Aproxxamlo: Scheda Tecnica e Prescrivibilità

Aproxxamlo

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Aproxxamlo: ultimo aggiornamento pagina: (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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Aproxxamlo 150 mg/5 mg compresse rivestite con film Aproxxamlo 150 mg/10 mg compresse rivestite con film Aproxxamlo 300 mg/5 mg compresse rivestite con film Aproxxamlo 300 mg/10 mg compresse rivestite con film

 

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Aproxxamlo 150 mg/5 mg compresse rivestite con film

Ogni compressa rivestita con film contiene 150 mg di irbesartan e 5 mg di amlodipina (come amlodipina besilato).

Aproxxamlo 150 mg/10 mg compresse rivestite con film

Ogni compressa rivestita con film contiene 150 mg di irbesartan e 10 mg di amlodipina (come amlodipina besilato).

Aproxxamlo 300 mg/5 mg compresse rivestite con film

Ogni compressa rivestita con film contiene 300 mg di irbesartan e 5 mg di amlodipina (come amlodipina besilato).

Aproxxamlo 300 mg/10 mg compresse rivestite con film

Ogni compressa rivestita con film contiene 300 mg di irbesartan e 10 mg di amlodipina (come amlodipina besilato).

Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

 

03.0 Forma farmaceutica

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Compressa rivestita con film.

Aproxxamlo 150 mg/5 mg compresse rivestite con film

Compresse rivestite con film di colore bianco e di forma ovale, lunghezza di 12,6 ± 0,3 mm e larghezza di 6,6 ± 0,3 mm, con i numeri “150/5” incisi su un lato.

Aproxxamlo150 mg/10 mg compresse rivestite con film

Compresse rivestite con film di colore rosa e di forma ovale, lunghezza di 12,6 ± 0,3 mm e larghezza di 6,6 ± 0,3 mm, con i numeri “150/10” incisi su un lato.

Aproxxamlo 300 mg/5 mg compresse rivestite con film

Compresse rivestite con film di colore giallo e di forma ovale, lunghezza di 15,7 ± 0,3 mm e larghezza di 8,2 ± 0,3 mm, con i numeri “300/5” incisi su un lato.

Aproxxamlo 300 mg/10 mg compresse rivestite con film

Compresse rivestite con film di colore bianco e di forma ovale, lunghezza di 15,7 ± 0,3 mm e larghezza di 8,2 ± 0,3 mm, con una linea di frattura su un lato. La compressa può essere suddivisa in dosi uguali.

 

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Aproxxamlo è indicato come terapia sostitutiva per il trattamento dell’ipertensione essenziale negli adulti già controllati con irbesartan e amlodipina somministrati contemporaneamente al medesimo dosaggio della combinazione.

 

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Posologia

La combinazione a dose fissa non è adatta per la terapia iniziale. Il dosaggio della dose individuale di ciascun componente (ovvero, amlodipina e irbesartan) deve essere stato eseguito prima di passare alla combinazione a dose fissa.

La dose raccomandata di Aproxxamlo è una compressa (può variare da 150 mg/5 mg a 300 mg/10 mg) al giorno. Aproxxamlo può essere somministrato indipendentemente dalla contemporanea assunzione di cibo.

La dose massima raccomandata è una compressa rivestita con film di Aproxxamlo da 300 mg/10 mg al giorno.

Popolazione pediatrica

La sicurezza e l’efficacia di Aproxxamlo nei bambini di età compresa tra 0 e 18 anni non sono state stabilite.

I dati al momento disponibili sono riportati nei paragrafi 5.1 e 5.2, ma non può essere fatta alcuna raccomandazione riguardante la posologia.

Anziani

L’uso di dosi simili nei pazienti anziani o più giovani è ugualmente ben tollerato. Per gli anziani sono raccomandati regimi posologici normali; tuttavia, per la presenza di amlodipina, l’incremento della dose deve essere effettuato con attenzione (vedere paragrafi 4.4 e 5.2).

Compromissione epatica

A causa della presenza di amlodipina, Aproxxamlo deve essere somministrato con cautela ai pazienti con insufficienza epatica (vedere paragrafi 4.4 e 5.2).

Danno renale

Non è necessario l’aggiustamento della dose nei pazienti con funzionalità renale compromessa (vedere paragrafi 4.4 e 5.2).

Modo di somministrazione

Uso orale.

 

04.3 Controindicazioni

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A causa della presenza di irbesartan e amlodipina nel medicinale, Aproxxamlo è controindicato in presenza di: Ipersensibilità a irbesartan, amlodipina, ai derivati diidropiridinici o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.

Shock (compreso lo shock cardiogeno).

Ostruzione del tratto di efflusso ventricolare sinistro (ad es. stenosi aortica di grado elevato).

Insufficienza cardiaca con instabilità emodinamica successiva a infarto miocardico acuto.

Gravidanza al secondo e terzo trimestre (vedere paragrafi 4.4 e 4.6).

Ipotensione grave.

L’uso concomitante di Aproxxamlo con medicinali contenenti aliskiren è controindicato nei pazienti affetti da diabete mellito o compromissione renale (velocità di filtrazione glomerulare [GFR] <60 ml/min/1,73 m2) (vedere paragrafi 4.5 e 5.1).

 

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Irbesartan e amlodipina

Crisi ipertensiva

La sicurezza e l’efficacia della combinazione a dose fissa di irbesartan e amlodipina nelle crisi ipertensive non sono state stabilite.

Irbesartan

Ipotensione – pazienti con deplezione di volume

Come per gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE inibitori), nei pazienti con deplezione di sodio/volume, quali quelli in trattamento energico con diuretici e/o restrizioni saline, o in emodialisi, potrebbe verificarsi un’ipotensione sintomatica. La deplezione di volume e sodio deve essere corretta prima di iniziare la terapia con la combinazione a dose fissa di irbesartan e amlodipina.

Ipoglicemia

Irbesartan può indurre ipoglicemia, in particolare nei pazienti diabetici. Nei pazienti trattati con insulina o antidiabetici deve essere considerato un appropriato monitoraggio della glicemia; quando indicato, può essere necessario un aggiustamento della dose di insulina o antidiabetici (vedere paragrafo 4.5).

Ipertensione renovascolare

Esiste un incremento del rischio di ipotensione grave e insufficienza renale in pazienti con stenosi bilaterale dell’arteria renale o stenosi dell’arteria renale in presenza di un rene singolo funzionante, trattati con farmaci che influiscono sul sistema renina-angiotensina-aldosterone. Sebbene ciò non sia documentato per irbesartan, si deve prevedere un effetto simile con gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II.

Pazienti con ipertensione affetti da diabete di tipo 2 e patologie renale

In un’analisi condotta nello studio su pazienti con patologia renale avanzata, gli effetti di irbesartan sugli eventi renali e cardiovascolari non sono risultati uniformi in tutti i sottogruppi. In particolare, sono apparsi meno favorevoli nelle donne e nei soggetti non caucasici (vedere paragrafo 5.1).

Duplice blocco del sistema renina-angiotensina-aldosterone (, RAAS)

Esiste l’evidenza che l’uso concomitante di ACE-inibitori, di antagonisti del recettore dell’angiotensina II o di aliskiren aumenti il rischio di ipotensione, iperkaliemia e riduzione della funzionalità renale (compresa l’insufficienza renale acuta). Il duplice blocco di RAAS mediante l’uso combinato di ACE-inibitori, di antagonisti del recettore dell’angiotensina II o di aliskiren non è pertanto raccomandato (vedere paragrafi 4.5 e 5.1). Se la terapia con il duplice blocco è considerata assolutamente necessaria, ciò deve avvenire esclusivamente sotto la supervisione di uno specialista e con uno stretto e frequente monitoraggio della funzionalità renale, degli elettroliti e della pressione arteriosa. Gli ACE-inibitori e gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II non devono essere usati contemporaneamente in pazienti affetti da nefropatia diabetica.

Iperkaliemia

Come per altri medicinali che influiscono sul sistema renina-angiotensina-aldosterone, durante il trattamento con irbesartan può manifestarsi iperkaliemia, specialmente in presenza di compromissione renale, di proteinuria conclamata dovuta a nefropatia diabetica e/o di insufficienza cardiaca. Si raccomanda un attento monitoraggio del potassio sierico nei pazienti a rischio (vedere paragrafo 4.5).

Litio

La combinazione di litio e irbesartan non è raccomandata (vedere paragrafo 4.5).

Stenosi della valvola aortica e mitralica, cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva

Come per altri vasodilatatori, è necessaria una particolare cautela nei pazienti affetti da stenosi aortica o mitralica, o da cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva.

Aldosteronismo primario

I pazienti con aldosteronismo primario in genere non rispondono ai farmaci antipertensivi che agiscono attraverso l’inibizione del sistema renina-angiotensina. Pertanto, l’uso di irbesartan non è raccomandato.

