Sarasvati: Scheda Tecnica del Farmaco

Sarasvati - Ramipril, Amlodipine And Hydrochlorothiazide - SARASVATI è indicato per il trattamento dell’ipertensione come terapia di sostituzione in pazienti adeguatamente controllati con ramipril, ...

Sarasvati

Sarasvati

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Sarasvati: ultimo aggiornamento pagina: (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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SARASVATI 5 mg/5 mg/12,5 mg capsule rigide SARASVATI 5 mg/5 mg/25 mg capsule rigide SARASVATI 10 mg/5 mg/25 mg capsule rigide SARASVATI 10 mg/10 mg/25 mg capsule rigide

 

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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SARASVATI 5 mg/5 mg/12,5 mg capsule rigide:

Una capsula contiene 5 mg di ramipril, 5 mg di amlodipina (come amlodipina besilato) e 12,5 mg di idroclorotiazide.

SARASVATI 5 mg/5 mg/25 mg capsule rigide:

Una capsula contiene 5 mg di ramipril, 5 mg di amlodipina (come amlodipina besilato) e 25 mg di idroclorotiazide.

SARASVATI 10 mg/5 mg/25 mg capsule rigide

Una capsula contiene 10 mg di ramipril, 5 mg di amlodipina (come amlodipina besilato) e 25 mg di idroclorotiazide.

SARASVATI 10 mg/10 mg/25 mg capsule rigide

Una capsula contiene 10 mg di ramipril, 10 mg di amlodipina (come amlodipina besilato) e 25 mg di idroclorotiazide.

Eccipienti con effetti noti: sodio

Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

 

03.0 Forma farmaceutica

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Capsule rigide

SARASVATI 5 mg/5 mg/12,5 mg capsule rigide:

Capsule di tipo 3 con cappuccio rosa opaco e corpo grigio chiaro opaco.

SARASVATI 5 mg/5 mg/25 mg capsule rigide:

Capsule di tipo 1 con cappuccio rosa opaco e corpo avorio opaco.

SARASVATI 10 mg/5 mg/25 mg capsule rigide:

Capsule di tipo 1 con cappuccio rosa scuro opaco e corpo giallo opaco.

SARASVATI 10 mg/10 mg/25 mg capsule rigide:

Capsule di tipo 1 con cappuccio marrone opaco e corpo caramello opaco.

 

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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SARASVATI è indicato per il trattamento dell’ipertensione come terapia di sostituzione in pazienti adeguatamente controllati con ramipril, amlodipina e idroclorotiazide somministrati simultaneamente, agli stessi livelli di dose dell’associazione, ma in compresse separate (vedere paragrafi 4.3, 4.4, 4.5 e 5.1).

 

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Posologia

La dose giornaliera raccomandata è una capsula del dosaggio prescritto, alla stessa ora del giorno, di solito al mattino. SARASVATI può essere assunto prima, durante o dopo i pasti, poiché l’assunzione di cibo non modifica la sua biodisponibilità (vedere paragrafo 5.2).

L’associazione a dosi fisse non è adatta per la terapia iniziale. I pazienti nei quali viene iniziata contemporaneamente la terapia con ramipril, amlodipina e un diuretico possono sviluppare ipotensione sintomatica. Qualora si rendesse necessario un aggiustamento del dosaggio, questo deve essere effettuato solo con l’impiego di ciascun singolo principio attivo amlodipina, ramipril e idroclorotiazide, e, una volta stabilito, si può passare alla conseguente nuova associazione fissa.

L’uso di SARASVATI può essere più conveniente nella gestione dei pazienti.

Adulti

La dose deve essere personalizzata in accordo al profilo del paziente (vedere paragrafo 4.4) ed alla sua pressione arteriosa.

Popolazioni speciali

Pazienti con compromissione epatica

SARASVATI non deve essere usato in pazienti con compromissione epatica poiché la quantità di ramipril contenuta nell’associazione eccede la massima dose giornaliera consentita nei pazienti con compromissione epatica (vedere paragrafo 4.4).

Pazienti con compromissione renale

Per identificare la dose ottimale iniziale e di mantenimento in caso di compromissione renale, la dose del paziente deve essere aggiustata su base individuale attraverso la titolazione separata dei componenti ramipril, amlodipina e idroclorotiazide (per i dettagli vedere gli RCP dei medicinali contenenti i singoli componenti).

La dose giornaliera di SARASVATI in pazienti con compromissione renale deve essere basata sulla clearance della creatinina.

Se la clearance della creatinina è ≥ 60 ml/min: la dose massima giornaliera è 10 mg/ 10 mg/25 mg.

Se la clearance della creatinina è tra 30 60 ml/min, la dose massima giornaliera di SARASVATI è 5mg/10mg/25mg.

SARASVATI è controindicato in pazienti con grave compromissione renale (velocità di

filtrazione glomerulare (GFR) < 30/min/1.73 m2) (vedere sezione 4.3, 4.4 e 5.2).

In pazienti ipertesi in emodialisi, la massima dose giornaliera è 5mg/10mg/25mg; il medicinale deve essere somministrato alcune ore prima di eseguire l’emodialisi.

Idroclorotiazide: è controindicata in pazienti con anuria e compromissione renale grave (vedere paragrafo 4.3).

Durante il trattamento con SARASVATI devono essere monitorati la funzione renale e il potassio sierico. In caso di deterioramento della funzione renale, la somministrazione di SARASVATI deve essere interrotta e i suoi componenti devono essere somministrati singolarmente ed alle dosi adeguatamente corrette.

Pazienti anziani

Cautela, incluso un monitoraggio più frequente della pressione sanguigna, è raccomandata nei pazienti anziani, particolarmente alla massima dose di SARASVATI, 10mg/10mg/25mg, poiché i dati disponibili in questa popolazione di pazienti sono limitati. Quando pazienti anziani ipertesi sono eleggibili per l’uso di SARASVATI, la dose più bassa disponibile di ramipril e amlodipina deve essere usata.

Popolazione pediatrica

L’uso di SARASVATI non è raccomandato nei bambini e negli adolescenti al di sotto dei 18 anni a causa della mancanza di dati di sicurezza ed efficacia.

Modo di somministrazione

Le capsule devono essere assunte per via orale una volta al giorno alla stessa ora del giorno con o senza cibo. Non devono essere masticate o frantumate. Non devono essere assunte con succo di pompelmo.

 

04.3 Controindicazioni

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e a SARASVATI

Ipersensibilità ad amlodipina o ad altri calcio-antagonisti diidropiridinici, al ramipril o altri ACE inibitori, all’idroclorotiazide o altri diuretici tiazidici, alle sulfonamidi o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.

Relative a ramipril

riscontro anamnestico di angioedema (ereditario, idiopatico o pregresso angioedema con ACE inibitori (Enzima di Conversione dell’Angiotensina) o antagonisti del recettore dell’angiotensina II (AIIRA)); uso concomitante con sacubutril/valsartan (vedere paragrafo 4.4 e 4.5) secondo e terzo trimestre di gravidanza (vedere paragrafi 4.4 e 4.6); donne in allattamento (vedere paragrafi 4.4 e 4.6); trattamenti extracorporei che portano il sangue a contatto con superfici caricate negativamente (vedere paragrafo 4.5); stenosi bilaterale significativa dell’arteria renale o stenosi unilaterale in pazienti con un unico rene funzionante (clearance della cretinina < 30 ml/min); in pazienti con ipotensione o emodinamicamente instabili;

in associazione con antagonisti del recettore dell’angiotensina II (ARB) in pazienti con nefropatia diabetica (vedere paragrafo 4.4 e 4.5); l’uso concomitante di ramipril con medicinali contenenti aliskiren è controindicato nei pazienti affetti da diabete mellito o compromissione renale (GFR < 60 ml/min/1,73 m2) (vedere paragrafi 4.5 e 5.1); compromissione epatica.

Relative ad amlodipina

ipotensione grave;

shock (incluso shock cardiogeno);

ostruzione dell’efflusso ventricolare sinistro (per es. stenosi aortica di grado elevato); insufficienza cardiaca con instabilità emodinamica dopo infarto acuto del miocardio.

Relative ad idroclorotiazide

pazienti con disturbi degli elettroliti clinicamente rilevanti (ad es. ipokaliemia, iponatremia o ipocalcemia e ipeuricemia sintomatica) (vedere paragrafo 4.4); grave malattia renale (funzione renale compromessa con oliguria o anuria); clearance della creatinina < 30 ml/min, creatinina sierica > 1,8 mg/100 ml; ipertensione gravidica;

grave compromissione epatica.

 

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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a ramipril

Popolazioni speciali

Donne in gravidanza

Gli ACE inibitori come il ramipril o gli antagonisti del recettore dell’Angiotensina II (AIIRA) non devono essere usati durante la gravidanza. Per le pazienti che stanno pianificando una gravidanza si deve ricorrere a trattamenti antipertensivi alternativi, con comprovato profilo di sicurezza per l’uso in gravidanza, a meno che non sia considerato essenziale il proseguimento della terapia con un ACE inibitore/AIIRA. Quando viene diagnosticata una gravidanza, il trattamento con ACE inibitori/AIIRA deve essere immediatamente interrotto e, se appropriato, si deve iniziare una terapia alternativa (vedere paragrafi 4.3 e 4.6).

Pazienti particolarmente a rischio di ipotensione

I pazienti con iperattivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone sono a rischio di un notevole calo acuto della pressione arteriosa e nel deterioramento della funzione renale dovuto all’ACE inibizione, specialmente quando l’ACE inibitore o un diuretico in associazione sono somministrati per la prima volta, o al primo incremento della dose. Si deve prevedere quindi un’attivazione significativa del sistema renina-angiotensina-aldosterone ed è necessaria una sorveglianza medica, che includa il monitoraggio della pressione sanguigna, per esempio in: pazienti con ipertensione grave;

pazienti con insufficienza cardiaca congestizia scompensata;

pazienti con ostacolo emodinamicamente rilevante all’afflusso o al deflusso ventricolare sinistro (ad es. stenosi valvolare aortica o mitralica); pazienti con stenosi unilaterale dell’arteria renale con secondo rene funzionante;

pazienti in cui vi è o si può sviluppare deplezione di fluidi o di sali (inclusi i pazienti in trattamento con i diuretici); pazienti con cirrosi epatica e/o ascite;

durante interventi chirurgici importanti o durante anestesia con farmaci che causano ipotensione.

In genere si raccomanda di correggere la disidratazione, l’ipovolemia o la deplezione di sali prima di iniziare il trattamento (tuttavia nei pazienti con insufficienza cardiaca tale azione correttiva deve essere attentamente valutata contro il rischio di un sovraccarico).

Insufficienza cardiaca transitoria o persistente post infarto miocardico

Pazienti a rischio di ischemia cardiaca o cerebrale in caso di ipotensione acuta. La fase iniziale del trattamento richiede un attento controllo medico.

Pazienti anziani Vedere paragrafo 4.2. Chirurgia

Se possibile, si raccomanda di interrompere il trattamento con inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina come ramipril un giorno prima dell’intervento chirurgico.

Monitoraggio della funzione renale

La funzione renale deve essere valutata prima e durante il trattamento e la dose deve essere aggiustata in particolare nelle prime settimane di trattamento. In pazienti con compromissione renale è richiesto un monitoraggio particolarmente attento (vedere paragrafo 4.2). C’è il rischio di un peggioramento della funzione renale, in particolare in pazienti con insufficienza cardiaca congestizia o dopo trapianto di rene.

