20 mg di rivaroxaban una volta al giorno. Quando l’effetto è minimo (8 – 16 ore dopo l’assunzione della compressa) i percentili 5/95 per 15 mg due volte al giorno erano compresi tra 14 e 24 s, mentre per 20 mg una volta al giorno (18 – 30 ore dopo l’assunzione della compressa) erano compresi tra 13 e 20 s. Nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare trattati con rivaroxaban per la prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica, i percentili 5/95 per il PT (Neoplastin) 1 – 4 ore dopo l’assunzione della compressa (cioè al momento dell’effetto massimo) erano compresi tra 14 e 40 s nei pazienti trattati con 20 mg una volta al giorno e tra 10 e 50 s nei pazienti con compromissione renale moderata trattati con 15 mg una volta al giorno. Quando l’effetto è minimo (16 – 36 ore dopo l’assunzione della compressa) i percentili 5/95 per 20 mg una volta al giorno erano compresi tra 12 e 26 s, ed nei pazienti con compromissione renale moderata trattati con 15 mg una volta al giorno erano compresi tra 12 e 26 s.

In uno studio di farmacologia clinica sulla possibilità di antagonizzare gli effetti farmacodinamici di rivaroxaban in soggetti adulti sani (n = 22), sono stati valutati gli effetti di dosi singole (50 UI/kg) di due diversi tipi di PCC, un PCC a 3 fattori (Fattori II, IX e X) e un PCC a 4 fattori (Fattori II, VII, IX e X). Il PCC a 3 fattori ha ridotto i valori medi di PT con Neoplastin di circa 1,0 secondo entro 30 minuti, rispetto alla riduzione di circa 3,5 secondi osservata con il PCC a 4 fattori. Al contrario, il PCC a 3 fattori ha avuto un maggiore e più rapido effetto complessivo nell’antagonizzare le variazioni nella generazione di trombina endogena rispetto al PCC a 4 fattori (vedere paragrafo 4.9).

Anche il tempo di tromboplastina parziale attivata (aPTT) e l’HepTest sono prolungati in misura dose- dipendente; tuttavia, non sono consigliati per valutare gli effetti farmacodinamici di rivaroxaban. Nella pratica clinica, durante il trattamento con rivaroxaban, non è necessario monitorare i parametri della coagulazione durante il trattamento con rivaroxaban. Comunque, qualora clinicamente indicato, i livelli plasmatici di rivaroxaban possono essere misurati mediante test quantitativi anti-fattore Xa quantitativi calibrati (vedere paragrafo 5.2).

Efficacia e sicurezza clinica

Prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare Il programma clinico di rivaroxaban è stato sviluppato per dimostrare l’efficacia di rivaroxaban nella prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare.

Nello studio pivotal in doppio cieco ROCKET AF, 14.264 pazienti sono stati assegnati a rivaroxaban 20 mg una volta al giorno (15 mg una volta al giorno nei pazienti con clearance della creatinina di 30 – 49 ml/min) oppure a warfarin titolato a un valore target di INR di 2,5 (intervallo terapeutico compreso tra 2,0 e 3,0). Il tempo mediano di trattamento è stato di 19 mesi e la durata complessiva massima del trattamento è stata fino a 41 mesi.

Il 34,9% dei pazienti è stato trattato con acido acetilsalicilico e l’11,4% è stato trattato con antiaritmici di classe III, compreso l’amiodarone.

Rivaroxaban si è dimostrato non inferiore al warfarin per l’endpoint primario composito di ictus ed embolia sistemica non a carico del SNC. Nella popolazione “per-protocol” in trattamento l’ictus o l’embolia sistemica si sono verificate in 188 pazienti in trattamento con rivaroxaban (1,71% per anno) ed in 241 pazienti in trattamento con warfarin (2,16% per anno) (HR 0,79; IC 95%, 0,66 – 0,96; p<0,001 per non-inferiorità). Fra tutti i pazienti randomizzati analizzati secondo l’approccio “intention-to-treat” (ITT) gli eventi primari si sono verificati in 269 pazienti trattati con rivaroxaban (2,12% per anno) ed in 306 pazienti trattati con warfarin (2,42% per anno) (HR 0,88; IC 95%, 0,74 – 1,03; p<0,001 per non-inferiorità; p=0,117 per superiorità). Nella Tabella 4 sono riportati i risultati per gli endpoint secondari testati in ordine gerarchico nell’ITT.

Nei pazienti trattati con warfarin i valori di INR erano all’interno dell’intervallo terapeutico (da 2,0 a 3,0) in media per il 55% del tempo (mediana, 58%; intervallo interquartile, da 43 a 71). L’effetto di rivaroxaban non differiva in funzione del livello di (Time in Target INR Range da 2,0 a 3,0) del centro nei quartili di uguali dimensioni (p=0,74 per interazione). All’interno del quartile più alto in base al centro, il rapporto di rischio (Hazard Ratio, HR) di rivaroxaban nei confronti di warfarin era 0,74 (IC 95%, da 0,49 a 1,12).

I tassi di incidenza per il principale endpoint di sicurezza (eventi di sanguinamento maggiori e non maggiori clinicamente rilevanti) erano simili nei due gruppi di trattamento (vedere Tabella 5).

