Rivaroxaban Zentiva 20: Scheda Tecnica e Prescrivibilità

Rivaroxaban Zentiva 20

Rivaroxaban Zentiva 20

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Rivaroxaban Zentiva 20: ultimo aggiornamento pagina: 21/01/2024 (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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Rivaroxaban Zentiva 15 mg capsule rigide Rivaroxaban Zentiva 20 mg capsule rigide

 

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Rivaroxaban Zentiva 15 mg capsule rigide: ogni capsula contiene 15 mg di rivaroxaban. Rivaroxaban Zentiva 20 mg capsule rigide: ogni capsula contiene 20 mg di rivaroxaban.

Eccipienti con effetti noti:

Ogni capsula rigida di Rivaroxaban Zentiva 15 mg contiene 171,0 mg di lattosio monoidrato.

Ogni capsula rigida di Rivaroxaban Zentiva 20 mg contiene 228,0 mg di lattosio monoidrato

e carmoisina (E 122).

Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

 

03.0 Forma farmaceutica

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Capsula rigida

Le capsule di Rivaroxaban Zentiva 15 mg sono riempite di polvere di colore da bianca a biancastra in capsula di dimensione “1” (19,4 ± 0,3 mm di lunghezza) con tappo e corpo di colore marrone chiaro opaco con impresso sul tappo “15” con inchiostro bianco.

Le capsule di Rivaroxaban Zentiva 20 mg sono riempite di polvere di colore da bianca a biancastra in capsula di dimensione “0” (21,7 ± 0,3 mm di lunghezza) con tappo e corpo di colore marrone scuro opaco con impresso sul tappo “20” con inchiostro bianco.

 

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica nei pazienti adulti affetti da fibrillazione atriale non valvolare con uno o più fattori di rischio, come insufficienza cardiaca congestizia, ipertensione, età ≥ 75 anni, diabete mellito, pregresso ictus o attacco ischemico transitorio.

Trattamento della trombosi venosa profonda (TVP) e dell’embolia polmonare (EP) e prevenzione delle recidive di TVP ed EP nell’adulto (Vedere paragrafo 4.4 per pazienti EP emodinamicamente instabili).

 

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Posologia

Prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica

La dose raccomandata è 20 mg una volta al giorno e corrisponde alla dose massima raccomandata.

La terapia con Rivaroxaban Zentiva deve essere proseguita a lungo termine, a condizione che il beneficio legato alla prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica superi il rischio emorragico (vedere paragrafo 4.4).

In caso di dimenticanza di una dose, il paziente deve assumere Rivaroxaban Zentiva immediatamente e proseguire il giorno successivo con l’assunzione monogiornaliera raccomandata. Non deve essere assunta una dose doppia in uno stesso giorno per compensare la dimenticanza della dose Trattamento della TVP, trattamento dell’EP e prevenzione delle recidive di TVP ed EP

La dose raccomandata per il trattamento iniziale della TVP acuta o dell’EP è 15 mg due volte al giorno nelle prime tre settimane, seguita da una dose di 20 mg una volta al giorno per la prosecuzione del trattamento e la prevenzione delle recidive di TVP ed EP.

Una terapia di breve durata (almeno 3 mesi) deve essere presa in considerazione nei pazienti con TVP o EP provocata da fattori di rischio transitori maggiori (p.e. recente intervento chirurgico maggiore o trauma). Una terapia di durata maggiore va presa in considerazione nei pazienti con TVP o EP provocata ma non correlata a fattori di rischio transitori maggiori, in caso di TVP o EP non provocata o in caso di anamnesi di TVP o EP recidivante.

Quando è indicata una profilassi delle recidive di TVP ed EP di lunga durata (dopo il completamento di una terapia di almeno 6 mesi per TVP o EP), la dose raccomandata è di 10 mg una volta al giorno. Nei pazienti considerati ad alto rischio di TVP o EP recidivante, come quelli con comorbidità complicate o che hanno manifestato TVP o EP recidivante in corso di profilassi di lunga durata con Rivaroxaban Zentiva 10 mg una volta al giorno, deve essere presa in considerazione una dose di Rivaroxaban Zentiva di 20 mg una volta al giorno.

La durata della terapia e la selezione della dose devono essere personalizzate dopo un’attenta valutazione del beneficio del trattamento in rapporto al rischio emorragico (vedere paragrafo 4.4).

Periodo temporale Schema posologico Dose giornaliera
totale
Trattamento e prevenzione della TVP e della EP recidivante Giorno 1-21 15 mg due volte al giorno 30 mg
Giorno 22 e successivi 20 mg una volta al giorno 20 mg
Prevenzione della TVP e della EP recidivante Dopo il completamento di una terapia di almeno 6 mesi per TVP o EP 10 mg una volta al giorno o
20 mg una volta al giorno
10 mg
o 20 mg

In caso di dimenticanza di una dose nella fase di trattamento con 15 mg due volte al giorno (giorno 1 – 21), il paziente deve assumere Rivaroxaban Zentiva immediatamente, per garantire l’assunzione giornaliera di 30 mg di Rivaroxaban Zentiva. In questo caso possono essere assunte contemporaneamente due capsule da 15 mg. Il giorno successivo, il paziente deve proseguire con l’assunzione abituale raccomandata di 15 mg due volte al giorno.

In caso di dimenticanza di una dose nella fase di trattamento con assunzione monogiornaliera, il paziente deve assumere Rivaroxaban Zentiva immediatamente e proseguire il giorno successivo con l’assunzione monogiornaliera raccomandata. Non deve essere assunta una dose doppia in uno stesso giorno per compensare la dimenticanza della dose.

Passaggio dagli antagonisti della vitamina K (AVK) a Rivaroxaban Zentiva

Nei pazienti sottoposti a trattamento per la prevenzione di ictus e embolia sistemica, il trattamento con AVK deve essere sospeso e deve essere iniziata la terapia con Rivaroxaban Zentiva quando l’International Normalised Ratio (INR) è ≤ 3,0.

Nei pazienti sottoposti a trattamento per la TVP, l’EP e la prevenzione delle recidive, il trattamento con AVK deve essere interrotto e la terapia con Rivaroxaban Zentiva iniziata quando l’International Normalised Ratio (INR) è ≤ 2,5.

Nei pazienti che passano dagli AVK a Rivaroxaban Zentiva , dopo l’assunzione di Rivaroxaban Zentiva i valori dell’INR saranno falsamente elevati. L’INR non è indicato per misurare l’attività anticoagulante di Rivaroxaban Zentiva e quindi non deve essere utilizzato (vedere paragrafo 4.5).

Passaggio da Rivaroxaban Zentiva agli antagonisti della vitamina K (AVK)

Durante la transizione da Rivaroxaban Zentiva agli AVK esiste la possibilità di un effetto anticoagulante inadeguato. Ogni qualvolta si passi ad un altro anticoagulante deve essere assicurato un livello di anticoagulazione adeguato e continuo. Si noti che Rivaroxaban Zentiva può contribuire a innalzare l’INR.

Nei pazienti che passano da Rivaroxaban Zentiva agli AVK, gli AVK devono essere somministrati in associazione fino a che l’INR sia ≥ 2,0. Nei primi due giorni della fase di transizione, la posologia degli AVK deve essere quella iniziale standard mentre, successivamente, sarà basata sull’INR. Mentre i pazienti sono in trattamento concomitante con Rivaroxaban Zentiva e AVK, l’INR deve essere determinato non prima che siano trascorse 24 ore dalla dose precedente di Rivaroxaban Zentiva, ma prima della dose successiva. Dopo l’interruzione di Rivaroxaban Zentiva, l’INR può essere determinato in modo affidabile dopo che siano trascorse almeno 24 ore dall’ultima dose (vedere paragrafi 4.5 e 5.2).

Passaggio dagli anticoagulanti parenterali a Rivaroxaban Zentiva

Nei pazienti in trattamento con un anticoagulante parenterale, interrompere il trattamento con l’anticoagulante parenterale e iniziare la terapia con Rivaroxaban Zentiva da 0 a 2 ore prima del momento in cui sarebbe dovuta avvenire la successiva somministrazione del medicinale parenterale (ad es. eparine a basso peso molecolare) o al momento dell’interruzione di un medicinale parenterale a somministrazione continua (ad es. eparina non frazionata per via endovenosa).

Passaggio da Rivaroxaban Zentiva agli anticoagulanti parenterali

Somministrare la prima dose dell’anticoagulante parenterale quando la dose successiva di Rivaroxaban Zentiva avrebbe dovuto essere somministrata.

Popolazioni particolari

Compromissione renale

I limitati dati clinici relativi ai pazienti con grave compromissione renale (clearance della creatinina 15 – 29 mL/min) indicano che le concentrazioni plasmatiche di rivaroxaban aumentano in misura significativa. Pertanto, Rivaroxaban Zentiva deve essere usato con cautela in questi pazienti. Non si raccomanda l’uso in pazienti con clearance della creatinina < 15 mL/min (vedere paragrafi 4.4 e 5.2).

Nei pazienti con compromissione renale moderata (clearance della creatinina 30 – 49 mL/min) o grave (clearance della creatinina 15 – 29 mL/min) si applicano le seguenti raccomandazioni posologiche: – Per la prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare, la dose raccomandata è 15 mg una volta al giorno (vedere paragrafo 5.2).

– Per il trattamento della TVP, trattamento dell’EP e la prevenzione delle recidive di TVP ed EP, i pazienti devono essere trattati con 15 mg due volte al giorno nelle prime 3 settimane. Successivamente, quando la dose raccomandata è 20 mg una volta al giorno, una riduzione della dose da 20 mg una volta al giorno a 15 mg una volta al giorno deve essere presa in considerazione solo se il rischio di sanguinamento valutato per il paziente è superiore al rischio di recidiva di TVP ed EP. La raccomandazione per l’uso di 15 mg è basata su modelli farmacocinetici e non è stata studiata in ambito clinico (vedere paragrafi 4.4, 5.1 e 5.2).

Quando la dose raccomandata è di 10 mg una volta al giorno, non sono necessari aggiustamenti della dose rispetto alla dose raccomandata.

Non sono necessari aggiustamenti della dose nei pazienti con lieve compromissione renale (clearance della creatinina 50 – 80 mL/min) (vedere paragrafo 5.2).

Compromissione epatica

Rivaroxaban Zentiva è controindicato nei pazienti con patologie epatiche associate a coagulopatia e rischio emorragico clinicamente significativo, compresi i pazienti con cirrosi Child Pugh B e C (vedere paragrafi 4.3 e 5.2).

Popolazione anziana

Nessun aggiustamento della dose (vedere paragrafo 5.2).

Peso corporeo

Nessun aggiustamento della dose (vedere paragrafo 5.2).

Sesso

Nessun aggiustamento della dose (vedere paragrafo 5.2).

Popolazione pediatrica

La sicurezza e l’efficacia di rivaroxaban nei bambini di età compresa tra 0 e 18 anni non sono state valutate. Non ci sono dati disponibili. Pertanto, l’uso di Rivaroxaban Zentiva non è raccomandato nei bambini al di sotto dei 18 anni.

Pazienti sottoposti a cardioversione

Il trattamento con Rivaroxaban Zentiva può essere iniziato o continuato nei pazienti che necessitino di cardioversione.

Per la cardioversione guidata da Ecografia Trans-Esofagea (TEE) in pazienti non precedentemente trattati con anticoagulanti, il trattamento con Rivaroxaban Zentiva deve essere iniziato almeno 4 ore prima della cardioversione per garantire un’adeguata anticoagulazione (vedere paragrafi 5.1 e 5.2). Per tutti i pazienti, prima d’iniziare la cardioversione è necessario avere conferma che Rivaroxaban Zentiva sia stato assunto come prescritto. Le decisioni relative all’inizio e alla durata del trattamento devono essere prese tenendo in considerazione le raccomandazioni delle linee guida ufficiali per il trattamento anticoagulante nei pazienti sottoposti a cardioversione.