Duplice blocco del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS)

Esiste l’evidenza che l’uso concomitante di ACE-inibitori, antagonisti del recettore dell’angiotensina II o aliskiren aumenti il rischio di ipotensione, iperkaliemia e riduzione della funzionalità renale (inclusa l’insufficienza renale acuta). Il duplice blocco del RAAS attraverso l’uso combinato di ACE inibitori, antagonisti del recettore dell’angiotensina II o aliskiren non è pertanto raccomandato (vedere paragrafi 4.5 e 5.1).

Se la terapia del duplice blocco del RAAS è considerata assolutamente necessaria, ciò deve avvenire solo sotto la supervisione di uno specialista e con un frequente e attento monitoraggio della funzionalità renale, degli elettroliti e della pressione sanguigna. Gli ACE inibitori e gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II non devono essere usati contemporaneamente in pazienti con nefropatia diabetica.

Angioedema

Sono stati segnalati casi di angioedema in pazienti in trattamento con ACE inibitori incluso il ramipril (vedere paragrafo 4.8). Questo rischio può risultare aumentato in pazienti che assumono in concomitanza medicinali come gli inibitori di mTOR (mammalian target of rapamycin, bersaglio della rapamicina nei mammiferi) (ad es. temsirolimus, everolimus, sirolimus) o vildagliptin o inibitori della neprilisina (NEP) (come racecadotril). L’associazione di ramipril con sacubitril/valsartan è controindicata a causa dell’aumento del rischio di angioedema (vedere paragrafi 4.3 e 4.5).

In caso di angioedema, ramipril deve essere interrotto.

Deve essere prontamente istituito un trattamento di emergenza. I pazienti devono essere tenuti sotto osservazione per almeno 12-24 ore e dimessi solo dopo la completa risoluzione della sintomatologia.

Nei pazienti in terapia con ACE inibitori, incluso ramipril, è stato segnalato angioedema intestinale (vedere paragrafo 4.8). Questi pazienti hanno presentato dolore addominale (con o senza nausea o vomito).

Reazioni anafilattiche durante terapie desensibilizzanti

La probabilità e la gravità di reazioni anafilattiche o anafilattoidi in seguito a contatto con veleno di insetti o altri allergeni sono aumentate durante terapia con ACE inibitori. Prima della desensibilizzazione deve essere presa in considerazione una temporanea sospensione di ramipril.

Iperkaliemia

Iperkaliemia è stata osservata in alcuni pazienti trattati con ACE inibitori incluso ramipril. I pazienti a rischio di iperkaliemia includono i soggetti con insufficienza renale, età (>70 anni), diabete mellito non controllato o quelli che utilizzano sali di potassio, diuretici risparmiatori di potassio o altri principi attivi che fanno aumentare il livello plasmatico del potassio, o condizioni come disidratazione, scompenso cardiaco acuto, acidosi metabolica. Se l’uso concomitante di una delle sopraelencate sostanze è ritenuto necessario, è raccomandato un regolare monitoraggio del potassio sierico (vedere paragrafo 4.5).

Iponatriemia

In alcuni pazienti trattati con ramipril è stata osservata sindrome da secrezione inappropriata di ormone antidiuretico (SIADH) e conseguente iponatriemia. Si raccomanda il monitoraggio regolare dei livelli sierici di sodio nei pazienti anziani e in altri pazienti a rischio di iponatriemia.

Neutropenia/agranulocitosi

Sono state osservate raramente neutropenia/agranulocitosi, cosi come trombocitopenia e anemia, ed è stata inoltre segnalata depressione del midollo osseo. Si raccomanda di monitorare il numero dei globuli bianchi per permettere l’individuazione di una possibile leucopenia. Si consiglia un monitoraggio più frequente nella fase iniziale del trattamento e in pazienti con compromessa funzionalità renale, nei pazienti con concomitanti patologie del collagene (ad es. lupus eritematoso o sclerodermia) e in quelli trattati con farmaci che possono causare alterazioni del quadro ematico (vedere paragrafi 4.5 e 4.8).

Differenze etniche

Gli ACE inibitori causano una maggiore incidenza di angioedema nei pazienti neri rispetto a quelli non neri. Come altri ACE inibitori, ramipril può essere meno efficace nell’abbassare la pressione nelle popolazioni nere rispetto a quelle non nere, probabilmente a causa di una maggiore prevalenza di ipertensione con basso livello di renina nelle popolazioni nere ipertese.

Tosse

Con l’uso di ACE-inibitori, è stata segnalata tosse. Tipicamente, la tosse è non produttiva, è persistente e si risolve con l’interruzione della terapia. La tosse da ACE inibitori deve essere considerata nella diagnosi differenziale della tosse.

Pazienti con funzione epatica compromessa

SARASVATI non deve essere usato in pazienti con compromissione epatica poiché la quantità di ramipril contenuta nell’associazione eccede la massima dose giornaliera (2,5 mg) consentita nei pazienti in questa condizione.

Relative ad amlodipina

La sicurezza e l’efficacia di amlodipina nelle crisi ipertensive non sono state stabilite.

Popolazioni speciali

Pazienti con insufficienza cardiaca

I pazienti con insufficienza cardiaca devono essere trattati con cautela. In uno studio a lungo termine, controllato con placebo, in pazienti con insufficienza cardiaca grave (NYHA di grado III e IV), l’incidenza segnalata di edema polmonare era più alta nel gruppo trattato con amlodipina rispetto al gruppo trattato con placebo (vedere paragrafo 5.1). I bloccanti dei canali del calcio, tra cui l’amlodipina, devono essere usati con cautela nei pazienti con insufficienza cardiaca congestizia, in quanto possono aumentare il rischio di eventi cardiovascolari futuri e mortalità.

Pazienti anziani

Negli anziani l’aumento del dosaggio deve avvenire con cautela (vedere paragrafi 4.2 e 5.2).

Pazienti con compromissione renale

L’amlodipina può essere usata in pazienti con compromissione renale impiegando un dosaggio normale. Le variazioni delle concentrazioni plasmatiche di amlodipina non sono correlate al grado di compromissione renale. L’amlodipina non è dializzabile.

Relative all’idroclorotiazide

L’idroclorotiazide non è generalmente consigliata in caso di stenosi bilaterale dell’arteria renale o in caso di singolo rene funzionante e ipokaliemia.

Popolazioni speciali

Pazienti con compromissione renale

In pazienti con compromissione renale, i diuretici tiazidici possono aggravare l’uremia.

I diuretici tiazidici possono far precipitare l’azotemia in pazienti con malattia renale cronica. Quando SARASVATI è usato nei pazienti con compromissione della funzione renale è raccomandato il monitoraggio periodico degli elettroliti sierici, incluso il potassio, della creatinina e dei livelli sierici di acido urico. SARASVATI è controindicato nei pazienti con compromissione grave della funzione renale, stenosi bilaterale dell’arteria renale o stenosi dell’arteria renale in un singolo rene funzionante o anuria (vedere paragrafo 4.3).

Sbilancio elettrolitico

Le tiazidi, inclusa idroclorotiazide, possono causare sbilanciamento dei fluidi o degli elettroliti (ipokalaemia, iponatraemia e alcalosi ipocloremica).

Come per qualsiasi paziente in terapia con diuretici, si deve effettuare un monitoraggio periodico degli elettroliti sierici ad intervalli appropriati.

Ipokaliemia

Il trattamento con SARASVATI deve essere iniziato solo dopo la normalizzazione di ipokaliemia e dell’eventuale ipomagnesiemia. Tiazidi e diuretici tiazidici possono causare l’insorgenza di ipokaliemia o esacerbare un’ipokaliemia preesistente. I diuretici tiazidici devono essere usati con cautela in pazienti con una patologia che può causare una perdita significativa di potassio, come nella malattia renale con perdita di sali o nei disturbi della funzione renale di origine pre-renale (cardiogenica).

Il rischio d’insorgenza di ipokaliemia (< 3,5 mmol/l) deve essere prevenuto in alcune popolazioni a rischio, rappresentate da pazienti anziani e/o malnutriti e/o in terapia farmacologica multipla, pazienti cirrotici con edema e ascite, pazienti con insufficienza coronarica e cardiaca. Infatti, in questi casi, l’ipokaliemia aumenta la tossicità cardiaca della digitale e il rischio di disturbi del ritmo.

Anche i pazienti che all’ECG manifestano un intervallo QT prolungato risultano essere a rischio, sia che l’origine del QT prolungato sia congenita, che dovuta all’uso di medicinali. L’ipokaliemia (cosi come la bradicardia) agisce poi come fattore che favorisce l’insorgenza di gravi aritmie, in particolare torsioni di punta, potenzialmente fatali, soprattutto in presenza di bradicardia.

Si raccomanda la normalizzazione di ipokaliemia e dell’eventuale ipomagnesiemia associata prima dell’inizio del trattamento con diuretici tiazidici.

Il primo controllo del potassio plasmatico deve essere eseguito durante la settimana che segue l’inizio del trattamento. Successivamente, si raccomanda il monitoraggio regolare del potassio sierico. L’equilibrio elettrolitico, in particolare quello del potassio, deve essere monitorato in tutti i pazienti che ricevono diuretici tiazidici. Nel trattamento cronico, i livelli di potassio sierico devono essere monitorati all’inizio del trattamento. Si può prendere in considerazione un controllo a 3-4 settimane in base ai fattori di rischio. Successivamente devono essere raccomandati controlli regolari in particolare nei pazienti a rischio.

Iponatriemia

I livelli sierici di sodio devono essere monitorati prima di iniziare il trattamento e successivamente ad intervalli regolari. I diuretici tiazidici possono causare iponatriemia o esacerbare una iponatriemia preesistente. Nei soggetti con significativa riduzione del sodio sierico e/o deplezione del volume, come osservato nei pazienti trattati con dosi elevate di diuretici, può verificarsi in rare occasioni ipotensione sintomatica dopo l’inizio del trattamento con idroclorotiazide.

Il calo del sodio plasmatico può inizialmente essere asintomatico, pertanto è essenziale un monitoraggio regolare che deve essere anche più frequente nelle popolazioni a rischio rappresentate da pazienti anziani, cirrotici e malnutriti (vedere paragrafi 4.8 e 4.9).

Nei pazienti con ascite dovuta a cirrosi epatica e in pazienti con edema dovuto a sindrome nefrotica si deve effettuare un particolare monitoraggio.

Sono stati osservati casi isolati di iponatriemia accompagnata da sintomi neurologici (nausea, disorientamento progressivo, apatia). I diuretici tiazidici devono essere usati solo dopo la normalizzazione di qualsiasi deplezione preesistente di sodio e/o di volume ematico, altrimenti, il trattamento deve essere iniziato sotto stretto controllo medico. Tutti i pazienti in trattamento con diuretici tiazidici devono essere controllati periodicamente per squilibri degli elettroliti, in particolare potassio, sodio e magnesio.

Cancro della pelle non melanoma

In due studi epidemiologici basati sui dati del Registro nazionale dei tumori danese è stato osservato un aumento del rischio di cancro della pelle non-melanoma (NMSC) [carcinoma basocellulare (BCC) e carcinoma a cellule squamose (SCC)] associato all’aumento cumulativo della dose di idroclorotiazide (HCTZ) assunta. L’effetto fotosensibilizzante dell’HCTZ potrebbe rappresentare un possibile meccanismo dell’NMSC.