Tabella 4: Risultati di efficacia dello studio di fase III ROCKET AF

Popolazione in
studio
Analisi di efficacia ITT in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare
Dose di trattamento rivaroxaban
20 mg una volta al giorno (15 mg una volta al giorno in pazienti con compromissione renale moderata)
Eventi per 100 pz/anno
Warfarin titolato per un INR target di 2,5 (intervallo terapeutico da 2,0 a 3,0)
Eventi per 100 pz/anno
HR (IC 95%)
p-value, test per superiorità
Ictus ed embolia
sistemica non a carico del SNC
269
(2,12)
306
(2,42)
0,88
(0,74 – 1,03)
0,117
Ictus, embolia
sistemica non a carico del SNC e morte vascolare
572
(4,51)
609
(4,81)
0,94
(0,84 – 1,05)
0,265
Ictus, embolia
sistemica non a carico del SNC, morte vascolare e infarto del miocardio
659
(5,24)
709
(5,65)
0,93
(0,83 – 1,03)
0,158
Ictus 253
(1,99)
281
(2,22)
0,90
(0,76 – 1,07)
0,221
Embolia sistemica
non a carico del SNC
20
(0,16)
27
(0,21)
0,74
(0,42 – 1,32)
0,308
Infarto del miocardio 130
(1,02)
142
(1,11)
0,91
(0,72 – 1,16)
0,464

Tabella 5: Risultati di sicurezza dello studio di fase III ROCKET AF

Popolazione in studio Pazienti con fibrillazione atriale non valvolarea)
Dose di trattamento Rivaroxaban 20 mg una volta al giorno (15 mg una volta al giorno in pazienti con
compromissione renale moderata)
Eventi per 100 pz/anno
Warfarin titolato per un INR
target di 2,5 (intervallo terapeutico da 2,0 a 3,0) Eventi per 100 pz/anno
HR (IC 95%) p-
value
Eventi di sanguinamento
maggiori e non maggiori clinicamente rilevanti
1.475
(14,91)
1.449
(14,52)
1,03 (0,96 – 1,11)
0,442
Eventi di sanguinamento
maggiori
395
(3,60)
386
(3,45)
1,04 (0,90 – 1,20)
0,576
Morte per sanguinamento
*
27
(0,24)
55
(0,48)
0,50 (0,31 – 0,79)
0,003
Sanguinamento in organo
critico*
91
(0,82)
133
(1,18)
0,69 (0,53 – 0,91)
0,007
Emorragia intracranica* 55
(0,49)
84
(0,74)
0,67 (0,47 – 0,93)
0,019
Calo dell’emoglobina* 305
(2,77)
254
(2,26)
1,22 (1,03 – 1,44)
0,019
Trasfusione di 2 o più
unità di concentrati eritrocitari o sangue intero*
183
(1,65)
149
(1,32)
1,25 (1,01 – 1,55)
0,044
Eventi di sanguinamento
non maggiori clinicamente rilevanti
1.185
(11,80)
1.151
(11,37)
1,04 (0,96 – 1,13)
0,345
Mortalità per tutte le cause 208
(1,87)
250
(2,21)
0,85 (0,70 – 1,02)
0,073

a) Popolazione valutabile ai fini della sicurezza, in corso di trattamento

Nominalmente significativo

Oltre allo studio di fase III ROCKET AF, è stato condotto uno studio (XANTUS) di coorte prospettico, a singolo braccio, post-autorizzativo, non interventistico ed in aperto, con obiettivo principale la valutazione comprendente gli eventi tromboembolici e i sanguinamenti maggiori. Sono stati arruolati 6.785 pazienti con fibrillazione atriale non valvolare per la prevenzione dell’ictus e dell’embolismo sistemico non riferito al sistema nervoso centrale (SNC) nella pratica clinica. Il valore medio sia per il CHADS2 che per l’HAS-BLED nello studio XANTUS era 2, mentre nello studio ROCKET AF i valori medi per CHADS2 e HAS-BLED erano rispettivamente 3,5 e 2,8.

Sanguinamenti maggiori si sono verificati in 2,1 su 100 paziente/anni

Emorragia fatale è stata riportata in 0,2 su 100 paziente/anni ed emorragia intracranica in 0,4 su 100 paziente/anni. Ictus o embolismo sistemico non centrale sono stati rilevati in 0,8 su 100 paziente/anni. Le osservazioni effettuate nella pratica clinica sono coerenti con il profilo di sicurezza definito in questa indicazione.

Pazienti sottoposti a cardioversione

Uno studio esplorativo prospettico, randomizzato, in aperto, multicentrico, con valutazione in cieco dell’endpoint (X-VERT) è stato condotto in 1.504 pazienti (nuovi o già in trattamento con terapia anticoagulante orale) con fibrillazione atriale non valvolare a cui è stata programmata cardioversione. per confrontare rivaroxaban con AVK a dose aggiustata (randomizzazione 2:1),per la prevenzione di eventi cardiovascolari. Le strategie utilizzate sono state cardioversione guidata da TEE (1-5 giorni di pre-trattamento) o cardioversione convenzionale (almeno tre settimane di pre-trattamento). L’esito primario di efficacia (tutti i tipi di ictus, attacco ischemico transitorio, embolismo sistemico non centrale, infarto del miocardio (IM) e morte cardiovascolare) si è verificato in 5 (0,5 %) pazienti del gruppo rivaroxaban (n = 978) e in 5 (1,0 %) pazienti del gruppo AVK (n = 492; RR 0,50; 95 % CI 0,15-1,73; popolazione ITT modificata). Il risultato principale di sicurezza (sanguinamento maggiore) si è verificato in 6 (0,6 %) e 4 (0,8 %) pazienti rispettivamente nel gruppo rivaroxaban (n = 988) e nel gruppo AVK (n = 499), (RR 0,76; 95 % CI 0,21-2,67; popolazione di sicurezza). Questo studio esplorativo ha mostrato un profilo di efficacia e sicurezza comparabile tra i gruppi di trattamento con rivaroxaban e AVK nel contesto della cardioversione.