Pazienti con fibrillazione atriale non valvolare sottoposti a PCI (Intervento Coronarico Percutaneo) con posizionamento di uno stent In pazienti con fibrillazione atriale non valvolare che richiedono un anticoagulante orale e vengono sottoposti a PCI (Intervento Coronarico Percutaneo) con posizionamento di uno stent, c’è un’esperienza limitata con una dose ridotta di 15 mg di Rivaroxaban Zentiva una volta al giorno (o 10 mg di Rivaroxaban Zentiva una volta al giorno per pazienti con compromissione renale moderata [clearance della creatinina 30 – 49 mL/min]) in aggiunta ad un inibitore di P2Y12 per un massimo di 12 mesi (vedere paragrafi 4.4 e 5.1).

Modo di somministrazione Rivaroxaban Zentiva è per uso orale.

Le capsule devono essere assunte con del cibo (vedere paragrafo 5.2).

Per i pazienti incapaci di deglutire le capsule intere, la compressa di Rivaroxaban Zentiva può essere frantumata e mescolata con un po’ d’acqua o purea di mele immediatamente prima dell’uso e somministrata per via orale. Dopo la somministrazione delle capsule rigide frantumate da 15 mg o 20 mg di Rivaroxaban Zentiva, la dose deve essere seguita immediatamente dall’assunzione di cibo.

Il contenuto disperso della capsula Rivaroxaban Zentiva può anche essere somministrato tramite sonda gastrica, previa conferma del corretto posizionamento della sonda. Il contenuto della capsula deve essere somministrato con una piccola quantità d’acqua (50 ml) tramite sonda gastrica, che successivamente deve essere risciacquata con acqua (vedere paragrafo 5.2). Dopo la somministrazione del contenuto disperso delle capsule rigide di Rivaroxaban Zentiva 15 mg e 20 mg, la dose deve essere immediatamente seguita dall’alimentazione enterale (vedere paragrafo 5.2).

 

04.3 Controindicazioni

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Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1. Emorragie clinicamente significative in atto.

Lesioni o condizioni tali da costituire un rischio significativo di sanguinamento maggiore. Queste possono includere ulcerazione gastrica recente o in corso, presenza di neoplasie maligne ad alto rischio di sanguinamento, recente traumatismo cerebrale o spinale, recente intervento chirurgico cerebrale, spinale od oftalmico, recente emorragia intracranica, varici esofagee accertate o sospette, malformazioni arterovenose, aneurismi vascolari o disfunzioni vascolari maggiori a livello intraspinale o intracerebrale.

Trattamento concomitante con altri anticoagulanti, come le eparine non frazionate (ENF), le eparine a basso peso molecolare (enoxaparina, dalteparina, ecc.), i derivati dell’eparina (fondaparinux, ecc.), gli anticoagulanti orali (warfarin, dabigatran etexilato, apixaban, ecc.), tranne nel caso specifico di cambiamento di terapia anticoagulante (vedere paragrafo 4.2) o quando le ENF siano somministrate a dosi necessarie per mantenere in efficienza un catetere centrale aperto, venoso od arterioso (vedere paragrafo 4.5).

Patologie epatiche associate a coagulopatia e rischio emorragico clinicamente significativo, compresi i pazienti cirrotici con Child Pugh B e C (vedere paragrafo 5.2).

Gravidanza e allattamento (vedere paragrafo 4.6).

 

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Si raccomanda la sorveglianza secondo la prassi usuale nel paziente in terapia anticoagulante per l’intera durata del trattamento.

Rischio emorragico

Come con gli altri anticoagulanti, i pazienti che assumono Rivaroxaban Zentiva devono essere attentamente monitorati in relazione ai segni di sanguinamento. Si raccomanda di usarlo con cautela nelle condizioni di aumentato rischio di emorragia. La somministrazione di Rivaroxaban Zentiva dev‘essere sospesa in caso di grave emorragia (vedere paragrafo 4.9).

Negli studi clinici i sanguinamenti della mucosa (ad es. epistassi, sanguinamenti gengivali, gastrointestinali e genito-urinari, compresi sanguinamenti vaginali anomali o mestruazioni più abbondanti) e l’anemia sono stati segnalati più frequentemente durante il trattamento a lungo termine con rivaroxaban rispetto al trattamento con AVK. Perciò, oltre ad un’adeguata sorveglianza clinica, può essere importante, se ritenuto opportuno, effettuare dei controlli di laboratorio su emoglobina/ematocrito per rilevare dei sanguinamenti occulti e quantificare la rilevanza clinica dei sanguinamenti evidenti.

Diverse sottopopolazioni di pazienti, descritte di seguito in dettaglio, hanno un rischio emorragico aumentato. Tali pazienti devono essere sottoposti ad attento monitoraggio per la comparsa di segni e ai sintomi di complicanze emorragiche ed anemia dopo l’inizio del trattamento (vedere paragrafo 4.8).

Ogni riduzione dell’emoglobina o della pressione arteriosa di origine sconosciuta deve essere seguita dalla ricerca di un focolaio emorragico.

Anche se il trattamento con rivaroxaban non richiede il monitoraggio continuo dell’esposizione, la misurazione dei livelli di rivaroxaban con un dosaggio quantitativo calibrato anti-fattore Xa può essere utile in situazioni eccezionali, quando la conoscenza dell’esposizione a rivaroxaban può essere d’aiuto nel prendere una decisione clinica, ad es. nei casi di sovradosaggio e di chirurgia d’emergenza (vedere paragrafi 5.1 e 5.2).

Compromissione renale

Nei pazienti con grave compromissione renale (clearance della creatinina < 30 mL/min), i livelli plasmatici di rivaroxaban possono aumentare in misura significativa (in media di 1,6 volte); ciò può aumentare il rischio emorragico. Rivaroxaban Zentiva deve essere usato con cautela nei pazienti con clearance della creatinina 15 – 29 mL/min. Non è raccomandato l’uso in pazienti con clearance della creatinina < 15 mL/min. (vedere paragrafi 4.2 e 5.2).

Rivaroxaban Zentiva dev’essere usato con cautela anche nei pazienti con compromissione renale che stanno assumendo altri medicinali che aumentano le concentrazioni plasmatiche di rivaroxaban (vedere paragrafo 4.5).

 

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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L’uso di Rivaroxaban Zentiva è sconsigliato nei pazienti trattati congiuntamente con antimicotici azolici per via sistemica (quali ketoconazolo, itraconazolo, voriconazolo e posaconazolo) o inibitori delle proteasi HIV (ad es. ritonavir). Questi principi attivi sono potenti inibitori di CYP3A4 e P-gp e possono pertanto aumentare le concentrazioni plasmatiche di rivaroxaban in misura clinicamente rilevante (in media 2,6 volte): ciò può essere causa di un aumento del rischio emorragico (vedere paragrafo 4.5).

Usare cautela se i pazienti sono trattati congiuntamente con medicinali che influiscono sull’emostasi, come i medicinali anti-infiammatori non steroidei (FANS), acido acetilsalicilico e gli antiaggreganti piastrinici o gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e gli inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina (SNRI). Per i pazienti a rischio di ulcera dell’apparato gastrointestinale può essere preso in considerazione un idoneo trattamento profilattico (vedere paragrafo 4.5).

Altri fattori di rischio emorragico

Come nel caso di altri antitrombotici, rivaroxaban non è raccomandato nei pazienti ad alto rischio emorragico, come in caso di: disturbi emorragici congeniti o acquisiti

ipertensione arteriosa grave non controllata

altra malattia gastrointestinale senza ulcerazione attiva che può potenzialmente portare a complicanze emorragiche (per esempio malattia infiammatoria intestinale, esofagite, gastrite e malattia da reflusso gastroesofageo) retinopatia vascolare

bronchiectasia o anamnesi di emorragia polmonare

Pazienti con protesi valvolari

Rivaroxaban non deve essere usato per la tromboprofilassi in pazienti recentemente sottoposti alla sostituzione della valvola aortica transcatetere (TAVR). La sicurezza e l’efficacia di rivaroxaban non sono state studiate in pazienti con protesi valvolari cardiache; pertanto, non vi sono dati a sostegno di un’azione anticoagulante adeguata da parte di rivaroxaban in questa popolazione di pazienti. Il trattamento con Rivaroxaban Zentiva non è consigliato in questi pazienti.

Pazienti con sindrome antifosfolipidica

Gli anticoagulanti orali ad azione diretta (DOAC), tra cui rivaroxaban, non sono raccomandati nei pazienti con storia pregressa di trombosi ai quali è diagnosticata la sindrome antifosfolipidica. In particolare, per pazienti triplo-positivi (per anticoagulante lupico, anticorpi anticardiolipina e anticorpi anti-beta 2- glicoproteina I), il trattamento con DOAC potrebbe essere associato a una maggiore incidenza di eventi trombotici ricorrenti rispetto alla terapia con antagonisti della vitamina K.

Pazienti con fibrillazione atriale non valvolare sottoposti a PCI con posizionamento di uno stent Sono disponibili dati clinici derivanti da uno studio interventistico con l’obiettivo primario di valutare la sicurezza in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare sottoposti a PCI con posizionamento di uno stent. I dati di efficacia in questa popolazione sono limitati (vedere paragrafi 4.2 e 5.1). Non ci sono dati disponibili per questa tipologia di pazienti con pregresso ictus/attacco ischemico transitorio (TIA).

Pazienti con EP emodinamicamente instabili o pazienti che necessitano di trombolisi od embolectomia polmonare Rivaroxaban Zentiva non è raccomandato come alternativa all’eparina non frazionata in pazienti con embolia polmonare che sono emodinamicamente instabili o che possono essere sottoposti a trombolisi od embolectomia polmonare, in quanto la sicurezza e l’efficacia di rivaroxaban non sono state valutate in queste condizioni cliniche.

Anestesia o puntura spinale/epidurale

In caso di anestesia neurassiale (anestesia spinale/epidurale) o puntura spinale /epidurale, i pazienti trattati con agenti antitrombotici per la prevenzione delle complicanze tromboemboliche sono esposti al rischio di ematoma epidurale o spinale, che può causare una paralisi prolungata o permanente. Questo rischio può aumentare in caso di uso post-operatorio di cateteri epidurali a permanenza o di uso congiunto di medicinali che alterano l’emostasi. Il rischio può aumentare anche in caso di puntura epidurale o spinale traumatica o ripetuta. I pazienti devono essere controllati frequentemente riguardo a segni e sintomi di alterazioni neurologiche (ad es. intorpidimento o debolezza degli arti inferiori, disfunzione intestinale o vescicale). In presenza di compromissione neurologica sono necessari una diagnosi e un trattamento immediati. Prima dell’intervento neurassiale, il medico deve valutare il rapporto tra il beneficio atteso e il rischio presente nei pazienti in terapia anticoagulante o nei pazienti per i quali è in programma una terapia anticoagulante per la profilassi antitrombotica. Non vi è alcuna esperienza clinica riguardo l’uso di rivaroxaban 15 mg o 20 mg in queste situazioni.

Al fine di ridurre il potenziale rischio di sanguinamento associato all’uso concomitante di rivaroxaban ed anestesia neurassiale (epidurale/spinale) o puntura spinale, si prenda in considerazione il profilo farmacocinetico di rivaroxaban. E’ preferibile posizionare o rimuovere un catetere epidurale o eseguire una puntura lombare quando si stima che l’effetto anticoagulante di rivaroxaban sia basso. Tuttavia, non è noto il tempo esatto per raggiungere, in ciascun paziente, un effetto anticoagulante sufficientemente basso.

Per la rimozione di un catetere epidurale tenuto conto delle caratteristiche PK generali deve trascorrere almeno il doppio dell’emivita, ovvero almeno 18 ore nei pazienti giovani e 26 ore nei pazienti anziani, dopo l’ultima somministrazione di rivaroxaban (vedere paragrafo 5.2). In seguito a rimozione del catetere, devono trascorrere almeno 6 ore prima che venga somministrata la dose successiva di rivaroxaban.

In caso di puntura traumatica, la somministrazione di rivaroxaban deve essere rimandata di 24 ore.