Morbilità e mortalità fetale/neonatale

La terapia con antagonisti del recettore dell’angiotensina II (AIIRA) non deve essere iniziata durante la gravidanza. Per le pazienti che stanno pianificando una gravidanza, si deve ricorrere a un trattamento antipertensivo alternativo, con comprovato profilo di sicurezza per l’uso in gravidanza, a meno che non sia considerato essenziale il proseguimento della terapia con un AIIRA. Quando viene diagnosticata una gravidanza, il trattamento con la combinazione a dose fissa di irbesartan e amlodipina deve essere interrotto quanto prima e, ove necessario, deve essere iniziata una terapia alternativa (vedere paragrafi 4.3 e 4.6).

Disposizioni generali

In pazienti in cui il tono vascolare e la funzionalità renale dipendono prevalentemente dall’attività del sistema renina-angiotensina-aldosterone (ad es. pazienti con insufficienza cardiaca congestizia grave o malattia renale di base, compresa la stenosi dell’arteria renale), il trattamento con inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina o con antagonisti del recettore dell’angiotensina-II, che influiscono su tale sistema, è stato associato a ipotensione acuta, azotemia, oliguria o, raramente, insufficienza renale acuta (vedere paragrafo 4.5). Come per qualsiasi agente antipertensivo, un eccessivo calo della pressione arteriosa in pazienti con cardiopatia o cardiovasculopatia ischemica può determinare infarto miocardico o ictus.

Analogamente agli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina, irbesartan e gli altri antagonisti dell’angiotensina sono apparentemente meno efficaci nel ridurre la pressione arteriosa nei soggetti di razza nera rispetto ad altre razze, probabilmente a causa della maggiore prevalenza di bassi livelli di renina nella popolazione ipertesa di razza nera (vedere paragrafo 5.1).

Amlodipina

Pazienti con insufficienza cardiaca

I pazienti con insufficienza cardiaca devono essere trattati con cautela. In uno studio a lungo termine controllato verso placebo, condotto su pazienti con insufficienza cardiaca grave (classe III e IV secondo NYHA), l’incidenza di edema polmonare segnalata è stata superiore nel gruppo trattato con amlodipina rispetto a quella del gruppo trattato con placebo (vedere paragrafo 5.1). I bloccanti dei canali del calcio, compresa amlodipina, devono essere usati con cautela nei pazienti con insufficienza cardiaca congestizia, in quanto possono far aumentare il rischio di futuri eventi cardiovascolari e mortalità.

Pazienti con compromissione epatica

Nei pazienti con compromissione epatica l’emivita plasmatica di amlodipina risulta prolungata e i valori di AUC sono più alti; per questi pazienti non sono state stabilite raccomandazioni specifiche relative al dosaggio. Amlodipina deve quindi essere inizialmente assunta al dosaggio più basso dell’intervallo di dosi, ed usata con cautela sia all’inizio del trattamento che all’aumentare del dosaggio. Nei pazienti con compromissione epatica grave, può essere richiesta una lenta regolazione della dose e un attento monitoraggio.

Pazienti con compromissione renale

In tali pazienti l’amlodipina può essere usata ai dosaggi normali. Le variazioni delle concentrazioni plasmatiche di amlodipina non sono correlate al grado di compromissione renale. L’amlodipina non è dializzabile.

Pazienti anziani

Negli anziani, per la presenza di amlodipina, l’incremento della dose deve essere effettuato con attenzione (vedere paragrafi 4.2 e 5.2). Nei pazienti anziani è raccomandato un monitoraggio più frequente della pressione arteriosa.

Questo medicinale contiene meno di 1 mmol (23 mg) di sodio per compressa, ovvero è essenzialmente “privo di sodio”.

 

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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Irbesartan e amlodipina

Sulla base di uno studio di farmacocinetica in cui irbesartan e amlodipina sono stati somministrati in monoterapia o in combinazione, non esiste alcuna interazione farmacocinetica tra irbesartan e amlodipina.

Non sono stati condotti studi di interazione farmacologica tra Aproxxamlo e altri medicinali.

Irbesartan

Diuretici e altri agenti antipertensivi

Altri agenti antipertensivi possono aumentare gli effetti ipotensivi di irbesartan; tuttavia, irbesartan è stato somministrato con sicurezza con altri agenti antipertensivi quali beta-bloccanti, bloccanti dei canali del calcio ad azione prolungata e diuretici tiazidici. Precedenti trattamenti con alte dosi di diuretici possono comportare deplezione di volume e rischio di ipotensione quando si inizia la terapia con irbesartan (vedere paragrafo 4.4).

Prodotti contenenti aliskiren o ACE-inibitori

I dati degli studi clinici hanno dimostrato che il duplice blocco del sistema renina-angiotensina- aldosterone (RAAS) mediante l’uso combinato di ACE-inibitori, di antagonisti dei recettori dell’angiotensina II o di aliskiren è associato a una maggiore frequenza di eventi avversi quali ipotensione, iperkalemia e ridotta funzionalità renale (compresa l’insufficienza renale acuta) rispetto all’uso di un singolo agente attivo sul sistema RAAS (vedere paragrafi 4.3, 4.4 e 5.1).

Repaglinide:

irbesartan è un potenziale inibitore dell’ OATP1B1. In uno studio clinico, è stato riportato che irbesartan ha aumentato la Cmax e l’AUC della repaglinide (substrato di OATP1B1) rispettivamente di 1,8 volte e 1,3 volte, quando somministrato 1 ora prima della repaglinide. In un altro studio, non è stata riportata alcuna interazione farmacocinetica rilevante quando i due farmaci sono stati somministrati contemporaneamente. Pertanto, può essere necessario un aggiustamento della dose del trattamento antidiabetico come la repaglinide (vedere paragrafo 4.4).

Integrazione di potassio e diuretici risparmiatori di potassio

In base all’esperienza sull’uso di altri medicinali che influiscono sul sistema renina-angiotensina, l’uso concomitante di diuretici risparmiatori di potassio, integratori di potassio, sostituti del sale contenenti potassio o altri medicinali che possono aumentare i livelli sierici di potassio (ad es. eparina) può determinare un incremento dei livelli di potassio sierico e pertanto non è raccomandato (vedere paragrafo 4.4).

Litio

Sono stati segnalati incrementi reversibili delle concentrazioni sieriche e di tossicità del litio durante la somministrazione concomitante di litio e inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina. Effetti simili sono stati finora segnalati molto raramente con irbesartan. Pertanto, tale combinazione non è raccomandata (vedere paragrafo 4.4). Qualora la combinazione risultasse necessaria, si raccomanda un attento monitoraggio dei livelli sierici di litio.

Farmaci antinfiammatori non steroidei

Quando gli antagonisti dell’angiotensina II sono somministrati contemporaneamente a farmaci antinfiammatori non steroidei (ovvero inibitori selettivi della COX-2, acido acetilsalicilico (>3 g/die) e FANS non selettivi) si può verificare un’attenuazione dell’effetto antipertensivo.

Come per gli ACE-inibitori, l’uso concomitante di antagonisti dell’angiotensina II e FANS può comportare un maggior rischio di peggioramento della funzione renale, compresa una possibile insufficienza renale acuta, e un aumento del potassio sierico, specialmente in pazienti con preesistente modesta funzione renale. La combinazione deve essere somministrata con cautela, specialmente negli anziani. I pazienti devono essere adeguatamente idratati e dopo l’avvio della terapia concomitante si deve considerare il monitoraggio della funzione renale, da effettuare periodicamente in seguito.

Ulteriori informazioni sulle interazioni di irbesartan

Negli studi clinici, la farmacocinetica di irbesartan non è stata influenzata dall’idroclorotiazide. Irbesartan è metabolizzato principalmente dal CYP2C9 e in misura minore mediante glucuronidazione. Non sono state osservate interazioni farmacocinetiche o farmacodinamiche significative in seguito a somministrazione concomitante di irbesartan e warfarin, un medicinale metabolizzato dal CYP2C9. Gli effetti degli induttori del CYP2C9, quale la rifampicina, sulla farmacocinetica di irbesartan non sono stati valutati. La farmacocinetica della digossina non è stata alterata dalla somministrazione concomitante di irbesartan.

Amlodipina

Effetti di altri medicinali sull’amlodipina

Inibitori del CYP3A4

L’uso concomitante di amlodipina e inibitori forti o moderati del CYP3A4 (inibitori della proteasi, antimicotici azolici, macrolidi quali eritromicina o claritromicina, verapamil o diltiazem) può causare un aumento significativo dell’esposizione all’amlodipina, con conseguente aumento del rischio di ipotensione. La manifestazione clinica di queste variazioni farmacocinetiche (PK) può essere più pronunciata negli anziani. Potrebbe quindi essere necessario un monitoraggio clinico e un aggiustamento della dose.

Induttori del CYP3A4

Al momento della somministrazione concomitante di induttori noti del CYP3A4, la concentrazione plasmatica di amlodipina può variare. Pertanto, si deve monitorare la pressione arteriosa e si deve valutare un possibile aggiustamento della dose sia durante sia dopo la somministrazione di farmaci concomitanti, soprattutto nel caso di forti induttori del CYP3A4 (ad es. rifampicina, Hypericum perforatum).