Pazienti con fibrillazione atriale non valvolare sottoposti a PCI con posizionamento di uno stent Uno studio clinico randomizzato, in aperto, multicentrico (PIONEER AF-PCI) è stato condotto con lo scopo di confrontare la sicurezza di due regimi di trattamento con rivaroxaban ed uno con AVK in 2124 pazienti con fibrillazione atriale non valvolare che erano stati sottoposti a PCI con posizionamento di stent per malattia aterosclerotica primaria. I pazienti sono stati randomizzati in rapporto 1:1:1 per una terapia complessiva di 12 mesi. Pazienti con pregresso ictus/TIA erano esclusi. Il Gruppo 1 ha ricevuto rivaroxaban 15 mg una volta al giorno (10 mg una volta al giorno per pazienti con clearance della creatinina 30 – 49 ml/min) più un inibitore del P2Y12. Il Gruppo 2 ha ricevuto rivaroxaban 2,5 mg due volte al giorno più DAPT (doppia terapia anti-aggregante, ad esempio clopidogrel 75 mg [o un inibitore del P2Y12 alternativo] più acido acetilsalicilico [ASA] a basso dosaggio) per 1, 6 o 12 mesi, seguiti da rivaroxaban 15 mg (o 10 mg per pazienti con clearance della creatinina 30 – 49 ml/min) una volta al giorno più ASA a basse dosi. Il Gruppo 3 ha ricevuto una dose aggiustata di AVK più DAPT per 1, 6 o 12 mesi seguiti da una dose aggiustata di AVK più ASA a basse dosi.

L’endpoint primario di sicurezza, eventi di sanguinamento clinicamente rilevanti, si è verificato rispettivamente in 109 (15,7%), 117 (16,6%) e 167 (24,0%) soggetti nei gruppi 1,2 e 3 (HR 0.59; IC 95% 0.47-0.76; p<0.001, e HR 0.63; IC 95% 0.50-0.80; p<0.001, rispettivamente).

L’endpoint secondario (composito degli eventi cardiovascolari: morte cardiovascolare, IM o ictus) si è verificato in 41 (5,9%) 36 (5,1%) e 36 (5,2%) soggetti nel gruppo 1, 2 e 3, rispettivamente. Ognuno dei regimi con rivaroxaban ha mostrato una riduzione significativa degli eventi di sanguinamento clinicamente rilevanti in confronto al regime con AVK in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare che erano stati sottoposti a PCI con posizionamento di stent.

L’obiettivo primario dello studio PIONEER AF-PCI era quello di valutare la sicurezza. I dati di efficacia (inclusi eventi tromboembolici) in questa popolazione sono limitati.

Trattamento della TVP, dell’EP e prevenzione delle recidive di TVP ed EP

Il programma clinico di rivaroxaban è stato sviluppato per dimostrare l’efficacia di rivaroxaban nel trattamento iniziale e continuato della TVP acuta e dell’EP e nella prevenzione delle recidive.

Oltre 12.800 pazienti sono stati studiati in quattro studi clinici randomizzati controllati di fase III (Einstein DVT, Einstein PE, Einstein Extension ed Einstein Choice), ed è stata inoltre condotta una analisi aggregata predefinita degli studi Einstein DVT ed Einstein PE. La durata complessiva del trattamento combinato in tutti gli studi è stata fino a 21 mesi.

Nello studio Einstein DVT, 3.449 pazienti con TVP acuta sono stati studiati per il trattamento della TVP e la prevenzione delle recidive di TVP ed EP (i pazienti con EP sintomatica sono stati esclusi dallo studio). La durata del trattamento era di 3, 6 o 12 mesi, sulla base della valutazione clinica dello sperimentatore.

Nelle prime 3 settimane di trattamento della TVP acuta sono stati somministrati 15 mg di rivaroxaban due volte al giorno. Successivamente sono stati somministrati 20 mg di rivaroxaban una volta al giorno.

Nello studio Einstein PE sono stati studiati 4.832 pazienti con EP acuta per il trattamento dell’EP e la prevenzione delle recidive di TVP ed EP. La durata del trattamento era di 3,6 o 12 mesi, sulla base della valutazione dello sperimentatore.

Per il trattamento iniziale dell’EP acuta sono stati somministrati 15 mg di rivaroxaban due volte al giorno per tre settimane. Successivamente sono stati somministrati 20 mg di rivaroxaban una volta al giorno.

Sia nello studio Einstein DVT che nello studio Einstein PE il regime terapeutico di confronto era costituito da enoxaparina somministrata per almeno 5 giorni in associazione con antagonisti della vitamina K fino a ottenere un PT/INR nell’intervallo terapeutico (≥ 2,0). Il trattamento proseguiva con una dose di antagonista della vitamina K titolata in modo da mantenere i valori PT/INR nell’intervallo terapeutico compreso tra 2,0 e 3,0.

Nello studio Einstein Extension, 1.197 pazienti con TVP o EP sono stati studiati per la prevenzione delle recidive di TVP ed EP. La durata del trattamento era incrementata di ulteriori 6 o 12 mesi nei pazienti che avevano completato il trattamento per il tromboembolismo venoso da 6 a 12 mesi, in base alla valutazione clinica dello sperimentatore. Rivaroxaban 20 mg una volta al giorno è stato confrontato con il placebo.

Negli studi Einstein DVT, PE ed Extension sono stati utilizzati gli stessi endpoint di efficacia primario e secondario predefiniti. L’endpoint di efficacia primario era il TEV sintomatico recidivante, definito come l’insieme di TVP recidivante ed EP fatale o non fatale. L’endpoint di efficacia secondario era definito come l’insieme di TVP recidivante, EP non fatale e mortalità per qualsiasi causa.

Nello studio Einstein Choice, 3.396 pazienti con TVP sintomatica confermata e/o EP che hanno completato 6-12 mesi di trattamento anticoagulante sono stati studiati per la prevenzione della EP fatale o della TVP o EP sintomatica recidivante non fatale. I pazienti con indicazione per la prosecuzione della terapia anticoagulante a dosi terapeutiche sono stati esclusi dallo studio. La durata massima di trattamento è stata fino a 12 mesi, a seconda della data di randomizzazione di ogni soggetto (mediana: 351 giorni). Rivaroxaban 20 mg una volta al giorno e rivaroxaban 10 mg una volta al giorno sono stati paragonati a 100 mg di acido acetilsalicilico una volta al giorno.