I pazienti che assumono HCTZ devono essere informati del rischio di NMSC e consigliati di

sottoporre a controllo regolare la cute per verificare la presenza di nuove lesioni e segnalare immediatamente eventuali lesioni cutanee sospette. Al fine di minimizzare il rischio di cancro cutaneo, occorre consigliare ai pazienti l’adozione di possibili misure preventive quali l’esposizione limitata alla luce solare e ai raggi UV e, in caso di esposizione, una protezione adeguata. Eventuali lesioni cutanee sospette devono essere esaminate immediatamente, possibilmente con l’ausilio di esami istologici su biopsie. Può essere inoltre necessario riconsiderare l’utilizzo di HCTZ nei pazienti che hanno manifestato NMSC in precedenza (vedere anche paragrafo 4.8).

Ipercalcemia

I diuretici tiazidici, in assenza di anomalie note del metabolismo del calcio, ne riducono l’escrezione urinaria e possono causare un aumento lieve e intermittente di calcio sierico. Idroclorotiazide deve essere usata con cautela in pazienti con ipercalcemia e deve essere somministrata solo dopo la correzione di qualsiasi ipercalcemia preesistente. Idroclorotiazide deve essere interrotta in caso di insorgenza di ipercalcemia durante il trattamento. I livelli sierici di calcio devono essere monitorati regolarmente durante il trattamento con diuretici tiazidici. Una pronunciata ipercalcemia può essere un segno di iperparatiroidismo latente. I tiazidici devono essere interrotti prima del test per la funzione paratiroidea.

Fotosensibilità

Casi di reazioni di fotosensibilità sono stati segnalati con l’uso di diuretici tiazidici (vedere paragrafo 4.8).

In caso di insorgenza di reazioni di fotosensibilità durante il trattamento, si raccomanda di interrompere il trattamento. Se è essenziale il ri-somministrazione del trattamento, si raccomanda di proteggere le zone cutanee esposte al sole o ai raggi UVA artificiali.

Effusione coroidale, miopia acuta e glaucoma ad angolo chiuso secondario

I farmaci sulfamidici o derivati da sulfamidici possono causare una reazione idiosincrasica che determina effusione coroidale con difetti del campo visivo, miopia transitoria e glaucoma acuto ad angolo chiuso. I sintomi comprendono diminuzione dell’acuità visiva a insorgenza acuta o dolore oculare e in genere si manifestano entro ore fino a settimane dall’inizio della somministrazione del farmaco. Il glaucoma acuto ad angolo chiuso non trattato può portare a perdita permanente della vista. Il trattamento primario consiste nel sospendere la somministrazione del farmaco il prima possibile. Se la pressione intraoculare rimane incontrollata può essere necessario considerare un rapido trattamento medico o chirurgico. Un’anamnesi di allergia alle sulfonamidi o alle penicilline può considerarsi fattore di rischio per lo sviluppo del glaucoma acuto ad angolo chiuso.

Glicemia e lipidemia

La terapia con diuretici tiazidici può ridurre la tolleranza al glucosio e aumentare i livelli sierici di colesterolo e trigliceridi. Nei pazienti diabetici possono essere necessari aggiustamenti dei dosaggi di insulina o degli ipoglicemizzanti orali.

Acido urico

L’idroclorotiazide, come altri diuretici può causare un aumento delle concentrazioni plasmatiche di acido urico a causa della riduzione della sua escrezione urinaria e quindi favorire lo sviluppo di iperuricemia oppure aggravare un’iperuricemia preesistente, cosi come può esacerbare l’insorgenza di attacchi di gotta in pazienti sensibili.

Il dosaggio deve essere regolato in base ai livelli plasmatici di acido urico.

Associazioni antipertensive

Si consiglia di ridurre il dosaggio quando il diuretico tiazidico è associato ad altro agente antipertensivo, almeno all’inizio della terapia.

L’effetto antipertensivo degli ACE inibitori, degli antagonisti dell’angiotensina II o degli inibitori della renina viene potenziato da agenti che aumentano l’attività della renina plasmatica (diuretici).

Si raccomanda cautela quando un ACE inibitore, un antagonista dell’angiotensina II o un inibitore della renina vengono somministrati contemporaneamente a idroclorotiazide, particolarmente in pazienti con deplezione di sodio cloruro e/o volume plasmatico.

Tossicità respiratoria acuta

Dopo l’assunzione di idroclorotiazide sono stati segnalati casi severi molto rari di tossicità respiratoria acuta, compresa la sindrome da distress respiratorio acuto (acute distress respiratory syndrome, ARDS). L’edema polmonare si sviluppa generalmente entro pochi minuti od ore dall’assunzione di idroclorotiazide. All’esordio i sintomi comprendono dispnea, febbre, deterioramento polmonare e ipotensione. Se si sospetta la diagnosi di ARDS, Sarasvati deve essere interrotto e deve essere somministrato un trattamento appropriato. Non deve essere somministrato idroclorotiazide a pazienti che in precedenza hanno manifestato ARDS in seguito all’assunzione di idroclorotiazide.

Atleti

Gli atleti devono prestare particolare attenzione al fatto che questo medicinale contiene un principio attivo che può indurre una reazione positiva ai test eseguiti durante i controlli antidoping.

Altro

Lupus: casi di esacerbazione o attivazione di lupus eritematoso sistemico sono stati segnalati con l’impiego di diuretici tiazidici, inclusa idroclorotiazide.

Le reazioni di ipersensibilità all’idroclorotiazide sono più comuni in caso di allergie e asma.

 

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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Sarasvati contiene sodio . Questo medicinale contiene meno di 1 mmol (23 mg) di sodio per capsula, cioè essenzialmente “senza sodio”.

 

04.6 Gravidanza e allattamento

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Non sono stati condotti studi di interazione di SARASVATI con altri medicinali. Pertanto, in questa sezione vengono fornite solo le informazioni sulle interazioni con altri medicinali noti per i singoli principi attivi.

Tuttavia, è importante tenere in considerazione che SARASVATI può aumentare l’effetto ipotensivo di altri agenti antipertensivi (ad esempio diuretici).

Interazioni relative al ramipril

Associazioni controindicate

Trattamenti extracorporei che portano il sangue a contatto con superfici con carica negativa, quali dialisi o emofiltrazione che utilizzano particolari membrane ad alto flusso (ad esempio membrane poliacrilonitriliche), oppure aferesi delle lipoproteine a bassa densità per mezzo di destrano solfato, sono controindicati a causa dell’aumento del rischio di gravi reazioni anafilattoidi (vedere paragrafo 4.3). Se è richiesto questo tipo di trattamento, deve essere considerato l’uso di altre tipologie di membrane per dialisi o una diversa classe di agenti antipertensivi.

I dati degli studi clinici hanno dimostrato che il duplice blocco del sistema renina-angiotensina- aldosterone (RAAS) attraverso l’uso combinato di ACE-inibitori, antagonisti del recettore dell’angiotensina II o aliskiren, è associato ad una maggiore frequenza di eventi avversi quali ipotensione, iperkaliemia e riduzione della funzionalità renale (inclusa l’insufficienza renale acuta) rispetto all’uso di un singolo agente attivo sul sistema RAAS (vedere paragrafi 4.3, 4.4 e 5.1).

L’uso concomitante di ACE inibitori con sacubitril/valsartan è controindicato in quanto aumenta il rischio di angioedema (vedere paragrafi 4.3 e 4.4). Il trattamento con ramipril non deve essere iniziato prima di 36 ore dall’ultima dose di sacubitril/valsartan. Sacubitril/valsartan non deve essere usato prima di 36 ore dall’ultima dose di SARASVATI.

Precauzioni per l’uso

Sali di potassio, eparina, diuretici risparmiatori di potassio e altri principi attivi che aumentano i livelli del potassio nel sangue (inclusi gli antagonisti dell’Angiotensina II, tacrolimus, ciclosporina): può verificarsi iperkaliemia, quindi è richiesto un attento monitoraggio dei livelli sierici del potassio. I diuretici risparmiatori di potassio quali spironolattone, triamterene o amiloride o gli integratori di potassio devono essere somministrati solo in caso di accertata ipokaliemia.

Trimetoprim e in associazione a dose fissa con sulfametoxazolo (co-trimoxazolo): è stata osservata aumentata incidenza di iperkaliemia in pazienti che assumono ACE inibitori e trimetoprim e in associazione a dose fissa con sulfametoxazolo (co-trimoxazolo).

Agenti antipertensivi (ad es. diuretici) e altre sostanze con potenziale effetto antipertensivo (ad es. nitrati, antidepressivi triciclici, anestetici, assunzione acuta di alcool, baclofene, alfuzosina, doxazosina, prazosina, tamsulosina, terazosina): si deve prevedere un possibile potenziamento del rischio di ipotensione.

Vasopressori simpaticomimetici ed altre sostanze (ad es. isoproterenolo, dobutamina, dopamina, adrenalina) che possono ridurre l’effetto antipertensivo di ramipril: si raccomanda il monitoraggio della pressione arteriosa. L’effetto dei vasopressori simpaticomimetici può essere attenuato dall’idroclorotiazide.

Allopurinolo, immunosoppressori, corticosteroidi, procainamide, citostatici e altre sostanze che possono alterare il quadro ematico: aumentata probabilità di reazioni ematologiche (vedere paragrafo 4.4).

Sali di litio: l’escrezione di litio può essere ridotta dagli ACE inibitori e quindi la tossicità del litio può essere aumentata. I livelli sierici di litio devono essere monitorati (vedere anche le interazioni di idroclorotiazide).

Antidiabetici inclusa insulina: gli ACE inibitori possono ridurre la resistenza all’insulina. In casi isolati tale riduzione può portare a reazioni ipoglicemiche in pazienti trattati in concomitanza con antidiabetici. Pertanto, nella fase iniziale della co-somministrazione si raccomanda un attento monitoraggio della glicemia.

Farmaci antinfiammatori non steroidei ed acido acetilsalicilico : deve essere prevista una possibile riduzione dell’effetto antipertensivo. Inoltre, una terapia concomitante con ACE inibitori e FANS può portare ad un aumentato rischio di peggioramento della funzionalità renale e ad un aumento dei livelli di potassio nel sangue. Pertanto, è raccomandato un monitoraggio della funzione renale all’inizio del trattamento, cosi come una adeguata idratazione del paziente.

Inibitori mTOR o vildagliptin: in pazienti che assumono contemporaneamente medicinali quali mTOR inibitori (ad es. temsirolimus, everolimus, sirolimus) o vildagliptin è possibile un aumentato rischio di angioedema. Occorre cautela quando si inizia la terapia.

Inibitori della neprilisina (NEP): un aumento del rischio di angioedema è stato segnalato con l’uso concomitante di ACE inibitori e un NEP inibitore come racecadotril (vedere paragrafo 4.4).

Sacubitril/valsartan: L’uso concomitante di ACE inibitori con sacubitril/valsartan è controindicato in quanto aumenta il rischio di angioedema.

Interazioni relative all’amlodipina

Effetti di altri medicinali sull’amlodipina

Inibitori del CYP3A4: l’uso concomitante di amlodipina con potenti o moderati inibitori del CYP3A4 (inibitori delle proteasi, antifungini azolici, macrolidi come eritromicina o claritromicina, verapamil o diltiazem) può dar luogo ad un significativo aumento nell’esposizione all’amlodipina. Le conseguenze cliniche di queste variazioni della farmacocinetica dell’amlodipina possono essere più evidente nei soggetti anziani. Possono pertanto essere richiesti un monitoraggio clinico e una correzione della dose.

Induttori del CYP3A4: al momento della somministrazione concomitante di induttori noti del CYP3A4, la concentrazione plasmatica di amlodipina può variare. Pertanto, deve essere monitorata la pressione sanguigna e deve essere valutato un possibile aggiustamento della dose sia durante sia dopo la somministrazione di farmaci concomitanti, in particolare con forti induttori del CYP3A4 (ad es. rifampicina, Hypericum perforatum).