Raccomandazioni posologiche prima e dopo procedure invasive ed interventi chirurgici

Qualora siano necessari una procedura invasiva od un intervento chirurgico, il trattamento con Rivaroxaban Zentiva deve essere interrotto, se possibile e sulla base del giudizio clinico del medico, almeno 24 ore prima dell’intervento.

Se la procedura non può essere rimandata, l’aumentato rischio emorragico deve essere valutato in rapporto all’urgenza dell’intervento.

Il trattamento con Rivaroxaban Zentiva deve essere ripreso al più presto dopo la procedura invasiva o l’intervento chirurgico, non appena la situazione clinica lo consenta e sia stata raggiunta un’emostasi adeguata, in base alla valutazione del medico (vedere paragrafo 5.2).

Popolazione anziana

L’età avanzata può causare un aumento del rischio emorragico (vedere paragrafo 5.2).

Reazioni dermatologiche

Durante la sorveglianza post-marketing sono state riportate gravi reazioni cutanee, inclusa la sindrome di Stevens-Johnson / necrolisi epidermica tossica e la sindrome di DRESS, in associazione con l’uso di rivaroxaban (vedere paragrafo 4.8). I pazienti sembrano essere a più alto rischio di sviluppare queste reazioni nelle prime fasi del ciclo di terapia: l’insorgenza della reazione si verifica nella maggior parte dei casi entro le prime settimane di trattamento. Rivaroxaban deve essere interrotto alla prima comparsa di un’eruzione cutanea grave (ad esempio diffusa, intensa e / o vesciche), o qualsiasi altro segno di ipersensibilità associato con lesioni della mucosa.

Informazioni sugli eccipienti

Rivaroxaban Zentiva 15 mg e 20 mg contiene lattosio monoidrato e sodio.

I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, da deficit totale di lattasi o da malassorbimento di glucosio-galattosio, non devono assumere questo medicinale.

Questo medicinale contiene meno di 1 mmol di sodio (23 mg) per compressa, vale a dire essenzialmente "privo di sodio".

Rivaroxaban Zentiva 20 mg contiene anche carmiosina (E 122). L’eccipiente carmiosina (E 122) può causare reazioni allergiche.

Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

Inibitori CYP3A4 e P-gp

La somministrazione congiunta di rivaroxaban e ketoconazolo (400 mg una volta al giorno) o ritonavir (600 mg due volte al giorno) ha indotto un aumento di 2,6 / 2,5 volte dell’AUC media di rivaroxaban e un aumento di 1,7 / 1,6 volte della Cmax media di rivaroxaban, con aumento significativo degli effetti farmacodinamici: ciò può essere causa di un aumento del rischio emorragico. Pertanto, l’uso di Rivaroxaban Zentiva è sconsigliato nei pazienti trattati congiuntamente con antimicotici azolici, quali chetoconazolo, itraconazolo, voriconazolo e posaconazolo, per via sistemica o con inibitori delle proteasi HIV. Questi principi attivi sono inibitori potenti di CYP3A4 e P-gp (vedere paragrafo 4.4).

Si ritiene che i principi attivi che inibiscono in misura significativa solo una delle vie metaboliche di rivaroxaban, CYP3A4 oppure P-gp, aumentino le concentrazioni plasmatiche di rivaroxaban in misura minore. La claritromicina (500 mg due volte al giorno), ad esempio, considerata un inibitore potente di CYP3A4 e un inibitore moderato di P-gp, ha indotto un aumento di 1,5 volte dell’AUC media di rivaroxaban e un aumento di 1,4 volte di Cmax. L’interazione con la claritromicina non è clinicamente rilevante nella maggior parte dei pazienti, ma può essere potenzialmente significativa nei pazienti ad alto rischio. (Per i pazienti con compromissione renale: vedere paragrafo 4.4).

Eritromicina (500 mg tre volte al giorno), che inibisce CYP3A4 e P-gp in misura moderata, ha indotto un aumento di 1,3 volte dell’AUC media e Cmax media di rivaroxaban. L’interazione con l’eritromicina non è clinicamente rilevante nella maggior parte dei pazienti, ma può essere potenzialmente significativa nei pazienti ad alto rischio. Nei soggetti con compromissione renale lieve, l’eritromicina (500 mg tre volte al giorno) ha indotto un aumento di 1,8 volte dell’AUC media di rivaroxaban e un aumento di 1,6 volte di Cmax in confronto ai soggetti con funzione renale normale. Nei soggetti con compromissione renale moderata, l’eritromicina ha indotto un aumento di 2,0 volte dell’AUC media di rivaroxaban e un aumento di 1,6 volte di Cmax in confronto ai soggetti con funzione renale normale. L’effetto dell’eritromicina è additivo a quello dell’insufficienza renale (vedere paragrafo 4.4).

Il fluconazolo (400 mg una volta al giorno), considerato un inibitore moderato del CYP3A4, ha aumentato di 1,4 volte l’AUC media di rivaroxaban e di 1,3 volte la Cmax media. L’interazione con il fluconazolo non è clinicamente rilevante nella maggior parte dei pazienti, ma può essere potenzialmente significativa nei pazienti ad alto rischio. (Per i pazienti con compromissione renale: vedere paragrafo 4.4).

A causa dei limitati dati clinici disponibili con il dronedarone, la sua somministrazione in concomitanza con rivaroxaban deve essere evitata.

Anticoagulanti

Dopo somministrazione congiunta di enoxaparina (40 mg dose singola) e rivaroxaban (10 mg dose singola) è stato osservato un effetto additivo sull’attività anti-fattore Xa in assenza di effetti addizionali sui test della coagulazione (PT, aPTT). Enoxaparina non ha modificato la farmacocinetica di rivaroxaban.

A causa del rischio emorragico aumentato, occorre usare cautela in caso di trattamento congiunto con qualsiasi altro anticoagulante (vedere paragrafi 4.3 e 4.4).

FANS/antiaggreganti piastrinici

Dopo somministrazione congiunta di rivaroxaban (15 mg) e 500 mg di naproxene non sono stati osservati aumenti clinicamente rilevanti del tempo di emorragia. Tuttavia, alcuni soggetti possono presentare una risposta farmacodinamica più pronunciata.

Non sono state osservate interazioni farmacocinetiche o farmacodinamiche clinicamente significative in caso di somministrazione congiunta di rivaroxaban e 500 mg di acido acetilsalicilico. Clopidogrel (dose di carico di 300 mg , seguita da una dose di mantenimento di 75 mg) non ha mostrato alcuna interazione farmacocinetica con rivaroxaban (15 mg), ma in una sottopopolazione di pazienti è stato osservato un aumento rilevante del tempo di emorragia, non correlato al grado di aggregazione piastrinica o ai livelli di P-selectina o del recettore GPIIb/IIIa.

Usare cautela se i pazienti sono trattati congiuntamente con FANS (compreso acido acetilsalicilico) e antiaggreganti piastrinici, perché questi medicinali aumentano tipicamente il rischio emorragico (vedere paragrafo 4.4).

SSRI/SNRI

Come avviene con altri anticoagulanti, i pazienti possono essere maggiormente a rischio di sanguinamenti in caso di uso concomitante con SSRI o SNRI, a causa del riportato effetto di questi farmaci sulle piastrine. Nei casi in cui sono stati utilizzati contemporaneamente nel corso del programma clinico di rivaroxaban, sono state osservate percentuali numericamente più elevate di sanguinamenti maggiori o non maggiori ma clinicamente rilevanti in tutti i gruppi di trattamento.

Warfarin

La transizione dall’antagonista della vitamina K warfarin (INR compreso tra 2,0 e 3,0) a rivaroxaban (20 mg) o da rivaroxaban (20 mg) a warfarin (INR compreso tra 2,0 e 3,0) ha indotto un aumento del tempo di protrombina/INR (Neoplastin) più che additivo (possono essere osservati valori singoli di INR fino a 12), mentre gli effetti su aPTT, inibizione dell’attività del fattore Xa e potenziale endogeno di trombina (ETP) sono risultati additivi.

Se si desidera verificare gli effetti farmacodinamici di rivaroxaban durante il periodo di transizione, possono essere utilizzati i test per l’attività anti-fattore Xa, PiCT e Heptest, perché non sono influenzati da warfarin. Il quarto giorno dopo l’ultima dose di warfarin, tutti i test (compresi PT, aPTT, inibizione dell’attività del fattore Xa ed ETP) rispecchiano esclusivamente l’effetto di rivaroxaban.

Se si desidera verificare gli effetti farmacodinamici di warfarin durante il periodo di transizione, si può usare l’INR in corrispondenza della concentrazione minima (Cvalle) di rivaroxaban (24 ore dopo l’assunzione precedente di rivaroxaban) perché, in quel momento, tale test è influenzato in misura minima da rivaroxaban. Non sono state osservate interazioni farmacocinetiche tra warfarin e rivaroxaban.

Induttori di CYP3A4

La somministrazione congiunta di rivaroxaban e del potente induttore di CYP3A4 rifampicina ha indotto una riduzione di circa il 50 % dell’AUC media di rivaroxaban, con riduzione parallela dei suoi effetti farmacodinamici. Anche l’uso congiunto di rivaroxaban e altri induttori potenti di CYP3A4 (ad es. fenitoina, carbamazepina, fenobarbital o Erba di S. Giovanni (Hypericum perforatum)) può ridurre le concentrazioni plasmatiche di rivaroxaban. Pertanto, la somministrazione concomitante di induttori potenti del CYP3A4 deve essere evitata, a meno che il paziente non venga osservato con attenzione in merito ai segni e sintomi di trombosi.

Altre terapie congiunte

Non sono state osservate interazioni farmacocinetiche o farmacodinamiche clinicamente significative in caso di somministrazione congiunta di rivaroxaban e midazolam (substrato di CYP3A4), digossina (substrato di P-gp), atorvastatina (substrato di CYP3A4 e P-gp) od omeprazolo (inibitore di pompa protonica). Rivaroxaban non inibisce né induce alcuna delle isoforme principali di CYP, come CYP3A4.

Parametri di laboratorio

I parametri della coagulazione (ad es. PT, aPTT, HepTest) sono alterati come previsto per via del meccanismo d’azione di rivaroxaban (vedere paragrafo 5.1).

 

04.6 Gravidanza e allattamento

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Gravidanza

La sicurezza e l’efficacia di rivaroxaban nelle donne in gravidanza non sono state stabilite. Gli studi sugli animali hanno mostrato una tossicità riproduttiva (vedere paragrafo 5.3). Per la potenziale tossicità riproduttiva, il rischio emorragico intrinseco e l’evidenza che rivaroxaban attraversa la placenta, rivaroxaban è controindicato durante la gravidanza (vedere paragrafo 4.3).

Le donne in età fertile devono evitare di iniziare una gravidanza durante il trattamento con Rivaroxaban Zentiva.

Allattamento

La sicurezza e l’efficacia di rivaroxaban nelle donne che allattano non sono state stabilite. I dati ricavati dagli animali indicano che rivaroxaban è escreto nel latte materno. Pertanto, Rivaroxaban Zentiva è controindicato durante l’allattamento (vedere paragrafo 4.3). Si deve decidere se interrompere l’allattamento od interrompere/rinunciare alla terapia.

Fertilità

Non sono stati condotti studi specifici con rivaroxaban per determinarne gli effetti sulla fertilità nell’uomo. In uno studio sulla fertilità maschile e femminile nel ratto non sono stati riscontrati effetti (vedere paragrafo 5.3).

 

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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Rivaroxaban ha una lieve influenza sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Reazioni avverse come sincope (frequenza: non comune) e capogiri (frequenza: comune) sono state riportate (vedere paragrafo 4.8). I pazienti in cui compaiono queste reazioni avverse non devono guidare veicoli e usare macchinari.

 

04.8 Effetti indesiderati

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Sintesi del profilo di sicurezza

La sicurezza di rivaroxaban è stata determinata in tredici studi di fase III che hanno coinvolto 53.103 pazienti esposti a rivaroxaban (vedere Tabella 1).