L’endpoint di efficacia primario era il TEV sintomatico recidivante, definito come l’insieme di TVP recidivante ed EP fatale o non fatale.

Nello studio Einstein DVT (vedere Tabella 6) è stato dimostrato che rivaroxaban non è inferiore a enoxaparina/AVK per l’endpoint di efficacia primario (p < 0,0001 (test di non inferiorità); HR: 0,680 (0,443 – 1,042), p = 0,076 (test di superiorità)). Per il beneficio clinico netto prespecificato (endpoint di efficacia primario più eventi di sanguinamento maggiori) è stato osservato un HR di 0,67 ((IC 95%: 0,47 – 0,95), valore nominale di p = 0,027) a favore di rivaroxaban. I valori di INR erano all’interno dell’intervallo terapeutico mediamente nel 60,3% del tempo per una durata media di trattamento di 189 giorni, e nel 55,4%, 60,1%, e 62,8% del tempo rispettivamente nei gruppi con una durata di trattamento di 3, 6, e 12 mesi. Nel gruppo trattato con enoxaparina/AVK non c’era una chiara relazione tra il livello medio di TTR del centro (Time in Target INR Range tra 2,0 e 3,0) nei terzili di eguali dimensioni e l’incidenza della TEV recidivante (p=0,932 per interazione). All’interno del terzile più alto in base al centro, il HR di rivaroxaban nei confronti di warfarin era 0,69 (IC 95%: 0,35 – 1,35).

I tassi di incidenza per l’endpoint di sicurezza primario (eventi di sanguinamento maggiori o non maggiori clinicamente rilevanti) e di sanguinamento (eventi emorragici maggiori) erano simili nei due gruppi di trattamento.

Tabella 6: Risultati di efficacia e sicurezza dello studio di fase III Einstein DVT

Popolazione in studio 3.449 pazienti con trombosi venosa profonda acuta
sintomatica
Dose e durata del trattamento rivaroxaban a)
3,6 o 12 mesi N=1.731
Enoxaparina/AVKb)
3,6 o 12 mesi N=1.718
TEV recidivante sintomatica* 36 (2,1%) 51 (3,0%)
EP recidivante sintomatica 20 (1,2%) 18 (1,0%)
TVP recidivante sintomatica 14 (0,8%) 28 (1,6%)
EP e TVP sintomatiche 1
(0,1%)
0
EP fatale /morte in cui l’EP non può essere esclusa 4 (0,2%) 6 (0,3%)
Eventi di sanguinamento maggiori
o non maggiori clinicamente rilevanti
139 (8,1%) 138 (8,1%)
Eventi di sanguinamento maggiori 14 (0,8%) 20 (1,2%)

Rivaroxaban 15 mg due volte al giorno per 3 settimane seguito da 20 mg una volta al giorno

Enoxaparina per almeno 5 giorni, in concomitanza e seguita da AVK

* p < 0,0001 (non-inferiorità con un HR predefinito di 2,0); HR: 0,680 (0,443 – 1,042), p=0,076 (superiorità) Nello studio Einstein PE (vedere Tabella 7) è stato dimostrato che rivaroxaban non è inferiore a enoxaparina/AVK per l’endpoint primario di efficacia (p=0,0026 (test per non-inferiorità); HR: 1,123 (0,749 – 1,684)). Il beneficio clinico netto predefinito (endpoint primario di efficacia più eventi di sanguinamento maggiori) è stato riportato con un HR di 0,849 ((IC 95%: 0,633 – 1,139), valore nominale di p= 0,275). I valori INR erano all’interno dell’intervallo terapeutico in media per il 63% del tempo per una durata media di trattamento di 215 giorni, e rispettivamente per il 57%, 62%, e 65% del tempo nei gruppi la cui durata di trattamento prevista era di 3, 6 e 12 mesi. Nel gruppo trattato con enoxaparina/AVK non c’era una chiara relazione tra il livello medio di TTR del centro (Time in Target INR Range tra 2,0 e 3,0) nei terzili di eguali dimensioni e l’incidenza della TEV recidivante (p=0,082 per interazione). All’interno del terzile più alto in base al centro, il HR di rivaroxaban nei confronti di warfarin era 0,642 (IC 95%, 0,277 – 1,484).

I tassi d’incidenza per l’endpoint di sicurezza primario (eventi di sanguinamento maggiori o non maggiori clinicamente rilevanti) erano leggermente più bassi nel gruppo trattato con rivaroxaban (10,3% (249/2412)) rispetto al gruppo trattato con enoxaparina/AVK (11,4% (274/2405)). L’incidenza dell’endpoint di sicurezza secondario (eventi emorragici maggiori) era più basso nel gruppo trattato con rivaroxaban (1,1% (26/2412)) rispetto al gruppo trattato con enoxaparina/AVK (2,2% (52/2405)) con un HR di 0,493 (IC 95%: 0,308 – 0,789).