Pompelmo o succo di pompelmo: la somministrazione di amlodipina non è raccomandata con l’assunzione di pompelmo o succo di pompelmo in quanto in alcuni pazienti la sua biodisponibilità può essere aumentata con conseguente aumento degli effetti sulla pressione arteriosa.

Dantrolene (infusione): negli animali sono stati osservati fibrillazione ventricolare letale e collasso cardiovascolare in associazione con iperkaliemia dopo la somministrazione di verapamil e dantrolene per via endovenosa. A causa del rischio di iperkaliemia, si raccomanda che la somministrazione concomitante di calcio antagonisti, quali amlodipina, sia evitata nei pazienti suscettibili di ipertermia maligna e nella gestione di ipertermia maligna.

Effetti dell’amlodipina su altri medicinali

Medicinali con proprietà antiipertensive: gli effetti antiipertensivi dell’amlodipina si sommano agli effetti antiipertensivi di altri medicinali con proprietà antiipertensive.

Atorvastatina, digossina o warfarin: negli studi clinici di interazione, non si è rilevata alcuna influenza dell’amlodipina sulla farmacocinetica di atorvastatina, digossina o warfarin.

Simvastatina: la co-somministrazione di dosi ripetute di 10 mg di amlodipina con 80 mg di simvastatina ha determinato un aumento del 77% dell’esposizione alla simvastatina rispetto a simvastatina da sola. Limitare la dose di simvastatina a 20 mg al giorno, nei pazienti che assumono amlodipina.

Ciclosporina: non sono stati effettuati studi d’interazione farmacologica con ciclosporina e amlodipina in volontari sani o in altre popolazioni ad eccezione di pazienti sottoposti a trapianto di rene, nei quali sono stati osservati incrementi variabili della concentrazione di valle (media 0% – 40%) di ciclosporina. Occorre prendere in considerazione il monitoraggio dei livelli di ciclosporina nei pazienti sottoposti a trapianto di rene che assumono amlodipina e ridurre la dose di ciclosporina se necessario.

Tacrolimus: quando somministrato in concomitanza con amlodipina, vi è il rischio di aumentati livelli ematici di tacrolimus. Per evitare tossicità dovuta a tacrolimus, la somministrazione di amlodipina in pazienti trattati con tacrolimus richiede il monitoraggio dei livelli ematici di tacrolimus ed un aggiustamento della dose di tacrolimus, quando appropriato.

Inibitori del target meccanicistico della Rapamicina (mTOR): gli inibitori di mTOR come sirolimus, temsirolimus ed everolimus sono substrati di CYP3A. Amlodipina è un debole inibitore di CYP3A. In caso di uso concomitante, amlodipina può aumentare l’esposizione agli inibitori di mTOR.

Interazioni relative all’idroclorotiazide

Farmaci che possono causare ipokaliemia: l’ipokaliemia è un fattore predisponente per i disturbi del ritmo cardiaco (in particolare torsioni di punta) ed aumenta la tossicità di alcuni farmaci, quali digossina. Pertanto, i medicinali che possono causare ipokaliemia sono coinvolti in un elevato numero di interazioni: diuretici kaliuretici in monoterapia o in associazione, lassativi stimolanti, glucocorticoidi, tetracosactide e amfotericina B (per via endovenosa).

Farmaci che possono causare iponatriemia : alcuni medicinali sono più frequentemente coinvolti nell’insorgenza di iponatriemia: diuretici, desmopressina, antidepressivi che inibiscono la ricaptazione della serotonina, carbamazepina e oxcarbazepina. L’associazione di questi medicinali aumenta il rischio di iponatriemia.

Medicinali che causano torsioni di punta (amiodarone, amisulpiride, arsenico, artenimolo, clorochina, clorpromazina, citalopram, ciamemazina, difemanile, disopiramide, dofetilide, dolasetron, domperidone, dronedarone, droperidolo, eritromicina, escitalopram, flupentixolo, flufenazina, alofantrina, aloperidolo, idrochinidina, idroxizina, ibutilide, levofloxacina, levomepromazina, lumefantrina, mequitazina, metadone, mizolastina, moxifloxacina, pentamidina, pimozide, pipamperone, piperachina, pipotiazina, prucalopride, chinidina, sotalolo, spiramicina, sulpiride, sultopride, tiapride, toremifene, vandetanib, vincamina, zuclopentixolo): per il rischio di ipokalemia l’idroclorotiazide deve essere somministrata con cautela se associata a medicinali che possono indurre torsione di punta, in particolare gli antiaritmici di Classe Ia e Classe III e alcuni antipsicotici. Correggere l’eventuale ipokaliemia prima di somministrare il medicinale ed eseguire il monitoraggio clinico, elettrolitico ed elettrocardiografico.

Sali di litio: la clearance renale del litio è ridotta dai tiazidici, pertanto il rischio di tossicità da litio può essere aumentato dall’idroclorotiazide. La co-somministrazione di litio e di idroclorotiazide non è raccomandata. Se tale combinazione si rendesse necessaria, si raccomanda un attento monitoraggio dei livelli sierici di litio durante l’uso concomitante dei due medicinali.

Antidiabetici inclusa insulina: possono verificarsi reazioni ipoglicemiche. L’idroclorotiazide può attenuare gli effetti dei medicinali antidiabetici. Pertanto, nella fase iniziale della co-somministrazione si raccomanda un monitoraggio della glicemia particolarmente attento.

Anticoagulanti orali: l’effetto degli anticoagulanti orali può essere diminuito dall’uso concomitante di idroclorotiazide.

Corticosteroidi, ACTH, amfotericina B, carbenoxolone, elevate quantità di liquirizia, lassativi (in caso di uso prolungato) e altri agenti con effetto kaliuretico o che diminuiscono il potassio plasmatico : aumentato rischio di ipokaliemia.

Glicosidi cardiaci, sostanze attive che notoriamente prolungano l’intervallo QT e antiaritmici: la loro tossicità proaritmica può essere aumentata o i loro effetti antiaritmici diminuiti in presenza di alterazioni degli elettroliti (es. ipokaliemia, ipomagnesemia). Monitorare prima il potassio sierico ed eseguire il monitoraggio clinico, elettrolitico ed elettrocardiografico.

Diuretici risparmiatori di potassio (in monoterapia o in associazione): l’associazione razionale, utile in alcuni pazienti, non esclude l’insorgenza di ipokaliemia o, soprattutto in caso di insufficienza renale o diabete, iperkaliemia.

Monitorare il potassio sierico, eseguire un elettrocardiogramma e riconsiderare il trattamento, se appropriato.

Sali di calcio e medicinali che aumentano i livelli plasmatici di calcio e di vitamina D: si deve prevedere un aumento della concentrazione sierica di calcio in caso di somministrazione concomitante di idroclorotiazide; pertanto, si richiede uno stretto monitoraggio del calcio sierico. L’uso concomitante di diuretici di tipo tiazidico può portare a ipercalcemia in pazienti predisposti a questa condizione (ad es. iperparatiroidismo, neoplasie o condizioni mediate dalla vitamina D) mediante aumento del riassorbimento tubulare del calcio.

Salicilati e altri FANS (ad es. indometacina) inclusi gli inibitori selettivi della COX-2: salicilati e altri FANS (ad es. indometacina) inclusi gli inibitori selettivi della COX-2 possono diminuire gli effetti antipertensivi e diuretici di idroclorotiazide. Una concomitante ipovolemia può indurre insufficienza renale acuta.

Vi sono casi singoli di peggioramento della funzionalità renale, soprattutto in pazienti a rischio (anziani e/o disidratati) con preesistente scarsa funzionalità renale – diminuita velocità di filtrazione glomerulare, secondaria ad una ridotta sintesi delle prostaglandine a livello renale. L’idroclorotiazide può intensificare gli effetti tossici dei salicilati sul sistema nervoso centrale.

I pazienti devono essere idratati e la funzionalità renale deve essere monitorata all’inizio del trattamento.

Farmaci che causano ipotensione ortostatica : gli antipertensivi possono causare ipotensione ortostatica. È questo il caso dei nitrati, inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5, alfa-bloccanti, anche quelli per uso urologico (alfuzosina, doxazosina, prazosina, silodosina, tamsulosina e terazosina), antidrepessivi triciclici e fenotiazine neurolettiche, agonisti della dopamina, levodopa, baclofene, amifostina.

Carbamazepina: rischio di iponatremia dovuto agli effetti additivi dall’impiego con idroclorotiazide. Effettuare un monitoraggio clinico e biologico.

Agenti antineoplastici, inclusi ciclofosfamide e metotrexato : l’uso concomitante di diuretici tiazidici può ridurre l’escrezione renale di agenti citotossici e aumentarne gli effetti mielosoppressivi. Il quadro ematologico deve essere attentamente monitorato in pazienti in trattamento con questa associazione. Può essere necessario un aggiustamento della dose degli agenti citotossici.

Sequestranti degli acidi biliari, ad es. colestiramina : i sequestranti degli acidi biliari legano i diuretici tiazidici nell’intestino e compromettono l’assorbimento gastrointestinale del 43-85%. La somministrazione di tiazidici 4 ore dopo un sequestrante degli acidi biliari ha ridotto l’assorbimento di idroclorotiazide del 30-35%. Pertanto, è necessario somministrare i tiazidici 2-4 ore prima o 6 ore dopo il sequestrante degli acidi biliari. Mantenere una sequenza di somministrazione costante. Monitorare la pressione e, se necessario, aumentare la dose del diuretico tiazidico.

Mezzi di contrasto iodati: in caso di disidratazione indotta da diuretici inclusa idroclorotiazide e in particolare con l’uso di dosi importanti di mezzi di contrasto iodati, vi è un incremento del rischio di insufficienza renale acuta. I pazienti devono essere reidratati prima della somministrazione del prodotto iodato.

Ciclosporina: rischio di aumento della creatininemia senza modificazione delle concentrazioni ematiche di ciclosporina, anche in assenza di deplezione del sodio. Inoltre, rischio di complicazioni quali iperuricemia e gotta.

Metildopa: sono stati segnalati casi isolati di anemia emolitica con l’uso contemporaneo di metildopa e idroclorotiazide.

Farmaci che alterano la motilità gastro-intestinale, ad es. agenti anticolinergici quali atropina e agenti procinetici, quali metoclopramide, domperidone: la biodisponibilità dei diuretici tiazidici può essere aumentata da agenti anticolinergici a causa della riduzione della motilità gastro-intestinale e della velocità di svuotamento gastrico. Al contrario, i farmaci procinetici come cisapride possono ridurre la biodisponibilità dei diuretici tiazidici. Può essere necessario un aggiustamento della dose.

Terapie per la gotta (allopurinolo, uricosurici, inibitori della xantina ossidasi): l’iperuricemia indotta da diuretici tiazidici può compromettere il controllo della gotta da parte di allopurinolo e probenecid. La somministrazione concomitante di idroclorotiazide e allopurinolo può aumentare l’incidenza delle reazioni di ipersensibilità ad allopurinolo. Può essere necessario un aggiustamento della dose delle terapie per la gotta.

Amine pressorie (ad es. noradrenalina, adrenalina): l’idroclorotiazide può ridurre la risposta alle amine pressorie come la noradrenalina. Il significato clinico di questo effetto è incerto e non sufficiente per escludere il loro uso.

Altri farmaci antipertensivi: i tiazidici potenziano l’azione antipertensiva di altri farmaci antipertensivi (per es. guanetidina, metildopa, beta-bloccanti, vasodilatatori, bloccanti dei canali del calcio, ACE inibitori, ARB e DRI).