Tabella 1: Numero di pazienti studiati, dose giornaliera totale e durata massima del trattamento negli studi di fase III

Indicazione Numer o di
pazienti*
Dose giornaliera totale Durata massima del trattamento
Prevenzione del tromboembolismo venoso (TEV) nei pazienti adulti
sottoposti a interventi elettivi di sostituzione di anca o di ginocchio
6.097 10 mg 39 giorni
Prevenzione del TEV in pazienti allettati 3.997 10 mg 39 giorni
Trattamento della TVP, dell’EP e prevenzione delle recidive 6.790 Giorno 1 – 21: 30 mg
Giorno 22 e
successivi: 20 mg
Dopo almeno 6 mesi: 10 mg o 20 mg
21 mesi
Prevenzione dell’ictus e dell’embolia
sistemica nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare
7.750 20 mg 41 mesi
Prevenzione di eventi aterotrombotici in pazienti dopo sindrome coronarica acuta (SCA) 10.225 Rispettivamente 5 mg
o 10 mg, congiuntamente ad ASA o ASA più
clopidogrel o ticlopidina
31 mesi
Prevenzione di eventi aterotrombotici in pazienti con CAD/PAD 18.244 5 mg congiuntamente
ad ASA o 10 mg da solo
47 mesi

*Pazienti esposti ad almeno una dose di rivaroxaban

Le reazioni avverse segnalate più comunemente nei pazienti trattati con rivaroxaban sono stati i sanguinamenti (vedere paragrafo 4.4. e “Descrizione delle reazioni avverse selezionate” più avanti) (Tabella 2). I sanguinamenti segnalati più comunemente sono stati epistassi (4,5%) ed emorragia del tratto gastrointestinale (3,8%).

Tabella 2: Percentuali degli eventi sanguinamento* e anemia in pazienti esposti a rivaroxaban negli studi di fase III completati

Indicazione Sanguinamenti di
qualsiasi tipo
Anemia
Prevenzione del TEV nei pazienti
adulti sottoposti a interventi elettivi di sostituzione di anca o di ginocchio
6,8% dei pazienti 5,9% dei pazienti
Prevenzione del tromboembolismo venoso in
pazienti allettati
12,6% dei pazienti 2,1% dei pazienti
Trattamento della TVP, dell’EP e
prevenzione delle recidive
23% dei pazienti 1,6% dei pazienti
Prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica nei pazienti con fibrillazione atriale non
valvolare
28 per 100 anni paziente 2,5 per 100 anni paziente
Prevenzione di eventi aterotrombotici in pazienti
dopo SCA
22 per 100 anni
paziente
1,4 per 100 anni
paziente
Prevenzione di eventi aterotrombotici in pazienti
con CAD/PAD
6,7 per 100 anni
paziente
0,15 per 100 anni
paziente**

* Vengono raccolti, segnalati e valutati tutti gli eventi emorragici per tutti gli studi con rivaroxaban.

** Nello studio COMPASS, l’incidenza di anemia è bassa, poiché è stato utilizzato un approccio selettivo alla raccolta degli eventi avversi.

Elenco tabellare delle reazioni avverse

La frequenza delle reazioni avverse osservate con Rivaroxaban Zentiva sono riportate di seguito nella Tabella 3, classificate per sistemi e organi (secondo MedDRA) e per frequenza.

Le frequenze sono definite come segue:

molto comune (≥ 1/10) comune (≥ 1/100, < 1/10) non comune (≥ 1/1.000, < 1/100) raro (≥ 1/10.000, < 1/1.000) molto raro (< 1/10.000) non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).

Tabella 3: Tutte le reazioni avverse segnalate nei pazienti degli studi clinici di fase III o durante l’uso post-marketing*

Comune Non comune Raro Molto raro Non nota
Patologie del sistema emolinfopoietico
Anemia (incl. i Trombocitosi
rispettivi (incl. aumento
parametri di della conta
laboratorio) piastrinica)A, trombocitopenia
Disturbi del sistema immunitario
Reazione Reazioni
allergica, anafilattich
dermatite e incluso
allergica, shock
angioedema ed anafilattico
edema allergico
Patologie del sistema nervosa
Capogiro, cefalea Emorragia cerebrale e intracrani
ca, sincope
Patologie dell’occhio
Emorragia oculare (incl. emorragia congiuntivale)
Patologie cardiache
Tachicardia
Patologie vascolari
Ipotensio ne,
ematoma
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Epistassi,
emottisi
Patologie gastrointestinali
Sanguinamento gengivale, emorragie del tratto gastrointestinal e (incl. emorragia rettale), dolore gastrointestinal e e addominale, dispepsia, nausea, costipazioneA
, diarrea, vomitoA
Bocca secca
Patologie epatobiliari
Aumento Compromissio Ittero,
delle ne epatica, aumento della
transaminas aumento della bilirubina
i bilirubina, coniugata
della fosfatasi (con o senza
alcalina A e contemporane
della GGTA o aumento
della ALT),
colestasi,
epatite
(incluso
danno
epatocellula
re)
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Prurito (incl. Orticaria Sindrome di
casi non Stevens-
comuni di Johnson/
prurito necrolisi
generalizzato), epidermica
eruzione tossica,
cutanea, sindrome di
ecchimosi, DRESS
emorragia
cutanea
e sottocutanea
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Dolore Emartrosi Emorra Sindrome
alle estremit A gia muscola
re
compartiment
ale secondaria all’emorragia
Patologie renali e urinarie
Emorragie del Insufficienza
tratto renale/insufficien
urogenitale za renale acuta
(incl. ematuria secondaria a
e un’emorragia in
menorragiaB), grado di causare
compromissio ipoperfusione
ne renale (incl.
aumento della
creatininemia,
aumento
dell’azotemia)
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
FebbreA, edema Sensazione di Edema
periferico,
riduzione delle
indisposizion
e (incl.
localizzat
oA
forze e malessere)
dell’energia
(incl.
affaticamento e
astenia)
Esami diagnostici
Aumento della LDHA, della lipasiA,
dell’amilasiA
Traumatismo, avvelenamento e complicazioni da procedura
Emorragia Pseudoaneurisma
postprocedurale vascolareC
(incl. anemia
postoperatoria ed
emorragia dalla
ferita),
contusione,
secrezione dalla
feritaA

A: osservato nella prevenzione del TEV in pazienti adulti sottoposti ad interventi chirurgici elettivi di sostituzione di anca o di ginocchio B: osservato nel trattamento di TVP ed EP e nella prevenzione delle recidive come molto comune nelle donne < 55 anni C: osservato come non comune nella prevenzione di eventi aterotrombotici in pazienti dopo SCA (a seguito di un intervento coronarico percutaneo) * Per la raccolta degli eventi avversi è stato utilizzato un approccio selettivo prespecificato. Poiché l’incidenza delle reazioni avverse non è aumentata e non sono state riscontrate nuove reazioni avverse, i dati dello studio COMPASS non sono stati inclusi nel calcolo della frequenza in questa tabella.

Descrizione delle reazioni avverse selezionate

A causa del suo meccanismo d’azione farmacologico, l’uso di Rivaroxaban può essere associato a un aumento del rischio di emorragie occulte o conclamate in qualsiasi tessuto od organo, che possono indurre anemia post- emorragica. Segni, sintomi e gravità (compreso l’esito fatale) variano a seconda della sede e del grado o dell’entità dell’emorragia e/o dell’anemia (vedere paragrafo 4.9 “Gestione delle emorragie”). Negli studi clinici i sanguinamenti della mucosa (ad es. epistassi, sanguinamenti gengivali, gastrointestinali e genito- urinari, compresi sanguinamenti vaginali anomali o mestruazioni più abbondanti) e l’anemia sono stati segnalati più frequentemente, in confronto al trattamento con AVK, durante il trattamento a lungo termine con rivaroxaban. Perciò, oltre ad un’adeguata sorveglianza clinica, può essere importante, se del caso, effettuare dei controlli di laboratorio su emoglobina/ematocrito per rilevare dei sanguinamenti occulti e quantificare la rilevanza clinica dei sanguinamenti evidenti. Il rischio emorragico può essere aumentato in determinate categorie di pazienti, ad es. nei pazienti con grave ipertensione arteriosa non controllata e/o sottoposti a trattamenti concomitanti con effetti sull’emostasi (vedere paragrafo 4.4 “Rischio emorragico”). Le mestruazioni possono essere di intensità e/o durata maggiore. Le complicanze emorragiche possono manifestarsi come debolezza, pallore, capogiro, cefalea o gonfiori di origine sconosciuta, dispnea e shock di origine non nota. In alcuni casi, come conseguenza dell’anemia, sono stati osservati sintomi di ischemia cardiaca come dolore toracico o angina pectoris. Con rivaroxaban sono state segnalate le note complicanze delle emorragie gravi, come la sindrome compartimentale e la compromissione renale dovuta a ipoperfusione. Pertanto, nella valutazione delle condizioni dei pazienti in terapia anticoagulante occorre considerare l’eventualità di un’emorragia.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo https://www.aifa.gov.it/content/segnalazioni-reazioni-avverse.

 

04.9 Sovradosaggio

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Sono stati segnalati rari casi di sovradosaggio fino a 600 mg senza complicanze emorragiche o altre reazioni avverse. A causa dell’assorbimento limitato, ci si attende un effetto tetto senza ulteriori aumenti dell’esposizione plasmatica media a dosi sovraterapeutiche di 50 mg di rivaroxaban o superiori.

Uno specifico agente antagonista (andexanet alfa) che contrasta l’effetto farmacodinamico di rivaroxaban è disponibile (fare riferimento al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di andexante alfa).

In caso di sovradosaggio di rivaroxaban può essere preso in considerazione l’uso di carbone vegetale attivo per ridurre l’assorbimento.

Gestione dell’emorragia

Qualora si verificasse una complicanza emorragica in un paziente trattato con rivaroxaban, la successiva somministrazione di rivaroxaban dovrà essere posticipata oppure il trattamento deve essere interrotto, a seconda dei casi. Rivaroxaban ha un’emivita compresa tra circa 5 e 13 ore (vedere paragrafo 5.2). La gestione del paziente deve essere personalizzata in base alla gravità e alla sede dell’emorragia. Secondo necessità può essere effettuato un trattamento sintomatico idoneo come la compressione meccanica (ad esempio in caso di epistassi grave), l’emostasi chirurgica con procedure di controllo dell’emorragia, il ripristino dei liquidi e il supporto emodinamico, la somministrazione di emoderivati (concentrati eritrocitari o plasma fresco congelato, a seconda dell’anemia o della coagulopatia associate) o di piastrine.

Se l’emorragia non può essere controllata con le misure descritte, si deve considerare o la somministrazione di uno specifico agente antagonista inibitore del fattore Xa (andexanet alfa), che contrasta l’effetto farmacodinamico di rivaroxaban, oppure la somministrazione di un agente procoagulante specifico per l’inversione dell’effetto anticoagulante, come il concentrato di complesso protrombinico (PCC), il concentrato di complesso protrombinico attivato (APCC) o il fattore VIIa ricombinante (r-FVIIa).Tuttavia, ad oggi esiste un’esperienza clinica molto limitata con l’uso di questi medicinali nei soggetti trattati con rivaroxaban. La raccomandazione si basa anche su dati pre-clinici limitati. Andrebbe presa in considerazione l’eventualità di ripetere la somministrazione di fattore VIIa ricombinante, adattandone il dosaggio sulla base del miglioramento del sanguinamento. In base alla disponibilità locale, in caso di sanguinamenti maggiori si deve consultare un esperto di problemi della coagulazione (vedere paragrafo 5.1).

Non si prevede che la protamina solfato e la vitamina K influiscano sull’attività anticoagulante di rivaroxaban. Nei soggetti trattati con rivaroxaban vi è esperienza limitata con l’acido tranexamico, mentre non vi è alcuna esperienza con l’acido aminocaproico e l’aprotinina. Non esistono né un razionale scientifico di un possibile beneficio né esperienze con l’emostatico sistemico desmopressina nei soggetti trattati con rivaroxaban. A causa dell’elevato legame con le proteine plasmatiche, è improbabile che rivaroxaban sia dializzabile.