Tabella 7: Risultati di efficacia e sicurezza dello studio di fase III Einstein PE

Popolazione in studio 4.832 pazienti con EP sintomatica acuta
Dose e durata del trattamento rivaroxabana)
3, 6 o 12 mesi N=2.419
Enoxaparina/AVKb)
3, 6 o 12 mesi N=2.413
TEV recidivante sintomatica* 50
(2,1%)
44
(1,8%)
EP recidivante sintomatica 23
(1,0%)
20
(0,8%)
TVP recidivante sintomatica 18
(0,7%)
17
(0,7%)
EP e TVP sintomatiche 0 2
(<0,1%)
EP fatale/morte in cui l’EP non
può essere esclusa
11
(0,5%)
7
(0,3%)
Eventi di sanguinamento maggiori
o non maggiori clinicamente rilevanti
249
(10,3%)
274
(11,4%)
Eventi di sanguinamento maggiori 26
(1,1%)
52
(2,2%)

Rivaroxaban 15 mg due volte al giorno per tre settimane seguito da 20 mg una volta al giorno Enoxaparina per almeno 5 giorni, in concomitanza e seguita da AVK

p < 0,0026 (non-inferiorità con un HR predefinito di 2,0); HR: 1.123 (0.749 – 1.684) È stata condotta una analisi aggregata predefinita sugli endpoint degli studi Einstein DVT e PE (vedere Tabella 8).

Tabella 8: Risultati di efficacia e sicurezza nella pooled analysis degli studi di fase III Einstein DVT e Einstein PE

Popolazione in studio 8.281 pazienti con TVP sintomatica acuta o EP
Dose e durata del trattamento rivaroxaban a)
3, 6 o 12 mesi N=4.150
Enoxaparina/AVKb) 3, 6 o 12 mesi
N=4.131
TEV recidivante sintomatica* 86
(2,1%)
95
(2,3%)
EP recidivante sintomatica 43
(1,0%)
38
(0,9%)
TVP recidivante sintomatica 32
(0,8%)
45
(1,1%)
EP e TVP sintomatiche 1
(<0,1%)
2
(<0,1%)
EP fatale/ morte in cui l’EP non
può essere esclusa
15
(0,4%)
13
(0,3%)
Eventi di sanguinamento maggiori
o non maggiori clinicamente rilevanti
388
(9,4%)
412
(10,0%)
Eventi di sanguinamento maggiori 40
(1,0%)
72
(1,7%)

Rivaroxaban 15 mg due volte al giorno per tre settimane seguito da 20 mg una volta al giorno Enoxaparina per almeno 5 giorni, in concomitanza e seguita da AVK

* p < 0.0001 (non-inferiorità con un HR predefinito di 1,75); HR: 0,886 (0,661 – 1,186) Il beneficio clinico netto predefinito (endpoint primario di efficacia più eventi di sanguinamento maggiori) nella analisi aggregata è stato riportato con un HR di 0,771 ((IC 95%: 0,614 – 0,967), valore nominale di p= 0,0244).

Nello studio Einstein Extension (vedere Tabella 9), rivaroxaban è risultato superiore al placebo per gli endpoint di efficacia primario e secondario. Per l’endpoint di sicurezza primario (eventi di sanguinamento maggiori) c’è stato un tasso di incidenza numericamente maggiore, ma non significativa, nei pazienti trattati con rivaroxaban 20 mg una volta al giorno in confronto al placebo.

Per l’endpoint di sicurezza secondario (eventi di sanguinamento maggiori o non maggiori clinicamente rilevanti) sono stati osservati tassi più alti nei pazienti trattati con rivaroxaban 20 mg una volta al giorno in confronto al placebo.

Tabella 9: Risultati di efficacia e sicurezza dello studio di fase III Einstein Extension

Popolazione in studio 1.197 pazienti hanno proseguito il trattamento e la
prevenzione del tromboembolismo venoso recidivante
Dose e durata del trattamento rivaroxabana) 6 o 12 mesi
N = 602
Placebo 6 o 12 mesi
N = 594
TEV recidivante sintomatico* 8 (1,3%) 42 (7,1%)
EP recidivante sintomatica 2 (0,3%) 13 (2,2%)
TVP recidivante sintomatica 5 (0,8%) 31 (5,2%)
EP fatale/morte in cui l’EP non
può esclusa
1
(0,2%)
1
(0,2%)
Eventi di sanguinamento
maggiori
4 (0,7%) 0 (0,0%)
Sanguinamento non maggiore clinicamente rilevante 32 (5,4%) 7 (1,2%)

a) Rivaroxaban 20 mg una volta al giorno

* p < 0,0001 (superiorità); HR: 0,185 (0,087 – 0,393)

Nello studio Einstein Choice (vedere Tabella 10), rivaroxaban 20 mg e 10 mg sono risultati entrambi superiori a 100 mg di acido acetilsalicilico per l’endpoint primario di efficacia. L’endpoint principale di sicurezza (eventi di sanguinamento maggiori) è risultato simile nei pazienti trattati con rivaroxaban 20 mg e 10 mg una volta al giorno in confronto a 100 mg di acido acetilsalicilico.

Tabella 10: Risultati di efficacia e sicurezza dello studio di fase III Einstein Choice

Popolazione in studio 3.396 pazienti hanno proseguito la prevenzione del
tromboembolismo venoso recidivante
Dose del trattamento rivaroxaban 20 mg od
N=1.107
rivaroxaban
10 mg od
N=1.127
ASA 100 mg od N=1.131
Durata mediana del trattamento [scarto
interquartile]
349 [189-362] giorni 353 [190-362] giorni 350 [186-362] giorni
TEV recidivante sintomatico 17 (1,5%)* 13 (1,2%)** 50 (4,4%)
EP recidivante
sintomatica
6 (0,5%) 6 (0,5%) 19 (1,7%)
TVP recidivante
sintomatica
9 (0,8%) 8 (0,7%) 30 (2,7%)
EP fatale/morte in cui
l’EP non può essere esclusa
2 (0,2%) 0 2
(0,2%)
TEV recidivante
sintomatico, IM, ictus o embolia sistemica non SNC
19
(1,7%)
18
(1,6%)
56
(5,0%)
Eventi di sanguinamento
maggiori
6
(0,5%)
5
(0,4%)
3
(0,3%)
Sanguinamento non maggiore clinicamente
rilevante
30
(2,7%)
22
(2,0%)
20
(1,8%)
TEV recidivante sintomatico
o sanguinamento maggiore (beneficio clinico netto)
23
(2,1%)
17
(1,5%)++
53
(4,7%)