Beta bloccanti e diazossido: l’uso contemporaneo di diuretici tiazidici, compresa l’idroclorotiazide, e beta-bloccanti può aumentare il rischio di iperglicemia. I diuretici tiazidici, compresa l’idroclorotiazide, possono aumentare l’effetto iperglicemico del diazossido.

Amantadina: la somministrazione contemporanea di diuretici tiazidici (compresa l’idroclorotiazide) può aumentare il rischio di reazioni indesiderate causate dall’amantadina.

Rilassanti del muscolo scheletrico non depolarizzanti: i tiazidici, incluso idroclorotiazide, potenziano l’azione dei rilassanti del muscolo scheletrico quali i derivati del curaro.

Alcol, barbiturici o narcotici: la somministrazione concomitante di diuretici tiazidici con sostanze che hanno anche un effetto di riduzione pressoria (ad es. riducendo l’attività del sistema nervoso simpatico o attraverso una vasodilatazione diretta) può potenziare l’ipotensione ortostatica.

 

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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Gravidanza

Non ci sono dati disponibili sull’uso di SARASVATI nelle donne in gravidanza. Sulla base dei dati disponibili dei singoli principi attivi, l’uso di SARASVATI non è raccomandato durante il primo trimestre di gravidanza (vedere paragrafo 4.4). L’uso di SARASVATI è controindicato durante il secondo ed il terzo trimestre di gravidanza (vedere paragrafo 4.3 e 4.4).

Relative a ramipril

L’uso di ramipril non è raccomandato durante il primo trimestre di gravidanza.

L’uso di ramipril è controindicato durante il secondo ed il terzo trimestre di gravidanza.

L’evidenza epidemiologica relativa al rischio di teratogenicità a seguito dell’esposizione ad ACE inibitori durante il primo trimestre di gravidanza non ha dato risultati conclusivi; tuttavia non può essere escluso un piccolo aumento del rischio. Per le pazienti che stanno pianificando una gravidanza si deve ricorrere a trattamenti antipertensivi alternativi, con comprovato profilo di sicurezza per l’uso in gravidanza, a meno che non sia considerato essenziale il proseguimento della terapia con un ACE inibitore. Quando viene diagnosticata una gravidanza, il trattamento con ACE inibitori deve essere immediatamente interrotto e, se appropriato, si deve iniziare una terapia alternativa.

È noto che nella donna l’esposizione ad ACE inibitori durante il secondo ed il terzo trimestre induce tossicità fetale (ridotta funzionalità renale, oligoidramnios, ritardo nell’ossificazione del cranio) e tossicità neonatale (insufficienza renale, ipotensione, iperkaliemia) (vedere paragrafo 5.3). Se dovesse verificarsi un’esposizione ad un ACE inibitore dal secondo trimestre di gravidanza, si raccomanda un controllo ecografico della funzionalità renale e del cranio. I neonati le cui madri abbiano assunto ACE inibitori devono essere attentamente controllati per quanto riguarda ipotensione (vedere paragrafi 4.3 e 4.4).

Relative ad amlodipina

Non è stata stabilita la sicurezza di amlodipina nelle donne in gravidanza.

Negli studi sugli animali, è stata osservata una tossicità riproduttiva a dosi elevate (vedere paragrafo 5.3). L’uso in gravidanza è raccomandato solo quando non ci sono alternative più sicure e quando la malattia stessa comporta un rischio maggiore per la madre ed il feto.

Relative a idroclorotiazide

L’esperienza sull’uso di idroclorotiazide durante la gravidanza è limitata, specialmente durante il primo trimestre. Gli studi condotti sugli animali sono insufficienti.

L’idroclorotiazide attraversa la placenta. In base al suo meccanismo d’azione l’uso dell’idroclorotiazide durante il secondo e terzo trimestre di gravidanza può compromettere la perfusione feto-placentare e causare effetti fetali e neonatali come ittero, alterazioni dell’equilibrio elettrolitico e trombocitopenia.

L’idroclorotiazide non deve essere usata nell’edema gestazionale, l’ipertensione gestazionale o la pre – eclampsia a causa del rischio di riduzione del volume plasmatico e di ipoperfusione placentare, senza effetti benefici sul decorso della malattia.

Idroclorotiazide può causare ischemia feto-placentare e il rischio di un ritardo della crescita, in caso di esposizione prolungata durante il terzo trimestre di gravidanza. Sono stati inoltre segnalati rari casi di ipoglicemia e trombocitopenia nei neonati in seguito all’esposizione della madre al medicinale nel periodo vicino al termine di gestazione. Idroclorotiazide può ridurre il volume plasmatico e il flusso sanguigno uteroplacentare.

Allattamento

SARASVATI è controindicato durante l’allattamento. La decisione di interrompere l’allattamento o interrompere la terapia con SARASVATI deve essere presa tenendo conto del beneficio dell’allattamento per il bambino e i benefici della terapia per la donna.

L’associazione ramipril, amlodipina e idroclorotiazide è controindicata durante l’allattamento.

Ramipril e idroclorotiazide sono escreti nel latte materno per cui quando dosi terapeutiche di ramipril e idroclorotiazide vengono somministrate a donne che allattano, sono probabili effetti sul bambino allattato.

Non sono disponibili sufficienti informazioni riguardanti l’uso del ramipril durante l’allattamento, per cui durante l’allattamento del neonato o del prematuro è da preferire un trattamento alternativo con comprovato profilo di sicurezza.

Idroclorotiazide è escreta nel latte materno. L’assunzione di tiazidi in madri che allattano è stata associata con una diminuzione o anche soppressione della lattazione. A causa di reazioni di ipersensibilità alle sostanze derivate da sulfonamidi, possono manifestarsi ipokalemia e ittero nucleare. A causa della possibilità di reazioni gravi da parte delle sostanze attive in bambini allattati, si deve decidere se interrompere l’allattamento o interrompere la terapia, considerando i benefici dell’allattamento al bambino e i benefici della terapia per la madre.

Amlodipina è stata individuata nei bambini allattati da madri in trattamento. L’effetto di amlodipina sui lattanti non è noto.

Fertilità

Relative ad amlodipina

Sono state segnalatemodificazioni biochimiche reversibili alla testa degli spermatozoi in pazienti trattati con bloccanti dei canali del calcio.

Non sono disponibili dati clinici sufficienti sul potenziale effetto di amlodipina sulla fertilità.

In uno studio sui ratti, sono stati segnalati effetti indesiderati sulla fertilità maschile (vedere paragrafo 5.3).

Relative ad idroclorotiazide

Non ci sono dati sulla fertilità umana per idroclorotiazide. In studi animali idroclorotiazide non ha effetti sulla fertilità e sul concepimento (vedere paragrafo 5.3).

 

04.8 Effetti indesiderati

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Non sono stati effettuati studi che valutavano gli effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. SARASVATI può avere alcuni effetti avversi (ad es. sintomi di una riduzione della pressione sanguigna quali capogiri) che possono compromettere la capacità del paziente di concentrarsi e reagire e pertanto costituiscono un rischio in situazioni in cui queste abilità sono di particolare importanza (ad es. utilizzare veicoli o macchinari).

Ciò può verificarsi specialmente all’inizio del trattamento o quando si sta sostituendo un’altra terapia. Dopo la prima dose o successivi aumenti di dose non è consigliabile guidare o utilizzare macchinari per diverse ore.

 

04.9 Sovradosaggio

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Riassunto del profilo di sicurezza

Ramipril

Le reazioni avverse più comunemente segnalate durante il trattamento con ramipril sono potassio ematico aumentato (iperkaliemia), cefalea, capogiri, ipotensione, pressione arteriosa ortostatica ridotta, sincope, tosse fastidiosa non produttiva, bronchite, sinusite, dispnea, infiammazione gastrointestinale, disturbi digestivi, disagio addominale, dispepsia, diarrea, nausea, vomito, eruzione cutanea soprattutto maculopapulare, spasmi muscolari, mialgia, dolore al petto, affaticamento. Gravi reazioni avverse includono agranulocitosi, pancitopenia, anemia emolitica, infarto miocardico, angioedema, vasculite, broncospasmo, pancreatite acuta, insufficienza epatica, insufficienza renale acuta, epatite, dermatite esfoliativa, necrolisi epidermica tossica, sindrome di Stevens-Johnson ed eritema multiforme.

Amlodipina

Le reazioni avverse più comunemente segnalate durante il trattamento con amlodipina sono sonnolenza, vertigini, cefalea, palpitazioni, vampate, dolore addominale, nausea, gonfiore alle caviglie, edema e affaticamento. Gravi reazioni avverse includono leucopenia, trombicitopenia, infarto miocardico, fibrillazione atriale, tachicardia ventricolare, vasculite, pancreatite acuta, epatite, angioedema, eritema multiforme, dermatite esfoliativa e sindrome di Stevens-Johnson.

Idroclorotiazide

Il principio attivo idroclorotiazide può portare ad un aumento del glucosio ematico, aumento di colesterolo e/o trigliceridi ematici, aumento di acido urico ematico e ad una riduzione del potassio plasmatico.

Gli effetti indesiderati osservati nel corso dell’uso dei principi attivi separatamente vengono riportati secondo i seguenti gruppi di frequenza: Molto comune (≥1/10); comune (≥1/100, <1/10); non comune (≥1/1.000, ≤1/100); raro (≥1/10.000, ≤1/1.000); molto raro (≤1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).