La somministrazione di amlodipina con pompelmo o succo di pompelmo non è raccomandata poiché può aumentarne la biodisponibilità in alcuni pazienti, con conseguente aumento dell’effetto di riduzione della pressione arteriosa.

Dantrolene (infusione)

Negli animali, sono stati osservati fibrillazione ventricolare letale e collasso cardiovascolare associati a iperkaliemia in seguito a somministrazione di verapamil e dantrolene per via endovenosa. A causa del rischio di iperkaliemia, si raccomanda di evitare la somministrazione concomitante di bloccanti dei canali del calcio, quale amlodipina, in pazienti a rischio di ipertermia maligna e in caso di gestione dell’ipertermia maligna.

Effetti dell’amlodipina su altri medicinali

Gli effetti ipotensivi di amlodipina si sommano a quelli esercitati da altri medicinali con proprietà antipertensive.

Tacrolimus

Vi è il rischio di un aumento dei livelli plasmatici di tacrolimus quando somministrato contemporaneamente ad amlodipina, ma il meccanismo farmacocinetico di questa interazione non è del tutto chiaro. Al fine di evitare la tossicità di tacrolimus, la somministrazione di amlodipina in un paziente trattato con tacrolimus richiede il monitoraggio dei livelli plasmatici di tacrolimus e, se necessario, un aggiustamento della dose di tacrolimus.

Bersaglio meccanicistico degli Inibitori (mTOR) della Rapamicina

Gli inibitori mTOR quali sirolimus, temsirolimus ed everolimus sono substrati del CYP3A. L’amlodipina è un debole inibitore del CYP3A. Con l’uso concomitante di inibitori mTOR, l’amlodipina può aumentare l’esposizione agli inibitori mTOR.

Ciclosporina

Non sono stati condotti studi di interazione farmacologica tra ciclosporina e amlodipina in volontari sani o in altre popolazioni, fatta eccezione per i pazienti sottoposti a trapianto renale, nei quali erano state osservate variazioni nell’aumento della concentrazione minima di ciclosporina media 0 – 40 %). Occorre prendere in considerazione il monitoraggio dei livelli di ciclosporina nei pazienti sottoposti a trapianto renale in trattamento con amlodipina e, se necessario, si deve effettuare una riduzione della dose di ciclosporina.

Simvastatina

La co-somministrazione di dosi multiple di 10 mg di amlodipina e 80 mg di simvastatina ha determinato un aumento del 77% dell’esposizione a simvastatina rispetto a simvastatina in monoterapia. Nei pazienti trattati con amlodipina, limitare la dose di simvastatina a 20 mg al giorno.

Negli studi clinici di interazione, l’amlodipina non ha alterato la farmacocinetica di atorvastatina, digossina o warfarin.

 

04.6 Gravidanza e allattamento

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Gravidanza

Irbesartan e amlodipina

I dati relativi all’uso di Aproxxamlo in donne in gravidanza sono limitati. Non sono stati condotti studi di tossicità riproduttiva su animali con Aproxxamlo.

Come per irbesartan (vedere dettagli di seguito), Aproxxamlo non è raccomandato durante il primo trimestre di gravidanza (vedere paragrafo 4.4). L’uso di Aproxxamlo è controindicato durante il secondo e il terzo trimestre di gravidanza (vedere paragrafo 4.3).

Irbesartan

L’uso degli antagonisti del recettore dell’angiotensina II (AIIRA) non è raccomandato durante il primo trimestre di gravidanza (vedere paragrafo 4.4). L’uso degli AIIRA è controindicato durante il secondo e il terzo trimestre di gravidanza.

Le evidenze epidemiologiche relative al rischio di teratogenicità a seguito dell’esposizione agli ACE- inibitori durante il primo trimestre di gravidanza non hanno dato risultati conclusivi; tuttavia, non può essere escluso un lieve aumento del rischio. Sebbene non siano disponibili dati epidemiologici controllati sul rischio con antagonisti del recettore dell’angiotensina II (AIIRA), un simile rischio può esistere anche per questa classe di medicinali. Per le pazienti che stanno pianificando una gravidanza, si deve ricorrere a un trattamento antipertensivo alternativo, con comprovato profilo di sicurezza per l’uso in gravidanza, a meno che non sia considerato essenziale il proseguimento della terapia con un AIIRA. Quando viene diagnosticata una gravidanza, il trattamento con AIIRA deve essere interrotto immediatamente e, se appropriato, si deve iniziare una terapia alternativa.

Sulla base dell’esperienza post-marketing, la terapia con AIIRA se somministrata durante il 2° e 3° trimestre di gravidanza induce tossicità fetale (ridotta funzionalità renale, oligoidramnios, ritardo nell’ossificazione del cranio) e tossicità neonatale (insufficienza renale, ipotensione, iperkaliemia). Studi sugli animali hanno mostrato tossicità riproduttiva (vedere paragrafo 5.3).

Se dovesse verificarsi esposizione a un AIIRA dal secondo trimestre di gravidanza, si raccomanda un controllo ecografico della funzione renale e del cranio. I neonati le cui madri hanno assunto AIIRA devono essere osservati attentamente per quanto riguarda l’ipotensione.

Amlodipina

La sicurezza di amlodipina durante la gravidanza umana non è stata stabilita. Gli studi sugli animali hanno mostrato una tossicità riproduttiva a dosi elevate (vedere paragrafo 5.3). L’uso di amlodipina in monoterapia in gravidanza è raccomandato solo se non esiste un’alternativa più sicura e nel caso la malattia stessa comporti un rischio maggiore per la madre e il feto.

Allattamento

Irbesartan e amlodipina

Non sono disponibili informazioni relative all’uso di Aproxxamlo durante l’allattamento. Come per irbesartan e amlodipina (vedere dettagli di seguito), si deve decidere se interrompere l’allattamento o interrompere la terapia, tenendo in considerazione il beneficio dell’allattamento per il bambino e il beneficio della terapia per la madre.

Irbesartan

Poiché non sono disponibili dati riguardanti l’uso di irbesartan durante l’allattamento, questo medicinale non è raccomandato, e sono da preferire trattamenti alternativi con profili di sicurezza maggiormente comprovati per l’uso durante l’allattamento, specialmente in caso di allattamento di neonati o prematuri.

Non è noto se irbesartan o i suoi metaboliti siano escreti nel latte materno.

I dati farmacodinamici/tossicologici, disponibili nei ratti, hanno mostrato l’escrezione di irbesartan o dei suoi metaboliti nel latte (per dettagli vedere paragrafo 5.3).

Amlodipina

L’amlodipina è escreta nel latte materno. La percentuale della dose materna ricevuta dal neonato è stata stimata con un intervallo interquartile del 3-7%, con un massimo del 15%. L’effetto dell’amlodipina sui neonati non è noto. Si deve decidere se continuare/interrompere l’allattamento o continuare/interrompere la terapia con amlopidina, tenendo in considerazione il beneficio dell’allattamento al seno per il bambino e il beneficio della terapia con amlodipina per la madre.

Fertilità

Irbesartan e amlodipina

Non sono stati condotti studi di tossicità riproduttiva su animali con Aproxxamlo.

Irbesartan

Irbesartan non ha avuto effetti sulla fertilità dei ratti trattati e sulla loro prole fino a livelli di dose che inducono i primi segni di tossicità parentale (vedere paragrafo 5.3).

Amlodipina

In alcuni pazienti trattati con bloccanti dei canali del calcio sono state segnalate modifiche biochimiche reversibili della testa degli spermatozoi. Non sono disponibili dati clinici sufficienti per confermare il potenziale effetto di amlodipina sulla fertilità. In uno studio su ratti, sono emersi effetti avversi sulla fertilità maschile (vedere paragrafo 5.3).

 

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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Quando si guidano veicoli o si usano macchinari, si deve considerare che durante il trattamento dell’ipertensione si possono manifestare occasionalmente capogiri o stanchezza.

L’amlodipina può alterare lievemente o moderatamente la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari. Qualora i pazienti che assumono amlodipina soffrano di capogiri, cefalea, affaticabilità o nausea, la loro capacità di reazione può essere compromessa.

 

04.8 Effetti indesiderati

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Poiché gli studi clinici vengono condotti in condizioni ampiamente variabili, le frequenze delle reazioni avverse osservate negli studi clinici di un medicinale non possono essere confrontate direttamente con quelle osservate negli studi clinici di un altro medicinale e potrebbero non riflettere le frequenze osservate nella pratica clinica.

Irbesartan e amlodipina

Negli studi clinici che hanno confrontato la combinazione a dose fissa di irbesartan e amlodipina con irbesartan o amlodipina in monoterapia, le tipologie e le incidenze degli eventi avversi emergenti dal trattamento (TEAE) possibilmente correlati al trattamento in studio erano simili a quelli osservati nei primi studi clinici con la monoterapia e nelle segnalazioni post-marketing. L’evento avverso segnalato con maggiore frequenza è stato l’edema periferico, principalmente associato all’amlodipina.