 

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

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Categoria farmacoterapeutica: Agenti antitrombotici, inibitore diretto del fattore Xa, codice ATC: B01AF01 Meccanismo d’azione Rivaroxaban è un inibitore diretto e altamente selettivo del fattore Xa, con biodisponibilità orale.

L’inibizione del fattore Xa interrompe le vie intrinseca ed estrinseca della cascata della coagulazione e inibisce sia la formazione di trombina, sia lo sviluppo di trombi. Rivaroxaban non inibisce la trombina (fattore II attivato) e non è stato dimostrato alcun effetto sulle piastrine.

Effetti farmacodinamici

Dato che la bioequivalenza tra Rivaroxaban Zentiva capsule e il medicinale di riferimento (Xarelto) è stata dimostrata, i risultati degli studi condotti sulle compresse per il medicinale di riferimento possono essere estrapolati a Rivaroxaban Zentiva casule.

Nell’uomo è stata osservata un’inibizione dose-dipendente dell’attività del fattore Xa.

Se il test viene effettuato con Neoplastin, il tempo di protrombina (PT) è influenzato da rivaroxaban in misura dose-dipendente, con una stretta correlazione con le concentrazioni plasmatiche (valore r uguale a 0,98). Con altri reagenti si ottengono risultati diversi. Il PT deve essere espresso in secondi, perché l’INR è calibrato e validato solo per le cumarine e non può essere usato per altri anticoagulanti.

Nei pazienti trattati con rivaroxaban per la TVP, l’EP e la prevenzione delle recidive, i percentili 5/95 per il PT (Neoplastin) 2 – 4 ore dopo l’assunzione delle compresse (cioè quando l’effetto è massimo) erano compresi tra 17 e 32 s per 15 mg di rivaroxaban due volte al giorno e tra 15 e 30 s per 20 mg di rivaroxaban una volta al giorno. Quando l’effetto è minimo (8 – 16 ore dopo l’assunzione della compressa) i percentili 5/95 per 15 mg due volte al giorno erano compresi tra 14 e 24 s, mentre per 20 mg una volta al giorno (18 – 30 ore dopo l’assunzione della compressa) erano compresi tra 13 e 20 s.

Nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare trattati con rivaroxaban per la prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica, i percentili 5/95 per il PT (Neoplastin) 1 – 4 ore dopo l’assunzione della compressa (cioè al momento dell’effetto massimo) erano compresi tra 14 e 40 s nei pazienti trattati con 20 mg una volta al giorno e tra 10 e 50 s nei pazienti con compromissione renale moderata trattati con 15 mg una volta al giorno. Quando l’effetto è minimo (16 – 36 ore dopo l’assunzione della compressa) i percentili 5/95 per 20 mg una volta al giorno erano compresi tra 12 e 26 s, ed in pazienti con moderata compromissione renale trattati con 15 mg una volta al giorno erano compresi tra 12 e 26 s.

In uno studio di farmacologia clinica sulla possibilità di antagonizzare gli effetti farmacodinamici di rivaroxaban in soggetti adulti sani (n = 22), sono stati valutati gli effetti di dosi singole (50 UI/kg) di due diversi tipi di PCC, un PCC a 3 fattori (Fattori II, IX e X) e un PCC a 4 fattori (Fattori II, VII, IX e X). Il PCC a 3 fattori ha ridotto i valori medi di PT con Neoplastin di circa 1,0 secondo entro 30 minuti, rispetto alla riduzione di circa 3,5 secondi osservata con il PCC a 4 fattori. Al contrario, un PCC a 3 fattori ha avuto un maggiore e più rapido effetto complessivo di antagonizzare le variazioni nella generazione di trombina endogena rispetto al PCC a 4 fattori (vedere paragrafo 4.9).

Il tempo di tromboplastina parziale attivata (aPTT) e il HepTest sono aumentati in misura dose- dipendente; tuttavia, non sono consigliati per determinare gli effetti farmacodinamici di rivaroxaban. Durante il trattamento con rivaroxaban, un monitoraggio dei parametri della coagulazione non è necessario nella pratica clinica. Comunque, qualora clinicamente indicato, i livelli plasmatici di rivaroxaban possono essere misurati mediante un test quantitativo anti-fattore Xa opportunamente calibrato (vedere paragrafo 5.2).

Efficacia e sicurezza clinica

Prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare Il programma clinico di rivarxaban è stato sviluppato per dimostrare l’efficacia di rivaroxaban nella prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare. Nello studio pivotal in doppio cieco ROCKET AF, 14.264 pazienti sono stati assegnati a rivaroxaban 20 mg una volta al giorno (15 mg una volta al giorno nei pazienti con clearance della creatinina di 30 – 49 mL/min) oppure a warfarin titolato a un valore target di INR di 2,5 (intervallo terapeutico compreso tra 2,0 e 3,0). Il tempo mediano di trattamento è stato di 19 mesi e la durata complessiva massima del trattamento è stata di 41 mesi.

Il 34,9% dei pazienti è stato trattato con acido acetilsalicilico e l’11,4% è stato trattato con antiaritmici di classe III, compreso l’amiodarone.

Rivaroxaban si è dimostrato non inferiore al warfarin per l’endpoint primario composito di ictus ed embolia sistemica non a carico del SNC. Nella popolazione “per-protocol” in trattamento l’ictus o l’embolia sistemica sono state osservate in 188 pazienti in trattamento con rivaroxaban (1,71% per anno) ed in 241 pazienti in trattamento con warfarin (2,16% per anno) (HR 0,79; IC 95%, 0,66 – 0,96; p<0,001 per non-inferiorità). Fra tutti i pazienti randomizzati analizzati secondo l’approccio “intention-to-treat” gli eventi primari si sono verificati in 269 pazienti trattati con rivaroxaban (2,12% per anno) ed in 306 pazienti trattati con warfarin (2,42% per anno) (HR 0,88; IC 95%, 0,74 – 1,03; p<0,001 per non-inferiorità; p=0,117 per superiorità). Nella Tabella 4 sono riportati i risultati per gli endpoint secondari testati in ordine gerarchico nell’ITT.

Nei pazienti trattati con warfarin i valori di INR erano all’interno dell’intervallo terapeutico (da 2,0 a 3,0) in media per il 55% delle volte (mediana, 58%; intervallo interquartile, da 43 a 71). L’effetto di rivaroxaban non differiva in funzione del livello di TTR del centro (Time in Target INR Range da 2,0 a 3,0) nei quartili di uguali dimensioni (p=0,74 per interazione). All’interno del quartile più alto in base al centro, il rapporto di rischio (Hazard Ratio, HR) di rivaroxaban nei confronti di warfarin era 0,74 (IC 95%, da 0,49 a 1,12).

I tassi di incidenza per il principale endpoint di sicurezza (eventi emorragici maggiori e non maggiori clinicamente rilevanti) erano simili nei due gruppi di trattamento (vedere Tabella 5).

Tabella 4: Risultati di efficacia dello studio di fase III ROCKET AF

Popolazione in studio Analisi di efficacia ITT in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare
Dose durante il trattamento Rivaroxaban 20 mg una volta al giorno (15 mg una volta al giorno in pazienti con moderata compromissione renale)
Eventi per 100 pz/anno
Warfarin titolato per un INR target di 2,5 (intervallo terapeutico da 2,0 a 3,0)
Eventi per 100 pz/anno
HR (IC 95%) p-value, test per superiorità
Ictus ed embolia sistemica non a 269 (2,12) 306 (2,42) 0,88
carico del SNC (0,74 – 1,03)
0,117
Ictus, embolia sistemica non a 572 (4,51) 609 (4,81) 0,94
carico del SNC e morte vascolare (0,84 – 1,05)
0,265
Ictus, embolia sistemica non a carico del SNC, morte vascolare e infarto del miocardio 659 (5,24) 709 (5,65) 0,93
(0,83 – 1,03)
0,158
Ictus 253 (1,99) 281 (2,22) 0,90
(0,76 – 1,07)
0,221
Embolia sistemica non a carico 20 (0,16) 27 (0,21) 0,74
del SNC (0,42 – 1,32)
0,308
Infarto del miocardio 0,91
130 (1,02) 142 (1,11) (0,72 – 1,16)
0,464

Tabella 5: Risultati di sicurezza dello studio di fase III ROCKET AF

Popolazione in studio Pazienti con fibrillazione atriale non valvolarea)
Dose durante il trattamento Rivaroxaban
20 mg una volta al giorno (15 mg una volta al giorno in pazienti con moderata compromissione renale)
Eventi per 100 pz/anno
Warfarin titolato per un INR target di 2,5 (intervallo terapeutico da 2,0 a 3,0)
Eventi per 100 pz/anno
HR (95% CI)
p-value
Eventi emorragici maggiori e non maggiori clinicamente rilevanti 1.475
(14,91)
1.449
(14,52)
1,03
(0,96 – 1,11)
0,442
Eventi emorragici Maggiori 395
(3,60)
386
(3,45)
1,04
(0,90 – 1,20)
0,576
Morte per emorragia* 27
(0,24)
55 (0,48) 0,50
(0,31 – 0,79)
0,003
Emorragia in organo critico* 91
(0,82)
133 (1,18) 0,69
(0,53 – 0,91)
0,007
Emorragia intracranica* 55
(0,49)
84 (0,74) 0,67
(0,47 – 0,93)
0,019
Calo dell’emoglobina* 305
(2,77)
254 (2,26) 1,22
(1,03 – 1,44)
0,019
Trasfusione di 2 o più unità di concentrati eritrocitari o sangue intero* 183
(1,65)
149 (1,32) 1.25
(1,01 – 1,55)
0,044
Eventi emorragici non maggiori clinicamente rilevanti 1.185
(11,80)
1.151 (11,37) 1,04
(0,96 – 1,13)
0,345
Tutte le cause di mortalità 208
(1,87)
250 (2,21) 0,85
(0,70 – 1,02)
0,073

a) Popolazione valutabile ai fini della sicurezza, in corso di trattamento

* Nominalmente significativo

Oltre allo studio di fase III ROCKET AF, è stato condotto uno studio (XANTUS) di coorte prospettico, a singolo braccio, post-autorizzativo, non interventistico ed in aperto, con obiettivo principale la valutazione comprendente gli eventi tromboembolici e i sanguinamenti maggiori. Sono stati arruolati 6.785 pazienti con fibrillazione atriale non valvolare per la prevenzione dell’ictus e dell’embolismo sistemico non riferito al sistema nervoso centrale (SNC) nella pratica clinica. Il valore medio sia per il CHADS2 che per l’HAS-BLED nello studio XANTUS era 2, mentre nello studio ROCKET AF i valori medi per CHADS2 e HAS-BLED erano rispettivamente 3,5 e 2,8. Sanguinamenti maggiori si sono verificati in 2,1 su 100 paziente/anni. Emorragie fatali sono state riportate in 0,2 su 100 paziente/anni ed emorragie intracraniche in 0,4 su 100 paziente/anni. Ictus o embolismo sistemico non-SNC sono stati rilevati in 0,8 su 100 paziente/anni.

Le osservazioni effettuate nella pratica clinica sono coerenti con il profilo di sicurezza definito in questa indicazione.

Pazienti sottoposti a cardioversione

Uno studio esplorativo prospettico, randomizzato, in aperto, multicentrico, con valutazione in cieco dell’endpoint (X-VERT) è stato condotto in 1.504 pazienti (nuovi o già in trattamento con terapia anticoagulante orale) con fibrillazione atriale non valvolare a cui è stata programmata cardioversione. Lo scopo dello studio è stato di confrontare rivaroxaban con AVK a dose aggiustata (randomizzazione 2:1) per la prevenzione di eventi cardiovascolari. Le strategie utilizzate sono state cardioversione guidata da TEE (1-5 giorni di pre-trattamento) o cardioversione convenzionale (almeno tre settimane di pre-trattamento). L’esito primario di efficacia (tutti i tipi di ictus, attacco ischemico transitorio, embolismo sistemico non centrale, infarto del miocardio (IM) e morte cardiovascolare) si è verificato in 5 (0,5 %) pazienti del gruppo rivaroxaban (n = 978) e in 5 (1,0 %) pazienti del gruppo AVK (n = 492; RR 0,50; 95 % CI 0,15-1,73; popolazione ITT modificata). Il risultato principale di sicurezza (sanguinamento maggiore) si è verificato in 6 (0,6 %) e 4 (0,8 %) pazienti rispettivamente nel gruppo rivaroxaban (n = 988) e nel gruppo AVK (n = 499), (RR 0,76; 95 % CI 0,21-2,67; popolazione di sicurezza). Questo studio esplorativo ha mostrato un profilo di efficacia e sicurezza comparabile tra i gruppi di trattamento con rivaroxaban e AVK nel contesto della cardioversione.