Frequenza Ramipril Amlodipine Idroclorotiazide
Patologie del sistema emolinfopoietico
Non comune Eosinofilia
Raro Diminuzione del
numero di globuli bianchi (inclusa neutropenia o agranulocitosi), diminuzione del numero di globuli rossi, emoglobina
ridotta, diminuzione
della conta piastrinica
Trombocitopenia (a volte
con porpora)
Molto raro Leucopenia,
trombocitopenia
Depressione del midollo
osseo, agranulocitosi, leucopenia, anemia emolitica
Non nota Insufficienza del
midollo osseo,
pancitopenia, anemia emolitica
Anemia aplastica
Disturbi del sistema immunitario
Raro Reazione di ipersensibilità
Molto Raro Reazioni allergiche
Non nota Reazioni anafilattiche
o anafilattoidi, anticorpi antinucleo
aumentati
Patologie endocrine
Non nota Sindrome da
secrezione inappropriata di ormone antidiuretico
(SIADH)
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Molto comune Ipokaliemia iperlipidemia
Comune Iperkaliemia Ipomagnesemia,
iponatriemia, iperuricemia
Non comune Anoressia,
diminuzione dell’appetito
Raro Ipercalcemia, iperglicemia,
glicosuria, peggioramento del diabete metabolico
Molto raro Iperglicemia Alcalosi ipocloremica
Non nota Sodio ematico
diminuito
Disturbi psichiatrici
Non comune Umore depresso,
ansia, nervosismo, irrequietezza, disturbi del sonno inclusa sonnolenza
Cambiamenti di
umore (incluso ansia), insonnia, depressione
Raro Stato confusionale Confusione Disturbi del sonno,
depressione
Non nota Disturbi
dell’attenzione
Patologie del sistema nervoso
Comune Cefalea, capogiri Cefalea, capogiri,
sonnolenza (soprattutto all’inizio del trattamento)
Non comune Vertigini, parestesia,
ageusia, disgeusia
Tremore, disgeusia
sincope, ipoestesia,
parestesia
Raro Tremore, disturbo
dell’equilibrio
Cefalea, capogiri, parestesia
Molto raro Ipertonia, neuropatia
periferica
Non nota Ischemia cerebrale che
include ictus
ischemico e attacco ischemico transitorio, capacità psicomotorie compromesse, sensazione di bruciore, parosmia
Disturbo
extrapiramidale
Patologie dell’occhio
Comune Disturbo della visione
(inclusa diplopia)
Non comune Disturbo della visione
inclusa visione offuscata
Disturbi visivi
Raro Congiuntivite
Non nota Effusione coroidale
Miopia acuta e glaucoma
acuto secondario ad angolo chiuso
Patologie dell’orecchio e del labirinto
Non comune Tinnito
Raro Compromissione
dell’udito, tinnito
Patologie cardiache
Comune Palpitazioni
Non comune Ischemia miocardica
che include angina pectoris infarto del miocardio, tachicardia, aritmia, palpitazioni, edema periferico
Aritmia (inclusi
bradicardia, tachicardia ventricolare e fibrillazione atriale)
Raro Aritmie
Molto raro Infarto del miocardio
Patologie vascolari
Comune Ipotensione, pressione
arteriosa ortostatica ridotta, sincope
Rossore Ipotensione ortostatica,
Non comune Rossore Ipotensione Angite necrotizzante
(vasculite, vasculite cutanea)
Raro Stenosi vascolare,
ipoperfusione,
vasculite
Molto raro Vasculite
Non nota Fenomeno di Raynaud
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Comune Tosse fastidiosa non
produttiva, bronchite,
sinusite, dispnea
Dispnea
Non comune Broncospasmo con
aggravamento dell’asma, congestione nasale
Rinite, tosse
Molto raro Sindrome da stress
respiratorio inclusa polmonite e edema polmonare,
Sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS)
(vedere paragrafo 4.4)
Patologie gastrointestinali
Comune Infiammazione
gastrointestinale, disturbi della digestione, fastidio addominale, dispepsia, diarrea, nausea, vomito
Nausea, dolore
addominale, dispepsia, abitudini intestinali
alterate (incluse diarrea e stipsi)
Nausea, vomito, spasmo,
perdita di appetito
Non comune Pancreatite (con gli
ACE inibitori sono stati segnalati molto eccezionalmente casi ad esito fatale), aumento degli enzimi pancreatici, angioedema dell’intestino tenue, dolore nella parte alta dell’addome inclusa gastrite, stipsi, bocca secca
Vomito, bocca secca
Raro Glossite Disagio addominale, stipsi,
diarrea
Molto raro Pancreatite, gastrite,
iperplasia gengivale
Pancreatite
Non nota Stomatite, afte
Patologie epatobiliari
Non comune Enzimi epatici e/o
bilirubina coniugata aumentati
Raro Ittero colestatico,
compromissione epatocellulare
Ittero, colestasi intraepatica
Molto raro Ittero*, epatite*,
enzimi epatici
aumentati *
Non nota Insufficienza epatica
acuta, epatite colestatica o citolitica (eccezionalmente con
esito fatale)
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Comune Eruzione cutanea, in
particolare maculo-
papulare
Orticaria e altre forme di
eruzioni
Non comune Angioedema; in casi
veramente eccezionali, l’ostruzione delle vie aeree dovuta all’angioedema può avere esito fatale, prurito, iperidrosi
Alopecia, porpora,
alterazione del colore della pelle, iperidrosi, prurito, eruzione cutanea, esantema, orticaria
Raro Dermatite esfoliativa,
orticaria, onicolisi
Reazione di fotosensibilità
Molto raro Reazioni di
fotosensibilità
Angioedema, eritema
multiforme, dermatite esfoliativa, sindrome di Stevens-Johnson, edema di Quincke, fotosensibilità
Necrolisi epidermica
tossica, vasculite necrotizzante, lupus
eritematoso cutaneo, reazione simile a lupus eritematoso, riattivazione di
lupus eritematoso
Non nota Necrolisi epidermica
tossica, sindrome di Stevens-Johnson, eritema multiforme, pemfigo,
aggravamento della psoriasi, dermatite psoriasiforme, esantema o enantema pemfigoide o lichenoide, alopecia
Necrolisi epidermica
tossica
Eritema multiforme
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Comune Spasmi muscolari,
mialgia
Gonfiore alle caviglie
crampi muscolari
Non comune Artralgia Artralgia, mialgia, mal
di schiena
Non nota Crampi muscolari
Patologie renali e urinarie
Non comune Compromissione
renale che include insufficienza renale
acuta, diuresi aumentata, peggioramento di proteinuria preesistente, urea ematica aumentata, creatinina ematica aumentata
Disturbi minzione, aumentata urinaria della nicturia, frequenza Insufficienza renale acuta, nefrite, disfunzione renale
Non nota
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella
Comune Impotenza
Non comune Impotenza transitoria, diminuzione
libido
erettile
della
Impotenza, ginecomastia
Non nota Ginecomastia
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Molto comune Edema
Comune Dolore al
affaticamento
petto, Affaticamento astenia
Non comune Piressia Dolore al petto,
dolore, malessere
Febbre
Raro Astenia
Non nota Astenia, piressia
Esami diagnostici
Molto comune Aumento di colesterolo e
trigliceridi
Non comune Peso aumentato o calo
ponderale
Raro Glicosuria
Tumori benigni, maligni e non specificati (cisti e polipi compresi)
Non nota Cancro cutaneo non melanoma (carcinoma basocellulare e carcinoma a
cellule squamose) **

* Nella maggior parte dei casi con colestasi

** Cancro cutaneo non melanoma: sulla base dei dati disponibili provenienti da studi epidemiologici, è stata osservata un’associazione tra HCTZ e NMSC, correlata alla dose cumulativa assunta (vedere anche i paragrafi 4.4. e 5.1).

Relativo a ramipril

Popolazione pediatrica

La sicurezza di ramipril è stata monitorata in 325 bambini e adolescenti di 2-16 anni di età durante 2 studi clinici. La natura e la gravità degli eventi avversi sono simili a quella degli adulti, tuttavia la frequenza dei seguenti effetti è più elevata nei bambini: Tachicardia, congestione nasale e rinite, “comune” (≥ 1/100, ˂ 1/10) nella popolazione pediatrica e “non comune” (≥ 1/1,000, ˂ 1/100) negli adulti.

Congiuntivite “comune” (≥ 1/100, ˂ 1/10) nella popolazione pediatrica e “raro” (≥ 1/10,000, ˂1/1,000) negli adulti.

Tremore e orticaria “non comune” (≥ 1/1,000, ˂ 1/100) nella popolazione pediatrica e “raro” (≥ 1/10,000, ˂1/1,000) negli adulti.

Il profilo di sicurezza generale per ramipril nei pazienti pediatrici non differisce in maniera significativa dal profilo di sicurezza negli adulti.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo https://www.aifa.gov.it/content/segnalazioni-reazioni- avverse.

 

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

Indice

Relativo a ramipril

I sintomi associati al sovradosaggio di ACE inibitori possono includere vasodilatazione periferica eccessiva (con marcata ipotensione, shock), bradicardia, alterazione degli elettroliti e insufficienza renale. I pazienti devono essere attentamente monitorati e il trattamento deve essere sintomatico e di supporto. Le principali misure suggerite includono detossificazione (lavaggio gastrico, somministrazione di agenti adsorbenti) e misure per ripristinare la stabilità emodinamica, inclusa la somministrazione di agonisti alfa 1 adrenergici o angiotensina II (angiotensinamide). Ramiprilato, il metabolita attivo di ramipril è scarsamente rimosso dalla circolazione generale mediante l’emodialisi.

Relativo ad amlodipina

Nell’uomo, l’esperienza con il sovradosaggio intenzionale è limitata.

I dati disponibili suggeriscono che a seguito di sovradosaggio si possono manifestare una forte vasodilatazione periferica e una possibile tachicardia riflessa. È stata segnalata marcata e probabilmente prolungata ipotensione sistemica fino ad includere casi di shock ad esito fatale.

Raramente è stato segnalato edema polmonare non cardiogeno come conseguenza di un sovradosaggio di amlodipina che può manifestarsi con un esordio ritardato (24-48 ore dopo l’ingestione) e richiedere supporto ventilatorio. Le misure rianimatorie precoci (incluso il sovraccarico di liquidi) per mantenere la perfusione e la gittata cardiaca possono essere fattori precipitanti.

Relativo a idroclorotiazide

Nei pazienti predisposti (ad es. iperplasia prostatica) il sovradosaggio di idroclorotiazide può indurre ritenzione urinaria acuta.

Il sovradosaggio con idroclorotiazide è associato a deplezione elettrolitica (ipokaliemia, ipocloremia, iponatriemia) e a disidratazione dovuta ad eccessiva diuresi. I segni e sintomi più comuni di sovradosaggio sono nausea e sonnolenza. L’ipokaliemia può causare spasmi muscolari e/o accentuare le aritmie cardiache associate all’uso concomitante di glicosidi digitalici o ad alcuni farmaci antiaritmici.

Trattamento del sovradosaggio

Il trattamento deve essere sintomatico e di supporto. Può essere considerata una detossificazione primaria, ad esempio tramite somministrazione di agenti adsorbenti. In caso di somministrazione di agonisti alfa 1 adrenengici (ad es. noradrenalina, dopamina) o angiotensina II (angiotensinamide) si deve considerare il ripristino della volemia e dei sali.

Un vasocostrittore può essere di aiuto nel riportare il tono vascolare e la pressione sanguigna, purché non ci siano controindicazioni d’uso. Il calcio gluconato endovena può essere di beneficio nel convertire gli effetti dei bloccanti dei canali del calcio.

L’esperienza con tentativi di eliminazione di ramipril o ramiprilat è limitata o nulla per quanto riguarda l’efficacia della diuresi forzata, modifica del pH delle urine, emofiltrazione o dialisi. Se fosse necessario utilizzare la dialisi o l’emofiltrazione, si devono considerare i rischi di reazioni anafilattoidi con le membrane ad alto flusso. Ramiprilato, il metabolita attivo di ramipril è scarsamente rimosso dalla circolazione generale con l’emodialisi.

In alcuni casi si può eseguire lavanda gastrica. In volontari sani l’uso di carbone attivo fino a due ore dopo la somministrazione di 10 mg di amlodipina ha dimostrato di ridurre la velocità di assorbimento dell’amlodipina.

Poiché l’amlodipina è fortemente legata alle proteine, la dialisi probabilmente non è di alcun aiuto. Anche la rimozione di idroclorotiazide tramite dialisi è trascurabile.

Il trattamento deve ripristinare l’equilibrio idro-elettrolitico, la correzione dell’iponatriemia deve essere graduale.

Deve essere intrapreso un supporto cardiovascolare attivo che includa il monitoraggio frequente della funzione cardiaca e respiratoria, il sollevamento delle estremità e l’attenzione al volume dei fluidi circolanti e all’escrezione di urina.

 

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

Categoria farmacoterapeutica: ACE inibitori, altre associazioni Codice ATC: C09BX03

Ramipril

Meccanismo d’azione

Il ramiprilato, metabolita attivo del profarmaco ramipril, inibisce l’enzima dipeptidilcarbossipeptidasi I (sinonimi: enzima di conversione della angiotensina; kininasi II). Questo enzima, a livello plasmatico e tissutale, determina la conversione della angiotensina I nella sostanza ad attività vasocostrittrice angiotensina II, e la degradazione del vasodilatatore bradichinina. La ridotta formazione di angiotensina II e l’inibizione della degradazione della bradichinina portano a vasodilatazione.