Irbesartan

Negli studi controllati con placebo in pazienti con ipertensione, l’incidenza complessiva degli eventi avversi non differiva tra i gruppi irbesartan (56,2%) e placebo (56,5%). L’interruzione dovuta a qualsiasi evento avverso, clinico o di laboratorio, è stata meno frequente per i pazienti trattati con irbesartan (3,3%) rispetto a quelli trattati con placebo (4,5%). L’incidenza degli eventi avversi non era correlata alla dose (nell’intervallo di dose raccomandato), al sesso, all’età, alla razza o alla durata del trattamento.

Nei pazienti diabetici ipertesi con microalbuminuria e funzionalità renale normale, sono stati segnalati capogiri ortostatici e ipotensione ortostatica nello 0,5% dei pazienti, ovvero con frequenza non comune ma superiore rispetto al placebo.

La tabella di seguito presenta le reazioni avverse da farmaci segnalate in studi controllati con placebo nei quali 1.965 pazienti ipertesi hanno ricevuto irbesartan. I termini contrassegnati con un asterisco (*) si riferiscono a reazioni avverse segnalate in particolare in >2% dei pazienti diabetici ipertesi con insufficienza renale cronica e proteinuria conclamata, e con frequenza superiore rispetto al placebo.

Quando applicabile, viene utilizzata la classificazione della frequenza secondo il CIOMS di seguito: molto comune (≥1/10); comune (da ≥1/100 a <1/10); non comune (da ≥1/1.000 a < 1/100); raro (da ≥1/10.000 a < 1/1.000); molto raro (< 1/10.000); non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).

Tabella 1 Eventi avversi segnalati negli studi clinici di irbesartan o nelle segnalazioni post-marketing

Classificazione per
sistemi e organi
Comune Non comune Non nota
Patologie del sistema
emolinfopoietico
anemia, trombocitopenia
Disturbi del sistema immunitario reazioni da ipersensibilità quali angioedema, eruzione cutanea,
orticaria, reazione anafilattica, shock anafilattico
Disturbi del
metabolismo e della nutrizione
Iperkaliemia, ipoglicemia
Patologie del sistema nervoso capogiri, capogiri ortostatici vertigini, cefalea
Patologie dell’orecchio e del
labirinto
tinnito
Patologie cardiache tachicardia
Patologie vascolari ipotensione
ortostatica*
rossore
Patologie respiratorie, toraciche e
mediastiniche
tosse
Patologie
gastrointestinali
nausea/vomito diarrea,
dispepsia/pirosi
disgeusia
Patologie
epatobiliari
itterizia epatite, anomalie della funzionalità
epatica
Patologie della cute
e del tessuto sottocutaneo
vasculite leucocitoclastica
Patologie del sistema muscoloscheletrico e
del tessuto connettivo
dolore muscoloscheletrico* artralgia, mialgia (in alcuni casi associata ad aumento dei livelli
plasmatici di creatina chinasi), crampi muscolari
Patologie renali e urinarie funzionalità renale compromessa, compresa l’insufficienza renale nei
pazienti a rischio
Patologie dell’apparato riproduttivo e della
mammella
disfunzione sessuale
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di
somministrazione
stanchezza dolore toracico
Esami diagnostici aumento della creatina
chinasi plasmatica

Amlodipina

Le reazioni avverse segnalate con maggiore frequenza durante il trattamento sono sonnolenza, capogiri, cefalea, palpitazioni, rossore, dolore addominale, nausea, gonfiore delle caviglie, edema e affaticabilità.

Durante il trattamento con amlodipina sono state osservate e segnalate le seguenti reazioni avverse con le seguenti frequenze: molto comune (≥1/10); comune (da ≥1/100 a <1/10); non comune (da ≥1/1.000 a < 1/100); raro (da ≥1/10.000 a < 1/1.000); molto raro (< 1/10.000); non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).

All’interno di ciascun gruppo di frequenza, le reazioni avverse sono presentate in ordine di serietà decrescente.

Classificazione
per sistemi e organi
Molto comune Comune Non comune Raro Molto raro Non nota
Patologie del sistema
emolinfopoietico
leucocitopenia, trombocitopeni
a
Disturbi del
sistema immunitario
reazioni allergiche
Disturbi del
metabolismo e della nutrizione
iperglicemia
Disturbi depressione, confusione
Classificazione per sistemi e
organi
Molto comune Comune Non comune Raro Molto raro Non nota
psichiatrici alterazioni dell’umore (compresa
ansia), insonnia
Patologie del sistema nervoso sonnolenza, capogiri, cefalea (soprattutto all’inizio del
trattamento)
tremore, disgeusia, sincope, ipoestesia, parestesia ipertonia, neuropatia periferica
Patologie dell’occhio disturbi visivi
(compresa la diplopia)
Patologie dell’orecchio e
del labirinto
tinnito
Patologie cardiache palpitazioni aritmia (comprese bradicardia, tachicardia ventricolare e
fibrillazione atriale)
infarto miocardico
Patologie vascolari rossore ipotensione vasculite
Patologie respiratorie,
toraciche e mediastiniche
dispnea tosse, rinite
Patologie gastrointestinali dolore addominale, nausea, dispepsia, alterazioni dell’alvo (tra cui diarrea e
stipsi)
vomito, bocca secca pancreatite, gastrite, iperplasia gengivale
Patologie epatobiliari epatite, itterizia,
aumento degli enzimi epatici*
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo alopecia, porpora, alterazione della pigmentazione cutanea, iperidrosi, prurito, eruzione cutanea, esantema,
orticaria
angioedema, eritema multiforme, dermatite esfoliativa, sindrome di Stevens- Johnson, edema di Quincke, fotosensibilità necrolisi epidermica tossica
Patologie del gonfiore artralgia,
Classificazione per sistemi e
organi
Molto comune Comune Non comune Raro Molto raro Non nota
sistema muscoloscheletrico e del tessuto
connettivo
delle caviglie, crampi
muscolari
mialgia, mal di schiena
Patologie renali e urinarie disturbi della minzione, nicturia, frequenza della
minzione aumentata
Patologie dell’apparato
riproduttivo e della mammella
impotenza, ginecomastia
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di
somministrazione
edema affaticabilità, astenia dolore toracico, dolore, malessere
Esami diagnostici aumento ponderale,
calo ponderale

*in presenza soprattutto con la colestasi

Sono stati segnalati casi eccezionali di sindrome extrapiramidale. Popolazione pediatrica: Irbesartan e amlodipina:

La sicurezza di Aproxxamlo nei bambini di età compresa tra 0 e 18 anni non è stata stabilita (vedere paragrafo 4.2).

Irbesartan:

In uno studio randomizzato su 318 bambini e adolescenti ipertesi di età compresa tra 6 e 16 anni, le seguenti reazioni avverse si sono manifestate nella fase in doppio cieco di 3 settimane: cefalea (7,9%), ipotensione (2,2%), capogiri (1,9%), tosse (0,9%). Nel periodo in aperto di 26 settimane di tale studio, le anomalie di laboratorio osservate con maggiore frequenza sono state aumenti della creatinina (6,5%) e valori elevati di CK nel 2% dei bambini trattati.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo https://www.aifa.gov.it/content/segnalazioni-reazioni- avverse.

 

04.9 Sovradosaggio

Indice

Irbesartan

Studi condotti in adulti esposti a dosi fino a 900 mg/die di irbesartan per 8 settimane non hanno dimostrato segni di tossicità.

Sintomi

Si ritiene che le più probabili manifestazioni di sovradosaggio siano l’ipotensione e la tachicardia; anche la bradicardia potrebbe manifestarsi per un sovradosaggio.

Trattamento

Non sono disponibili informazioni specifiche per il trattamento del sovradosaggio di irbesartan. Il paziente deve essere attentamente monitorato e il trattamento deve essere sintomatico e di supporto. Le misure suggerite includono induzione di emesi e/o lavaggio gastrico. Nel trattamento del sovradosaggio può essere utilizzato il carbone attivo. Irbesartan non viene rimosso dall’emodialisi.

Amlodipina

L’esperienza relativa al sovradosaggio intenzionale nell’uomo è limitata.

Sintomi

I dati disponibili suggeriscono che un sovradosaggio grave potrebbe causare un’eccessiva vasodilatazione periferica, ed eventualmente una tachicardia riflessa. È stata segnalata marcata e probabilmente prolungata ipotensione sistemica fino ad includere casi di shock con esito letale.

Trattamento

Un’ipotensione clinicamente significativa dovuta al sovradosaggio di amlodipina richiede un supporto cardiovascolare attivo, comprendente il monitoraggio frequente delle funzioni cardiaca e respiratoria, l’elevazione delle estremità e il monitoraggio dei fluidi circolanti e della diuresi.

Per ristabilire il tono vascolare e la pressione arteriosa può essere d’aiuto un vasocostrittore, a condizione che non vi siano controindicazioni al suo impiego. La somministrazione per via endovenosa di calcio gluconato può rivelarsi utile nel neutralizzare gli effetti del blocco dei canali del calcio.