Pazienti con fibrillazione atriale non valvolare sottoposti a PCI con posizionamento di uno stent

Uno studio clinico randomizzato, in aperto, multicentrico (PIONEER AF-PCI) è stato condotto con lo scopo di confrontare due regimi di trattamento con rivaroxaban ed uno con AVK in 2.124 pazienti con fibrillazione atriale non valvolare che erano stati sottoposti a PCI con posizionamento di stent per malattia aterosclerotica primaria. I pazienti sono stati randomizzati in rapporto 1:1:1 per una terapia complessiva di 12 mesi. Pazienti con pregresso ictus/TIA erano esclusi.

Il Gruppo 1 ha ricevuto rivaroxaban 15 mg una volta al giorno (10 mg una volta al giorno per pazienti con clearance della creatinina 30 – 49 mL/min) più un inibitore del P2Y12. Il Gruppo 2 ha ricevuto rivaroxaban 2,5 mg due volte al giorno più DAPT (doppia terapia anti-aggregante, ad esempio clopidogrel 75 mg [o un inibitore del P2Y12 alternativo] più acido acetilsalicilico [ASA] a basso dosaggio) per 1, 6 o 12 mesi, seguiti da rivaroxaban 15 mg (o 10 mg per pazienti con clearance della creatinina 30 — 9 mL/min) una volta al giorno più ASA a basse dosi. Il Gruppo 3 ha ricevuto una dose aggiustata di AVK più DAPT per 1, 6 o 12 mesi seguiti da una dose aggiustata di AVK più ASA a basse dosi.

L’endpoint primario di sicurezza, eventi di sanguinamento clinicamente rilevanti, si sono verificati rispettivamente in 109 (15,7%), 117 (16,6%) e 167 (24,0%) soggetti nei gruppi 1,2 e 3 (HR 0,59; IC 95% 0,47-0,76; p<0,001, and HR 0,63; IC 95% 0,50-,.80; p<0,001, rispettivamente).

L’endpoint secondario (composito degli eventi cardiovascolari: morte cardiovascolare, IM o ictus) si è verificato in 41 (5,9%) 36 (5,1%)e 36 (5,2%) soggetti nel gruppo 1, 2 e 3, rispettivamente. Ognuno dei regimi con rivaroxaban ha mostrato una riduzione significativa degli eventi di sanguinamento clinicamente rilevanti in confronto al regime con AVK in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare che erano stati sottoposti a PCI con posizionamento di stent.

L’obiettivo primario dello studio PIONEER AF-PCI era quello di valutare la sicurezza. Dati di efficacia (inclusi eventi tromboembolici) in questa popolazione sono limitati.

Trattamento della TVP, dell’EP e prevenzione delle recidive di TVP ed EP

Il programma clinico di rivaroxaban è stato sviluppato per dimostrare l’efficacia di rivaroxaban nel trattamento iniziale e continuato della TVP acuta e dell’EP e nella prevenzione delle recidive.

Oltre 12.800 pazienti sono stati studiati in quattro studi clinici randomizzati controllati di fase III (Einstein DVT, Einstein PE, Einstein Extension ed Einstein Choice), ed è stata inoltre condotta una pooled analisi predefinita degli studi Einstein DVT ed Einstein PE. La durata complessiva massima del trattamento in tutti gli studi è stata di 21 mesi.

Nello studio Einstein DVT, 3.449 pazienti con TVP acuta sono stati studiati per il trattamento della TVP e la prevenzione delle recidive di TVP ed EP (i pazienti con EP sintomatica sono stati esclusi dallo studio). La durata del trattamento era di 3, 6 o 12 mesi, sulla base della valutazione clinica dello sperimentatore.

Nelle prime 3 settimane di trattamento della TVP acuta sono stati somministrati 15 mg di rivaroxaban due volte al giorno. Successivamente sono stati somministrati 20 mg di rivaroxaban una volta al giorno.

Nello studio Einstein PE sono stati studiati 4.832 pazienti con EP acuta per il trattamento dell’EP e la prevenzione delle recidive di TVP ed EP. La durata del trattamento è stata di 3,6 o 12 mesi, sulla base della valutazione dello sperimentatore.

Per il trattamento iniziale dell’EP acuta sono stati somministrati 15 mg di rivaroxaban due volte al giorno per tre settimane. In seguito sono stati somministrati 20 mg di rivaroxaban una volta al giorno.

Sia nello studio Einstein DVT che nello studio Einstein PE il regime terapeutico di confronto era costituito da enoxaparina somministrata per almeno 5 giorni in associazione con antagonisti della vitamina K fino a ottenere un PT/INR nell’intervallo terapeutico ( 2,0). Il trattamento proseguiva con una dose di antagonista della vitamina K titolata in modo da mantenere i valori PT/INR nell’intervallo terapeutico compreso tra 2,0 e 3,0.

Nello studio Einstein Extension, 1.197 pazienti con TVP o EP sono stati studiati per la prevenzione delle recidive di TVP ed EP. La durata del trattamento era incrementata di ulteriori 6 o 12 mesi in pazienti che avevano completato il trattamento per il tromboembolismo venoso da 6 a 12 mesi, in base alla valutazione clinica dello sperimentatore. Rivaroxaban 20 mg una volta al giorno è stato confrontato con il placebo.

Negli studi Einstein DVT, PE ed Extension sono stati utilizzati gli stessi endpoint di efficacia primario e secondario predefiniti. L’endpoint di efficacia primario era il TEV sintomatico recidivante, definito come l’insieme di TVP recidivante ed EP fatale o non fatale. L’endpoint di efficacia secondario era definito come l’insieme di TVP recidivante, EP non fatale e mortalità per qualsiasi causa.

Nello studio Einstein Choice, 3.396 pazienti con TVP sintomatica confermata e/o EP che hanno completato 6-12 mesi di trattamento anticoagulante sono stati studiati per la prevenzione della EP fatale o della TVP o EP sintomatica recidivante non fatale. I pazienti con indicazione per la prosecuzione della terapia anticoagulante a dosi terapeutiche sono stati esclusi dallo studio. La durata massima di trattamento è stata di 12 mesi, a seconda della data di randomizzazione di ogni soggetto (mediana: 351 giorni). Rivaroxaban 20 mg una volta al giorno e rivaroxaban 10 mg una volta al giorno sono stati paragonati a 100 mg di acido acetilsalicilico una volta al giorno.

L’endpoint di efficacia primario era il TEV sintomatico recidivante, definito come l’insieme di TVP recidivante ed EP fatale o non fatale.

Nello studio Einstein DVT (vedere Tabella 6) è stato dimostrato che rivaroxaban non è inferiore a enoxaparina/AVK per l’endpoint di efficacia primario (p < 0,0001 (test di non inferiorità); rapporto di rischio Hazard Ratio (HR): 0,680 (0,443 – 1,042), p = 0,076 (test di superiorità)). Per il beneficio clinico netto prespecificato (endpoint di efficacia primario più eventi emorragici maggiori) è stato osservato un HR di 0,67 ((IC 95%: 0,47 – 0,95), valore nominale di p = 0,027) a favore di rivaroxaban. I valori di INR erano all’interno dell’intervallo terapeutico mediamente nel 60,3% del tempo per una durata media di trattamento di 189 giorni, e nel 55,4%, 60,1%, e 62,8% del tempo rispettivamente nei gruppi con una durata di trattamento di 3, 6, e 12 mesi. Nel gruppo trattato con enoxaparina/AVK non c’era una chiara relazione tra il livello medio di TTR del centro (Time in Target INR Range tra 2,0 e 3,0) nei terzili di eguali dimensioni e l’incidenza della TEV recidivante (p=0,932 per interazione). All’interno del terzile più alto in base al centro, il HR di rivaroxaban nei confronti di warfarin era 0,69 (IC 95%: 0,35 – 1,35).

I tassi di incidenza per l’endpoint di sicurezza primario (eventi emorragici maggiori o non maggiori ma clinicamente rilevanti) e secondario (eventi emorragici maggiori) erano simili nei due gruppi di trattamento.

Tabella 6: Risultati di efficacia e di sicurezza dello studio di fase III Einstein DVT

Popolazione in studio 3.449 pazienti con trombosi venosa profonda acuta sintomatica
Dose e durata del trattamento Rivaroxabana)
3,6 o 12 mesi N=1.731
Enoxaparina/AVKb)
3,6 o 12 mesi N=1.718
TEV recidivante sintomatica* 36
(2,1%)
51
(3,0%)
EP recidivante sintomatica 20
(1,2%)
18
(1,0%)
TVP recidivante sintomatica 14
(0,8%)
28
(1,6%)
EP e TVP sintomatiche 1
(0,1%)
0
EP fatale/ morte in cui l’EP non
può essere esclusa
4
(0,2%)
6
(0,3%)
Eventi emorragici maggiori o non maggiori ma clinicamente rilevanti 139
(8,1%)
138
(8,1%)
Eventi emorragici maggiori 14
(0,8%)
20
(1,2%)

Rivaroxaban 15 mg due volte al giorno per 3 settimane seguito da 20 mg una volta al giorno

Enoxaparina per almeno 5 giorni, in concomitanza e seguita da AVK

* p ≤ 0,0001 (non-inferiorità con un HR predefinito di 2,0); HR: 0,680 (0,443 – 1,042), p=0,076 (superiorità) Nello studio Einstein PE (vedere Tabella 7) è stato dimostrato che rivaroxaban non è inferiore a enoxaparina/AVK per l’endpoint primario di efficacia (p=0,0026 (test per non-inferiorità); HR: 1,123 (0,749 – 1,684)). Il beneficio clinico netto predefinito (endpoint primario di efficacia più eventi emorragici maggiori) è stato riportato con un HR di 0,849 ((IC 95%: 0,633 – 1,139), valore nominale di p= 0,275). I valori INR erano all’interno dell’intervallo terapeutico in media per il 63% del tempo per una durata media di trattamento di 215 giorni, e rispettivamente per il 57%, 62%, e 65% del tempo nei gruppi la cui durata di trattamento prevista era di 3, 6 e 12 mesi. Nel gruppo trattato con enoxaparina/AVK non c’era una chiara relazione tra il livello medio di TTR del centro (Time in Target INR Range tra 2,0 e 3,0) nei terzili di eguali dimensioni e l’incidenza della TEV recidivante (p=0,082 per interazione). All’interno del terzile più alto in base al centro, il HR di rivaroxaban nei confronti di warfarin era 0,642 (IC 95%, 0,277 – 1,484).

I tassi d’incidenza per l’endpoint di sicurezza primario (eventi emorragici maggiori o non maggiori ma clinicamente rilevanti) erano leggermente più bassi nel gruppo trattato con rivaroxaban (10,3% (249/2412)) rispetto al gruppo trattato con enoxaparina/AVK (11,4% (274/2405)). L’incidenza dell’endpoint di sicurezza secondario (eventi emorragici maggiori) era più basso nel gruppo trattato con rivaroxaban (1,1% (26/2412)) rispetto al gruppo trattato con enoxaparina/AVK (2,2% (52/2405)) con un HR di 0,493 (IC 95%: 0,308 – 0,789).