Poiché l’angiotensina II stimola anche il rilascio di aldosterone, il ramiprilato causa una riduzione nella secrezione dell’aldosterone. La risposta media agli ACE inibitori dei pazienti neri ipertesi (Afro- Caraibici che generalmente hanno un basso livello di renina) è inferiore rispetto a quella dei pazienti non neri.

Effetti farmacodinamici

La somministrazione di ramipril determina una marcata riduzione delle resistenze arteriose periferiche. Generalmente non subiscono notevoli modifiche né il flusso plasmatico renale, né l’indice di filtrazione glomerulare. La somministrazione di ramipril a pazienti ipertesi provoca riduzione della pressione arteriosa sia in clinostatismo che in ortostatismo, senza aumento compensatorio della frequenza cardiaca.

Dopo una singola dose orale, nella maggior parte dei pazienti l’azione antiipertensiva si manifesta dopo 1 o 2 ore dall’assunzione. L’effetto massimo di una dose singola si raggiunge di solito dopo 3-6 ore e si protrae per almeno 24 ore dopo somministrazione orale.

L’effetto antiipertensivo massimo del trattamento continuo con ramipril si ottiene generalmente dopo 3-4 settimane di trattamento. È stato dimostrato che l’effetto antiipertensivo si mantiene anche per terapie protratte fino a 2 anni.

L’interruzione brusca della terapia non provoca un aumento rapido di rimbalzo della pressione arteriosa.

Efficacia e sicurezza clinica

Due ampi studi randomizzati, controllati (ONTARGET (ONgoing Telmisartan Alone and in combination with Ramipril Global Endpoint Trial), VA NEPHRON-D (The Veterans Affairs Nephropathy in Diabetes)) hanno valutato l’uso dell’associazione di un ACE-inibitore con un antagonista del recettore dell’angiotensina II.

ONTARGET era uno studio condotto su pazienti con anamnesi di malattia cardiovascolare o cerebrovascolare o diabete mellito di tipo 2 accompagnato da evidenza di danno d’organo.

VA NEPHRON-D era uno studio in pazienti con diabete mellito di tipo 2 e nefropatia diabetica.

Questi studi non hanno mostrato alcun effetto benefico significativo sugli esiti renali e/o cardiovascolari e sulla mortalità, mentre è stato osservato un aumentato rischio di iperkaliemia, compromissione renale acuta e/o ipotensione rispetto alla monoterapia.

Questi risultati sono pertinenti anche per gli altri ACE-inibitori e per gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II, date le loro simili proprietà farmacodinamiche.

Gli ACE-inibitori e gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II non devono quindi essere usati contemporaneamente in pazienti con nefropatia diabetica. ALTITUDE (Aliskiren Trial in Type 2 Diabetes Using Cardiavascular and Renal Disease Endpoints) era uno studio disegnato per testare i benefici di aggiungere aliskiren ad una terapia standard con un ACE-inibitore o un antagonista dei recettori dell’angiotensina II in pazienti con diabete mellito di tipo 2 e malattia renale cronica, malattia cardiovascolare, o entrambe. Lo studio è stato interrotto precocemente a causa di un aumentato rischio di eventi avversi. Morte cardiovascolare e ictus sono stati entrambi numericamente più frequenti nel gruppo trattato con aliskiren rispetto al gruppo placebo e gli eventi avversi e gli aventi avversi gravi di rilievo (iperkaliemia, ipotensione e disfunzione renale) sono stati segnalati più frequentemente nel gruppo trattato con aliskiren rispetto al gruppo placebo.

Amlodipina

Meccanismo d’azione

L’amlodipina è un inibitore dell’afflusso di ioni calcio appartenente alla classe dei diidropiridinici (bloccanti attivi dei canali lenti o antagonisti degli ioni calcio) e inibisce il flusso degli ioni calcio attraverso la membrana dei miocardiociti e delle cellule muscolari lisce vascolari. Il meccanismo dell’azione antiipertensiva dell’amlodipina è dovuto ad un effetto rilassante diretto sulla muscolatura liscia vascolare. Il meccanismo preciso con cui amlodipina agisce sull’angina non è stato pienamente stabilito ma amlodipina riduce il carico totale ischemico in base alle due azioni seguenti: L’amlodipina dilata le arteriole periferiche e quindi, riduce la resistenza periferica totale (post- carico) contro cui il cuore lavora. Dal momento che la frequenza cardiaca rimane stabile, questa riduzione di lavoro cardiaco si traduce in una diminuzione della richiesta di ossigeno e del consumo di energia da parte del miocardio.

Il meccanismo d’azione dell’amlodipina probabilmente provoca anche la dilatazione delle arterie coronarie principali e delle arteriole coronariche, sia nelle regioni normalmente irrorate che in quelle ischemiche. Questa dilatazione aumenta l’ossigenazione del miocardio nei pazienti con spasmo delle arterie coronariche (angina di Prinzmetal o variante).

Nei pazienti con ipertensione, la somministrazione di una singola dose una volta al giorno determina una riduzione clinicamente significativa della pressione arteriosa sia in clinostatismo che in ortostatismo ancora evidente a 24 ore di distanza dalla somministrazione. A causa della graduale insorgenza dell’effetto di amlodipina, l’ipotensione acuta non rappresenta un evento legato alla somministrazione del farmaco.

Nei pazienti con angina, una singola somministrazione giornaliera di amlodipina aumenta il tempo di esercizio totale, il tempo di insorgenza di un attacco anginoso, il tempo di comparsa del sottoslivellamento di 1 mm del segmento S-T, e diminuisce la frequenza degli attacchi anginosi ed il consumo di nitroglicerina. Il trattamento con amlodipina non si associa ad alcun effetto metabolico indesiderato o ad alterazioni del profilo dei lipidi plasmatici; amlodipina è idonea per l’impiego in pazienti affetti da malattie concomitanti come asma, diabete e gotta.

Idroclorotiazide

Meccanismo d’azione

L’idroclorotiazide è un diuretico benzotiadiazinico (tiazidico). Il meccanismo dell’effetto antipertensivo dei diuretici tiazidici non è completamente noto. L’idroclorotiazide inibisce il riassorbimento di sodio e cloro nel tubulo distale e promuove il riassorbimento di ioni Ca++ (mediante un meccanismo sconosciuto). L’aumento dell’escrezione di ioni Na e dell’acqua nel tubulo collettore corticale e/o l’aumento del flusso portano ad un aumento della secrezione e dell’escrezione di ioni K e H. L’aumentata escrezione renale di questi ioni è accompagnata da un aumento della produzione di urina (dovuta al legame osmotico con acqua). L’escrezione di potassio e magnesio è aumentata, l’escrezione di acido urico è diminuita.

Alte dosi di idroclorotiazide possono aumentare l’escrezione di bicarbonato a causa dell’inibizione della carmboanidrasi causando un pH alcalino delle urine. L’acidosi e alcalosi non hanno effetti significativi sugli effetti saluretici e diuretici dell’idroclorotiazide. La velocità di filtrazione glomerulare è ridotta in misura minima all’inizio della terapia. Durante la terapia a lungo termine con idroclorotiazide, l’escrezione renale di calcio è ridotta. Questo meccanismo può provocare ipercalcemia.

Possibili meccanismi dell’azione antipertensiva di idroclorotiazide potrebbero essere: la modifica del bilancio del sodio, la riduzione dell’acqua extracellulare e del volume plasmatico, la modifica delle resistenze vascolari renali come pure una ridotta risposta a noradrenalina e angiotensina II. Probabilmente, viene anche discussa una riduzione della resistenza dei vasi sanguigni periferici probabilmente a causa della riduzione della concentrazione di sodio nelle pareti dei vasi sanguigni con conseguente riduzione della sensibilità delle pareti dei vasi sanguigni alla noradrenalina.

Cancro cutaneo non melanoma: sulla base dei dati disponibili provenienti da studi epidemiologici, è stata osservata un’associazione tra HCTZ e NMSC correlata alla dose cumulativa assunta. Uno studio ha incluso una popolazione comprendente 71 533 casi di BCC e 8 629 casi di SCC confrontati rispettivamente con 1 430 833 e 172 462 soggetti nella popolazione di controllo. Un elevato utilizzo di HCTZ (dose cumulativa ≥50 000 mg) è stato associato a un OR (odds ratio) aggiustato per confondenti pari a 1,29 (95 % CI: 1,23-1,35) per il BCC e pari a 3,98 (95 % CI: 3,68-4,31) per l’SCC. È stata osservata un’evidente relazione tra dose cumulativa assunta e risposta sia per il BCC che per l’SCC. Un altro studio ha dimostrato una possibile associazione tra il cancro delle labbra (SCC) e l’esposizione all’HCTZ: 633 casi di cancro delle labbra confrontati con 63 067 soggetti nella popolazione di controllo, utilizzando una strategia di campionamento dei soggetti a rischio (risk-set sampling). È stata dimostrata una relazione tra la risposta e la dose cumulativa con un OR aggiustato di 2,1 (95 % CI: 1,7-2,6), aumentato fino a 3,9 (3,0-4,9) in caso di un utilizzo elevato (~25 000 mg) e fino a 7,7 (5,7-10,5) con la massima dose cumulativa assunta (~100 000 mg) (vedere anche il paragrafo 4.4).

Effetti farmacodinamici

Con idroclorotiazide, l’inizio della diuresi avviene in 2 ore, e il picco dell’effetto si verifica a circa 4 ore, mentre l’azione perdura per circa 6-12 ore.

L’inizio dell’effetto antipertensivo si verifica dopo 3-4 giorni e può durare fino a una settimana dopo l’interruzione della terapia. Durante la somministrazione cronica, l’effetto antipertensivo dell’idroclorotiazide è dose-dipendente nella maggior parte dei pazienti, a dosi comprese tra 12,5 mg/die e 50/75 mg/die. L’effetto di diminuzione della pressione arteriosa è accompagnato da un lieve aumento della frazione di filtrazione, delle resistenze vascolari renali e dell’attività reninica plasmatica. Superando un certo dosaggio, l’effetto terapeutico dei diuretici tiazidici rimane invariato, mentre gli effetti avversi continuano ad aumentare: in caso di inefficacia, non è utile, e spesso mal tollerata, aumentare il dosaggio raccomandato oltre il dosaggio raccomandato (vedere sezione 4.2).

Nei pazienti con diabete insipido neurogenico, l’idroclorotiazide riduce la produzione di urina e aumenta l’osmolalità delle urine.

Idroclorotiazide non è efficace nei pazienti con compromissione renale cronica (clearance della creatinina < 30 ml/min e/o creatinina sierica superiore a 1,8 mg/100 ml).

Popolazione pediatrica

L’Agenzia Europea per i Medicinali ha concesso una deroga specifica per il prodotto ramipril/amlodipina/idroclorotiazide in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica nel trattamento dell’ipertensione, in quanto il medicinale specifico non rappresenta un beneficio terapeutico significativo rispetto ai trattamenti esistenti per i pazienti pediatrici (vedere il paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico).

 

05.3 Dati preclinici di sicurezza

Indice

Ramipril

Assorbimento

Dopo somministrazione orale ramipril è rapidamente assorbito nel tratto gastrointestinale: il picco della concentrazione plasmatica di ramipril viene raggiunto entro un’ora. Sulla base del recupero urinario, l’assorbimento è pari ad almeno il 56% e non è influenzato in modo significativo dalla presenza di cibo nel tratto gastrointestinale. La biodisponibilità del metabolita attivo ramiprilato, dopo somministrazione orale di 2,5 mg e 5 mg di ramipril, è del 45%.