In alcuni casi, può essere utile il lavaggio gastrico. In volontari sani, è stato dimostrato che l’uso di carbone vegetale entro 2 ore dall’assunzione di 10 mg di amlodipina riduce la velocità di assorbimento dell’amlodipina.

Poiché l’amlodipina è fortemente legata alle proteine plasmatiche, è improbabile che la dialisi offra benefici.

 

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

Indice

Categoria farmacoterapeutica: Sostanze ad azione sul sistema renina-angiotensina; antagonisti dell’angiotensina II, associazioni; antagonisti dell’angiotensina II e bloccanti dei canali del calcio, codice ATC: C09DB05.

Irbesartan e amlodipina

Aproxxamlo associa due composti antipertensivi con meccanismi complementari per controllare la pressione arteriosa in pazienti con ipertensione essenziale: un antagonista del recettore dell’angiotensina II, irbesartan, e un bloccante diidropiridinico dei canali del calcio, amlodipina.

Popolazione pediatrica

L’Agenzia europea dei medicinali ha rinviato l’obbligo di presentare i risultati degli studi con Aproxxamlo, compressa rivestita con film, per il trattamento dell’ipertensione in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica. Vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico.

Irbesartan

Meccanismo d’azione

Irbesartan è un antagonista, potente e selettivo, del recettore dell’angiotensina-II (tipo AT1), attivo per somministrazione orale. Si ritiene che blocchi tutti gli effetti dell’angiotensina-II mediate dai recettori di tipo AT1, indipendentemente dall’origine o dalla via di sintesi dell’angiotensina-II. L’antagonismo selettivo per i recettori dell’angiotensina-II (AT1) determina un aumento nei livelli plasmatici di renina e angiotensina-II e una riduzione nella concentrazione plasmatica di aldosterone. Ai dosaggi raccomandati, irbesartan in monoterapia non influisce in modo significativo sui livelli sierici di potassio. Irbesartan non inibisce l’ACE (chininasi-II), un enzima che genera l’angiotensina-II e inoltre degrada la bradichinina in metaboliti inattivi. Irbesartan non richiede un’attivazione metabolica per esplicare la propria attività.

Efficacia clinica

Ipertensione

Irbesartan riduce i valori di pressione arteriosa con minime modificazioni della frequenza cardiaca. La riduzione della pressione arteriosa è dose-dipendente per le mono-somministrazioni giornaliere, con una tendenza verso plateau a dosi superiori ai 300 mg. Dosi di 150-300 mg una volta al giorno sono risultate in grado di ridurre i valori di pressione arteriosa rilevati in posizione supina o seduta “a valle” (ovvero a 24 ore dall’ultima somministrazione con decrementi medi superiori di 8–13/5–8 mmHg (sistolica/diastolica) rispetto a quelli rilevati con il placebo.

Il picco della riduzione della pressione arteriosa viene raggiunto entro 3-6 ore dopo la somministrazione e l’effetto ipotensivo viene mantenuto per almeno 24 ore. Alle dosi raccomandate, la riduzione della pressione arteriosa a 24 ore era il 60-70% del corrispondente picco massimo di riduzione diastolico e sistolico. La mono-somministrazione giornaliera di 150 mg ha prodotto delle risposte minime e medie nelle 24 ore simili a quelle ottenute con la doppia somministrazione giornaliera, alla stessa dose totale.

L’effetto di riduzione della pressione arteriosa di irbesartan è evidente entro 1-2 settimane, con un massimo dell’effetto ottenibile entro 4-6 settimane dall’inizio della terapia. L’effetto antipertensivo viene mantenuto durante la terapia a lungo termine. Dopo l’interruzione della terapia, la pressione arteriosa torna gradualmente verso i valori basali. Non è stata osservata ipertensione reattiva.

Gli effetti di riduzione della pressione arteriosa di irbesartan e dei diuretici di tipo tiazidico si sommano. Nei pazienti non adeguatamente controllati da irbesartan in monoterapia, l’aggiunta di idroclorotiazide a bassa dose (12,5 mg) a irbesartan una volta al giorno determina un’ulteriore riduzione della pressione arteriosa, aggiustata per placebo, a valle, di 7-10/3-6 mmHg (sistolica/diastolica) per tutto il periodo considerato.

L’efficacia di irbesartan non è influenzata dall’età o dal sesso. Come avviene con altri medicinali che influiscono sul sistema renina-angiotensina, i pazienti ipertesi di razza nera presentano una risposta notevolmente inferiore alla monoterapia con irbesartan. Quando irbesartan viene co-somministrato con idroclorotiazide a bassa dose (ad es. 12,5 mg al giorno), la risposta antipertensiva nei pazienti di razza nera si avvicina a quella dei pazienti caucasici.

Non vi è alcun effetto clinicamente importante sull’acido urico sierico o sull’escrezione urinaria di acido urico.

Popolazione pediatrica

La riduzione della pressione arteriosa determinata da dosi titolate di irbesartan di 0,5 mg/kg (bassa), 1,5 mg/kg (media) e 4,5 mg/kg (alta) è stata valutata su 318 bambini e adolescenti ipertesi o a rischio (diabetici, anamnesi familiare di ipertensione) di età compresa tra 6 e 16 anni per un periodo di tre settimane. Al termine delle tre settimane, la riduzione media rispetto al basale della variabile primaria di efficacia è stata per la pressione arteriosa sistolica da seduto (SeSBP), a valle, di 11,7 mmHg (dose bassa), 9,3 mmHg (dose media), 13,2 mmHg (dose alta). Non è stata riscontrata alcuna differenza significativa tra queste dosi. La variazione media aggiustata della pressione arteriosa diastolica da seduto (SeDBP), a valle, è stata la seguente: 3,8 mmHg (bassa dose), 3,2 mmHg (dose media), 5,6 mmHg (dose alta). Nel corso di un successivo periodo di due settimane in cui i pazienti sono stati nuovamente randomizzati al medicinale attivo o al placebo, i pazienti trattati con placebo hanno manifestato incrementi di 2,4 e 2,0 mmHg nella SeSBP e nella SedBP a fronte di variazioni rispettivamente di +0,1 e -0,3 mmHg nei pazienti trattati con qualsiasi dose di irbesartan (vedere paragrafo 4.2).

Ipertensione e diabete di tipo 2 con malattia renale

Lo studio “Irbesartan Diabetic Nephropathy Trial (IDNT)” ha dimostrato che irbesartan riduce la progressione della malattia renale nei pazienti con insufficienza renale cronica e proteinuria conclamata. IDNT era uno studio in doppio cieco, controllato, di morbilità e mortalità che ha confrontato irbesartan, amlodipina e placebo. Gli effetti a lungo termine (media 2,6 anni) di irbesartan sulla progressione della malattia renale e sulla mortalità per qualsiasi causa sono stati esaminati in 1.715 pazienti ipertesi con diabete di tipo 2, proteinuria ≥900 mg/die e creatinina sierica variabile da 1,0 a 3,0 mg/dl. I pazienti sono stati portati gradualmente da 75 mg a una dose di mantenimento di 300 mg di irbesartan e da 2,5mg a 10 mg di amlodipina o placebo, come tollerato. In generale, i pazienti di tutti i gruppi di trattamento hanno ricevuto tra 2 e 4 agenti antipertensivi (ad es. diuretici, beta bloccanti, alfa bloccanti) per raggiungere un obiettivo di pressione arteriosa predefinito ≤135/85 mmHg o una riduzione di 10 mmHg della pressione sistolica se al basale era >160 mmHg. Il sessanta per cento (60%) dei pazienti nel gruppo placebo ha raggiunto tale target di pressione arteriosa, mentre nei gruppi irbesartan e amlodipina questa percentuale era rispettivamente del 76% e del 78%. Irbesartan ha ridotto significativamente il rischio relativo nell’endpoint primario composito di raddoppio della creatinina sierica, nefropatia in stadio terminale (ESRD) o mortalità per qualsiasi causa. Circa il 33% dei pazienti nel gruppo irbesartan ha raggiunto l’endpoint renale primario composito rispetto al 39% e al 41% nei gruppi placebo e amlodipina (riduzione del rischio relativo del 20% rispetto al placebo [p = 0,024] e del 23% rispetto all’amlodipina [p = 0,006]). Quando sono stati analizzati i singoli componenti dell’endpoint primario, non è stato osservato alcun effetto nella mortalità per qualsiasi causa, mentre è stata riscontrata una tendenza positiva nella riduzione dell’ESRD, e si è osservata una riduzione significativa nel raddoppio della creatinina sierica.