* p<0,001(superiorità) rivaroxaban 20 mg od vs ASA 100 mg od; HR=0,34 (0,20–0,59)

** p<0,001 (superiorità) rivaroxaban 10 mg od vs ASA 100 mg od; HR=0,26 (0,14–0,47)

+ rivaroxaban 20 mg od vs. ASA 100 mg od; HR=0,44 (0,27–0,71), p=0,0009 (nominale) ++ rivaroxaban 10 mg od vs. ASA 100 mg od; HR=0,32 (0,18–0,55), p<0,0001 (nominale) Oltre al programma di fase III EINSTEIN, è stato condotto uno studio di coorte prospettico (XALIA), non interventistico ed in aperto, con obiettivo principale la valutazione comprendente TEV recidivante, sanguinamento maggiore e morte. Sono stati arruolati 5.142 pazienti con TVP acuta per indagare la sicurezza a lungo termine di rivaroxaban rispetto alla terapia anticoagulante “standard of care” nella pratica clinica. I tassi di sanguinamento maggiore, TVE recidivante e morte per qualsiasi causa sono stati per rivaroxaban rispettivamente pari a 0,7%, 1,4% e 0,5%. I pazienti presentavano al basale delle differenze tra cui l’età, la presenza/assenza di cancro e la compromissione della funzionalità renale. L’analisi statistica pre-specificata e stratificata tramite propensity-score è stata utilizzata al fine di aggiustare le differenze al basale, sebbene dei fattori confondenti possono, nonostante tutto, influenzare i risultati. I rapporti di rischio nel confronto tra rivaroxaban e la terapia standard of care corretti per sanguinamenti maggiori, TVE recidivante e mortalità per qualsiasi causa, erano rispettivamente 0,77 (IC 95% 0,40 – 1,50), 0,91 (IC 95% 0,54 – 1,54) e 0,51 (IC 95% 0,24 – 1,07).

Questi risultati nella pratica clinica sono coerenti con il profilo di sicurezza TVE stabilito per questa indicazione.

Pazienti con sindrome antifosfolipidica triplo-positivi ad alto rischio

In uno studio multicentrico randomizzato e in aperto, promosso da uno sperimentatore, con aggiudicazione in cieco degli endpoint, rivaroxaban è stato confrontato con warfarin in pazienti con storia pregressa di trombosi, ai quali era stata diagnosticata la sindrome antifosfolipidica e ad alto rischio di eventi tromboembolici (positività a tutti e tre i test degli anticorpi antifosfolipidi: anticoagulante lupico, anticorpi anticardiolipina e anticorpi anti-beta 2-glicoproteina I). Lo studio è stato interrotto prematuramente, dopo l’arruolamento di 120 pazienti, a causa di un eccesso di eventi tromboembolici tra i pazienti in trattamento con rivaroxaban. La durata media di follow-up è stata di 569 giorni. 59 pazienti sono stati randomizzati a rivaroxaban 20 mg (15 mg per i pazienti con clearance della creatinina (CrCl) <50 ml/min) e 61 pazienti a warfarin (INR 2.0-3.0). Eventi tromboembolici si sono verificati nel 12 % dei pazienti randomizzati a rivaroxaban (4 ictus ischemici e 3 infarti miocardici). Nessun evento è stato riportato nei pazienti randomizzati a warfarin.

Sanguinamenti maggiori si sono verificati in 4 pazienti (7%) del gruppo rivaroxaban e in 2 pazienti (3%) del gruppo warfarin.

Popolazione pediatrica

L’Agenzia Europea per i Medicinali ha rinviato l’obbligo di presentare i risultati degli studi con rivaroxaban in uno o più sottogruppi della popolazione pediatrica nel trattamento di eventi tromboembolici. L’Agenzia Europea per i Medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con rivaroxaban in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica nella prevenzione di eventi tromboembolici (vedere paragrafo 4.2 per le informazioni sull’uso pediatrico).

 

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

Assorbimento

Rivaroxaban è assorbito rapidamente e le concentrazioni massime (Cmax) si riscontrano 2 – 4 ore dopo l’assunzione della compressa.

L’assorbimento orale di rivaroxaban è pressoché completo e la biodisponibilità orale per la compressa da 2,5 mg e 10 mg è elevata (80 – 100%), indipendentemente dal digiuno o dall’assunzione di cibo.

L’assunzione con il cibo non influisce sulla AUC o sulla Cmax di rivaroxaban alla dose di 2,5 mg e 10 mg.

A causa di un grado di assorbimento ridotto, per la compressa da 20 mg è stata determinata una biodisponibilità orale del 66% in condizioni di digiuno. In caso di assunzione delle compresse di rivaroxaban da 20 mg con il cibo sono stati osservati aumenti del 39% dell’AUC media in confronto all’assunzione della compressa a digiuno, indicando un assorbimento pressoché completo e una elevata biodisponibilità orale. Le compresse di rivaroxaban da 15 mg e 20 mg devono essere assunte con il cibo (vedere paragrafo 4.2).

La farmacocinetica di rivaroxaban è grosso modo lineare fino a circa 15 mg una volta al giorno in condizioni di digiuno. A stomaco pieno, per le compresse di rivaroxaban da 10 mg, 15 mg e 20 mg è stata dimostrata la dose-proporzionalità. A dosi più elevate, l’assorbimento di rivaroxaban è limitato dalla dissoluzione, con riduzione della biodisponibilità e del tasso di assorbimento all’aumentare della dose.

La variabilità della farmacocinetica di rivaroxaban è moderata, con una variabilità inter-individuale (CV %) compresa tra il 30% e il 40%.