Tabella 7: Risultati di efficacia e di sicurezza dello studio di fase III Einstein PE

Popolazione in studio 4.832 pazienti con EP sintomatica acuta
Dose e durata del trattamento Rivaroxabana)
3, 6 o 12 mesi N=2.419
Enoxaparina/AVKb) 3, 6 o 12 mesi N=2.413
TEV recidivante sintomatica* 50
(2,1%)
44
(1,8%)
EP recidivante sintomatica 23
(1,0%)
20
(0,8%)
TVP recidivante sintomatica 18
(0,7%)
17
(0,7%)
EP e TVP sintomatiche 0 2
(<0,1%)
EP fatale /morte in cui l’EP non
può essere esclusa
11
(0,5%)
7
(0,3%)
Eventi emorragici maggiori o non
maggiori ma clinicamente rilevanti
249
(10,3%)
274
(11,4%)
Eventi emorragici maggiori 26
(1,1%)
52
(2,2%)

Rivaroxaban 15 mg due volte al giorno per tre settimane seguito da 20 mg una volta al giorno Enoxaparina per almeno 5 giorni, in concomitanza e seguita da AVK

* p ≤ 0,0026 (non-inferiorità con un HR predefinito di 2,0); HR: 1,123 (0,749 – 1,684)

E’ stata condotta una pooled analysis predefinita sugli endpoint degli studi Einstein DVT e PE (vedere Tabella 8).

Tabella 8: Risultati di efficacia e di sicurezza nella pooled analysis degli studi di fase III Einstein DVT and Einstein PE

Popolazione in studio 8.281 pazienti con TVP sintomatica acuta o EP
Dose e durata del trattamento Rivaroxabana)
3, 6 o 12 mesi N=4.150
Enoxaparina/AVKb)
3, 6 o 12 mesi N=4.131
TEV recidivante sintomatica* 86
(2,1%)
95
(2,3%)
EP recidivante sintomatica 43
(1,0%)
38
(0,9%)
TVP recidivante sintomatica 32
(0,8%)
45
(1,1%)
EP e TVP sintomatiche 1
(<0,1%)
2
(<0,1%)
EP fatale/ morte in cui l’EP non
può essere esclusa
15
(0,4%)
13
(0,3%)
Eventi emorragici maggiori o non
maggiori ma clinicamente rilevanti
388
(9,4%)
412
(10,0%)
Eventi emorragici maggiori 40 72
(1,0%) (1,7%)

Rivaroxaban 15 mg due volte al giorno per tre settimane seguito da 20 mg una volta al giorno Enoxaparina per almeno 5 giorni, in concomitanza e seguita da AVK

* p ≤ 0.0001 (non-inferiorità con un HR predefinito di 1,75); HR: 0,886 (0,661 – 1,186) Il beneficio clinico netto predefinito (endpoint primario di efficacia più eventi emorragici maggiori) nella pooled analysis è stato riportato con un HR di 0,771 ((IC 95%: 0,614 – 0,967), valore nominale di p = 0,0244).

Nello studio Einstein Extension (vedere Tabella 9), rivaroxaban è risultato superiore al placebo per gli endpoint di efficacia primario e secondario. Per l’endpoint di sicurezza primario (eventi emorragici maggiori) è stato osservato un tasso di incidenza numericamente, ma non significativamente, maggiore nei pazienti trattati con rivaroxaban 20 mg una volta al giorno in confronto al placebo. Per l’endpoint di sicurezza secondario (eventi emorragici maggiori o non maggiori ma clinicamente rilevanti) sono stati osservati tassi più alti nei pazienti trattati con rivaroxaban 20 mg una volta al giorno in confronto al placebo.

Tabella 9: Risultati di efficacia e sicurezza dello studio di fase III Einstein Extension

Popolazione in studio 1.197 pazienti hanno proseguito il trattamento e la prevenzione del
tromboembolismo venoso recidivante
Dose e durata del trattamento Rivaroxabana)
6 o 12 mesi
N = 602
Placebo
6 o 12 mesi
N = 594
TEV recidivante sintomatico* 8
(1,3%)
42
(7,1%)
EP recidivante sintomatica 2
(0,3%)
13
(2,2%)
TVP recidivante sintomatica 5
(0,8%)
31
(5,2%)
EP fatale/morte in cui l’EP non può
essere esclusa
1
(0,2%)
1
(0,2%)
Eventi emorragici maggiori 4
(0,7%)
0
(0,0%)
Emorragia non maggiore ma
clinicamente rilevante
32
(5,4%)
7
(1,2%)

a) Rivaroxaban 20 mg una volta al giorno

* p ≤ 0,0001 (superiorità); HR: 0,185 (0,087 – 0,393)

Nello studio Einstein Choice (vedere Tabella 10), rivaroxaban 20 mg e 10 mg sono risultati entrambi superiori a 100 mg di acido acetilsalicilico per l’endpoint primario di efficacia. L’endpoint principale di sicurezza (eventi emorragici maggiori) è risultato simile nei pazienti trattati con rivaroxaban 20 mg e 10 mg una volta al giorno in confronto a 100 mg di acido acetilsalicilico.

Tabella 10: Risultati di efficacia e sicurezza dello studio di fase III Einstein Choice

Popolazione in studio 3.396 pazienti hanno proseguito la prevenzione del tromboembolismo venoso
recidivante
Dose del trattamento Rivaroxaban
20 mg od N=1.107
Rivaroxaban 10 mg od N=1.127 ASA 100 mg od N=1.131
Durata mediana
del trattamento [scarto
349 [189-362] giorni 353 [190-362] giorni 350 [186-362] giorni
interquartile]
TEV recidivante sintomatico 17
(1,5%)
*
13 (1,2%)** 50
(4,4%)
EP recidivante Sintomatica 6
(0,5%)
6
(0,5%)
19
(1,7%)
TVP recidivante
sintomatica
9
(0,8%)
8
(0,7%)
30
(2,7%)
EP fatale/morte in cui l’EP non può essere esclusa 2
(0,2%)
0
(0,0%)
2
(0,2%)
TEV recidivante sintomatico, IM, ictus o
embolia sistemica non SNC
19
(1,7%)
18
(1,6%)
56
(5,0%)
Eventi emorragici maggiori 6
(0,5%)
5
(0,4%)
3
(0,3%)
Emorragia non maggiore
ma clinicamente rilevante
30
(2,7%)
22
(2,0%)
20
(1,8%)
TEV recidivante sintomatico o emorragia maggiore
(beneficio clinico netto)
23
(2,1%)
17
(1,5%)++
53
(4,7%)

* p < 0,001(superiorità) Rivaroxaban 20 mg od vs ASA 100 mg od; HR: 0,34 (0,20–0,59)

** p ≤ 0,001 (superiorità) Rivaroxaban 10 mg od vs ASA 100 mg od; HR: 0,26 (0,14–0,47)

+ Rivaroxaban 20 mg od vs. ASA 100 mg od; HR: 0,44 (0,27–0,71), p=0,0009 (nominale) ++ Rivaroxaban 10 mg od vs. ASA 100 mg od; HR: 0,32 (0,18–0,55), p<0,0001 (nominale) Oltre al programma di fase III EINSTEIN, è stato condotto uno studio di coorte prospettico (XALIA), non interventistico ed in aperto, con obiettivo principale la valutazione comprendente TEV recidivanti, sanguinamenti maggiori e morte. Sono stati arruolati 5.142 pazienti con TVP acuta per indagare la sicurezza a lungo termine di rivaroxaban rispetto alla terapia anticoagulante “standard of care” nella pratica clinica. I rapporti di sanguinamenti maggiori, TEV recidivante e morti per qualsiasi causa sono stati per rivaroxaban rispettivamente lo 0,7%, 1,4% e 0,5%. I pazienti presentavano al basale delle differenze tra cui l’età, la presenza/assenza di cancro e la compromissione della funzionalità renale. L’analisi statistica pre-specificata e stratificata tramite propensity-score è stata utilizzata al fine di ridurre le differenze al basale, sebbene dei fattori confondenti possono, nonostante tutto, influenzare il risultato. I rapporti di rischio nel confronto tra rivaroxaban e la terapia standard of care corretti per sanguinamenti maggiori, recidive di TVE e morti per qualsiasi causa, erano rispettivamente 0,77 (IC 95% 0,40 – 1,50), 0,91 (IC 95% 0,54 – 1,54) e 0,51 (IC 95%

0,24 – 1,07).

Questi risultati in pazienti osservati nella pratica clinica sono coerenti con il profilo di sicurezza definito per questa indicazione.

Pazienti con sindrome antifosfolipidica triplo-positivi ad alto rischio

In uno studio multicentrico randomizzato e in aperto, promosso da uno sperimentatore indipendente, con aggiudicazione in cieco degli endpoint, rivaroxaban è stato confrontato con warfarin in pazienti con storia pregressa di trombosi, ai quali era stata diagnosticata la sindrome antifosfolipidica e ad alto rischio di eventi tromboembolici (positività a tutti e tre i test degli anticorpi antifosfolipidi: anticoagulante lupico, anticorpi anticardiolipina e anticorpi anti-beta 2-glicoproteina I). Lo studio è stato interrotto prematuramente, dopo l’arruolamento di 120 pazienti, a causa di un eccesso di eventi tromboembolici tra i pazienti in trattamento con rivaroxaban. La durata media di follow-up è stata di 569 giorni. 59 pazienti sono stati randomizzati a rivaroxaban 20 mg (15 mg per i pazienti con clearance della creatinina (CrCl) <50 mL/min) e 61 pazienti a warfarin (INR 2.0-3.0). Eventi tromboembolici si sono verificati nel 12 % dei pazienti randomizzati a rivaroxaban (4 ictus ischemici e 3 infarti miocardici). Nessun evento è stato riportato nei pazienti randomizzati a warfarin. Sanguinamenti maggiori si sono verificati in 4 pazienti (7%) del gruppo rivaroxaban e in 2 pazienti (3%) del gruppo warfarin.

Popolazione pediatrica

L’Agenzia europea dei medicinali ha rinviato l’obbligo di presentare i risultati degli studi con rivaroxaban in uno o più sottogruppi della popolazione pediatrica nel trattamento di eventi tromboembolici. L’Agenzia europea dei medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con rivaroxaban in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica nella prevenzione di eventi tromboembolici (vedere paragrafo 4.2 per le informazioni sull’uso pediatrico).

 

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

Assorbimento

Rivaroxaban è assorbito rapidamente e le concentrazioni massime (Cmax) si riscontrano 2 – 4 ore dopo l’assunzione della capsula.

L’assorbimento orale di rivaroxaban è pressoché completo e la biodisponibilità orale per

rivaroxaban da 2,5 mg e 10 mg è elevata (80 – 100%), indipendentemente dal digiuno o dall’assunzione di cibo.

L’assunzione con il cibo non influisce su AUC o Cmax di rivaroxaban alla dose di 2,5 mg e 10 mg.

A causa di un assorbimento ridotto, per rivaroxaban da 20 mg è stata determinata una biodisponibilità orale del 66% in condizioni di digiuno. In caso di assunzione delle compresse di rivaroxaban da 20 mg con il cibo sono stati osservati aumenti del 39% dell’AUC media in confronto all’assunzione della compressa a digiuno; ciò indica un assorbimento pressoché completo e una biodisponibilità orale elevata. Le capsule di rivaroxaban da 15 mg e 20 mg devono essere assunte con il cibo (vedere paragrafo 4.2).

La farmacocinetica del rivaroxaban è grosso modo lineare fino a circa 15 mg una volta al giorno in condizioni di digiuno. Con l’assunzione di cibo, per rivaroxaban da 10 mg, 15 mg e 20 mg la farmacocinetica è proporzionale alla dose. A dosi più elevate, l’assorbimento è limitato dalla dissoluzione, con riduzione della biodisponibilità e del tasso di assorbimento all’aumentare della dose.

La variabilità della farmacocinetica di rivaroxaban è moderata, con una variabilità inter-individuale (CV %) compresa tra il 30% e il 40%.

L’assorbimento di rivaroxaban dipende dalla sede di rilascio nel tratto gastrointestinale. È stata segnalata una riduzione del 29% e 56% di AUC e Cmax in confronto alla compressa quando rivaroxaban granulato viene rilasciato nell’intestino tenue prossimale. L’esposizione si riduce ulteriormente quando rivaroxaban viene rilasciato nell’intestino tenue distale o nel colon ascendente. Pertanto, la somministrazione di rivaroxaban distalmente allo stomaco deve essere evitata, perché in tal caso l’assorbimento di rivaroxaban e quindi l’esposizione possono essere ridotti.