I sottogruppi costituiti da sesso, razza, età, durata del diabete, pressione arteriosa al basale, creatinina sierica e tasso di escrezione dell’albumina sono stati valutati per l’effetto del trattamento. Nei sottogruppi di sesso femminile e di razza nera, che rappresentavano rispettivamente il 32% e il 26% della popolazione complessiva dello studio, non è stato evidente un beneficio renale, sebbene gli intervalli di confidenza non lo escludessero. Per quanto riguarda l’endpoint secondario di eventi cardiovascolari fatali e non fatali, non vi è stata alcuna differenza tra i tre gruppi della popolazione complessiva, sebbene nel gruppo irbesartan siano stati osservati un aumento dell’incidenza di IM non fatale nelle donne e una riduzione dell’incidenza di IM non fatale negli uomini rispetto al gruppo con regime a base di placebo. Un aumento dell’incidenza di IM non fatale e ictus nelle donne è stato osservato con il regime a base di irbesartan rispetto al regime a base di amlodipina, mentre il ricovero ospedaliero dovuto a insufficienza cardiaca è stato ridotto nella popolazione complessiva. Tuttavia, non è stata identificata alcuna spiegazione adeguata per tali risultati nelle donne.

Lo studio “Effetti di irbesartan sulla microalbuminuria in pazienti ipertesi affetti da diabete mellito di tipo 2 (Effects of Irbesartan on Microalbuminuria in Hypertensive Patients with type 2 Diabetes Mellitus, IRMA 2)” ha dimostrato che, in pazienti con microalbuminuria, irbesartan alla dose di 300 mg ritarda la progressione aproteinuria conclamata. IRMA 2 era uno studio in doppio cieco, controllato con placebo, di morbilità, condotto su 590 pazienti con diabete di tipo 2, microalbuminuria (30-300 mg/die) e funzione renale normale (creatinina sierica ≤1,5 mg/dl negli uomini e <1,1 mg/dl nelle donne). Lo studio ha esaminato gli effetti a lungo termine (2 anni) di irbesartan sulla progressione a proteinuria clinica (conclamata) (tasso di escrezione urinaria dell’albumina [UAER] >300 mg/die e aumento dell’UAER di almeno il 30% rispetto al basale). L’obiettivo predefinito della pressione arteriosa era ≤135/85 mmHg. Ulteriori agenti antipertensivi (esclusi gli ACE-inibitori, gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II e i bloccanti del calcio diidropiridinici) sono stati aggiunti secondo necessità per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo di pressione arteriosa. Mentre in tutti i gruppi di trattamento è stata raggiunta una pressione arteriosa simile, un numero inferiore di soggetti nel gruppo irbesartan alla dose di 300 mg (5,2%) rispetto al placebo (14,9%) o al gruppo irbesartan alla dose di 150 mg (9,7%) hanno raggiunto l’endpoint di proteinuria conclamata, dimostrando una riduzione del rischio relativo del 70% rispetto al placebo (p = 0,0004) per la dose più elevata. Durante i primi tre mesi di trattamento non è stato osservato un miglioramento analogo della velocità di filtrazione glomerulare (GFR). Il rallentamento della progressione a proteinuria clinica era evidente già dopo tre mesi, ed è proseguito nel corso del periodo di 2 anni. La regressione a normoalbuminuria (<30 mg/die) è stata più frequente nel gruppo irbesartan alla dose di 300 mg (34%) rispetto al gruppo placebo (21%).

Duplice blocco del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS)

Due grandi studi randomizzati e controllati ONTARGET (ONgoing Telmisartan Alone and in combination with Ramipril Global Endpoint Trial) e VA NEPHRON-D (The Veterans Affairs Nephropathy in Diabetes) hanno esaminato l’uso della combinazione di un ACE-inibitore con un antagonista del recettore dell’angiotensina II. ONTARGET è stato uno studio condotto su pazienti con anamnesi di patologia cardiovascolare o cerebrovascolare oppure di diabete mellito di tipo 2 associato ad evidenza di danno d’organo terminale. VA NEPHRON-D è stato uno studio condotto in pazienti con diabete mellito di tipo 2 e nefropatia diabetica.

Questi studi non hanno dimostrato alcun effetto benefico significativo sugli esiti e sulla mortalità renale e/o cardiovascolare, mentre è stato osservato un aumento del rischio di iperkaliemia, danno renale acuto e/o ipotensione rispetto alla monoterapia. Considerata la similarità delle loro proprietà farmacodinamiche, questi risultati sono rilevanti anche per gli altri ACE-inibitori e gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II.

Pertanto, gli ACE-inibitori e gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II non devono essere usati contemporaneamente in pazienti affetti da nefropatia diabetica.

ALTITUDE (Aliskiren Trial in Type 2 Diabetes Using Cardiovascular and Renal Disease Endpoints) è stato uno studio volto a valutare il beneficio dell’aggiunta di aliskiren a una terapia standard con un ACE-inibitore o un antagonista del recettore dell’angiotensina II in pazienti con diabete mellito di tipo 2 e malattia renale cronica, malattia cardiovascolare, o entrambe. Lo studio è stato interrotto anticipatamente a causa di un aumento del rischio di eventi avversi. La morte cardiovascolare e l’ictus avevano una frequenza numerica maggiore nel gruppo aliskiren rispetto al gruppo placebo, e nel gruppo aliskiren sono stati segnalati più frequentemente eventi avversi ed eventi avversi gravi di interesse (iperkaliemia, ipotensione e disfunzione renale) rispetto al gruppo placebo.

Amlodipina

Meccanismo d’azione

L’amlodipina è un inibitore del flusso di ioni calcio appartenente al gruppo dei diidropiridinici (bloccante dei canali lenti o antagonista degli ioni calcio) e inibisce il flusso transmembrana di ioni calcio nella muscolatura cardiaca e vascolare liscia. Il meccanismo dell’azione antipertensiva dell’amlodipina è dovuto a un effetto rilassante diretto sulla muscolatura vascolare liscia. Il meccanismo preciso in base al quale l’amlodipina allevia i sintomi dell’angina non è stato completamente identificato, ma l’amlodipina riduce il carico ischemico totale mediante le due azioni descritte di seguito.

L’amlodipina dilata le arteriole periferiche riducendo cosi le resistenze periferiche totali (post- carico) che il lavoro cardiaco deve contrastare. Dal momento che la frequenza cardiaca rimane stabile, questa riduzione del lavoro cardiaco riduce il consumo energetico e la richiesta d’ossigeno del miocardio.

Il meccanismo d’azione dell’amlodipina probabilmente coinvolge anche la dilatazione delle principali arterie e arteriole coronariche, sia nelle aree normali sia in quelle ischemiche. Tale dilatazione aumenta l’ossigenazione del miocardio nei pazienti con spasmo delle arterie coronarie (angina di Prinzmetal o angina variante).

Effetti farmacodinamici

Nei pazienti ipertesi, la somministrazione di una dose giornaliera riduce in maniera clinicamente significativa la pressione arteriosa sia in clinostatismo che in ortostatismo nell’intero arco delle 24 ore. A causa della lenta insorgenza d’azione, l’ipotensione acuta non è una caratteristica della somministrazione di amlodipina. L’amlodipina non è stata associata ad alcun effetto avverso metabolico o alterazione nei lipidi plasmatici, ed è idonea per l’uso nei pazienti affetti da asma, diabete e gotta.

Efficacia e sicurezza clinica

Uso nei pazienti con ipertensione

È stato condotto uno studio randomizzato in doppio cieco di morbilità e mortalità, denominato ALLHAT (Antihypertensive and Lipid-Lowering Treatment to Prevent Heart Attack Trial,), al fine di confrontare le terapie farmacologiche più recenti, ovvero amlodipina alla dose di 2,5-10 mg/die (bloccante dei canali del calcio) o lisinopril alla dose di 10-40 mg/die (ACE-inibitore) come terapie di prima linea, rispetto al trattamento con il diuretico tiazidico clortalidone alla dose di 12,5-25 mg/die nelle forme di ipertensione da lievi a moderate.

Un totale di 33.357 pazienti ipertesi di età pari o superiore a 55 anni è stato randomizzato e seguito per una media di 4,9 anni. I pazienti presentavano almeno un ulteriore fattore di rischio di cardiopatia coronarica, tra cui: pregresso infarto miocardico o ictus (>6 mesi prima dell’arruolamento) o altre cardiovasculopatie aterosclerotiche documentate (complessivamente 51,5%), diabete di tipo 2 (36,1%), C-HDL <35 mg/dl (11,6%), ipertrofia ventricolare sinistra diagnosticata mediante elettrocardiogramma o ecocardiografia (20,9%), attualmente fumatore (21,9%).

L’endpoint primario consisteva in una combinazione di coronaropatia fatale o infarto miocardico non fatale. Non vi è stata alcuna differenza significativa nell’endpoint primario tra la terapia a base di amlodipina e quella a base di clortalidone: RR 0,98, IC al 95% (0,90-1,07), p = 0,65. Tra gli endpoint secondari, l’incidenza di insufficienza cardiaca (componente dell’endpoint cardiovascolare composito combinato) era significativamente maggiore nel gruppo amlodipina rispetto al gruppo clortalidone (10,2% rispetto a 7,7%, RR 1,38, IC al 95% [1,25-1,52] p <0,001). Tuttavia, non è stata riscontrata alcuna differenza significativa nella mortalità per qualsiasi causa tra la terapia a base di amlodipina e quella a base di clortalidone. RR 0,96, IC al 95% [0,89-1,02] p = 0,20.