L’assorbimento di rivaroxaban dipende dalla sede di rilascio nel tratto gastrointestinale. È stata segnalata una riduzione del 29% e 56% di AUC e Cmax rispetto alla compressa quando rivaroxaban granulato viene rilasciato nell’intestino tenue prossimale. L’esposizione si riduce ulteriormente quando rivaroxaban viene rilasciato nell’intestino tenue distale o nel colon ascendente. Pertanto, la somministrazione di rivaroxaban distalmente allo stomaco deve essere evitata, perché in tal caso l’assorbimento di rivaroxaban e quindi l’esposizione possono essere ridotti.

La biodisponibilità (AUC e Cmax) è stata paragonabile per 20 mg di rivaroxaban somministrato per via orale come compressa frantumata mescolata con purea di mele o risospesa in acqua e somministrata tramite sonda gastrica seguita da un pasto liquido, in confronto alla compressa intera. In considerazione del profilo farmacocinetico di rivaroxaban, prevedibile e proporzionale alla dose, i risultati di biodisponibilità ottenuti in questo studio sono verosimilmente applicabili anche a dosi minori di rivaroxaban.

Distribuzione

Nell’uomo, il legame con le proteine plasmatiche è elevato e raggiunge circa il 92 %-95 %. La componente principale del legame è l’albumina sierica. Il volume di distribuzione è moderato, con un Vss di circa 50 litri.

Biotrasformazione ed eliminazione

Approssimativamente i 2/3 della dose somministrata di rivaroxaban subiscono una degradazione metabolica con una metà poi eliminata per via renale e l’altra metà per via fecale. Il rimanente 1/3 della dose somministrata viene escreto direttamente per via renale, come principio attivo immodificato nelle urine, principalmente per secrezione renale attiva.

Rivaroxaban viene metabolizzato tramite il CYP3A4, il CYP2J2 e con meccanismi indipendenti dal CYP. La degradazione ossidativa del gruppo morfolinone e l’idrolisi dei legami ammidici sono i siti principali di biotrasformazione. In base agli studi in vitro, rivaroxaban è un substrato delle proteine di trasporto P-gp (glicoproteina-P) e Bcrp (breast cancer resistance protein).

Rivaroxaban immodificato è il composto principale presente nel plasma umano, nel quale non si rilevano metaboliti maggiori o attivi circolanti. Con una clearance sistemica di circa 10 l/h, rivaroxaban può essere definito una sostanza a bassa clearance. Dopo somministrazione endovenosa di una dose di 1 mg, l’emivita di eliminazione è di circa 4,5 ore. Dopo somministrazione orale, l’eliminazione viene limitata dal tasso di assorbimento. L’eliminazione di rivaroxaban dal plasma avviene con un’emivita terminale di 5 – 9 ore nei soggetti giovani e di 11 – 13 ore negli anziani.

Popolazioni speciali

Sesso

Non sono state riscontrate differenze clinicamente significative nella farmacocinetica e nella farmacodinamica tra i pazienti di sesso maschile e femminile.

Anziani

Nei pazienti anziani sono state osservate concentrazioni plasmatiche maggiori che nei pazienti giovani, con valori di AUC medi di circa 1,5 volte superiori, soprattutto dovuti alla (apparente) ridotta clearance renale e totale. Non è necessario alcun aggiustamento della dose.

Categorie di peso

I valori estremi di peso corporeo (< 50 kg o > 120 kg) hanno avuto solo un’influenza ridotta sulle concentrazioni plasmatiche di rivaroxaban (meno del 25 %). Non è necessario alcun aggiustamento della dose.

Differenze interetniche

Non sono state osservate differenze interetniche clinicamente rilevanti fra pazienti caucasici, afroamericani, ispanici, giapponesi o cinesi riguardo alla farmacocinetica e alla farmacodinamica di rivaroxaban.

Compromissione epatica

Nei pazienti cirrotici con compromissione epatica lieve (classificati come Child Pugh A) sono state osservate solo lievi variazioni della farmacocinetica di rivaroxaban (aumento medio di 1,2 volte dell’AUC di rivaroxaban), pressoché paragonabili a quelle del gruppo sano di controllo. Nei pazienti cirrotici con compromissione epatica moderata (classificati come Child Pugh B), l’AUC media di rivaroxaban è risultata significativamente aumentata di 2,3 volte rispetto ai volontari sani. L’AUC del farmaco non legato è risultata aumentata di 2,6 volte. Questi pazienti presentavano anche ridotta eliminazione renale di rivaroxaban, similmente ai pazienti con compromissione renale moderata. Non sono disponibili dati relativi ai pazienti con compromissione epatica grave.

L’inibizione dell’attività del fattore Xa è risultata aumentata di 2,6 volte nei pazienti con compromissione epatica moderata rispetto ai volontari sani; similmente, prolungamento del PT è risultato aumentato di 2,1 volte. I pazienti con compromissione epatica moderata erano risultati più sensibili a rivaroxaban, con conseguente aumento dell’inclinazione della retta di correlazione PK/PD tra concentrazione e PT. Rivaroxaban è controindicato nei pazienti con malattie epatiche associate a coagulopatia e rischio di sanguinamento clinicamente rilevante, compresi i pazienti cirrotici con Child Pugh B e C (vedere paragrafo 4.3).