La biodisponibilità (AUC e Cmax) era comparabile tra il contenuto di Rivaroxaban Zentiva capsule da 20 mg spruzzate e somministrate con purea di mele e compresse di prodotto di riferimento (Xarelto) da 20 mg, frantumate e somministrate con purea di mele.

In considerazione del profilo farmacocinetico di rivaroxaban, prevedibile e proporzionale alla dose, i risultati di biodisponibilità ottenuti in questo studio sono verosimilmente applicabili anche a dosi minori di rivaroxaban.

Distribuzione

Nell’uomo, il legame con le proteine plasmatiche è alto e raggiunge circa il 92 %-95 %, la componente principale del legame è l’albumina sierica. Il volume di distribuzione è moderato, con un Vss di circa 50 litri.

Biotrasformazione ed eliminazione

Approssimativamente 2/3 della dose somministrata di rivaroxaban subiscono una degradazione metabolica; una metà viene quindi eliminata per via renale e l’altra metà per via fecale. Il rimanente 1/3 della dose somministrata di rivaroxaban viene escreto direttamente per via renale, nelle urine, come principio attivo immodificato, principalmente tramite secrezione renale attiva.

Rivaroxaban viene metabolizzato tramite CYP3A4, CYP2J2 e meccanismi CYP-indipendenti. La degradazione ossidativa del gruppo morfolinone e l’idrolisi dei legami ammidici sono i siti principali di biotrasformazione. In base ai dati ottenuti in vitro, rivaroxaban è un substrato delle proteine di trasporto P-gp (glicoproteina P) e BCRP (breast cancer resistance protein).

Rivaroxaban immodificato è il composto principale presente nel plasma umano, nel quale non si rilevano metaboliti principali o attivi circolanti. Con una clearance sistemica di circa 10 l/h, rivaroxaban può essere definito come una sostanza a bassa clearance. Dopo somministrazione endovenosa di una dose di 1 mg, l’emivita di eliminazione è di circa 4,5 ore. Dopo somministrazione orale, l’eliminazione diventa limitata dal tasso di assorbimento. L’eliminazione di rivaroxaban dal plasma avviene con emivite terminali medie di 5 – 9 ore in soggetti giovani e di 11 – 13 ore in soggetti anziani.

Popolazioni particolari

Sesso

Non sono state riscontrate differenze clinicamente significative nella farmacocinetica e nella farmacodinamica tra i pazienti di sesso maschile e femminile.

Popolazione anziana

Nei pazienti anziani sono state osservate concentrazioni plasmatiche maggiori che nei pazienti giovani, con valori di AUC medi superiori di circa 1,5 volte, soprattutto dovuti alla ridotta clearance renale e totale (apparente). Non è necessario alcun aggiustamento della dose.

Categorie di peso

I valori estremi di peso corporeo (< 50 kg o > 120 kg) hanno avuto solo un’influenza ridotta sulle concentrazioni plasmatiche di rivaroxaban (meno del 25%). Non è necessario alcun aggiustamento della dose.

Differenze interetniche

Non sono state osservate differenze interetniche clinicamente rilevanti in pazienti caucasici, afroamericani, ispanici, giapponesi o cinesi riguardo alla farmacocinetica e farmacodinamica di rivaroxaban.

Compromissione epatica

Nei pazienti cirrotici con lieve compromissione epatica (classificati come Child Pugh A) sono state osservate solo lievi variazioni della farmacocinetica di rivaroxaban (aumento medio di 1,2 volte dell’AUC di rivaroxaban), pressoché paragonabili a quelle del gruppo sano di controllo. Nei pazienti cirrotici con moderata compromissione epatica (classificati come Child Pugh B), l’AUC media di rivaroxaban è risultata aumentata nella misura significativa di 2,3 volte rispetto ai volontari sani. L’AUC del medicinale non legato è risultata aumentata di 2,6 volte. Questi pazienti presentavano anche ridotta eliminazione renale di rivaroxaban, similmente ai pazienti con moderata compromissione renale. Non sono disponibili dati relativi ai pazienti con grave compromissione epatica.

L’inibizione dell’attività del fattore Xa è risultata aumentata di 2,6 volte nei pazienti con moderata compromissione epatica rispetto ai volontari sani; anche il PT è risultato aumentato di 2,1 volte. I pazienti con moderata compromissione epatica sono risultati più sensibili a rivaroxaban, con conseguente aumento dell’inclinazione della correlazione PK/PD tra concentrazione e PT. Rivaroxaban è controindicato nei pazienti con malattie epatiche associate a coagulopatia e rischio emorragico clinicamente rilevante, compresi i pazienti cirrotici con Child Pugh B e C (vedere paragrafo 4.3).

Compromissione renale

È stato riscontrato un aumento dell’esposizione a rivaroxaban correlato alla riduzione della funzionalità renale, come dimostrato con la determinazione della clearance della creatinina. Nei soggetti con compromissione renale lieve (clearance della creatinina 50 – 80 mL/min), moderata (clearance della creatinina 30 – 49 mL/min) e grave (clearance della creatinina 15 – 29 mL/min), le concentrazioni plasmatiche di rivaroxaban (AUC) sono risultate aumentate, rispettivamente, di 1,4, 1,5 e 1,6 volte. Gli aumenti corrispondenti degli effetti farmacodinamici sono stati più pronunciati. Nei soggetti con compromissione renale lieve, moderata e grave, l’inibizione globale dell’attività del fattore Xa è risultata aumentata, rispettivamente, di 1,5, 1,9 e 2,0 volte in confronto ai volontari sani; similmente, il PT è risultato aumentato, rispettivamente, di 1,3, 2,2 e 2,4 volte. Non sono disponibili dati relativi ai pazienti con clearance della creatinina < 15 mL/min.

A causa dell’alto legame con le proteine plasmatiche, non si prevede che rivaroxaban sia dializzabile.

Si sconsiglia l’uso in pazienti con clearance della creatinina < 15 mL/min. Rivaroxaban deve essere usato con cautela nei pazienti con clearance della creatinina compresa tra 15 e 29 mL/min (vedere paragrafo 4.4).

Dati farmacocinetici nei pazienti

Nei pazienti in trattamento con rivaroxaban per la trombosi venosa profonda acuta (TVP), che ricevono 20 mg una volta al giorno, la media geometrica della concentrazione (intervallo di previsione 90%) dopo 2 – 4 ore e circa 24 ore dopo l’assunzione (che approssimativamente rappresentano la concentrazione massima e minima nell’intervallo di assunzione) era rispettivamente di 215 (22 – 535) e 32 (6 – 239) mcg/l.

Rapporto farmacocinetica/farmacodinamica

Il rapporto farmacocinetica/farmacodinamica (FC/FD) tra la concentrazione plasmatica di rivaroxaban e diversi endpoint FD (inibizione del fattore Xa, PT, aPTT, HepTest) è stato valutato dopo somministrazione di un ampio spettro di dosi (5 – 30 mg due volte al giorno). Il rapporto fra la concentrazione di rivaroxaban e l’attività del fattore Xa è stato descritto al meglio tramite un modello Emax . Per il PT, il modello di intercettazione lineare ha generalmente descritto meglio i dati. A seconda dei differenti reagenti PT usati, lo slope differiva considerevolmente. Quando è stato usato PT Neoplastin, la PT basale è stata di circa 13 s e lo slope di circa 3-4 s/(100 mcg/l). I risultati delle analisi FC/FD in fase II e III sono stati comparabili ai dati stabiliti nei soggetti sani.

Popolazione pediatrica

La sicurezza e l’efficacia di Rivaroxaban Zentiva nei bambini di età compresa tra 0 e 18 anni non sono state verificate.

 

05.3 Dati preclinici di sicurezza

Indice

I dati non-clinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di sicurezza farmacologica , tossicità a dosi singole, fototossicità, genotossicità, carcinogenicità potenziale e tossicità nel giovane.

Gli effetti osservati negli studi sulla tossicità a dosi ripetute erano prevalentemente dovuti all’eccessiva attività farmacodinamica di rivaroxaban. Nei ratti, sono stati osservati livelli plasmatici aumentati di IgG e IgA a livelli di esposizione clinicamente rilevanti.

Nel ratto non sono stati riscontrati effetti sulla fertilità maschile o femminile. Gli studi su animali hanno mostrato una tossicità riproduttiva correlata alla modalità d’azione farmacologica di rivaroxaban (ad es. complicanze emorragiche). A concentrazioni plasmatiche clinicamente rilevanti, sono state osservate tossicità embrio-fetale (perdita post-impianto, ossificazione ritardata/progredita, macchie epatiche multiple lievemente colorate), aumentata incidenza di malformazioni comuni e alterazioni placentari. Nello studio pre- e post-natale nel ratto, una riduzione della vitalità della prole è stata osservata a dosi tossiche per la madre.

 

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

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Contenuto della capsula:

Lattosio monoidrato Cellulosa microcristallina Croscarmellosa sodica Ipromellosa

Sodio laurilsolfato Magnesio stearato

Rivaroxaban Zentiva 15 mg involucro della capsula:

Gelatina

Titanio diossido (E 171) Ossido di ferro rosso (E 172) Ossido di ferro giallo (E 172) Ossido di ferro nero (E 172) Rivaroxaban Zentiva 20 mg involucro della capsula:

Gelatina

Titanio diossido (E 171) Giallo chinolina (E 104) Carmoisina (E 122)

Blu patentato V (E 131)

Inchiostro bianco:

Gommalacca esterificata Glicole propilenico (E 1520) Titanio diossido (E 171)

 

06.2 Incompatibilità

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Non pertinente.

 

06.3 Periodo di validità

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2 anni

 

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

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PVC/PVdC/Alu blister: Conservare a temperatura inferiore a 30°C. Conservare nella confezione originale per proteggere il medicinale dall’umidità.

Alu/Alu blister: Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione.

 

06.5 Natura e contenuto della confezione

Indice

Le capsule rigide sono confezionate in PVC/PVdC/Alu o Alu/Alu blister. Confezioni: 15 mg: 14, 28, 30, 42, 98 e 100 capsule rigide 20 mg: 14, 28, 30, 98 e 100 capsule rigide È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.

 

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

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Nessun requisito speciale per lo smaltimento.

 

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

Indice

Zentiva Italia S.r.l. Viale Bodio, 37/B 20158 Milano Italia

 

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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047059086 – "15 MG CAPSULE RIGIDE" 14 CAPSULE IN BLISTER PVC/PVDC/AL

047059098 – "15 MG CAPSULE RIGIDE" 28 CAPSULE IN BLISTER PVC/PVDC/AL

047059100 – "15 MG CAPSULE RIGIDE" 30 CAPSULE IN BLISTER PVC/PVDC/AL

047059112 – "15 MG CAPSULE RIGIDE" 42 CAPSULE IN BLISTER PVC/PVDC/AL

047059124 – "15 MG CAPSULE RIGIDE" 98 CAPSULE IN BLISTER PVC/PVDC/AL

047059136 – "15 MG CAPSULE RIGIDE" 100 CAPSULE IN BLISTER PVC/PVDC/AL

047059148 – "20 MG CAPSULE RIGIDE" 14 CAPSULE IN BLISTER PVC/PVDC/AL

047059151 – "20 MG CAPSULE RIGIDE" 28 CAPSULE IN BLISTER PVC/PVDC/AL

047059163 – "20 MG CAPSULE RIGIDE" 30 CAPSULE IN BLISTER PVC/PVDC/AL

047059175 – "20 MG CAPSULE RIGIDE" 98 CAPSULE IN BLISTER PVC/PVDC/AL

047059187 – "20 MG CAPSULE RIGIDE" 100 CAPSULE IN BLISTER PVC/PVDC/AL

 

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

Indice

 

10.0 Data di revisione del testo

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Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: 18/10/2023

 


FARMACI EQUIVALENTI (stesso principio attivo)

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