Uso nei pazienti con insufficienza cardiaca

Studi emodinamici e studi clinici controllati basati sull’esercizio fisico nei pazienti con insufficienza cardiaca di classe II-IV secondo classificazione NYHA hanno dimostrato che l’amlodipina non ha determinato un deterioramento clinico, misurato in termini di tolleranza all’esercizio fisico, di frazione di eiezione ventricolare sinistra e di sintomatologia clinica.

Uno studio controllato con placebo (PRAISE), finalizzato a valutare pazienti con insufficienza cardiaca di classe III-IV secondo classificazione NYHA trattati con digossina, diuretici e ACE- inibitori, ha dimostrato che l’amlodipina non ha determinato un aumento del rischio di mortalità o di mortalità e morbilità combinate con insufficienza cardiaca. In uno studio di follow-up a lungo termine di amlodipina controllato con placebo (PRAISE-2) condotto su pazienti con insufficienza cardiaca di classe III e IV secondo classificazione NYHA, senza sintomi clinici né particolari segni obiettivi indicativi di una malattia ischemica latente, che assumevano dosi fisse di ACE-inibitori, digitale e diuretici, l’amlodipina non ha avuto alcun effetto sulla mortalità cardiovascolare totale. In questa stessa popolazione, l’amlodipina è stata associata a un aumento delle segnalazioni di edema polmonare.

Popolazione pediatrica

In uno studio che ha coinvolto 268 bambini e adolescenti di età compresa tra 6 e 17 anni prevalentemente affetti da ipertensione secondaria, il confronto di dosi di amlodipina di 2,5 mg e 5,0 mg con il placebo ha dimostrato che entrambe le dosi hanno ridotto la pressione arteriosa sistolica in modo significativamente superiore al placebo. La differenza tra le due dosi non era statisticamente significativa. Gli effetti a lungo termine dell’amlodipina sulla crescita, la pubertà e lo sviluppo generale non sono stati studiati. Non è nemmeno stata stabilita l’efficacia della terapia con amlodipina a lungo termine in età pediatrica nel ridurre la morbilità e la mortalità cardiovascolare in età adulta.

 

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

Assorbimento

Irbesartan e amlodipina

La somministrazione concomitante di irbesartan e amlodipina, sia nella combinazione a dose fissa in compresse che in associazione libera, non influenza la biodisponibilità dei singoli componenti.

In termini di velocità e grado di assorbimento, le due combinazioni a dose fissa di irbesartan e amlodipina (150 mg/10 mg e 300 mg/10 mg) sono bioequivalenti alle associazioni libere (150 mg/10 mg e 300 mg/10 mg).

Se somministrati separatamente o in concomitanza ai livelli di dose di 300 mg e 10 mg, il tempo alla mediana del picco delle concentrazioni plasmatiche di irbesartan e amlodipina resta invariato, ossia rispettivamente 0,75-1 ora e 5 ore dopo la somministrazione. Allo stesso modo, la Cmax e l’AUC rientrano nello stesso intervallo, con conseguente biodisponibilità relativa del 95% per irbesartan e del 98% per l’amlodipina quando vengono co-somministrati.

Irbesartan

Dopo somministrazione orale, irbesartan viene assorbito bene: gli studi sulla biodisponibilità assoluta hanno fornito valori di circa il 60-80%. Il picco delle concentrazioni plasmatiche viene raggiunto 1,5-2 ore dopo la somministrazione orale. L’assunzione concomitante di alimenti non influenza in modo significativo la biodisponibilità di irbesartan.

Amlodipina

Dopo somministrazione orale di dosi terapeutiche, l’amlodipina viene assorbita bene, con un picco nei livelli ematici tra 6 e 12 ore post dose. È stata stimata una biodisponibilità assoluta tra il 64 e l’80%. La biodisponibilità dell’amlodipina non è influenzata dall’assunzione di alimenti.

Distribuzione

Irbesartan

Il legame con le proteine plasmatiche è approssimativamente del 96%, con una quota di legame alle cellule ematiche del tutto trascurabile. Il volume di distribuzione è di 53-93 l.

Amlodipina

Il volume di distribuzione dell’amlodipina è di circa 21 l/kg. Studi in vitro hanno dimostrato che circa il 97,5% dell’amlodipina circolante è legato alle proteine plasmatiche.

Metabolismo

Irbesartan

In seguito alla somministrazione per via orale o endovenosa di irbesartan marcato con C14, l’80-85% della radioattività plasmatica rilevata è attribuibile all’irbesartan immodificato. L’irbesartan viene metabolizzato dal fegato mediante ossidazione e coniugazione dell’acido glucuronico. Il principale metabolita circolante è l’irbesartan glucuronide (circa il 6%). Studi in vitro indicano che l’irbesartan viene ossidato principalmente tramite il citocromo P450-enzima CYP2C9; l’isoenzima CYP3A4 ha un effetto trascurabile. Non viene metabolizzato dalla maggior parte degli isoenzimi comunemente associati al metabolismo dei farmaci (ovvero CYP1A1, CYP1A2, CYP2A6, CYP2B6, CYP2D6 o CYP2E1) e in sostanza nemmeno li induce o li inibisce. Irbesartan non induce né inibisce l’isoenzima CYP3A4.

Irbesartan non influisce sulla farmacocinetica della simvastatina (metabolizzata da CYP3A4) o della digossina (substrato del trasportatore di efflusso della glicoproteina P). I parametri farmacocinetici di irbesartan non sono influenzati dalla somministrazione contemporanea di nifedipina o idroclorotiazide.

Amlodipina

L’amlodipina viene ampiamente metabolizzata dal fegato in metaboliti inattivi, con il 10% del composto principale e il 60% dei metaboliti escreti nelle urine.

Eliminazione

Irbesartan e amlodipina

Quando somministrati separatamente o in concomitanza ai livelli di dose di 300 mg e 10 mg, i valori medi dell’emivita di irbesartan e amlodipina, in monoterapia o in combinazione, sono simili: 17,6 ore rispetto a 17,7 per irbesartan e 52,1 ore rispetto a 58,5 per amlodipina. L’eliminazione di irbesartan e amlodipina è equiparabile per la somministrazione in monoterapia o in concomitanza.

Irbesartan

Irbesartan e i suoi metaboliti vengono eliminati sia per via biliare che renale. Dopo somministrazione per via orale o endovenosa di irbesartan marcato con C14, circa il 20% della radioattività si riscontra nelle urine e il resto nelle feci. Meno del 2% della dose assunta viene escreta nelle urine come irbesartan immodificato.

La clearance corporea totale e renale è rispettivamente di 157-176 ml/min e 3–3,5 ml/min. L’emivita di eliminazione terminale di irbesartan è di 11-15 ore.

Nell’intervallo di dose da 10 a 600 mg, irbesartan presenta una farmacocinetica lineare e proporzionale alla dose. A dosi superiori a 600 mg (due volte la dose massima raccomandata), è stato osservato un aumento proporzionale inferiore dell’assorbimento orale; il meccanismo di questo effetto è sconosciuto.

Le concentrazioni plasmatiche stazionarie vengono raggiunte entro 3 giorni dall’avvio di un regime di monosomministrazione giornaliera. A seguito di ripetute monosomministrazioni giornaliere, è stato osservato un limitato accumulo di irbesartan (<20%) nel plasma.

Amlodipina

L’emivita di eliminazione plasmatica terminale è di circa 35-50 ore ed è coerente con la monosomministrazione giornaliera.

Popolazioni speciali

Razza Irbesartan

Nei soggetti normotesi di razza caucasica e nera, l’AUC plasmatica e il T1/2 di irbesartan sono superiori del 20-25% circa nei soggetti di razza nera rispetto a quelli caucasici; i picchi delle concentrazioni plasmatiche (Cmax) di irbesartan sono essenzialmente equivalenti.

Sesso Irbesartan

In uno studio, sono state osservate concentrazioni plasmatiche di irbesartan leggermente superiori nei pazienti ipertesi di sesso femminile. Tuttavia, non è stata riscontrata alcuna differenza nell’emivita e nell’accumulo di irbesartan. Non è necessario alcun aggiustamento della dose per i pazienti di sesso femminile.

Popolazione anziana Irbesartan

I valori dell’AUC e della Cmax di irbesartan erano leggermente superiori anche nei soggetti anziani (età ≥65 anni) rispetto ai soggetti giovani (età 18-40 anni). Tuttavia, l’emivita terminale non è risultata significativamente alterata. Non è necessario alcun aggiustamento della dose per gli anziani.

Amlodipina

Il tempo necessario per raggiungere il picco delle concentrazioni plasmatiche dell’amlodipina negli anziani e in soggetti più giovani è simile. Nei pazienti anziani la clearance dell’amlodipina tende ad essere ridotta, con conseguente aumento dell’AUC e dell’emivita di eliminazione.