Compromissione renale

È stato riscontrato un aumento dell’esposizione a rivaroxaban correlato alla riduzione della funzionalità renale, sulla base della determinazione della clearance della creatinina. Nei soggetti con compromissione renale lieve (clearance della creatinina 50 – 80 ml/min), moderata (clearance della creatinina 30 – 49 ml/min) e grave (clearance della creatinina 15 – 29 ml/min), le concentrazioni plasmatiche di rivaroxaban (AUC) sono risultate aumentate, rispettivamente, di 1,4, 1,5 e 1,6 volte. Gli aumenti corrispondenti degli effetti farmacodinamici erano più pronunciati. Nei soggetti con compromissione renale lieve, moderata e grave, l’inibizione globale dell’attività del fattore Xa è risultata aumentata, rispettivamente, di 1,5, 1,9 e 2,0 volte in confronto ai volontari sani; similmente, il prolungamento del PT è risultato aumentato, rispettivamente, di 1,3, 2,2 e 2,4 volte. Non sono disponibili dati in pazienti con clearance della creatinina < 15 ml/min.

A causa dell’elevato legame con le proteine plasmatiche, non si prevede che rivaroxaban sia dializzabile. L’uso in pazienti con clearance della creatinina < 15 ml/min non è raccomandato. Rivaroxaban deve essere usato con cautela nei pazienti con clearance della creatinina compresa tra 15 e 29 ml/min (vedere paragrafo 4.4).

Dati farmacocinetici nei pazienti

Nei pazienti in trattamento con rivaroxaban per la trombosi venosa profonda acuta (TVP), che ricevono 20 mg una volta al giorno, la media geometrica della concentrazione (intervallo di previsione 90%) dopo 2 – 4 ore e circa 24 ore dopo l’assunzione (che approssimativamente rappresentano la concentrazione massima e minima nell’intervallo di assunzione) era rispettivamente di 215 (22 – 535) e 32 (6 – 239) mcg/l.

Rapporto farmacocinetica/farmacodinamica

Il rapporto farmacocinetica/farmacodinamica (FC/FD) tra la concentrazione plasmatica di rivaroxaban e diversi endpoint FD (inibizione del fattore Xa, PT, aPTT, HepTest) è stato valutato dopo somministrazione di un ampio range di dosi (5 – 30 mg due volte al giorno). Il rapporto fra la concentrazione di rivaroxaban e l’attività del fattore Xa viene descritto al meglio tramite un modello Emax. Per il PT, il modello di regressione lineare generalmente descrive meglio i dati. A seconda dei differenti reagenti PT usati, la pendenza differiva considerevolmente. Quando è stato usato Neoplastin per il PT, il PT basale era di circa 13 s e la pendenza di circa 3-4 s/(100 mcg/l). I risultati delle analisi di FC/FD in fase II e III sono comparabili con i dati ottenuti nei soggetti sani.

Popolazione pediatrica

La sicurezza e l’efficacia nei bambini e negli adolescenti fino ai 18 anni non sono state verificate.

 

05.3 Dati preclinici di sicurezza

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I dati non-clinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base degli studi convenzionali di sicurezza farmacologica, tossicità a dosi singole, fototossicità, genotossicità, potenziale cancerogeno e tossicità giovanile.

Gli effetti osservati negli studi di tossicità a dosi ripetute erano prevalentemente dovuti all’eccessiva attività farmacodinamica di rivaroxaban. Nel ratto, sono stati osservati livelli plasmatici aumentati di IgG e IgA a livelli di esposizione clinicamente rilevanti.

Nel ratto non sono stati osservati effetti sulla fertilità maschile o femminile. Gli studi su animali hanno mostrato una tossicità riproduttiva correlata al meccanismo d’azione farmacologica di rivaroxaban (ad es. complicanze emorragiche). A concentrazioni plasmatiche clinicamente rilevanti, sono state osservate tossicità embrio-fetale (perdita post-impianto, ossificazione ritardata/progredita, macchie epatiche multiple chiare), aumentata incidenza di malformazioni comuni e alterazioni placentari. Nello studio pre- e post-natale nel ratto, è stata osservata una riduzione della vitalità della prole a dosi tossiche per la madre.

 

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

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Nucleo della compressa Mannitolo Cellulosa microcristallina Macrogol Polossamero Sodio laurilsolfato Sodio croscarmelloso Silice colloidale anidra Sodio stearil fumarato Pellicola di rivestimento Ipromellosa Macrogol Titanio diossido (E171) Ossido di ferro rosso (E172)

 

06.2 Incompatibilità

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Non pertinente.

 

06.3 Periodo di validità

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30 mesi

 

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

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Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione.

 

06.5 Natura e contenuto della confezione

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Blister (foglio di formatura trasparente in PVC/PVDC/PVC //foglio in Al): 100 compresse rivestite con film, in una scatola.

Blister divisibile per dose unitaria (foglio di formatura trasparente in PVC/PVDC/PVC //foglio in Al): 100 x 1 compresse rivestite con film, in una scatola.

Blister (foglio di formatura trasparente in PVC/PVDC/PVC //foglio in Al), confezione calendario: 14 e 28 compresse rivestite con film, in una scatola.

La scheda di allerta per il paziente è inclusa in ogni confezione del medicinale.

È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.

 

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

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Nessuna istruzione particolare per lo smaltimento.

 

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

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HCS bvba, H. Kennisstraat 53, B 2650 Edegem, Belgio

 

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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AIC n. 048788107 – "20 Mg Compresse Rivestite Con Film" 100xl Compresse In Blister Divisibile Per Dose Unitaria Pvc/Pvdc/Pvc-Al

AIC n. 048788119 – "20 Mg Compresse Rivestite Con Film" 14 Compresse In Blister Pvc/Pvdc/Pvc- Al Confezione Calendario AIC n. 048788121 – "20 Mg Compresse Rivestite Con Film" 28 Compresse In Blister Pvc/Pvdc/Pvc- Al Confezione Calendario AIC n. 048788133 – "20 Mg Compresse Rivestite Con Film" 100 Compresse In Blister Pvc/Pvdc/Pvc- Al

 

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

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10.0 Data di revisione del testo

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Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: 26/03/2024

 


FARMACI EQUIVALENTI (stesso principio attivo)

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