Pazienti pediatrici Irbesartan

La farmacocinetica di irbesartan è stata valutata in 23 bambini ipertesi dopo la somministrazione di dosi giornaliere singole e multiple di irbesartan (2 mg/kg) fino a una dose giornaliera massima di 150 mg per quattro settimane. Dei 23 bambini, 21 (dodici di età superiore a 12 anni, nove tra i 6 e i 12 anni) sono stati valutati per il confronto della farmacocinetica con quella degli adulti. I risultati hanno dimostrato che i tassi di Cmax, AUC e clearance erano paragonabili a quelli osservati nei pazienti adulti che ricevevano 150 mg di irbesartan al giorno. A seguito di ripetute monosomministrazioni giornaliere, è stato osservato un limitato accumulo di irbesartan (18%) nel plasma.

Amlodipina

È stato condotto uno studio della PK di popolazione su 74 bambini e adolescenti ipertesi di età compresa tra 1 e 17 anni (34 pazienti tra i 6 e i 12 anni e 28 pazienti tra i 13 e i 17 anni) che hanno ricevuto tra 1,25 e 20 mg di amlodipina, somministrati una o due volte al giorno. Nei bambini tra i 6 e i 12 anni e negli adolescenti tra i 13 e i 17 anni, di norma la clearance orale (Cl/F) è stata rispettivamente di 22,5 e 27,4 L/ora in quelli di sesso maschile e di 16,4 e 21,3 in quelli di sesso femminile. Tra i soggetti è stata osservata un’ampia variabilità dell’esposizione. I dati riportati per i bambini di età inferiore a 6 anni sono limitati.

Compromissione epatica Irbesartan

Nei pazienti con insufficienza epatica dovuta a cirrosi di grado da lieve a moderato, la farmacocinetica di irbesartan non risulta alterata in modo significativo.

Amlodipina

Sono disponibili dati clinici molto limitati in merito alla somministrazione di amlodipina a pazienti con compromissione epatica. I pazienti con insufficienza epatica presentano una ridotta clearance dell’amlodipina, alla quale conseguono un’emivita maggiore e un aumento dell’AUC di circa il 40- 60% (vedere paragrafo 4.4).

Compromissione renale Irbesartan

Nei pazienti con compromissione renale (indipendentemente dal grado) e nei pazienti sottoposti a emodialisi, la farmacocinetica di irbesartan non è alterata in modo significativo. Irbesartan non viene rimosso dall’emodialisi.

Altro Amlodipina

Gli aumenti dell’AUC e dell’emivita di eliminazione nei pazienti con insufficienza cardiaca congestizia erano quelli attesi per il gruppo di pazienti nella fascia d’età esaminata.

 

05.3 Dati preclinici di sicurezza

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Irbesartan e amlodipina

Uno studio di tossicità a dosi ripetute condotto sui ratti ha dimostrato che la somministrazione combinata di irbesartan e amlodipina non ha aumentato alcuna delle tossicità precedentemente segnalate ed esistenti dei singoli agenti, né ha indotto nuove tossicità, e non sono stati osservati effetti sinergici tossicologici.

Irbesartan

I dati preclinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di sicurezza farmacologica, genotossicità e potenziale cancerogeno.

Tossicità a dosi ripetute

L’irbesartan ha causato alterazione dei valori ematologici (diminuzione dell’emoglobina, dell’ematocrito e della conta degli eritrociti) a dosi equivalenti o superiori a 5 volte la dose massima raccomandata nell’uomo di 300 mg* e dei valori ematochimici (riduzione delle proteine totali, aumento dell’urea, della creatinina e di potassio) a dosi equivalenti a 0,2 o 4 volte la dose massima raccomandata nell’uomo di 300 mg*. Nei ratti, ma non nei macachi, l’irbesartan ha indotto un aumento dose-dipendente della glicemia a dosi equivalenti a 0,8 volte la dose massima raccomandata nell’uomo di 300 mg*. Irbesartan ha ridotto il peso cardiaco in entrambe le specie a dosi equivalenti a 2 volte la dose massima raccomandata nell’uomo di 300 mg*.

Tossicologia riproduttiva

A dosi di irbesartan pari a 50 mg/kg/die (equivalenti alla dose massima raccomandata per l’uomo di 300 mg*) o superiori, nei feti di ratto sono stati osservati effetti transitori (aumento della dilatazione della pelvi renale, idrouretere o edema sottocutaneo) che si sono risolti dopo la nascita. Nei conigli, a dosi di 30 mg/kg/die (1,6 volte la dose massima raccomandata per l’uomo di 300 mg*), sono stati osservati mortalità materna, aborto e riassorbimento precoce del feto. Non sono stati osservati effetti teratogeni nei ratti o nei conigli. Irbesartan viene rilevato nei feti di ratto e coniglio e viene escreto nel latte dei ratti femmina in allattamento. In studi su ratti maschi e femmine, la fertilità e le capacità riproduttive non sono state influenzate nemmeno da dosi orali di irbesartan che causano qualche tossicità parentale (fino a 650 mg/kg/die, equivalenti a 17 volte la dose massima raccomandata per l’uomo di 300 mg*).

Amlodipina

I dati preclinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di sicurezza farmacologica, genotossicità e potenziale cancerogeno o mutageno.

Tossicologia riproduttiva

Studi riproduttivi condotti su ratti e topi hanno dimostrato un ritardo nella data del parto, una durata prolungata del travaglio e una riduzione della sopravvivenza della prole a dosi circa 50 volte superiori alla dose massima raccomandata per l’uomo sulla base dei mg/kg.

Compromissione della fertilità

Non è stato osservato alcun effetto sulla fertilità dei ratti trattati con amlodipina (i maschi per 64 giorni e le femmine per 14 giorni prima dell’accoppiamento) a dosi fino a 10 mg/kg/die (8 volte la dose massima raccomandata per l’uomo di 10 mg*). In un altro studio sui ratti, in cui i ratti maschi sono stati trattati con amlodipina besilata per 30 giorni a una dose paragonabile alla dose per l’uomo sulla base dei mg/kg, sono state riscontrate riduzioni dei livelli plasmatici dell’ormone follicolo-stimolante e del testosterone, nonché riduzioni della densità del liquido seminale e del numero di spermatidi maturi e cellule di Sertoli.

*In base a un peso del paziente di 50 kg

 

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

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Nucleo della compressa

Cellulosa microcristallina Croscarmellosa sodica Ipromellosa

Silice colloidale anidra Magnesio stearato

Film di rivestimento

Aproxxamlo, 150 mg/5 mg compresse rivestite con film , e Aproxxamlo, 300 mg/10 mg compresse rivestite con film Ipromellosa Macrogol

Titanio diossido (E171)

Aproxxamlo, 150 mg/10 mg compresse rivestite con film Ipromellosa

Macrogol

Titanio diossido (E171) Ossido di ferro rosso (E172)

Aproxxamlo, 300 mg/5 mg compresse rivestite con film Ipromellosa

Macrogol

Titanio diossido (E171) Ossido di ferro giallo (E172)

 

06.2 Incompatibilità

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Non pertinente.

 

06.3 Periodo di validità

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3 anni.

 

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

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Non conservare a temperature superiori a 30°C.

 

06.5 Natura e contenuto della confezione

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Blister in PVC/PE/PVDC-alluminio di colore bianco opaco. Confezioni da 15, 28, 30, 90, 98 compresse rivestite con film. È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.

 

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

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Il medicinale non utilizzato e i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.

 

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

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Sanofi S.r.l.

Viale L.Bodio 37/B 20158 Milano

 

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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mg compresse rivestite con film" 15 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL 047484023 – "150 mg/5 mg compresse rivestite con film" 28 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL 047484035 – "150 mg/5 mg compresse rivestite con film" 30 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL 047484047 – "150 mg/5 mg compresse rivestite con film" 98 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL 047484050 – "150 mg/10 mg compresse rivestite con film" 15 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL 047484062 – "150 mg/10 mg compresse rivestite con film" 28 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL 047484074 – "150 mg/10 mg compresse rivestite con film" 30 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL 047484086 – "150 mg/10 mg compresse rivestite con film" 98 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL 047484098 – "300 mg/5 mg compresse rivestite con film" 15 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL 047484100 – "300 mg/5 mg compresse rivestite con film" 28 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL 047484112 – "300 mg/5 mg compresse rivestite con film" 30 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL 047484124 – "300 mg/5 mg compresse rivestite con film" 98 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL 047484136 – "300 mg/10 mg compresse rivestite con film" 15 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL

047484148 – "300 mg/10 mg compresse rivestite con film" 28 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL 047484151 – "300 mg/10 mg compresse rivestite con film" 30 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL 047484163 – "300 mg/10 mg compresse rivestite con film" 98 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL 047484175 – "150 mg/5 mg compresse rivestite con film" 90 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL 047484187 – "150 mg/10 mg compresse rivestite con film" 90 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL

047484199 – "300 mg/5 mg compresse rivestite con film" 90 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL 047484201 – "300 mg/10 mg compresse rivestite con film" 90 compresse in blister PVC/PE/PVDC/AL

 

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

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Prima autorizzazione: 15 ottobre 2020

 

10.0 Data di revisione del testo

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Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: 13/07/2022