Le concentrazioni plasmatiche di picco del ramiprilato, unico metabolita attivo di ramipril, vengono raggiunte 2-4 ore dopo l’assunzione di ramipril. Le concentrazioni plasmatiche del ramiprilato allo stato stazionario dopo somministrazione una volta al giorno delle consuete dosi giornaliere di ramipril vengono raggiunte entro il quarto giorno di trattamento circa.

Distribuzione

Il legame di ramipril con le proteine sieriche è di circa il 73% e quello del ramiprilato è di circa il 56%.

Biotrasformazione

Ramipril è quasi completamente metabolizzato a ramiprilato ed a estere della dichetopiperazina, a forma acida della dichetopiperazina e a glucuronidi del ramipril e del ramiprilato.

Eliminazione

L’escrezione dei metaboliti è principalmente per via renale.

Le concentrazioni plasmatiche del ramiprilato diminuiscono in maniera polifasica. A causa del suo potente e saturabile legame all’ACE e della lenta dissociazione dall’enzima, il ramiprilato mostra una fase terminale di eliminazione prolungata a concentrazioni plasmatiche molto basse.

Dopo somministrazione di dosi multiple giornaliere di ramipril, l’emivita effettiva delle concentrazioni del ramiprilato è stata di 13-17 ore per le dosi da 5-10 mg e più lunga per le dosi più basse da 1,25-2,5 mg. Questa differenza è legata alla capacità saturabile dell’enzima di legare il ramiprilato.

Una singola dose orale di ramipril da 10 mg ha prodotto un livello non rilevabile nel latte materno. Tuttavia, l’effetto della somministrazione di dosi multiple non è noto.

Pazienti con compromissione renale (vedere paragrafo 4.2) L’escrezione renale di ramiprilato è ridotta nei pazienti con funzione renale compromessa e la clearance renale del ramiprilato è proporzionale alla clearance della creatinina. Ciò determina concentrazioni plasmatiche elevate di ramiprilato che si riducono più lentamente rispetto a quanto avviene nei pazienti con una normale funzione renale.

Pazienti con compromissione epatica (vedere paragrafo 4.2) In pazienti con funzione epatica compromessa, il metabolismo del ramipril a ramiprilato è ritardato a causa della diminuzione dell’attività delle esterasi epatiche; in questi pazienti i livelli plasmatici del ramipril risultano aumentati. Le concentrazioni di picco del ramiprilato in questi pazienti, tuttavia, non sono differenti da quelle osservate nei soggetti con funzione epatica normale.

Amlodipina

Assorbimento, distribuzione, legame alle proteine plasmatiche

Dopo assunzione orale di dosi terapeutiche, l’amlodipina è assorbita in modo graduale con un picco plasmatico tra 6-12 ore dopo la dose. La biodisponibilità assoluta è stata stimata tra 64 e 80%. Il volume di distribuzione è di circa 21 l/kg. Studi in vitro hanno dimostrato che circa il 97,5% dell’amlodipina circolante è legato alle proteine plasmatiche.

La biodisponibilità di amlodipina non è influenzata dall’assunzione di cibo.

Biotrasformazione/eliminazione

L’emivita terminale di eliminazione plasmatica è di circa 35-50 ore ed è coerente con la mono- somministrazione giornaliera. L’amlodipina è ampiamente metabolizzata dal fegato in metaboliti inattivi e il 10% viene eliminato con le urine come composto originario e il 60% in forma metabolizzata.

Compromissione epatica

I dati clinici a disposizione sono limitati per quanto riguarda la somministrazione di amlodipina in pazienti con compromissione epatica. I pazienti con compromissione epatica hanno ridotta clearance dell’amlodipina con conseguente emivita più lunga e un aumento dell’AUC di circa il 40-60%.

Popolazione anziana

Il tempo necessario per raggiungere le concentrazioni di picco plasmatico di amlodipina è simile negli anziani e nei soggetti più giovani. La clearance dell’amlodipina tende ad essere ridotta nei pazienti anziani con conseguente aumento dell’AUC e dell’emivita di eliminazione. Aumenti dell’AUC e dell’emivita di eliminazione nei pazienti con scompenso cardiaco erano sovrapponibili a quelli previsti per questa popolazione di pazienti presa in esame.

Idroclorotiazide

Assorbimento

Dopo la somministrazione orale di idroclorotiazide, l’assorbimento è rapido (Tmax all’incirca dopo 2 ore). Un aumento dell’AUC è lineare e dose proporzionale nel range terapeutico. L’effetto del cibo sull’assorbimento di idroclorotiazide ha un piccolo impatto clinico.

Dopo la somministrazione orale la biodisponibilità assoluta di idroclorotiazide è circa il 70%. In pazienti con insufficienza cardiaca congestizia, l’assorbimento di idroclorotiazide è compromesso. La somministrazione continua non altera il metabolismo di idroclorotiazide. Dopo 3 mesi di trattamento con una dose di 50 mg di idroclorotiazide, assorbimento, eliminazione o escrezione sono simili a quelli osservati durante un trattamento a breve termine.

Distribuzione

L’idroclorotiazide si accumula negli eritrociti, raggiungendo la concentrazione massimo di 4 ore dopo la somministrazione orale. Dopo10 ore la concentrazione negli eritrociti è circa 3 volte quella del plasma. È stato segnalato un legame alle proteine plasmatiche di circa il 40-70% e un volume apparente di distribuzione stimato in 4-8 L/Kg. L’emivita è molto variabile da un soggetto all’altro: è tra 6-25 ore.

Metabolismo

Idroclorotiazide ha un metabolismo epatico trascurabile e non è stato dimostrato indurre o inibire nessuna isoforma dell’enzima CYP450.

Escrezione

Idroclorotiazide viene eliminata quasi completamente (>95%) dal plasma in forma immodificata con una emivita di 6 alla 15 ore nella fase terminale. Dopo somministrazione orale di una dose singola, il 60-80% è escreto con le urine entro 72 ore, il 95% sotto forma di idroclorotiazide immodificata ed il 4% circa come idrolisato 2-amino-4-cloro-m-benzenedisulfonamide (ACBS). Nelle feci può essere ritrovata fino al 24% di una dose orale, mentre una quantità trascurabile viene escreta con la bile. Nell’insufficienza cardiaca e nella compromissione renale, la cleareance renale di idroclorotiazide è ridotta, e l’emivita è prolungata. Lo stesso si verifica nella popolazione anziana, con un ulteriore incremento nella concentrazione plasmatica massima.

L’escrezione renale è ridotta nell’insufficienza renale ed epatica. L’emivita è prolungata. La clearance renale di idroclorotiazide è strettamente correlata alla clearance della creatinina.

Insufficienza cardiovascolare

La clearance di idroclorotiazide può essere diminuita in pazienti con insufficienza cardiaca congestizia.

Compromissione epatica

In pazienti con cirrosi epatica la farmacocinetica di idroclorotiazide non è modificata significativamente. Idroclorotiazide non deve essere somministrata in caso di coma o pre-coma epatico. Deve essere usata solo in pazienti con malattia epatica progressiva (vedere paragrafo 4.4).

 

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

Indice

Relativi a ramipril

Tossicità riproduttiva

Studi di tossicologia riproduttiva nel ratto, nel coniglio e nella scimmia non hanno rivelato proprietà teratogene.

Compromissione della fertilità

La fertilità non è stata modificata nei ratti maschi o femmine.

La somministrazione di ramipril a ratti femmina durante il periodo di gestazione e di allattamento ha prodotto, alle dosi giornaliere di 50 mg/kg di peso corporeo o più alte, una compromissione renale irreversibile (dilatazione della pelvi renale) nella prole.

Una compromissione renale irreversibile è stata osservata nei ratti molto giovani trattati con una singola dose di ramipril.

Tossicità acuta

La somministrazione orale del ramipril si è rivelata priva di tossicità acuta nei roditori e nei cani.

Tossicità cronica

Sono stati condotti studi che prevedevano la somministrazione orale cronica in ratti, cani e scimmie. Sono stati rilevate alterazioni degli elettroliti plasmatici e alterazioni del quadro ematico nelle tre specie.

Come espressione dell’attività farmacodinamica del ramipril, è stato evidenziato un ingrandimento pronunciato dell’apparato juxtaglomerulare nel cane e nella scimmia a partire da dosi giornaliere di 250 mg/kg. Ratti, cani e scimmie hanno tollerato dosi di 2, 2,5 e 8 mg/kg/die rispettivamente senza effetti nocivi.

Ampi test di mutagenicità, condotti utilizzando vari sistemi di prova, non hanno fornito prove che il ramipril possieda proprietà mutagene o genotossiche.

Relativi ad amlodipina

Tossicità riproduttiva

Studi riproduttivi nel ratto e nel topo hanno evidenziato parto tardivo, travaglio prolungato e ridotta sopravvivenza della progenie, a dosaggi superiori di circa 50 volte la dose massima raccomandata nell’uomo, sulla base di mg/kg.

Compromissione della fertilità

Non vi sono stati effetti sulla fertilità dei ratti trattati con amlodipina (maschi per 64 giorni, e femmine per 14 giorni, prima dell’accoppiamento), a dosi fino a 10 mg/kg/die (pari a 8 *volte la dose massima raccomandata nell’uomo, ossia 10 mg/die sulla base di mg/m2) *. In un altro studio, in cui ratti maschi sono stati trattati con amlodipina besilato per 30 giorni a una dose comparabile a quella umana, sulla base di mg/kg, sono emerse riduzioni dei livelli plasmatici di ormone follicolo-stimolante e testosterone, nonché cali della densità spermatica e del numero di cellule del Sertoli e di spermatidi maturi.

Carcinogenesi, mutagenesi

I ratti e i topi trattati con amlodipina addizionata alla dieta, per un periodo di due anni, a concentrazioni calcolate per apportare livelli di dosaggio giornalieri di 0,5, 1,25 e 2,5 mg/kg/die, non hanno evidenziato carcinogenicità. La dose più elevata (per i ratti pari a due volte la dose clinica massima di 10 mg su base mg/m2 raccomandata nell’uomo* e per i topi simile a tale dose massima raccomandata ) era vicina alla dose massima tollerata nei topi, ma non nei ratti.

Dagli studi di mutagenesi non emergono effetti correlati al farmaco, né a livello genico né cromosomico.

* Sulla base di un paziente di 50 kg.

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

Elenco degli eccipienti Contenuto della capsula

Cellulosa microcristallina

Calcio idrogeno fosfato anidro Amido pregelatinizzato

Sodio amido glicolato (tipo A)

Sodio stearil fumarato

Involucro della capsula (5 mg/5 mg/25 mg)

Ossido di ferro rosso (E172) Ossido di ferro giallo (E172) Titanio diossido (E171) Gelatina Involucro della capsula (10 mg/5 mg/25 mg)

Ossido di ferro rosso (E172) Ossido di ferro giallo (E172) Titanio diossido (E171) Gelatina Involucro della capsula (10 mg/10 mg/25 mg)

Ossido di ferro rosso (E172) Ossido di ferro giallo (E172) Ossido di ferro nero (E172) Titanio diossido (E171) Gelatina Involucro della capsula (5 mg/5 mg/12,5 mg)

Ossido di ferro rosso (E172) Ossido di ferro nero (E172) Titanio diossido (E171) Gelatina

 

06.2 Incompatibilità

Indice

Non pertinente.

 

06.3 Periodo di validità

Indice

SARASVATI 5 mg/5 mg/25 mg, capsule rigide: 30 mesi SARASVATI 5 mg/5 mg/12,5 mg, capsule rigide: 36 mesi SARASVATI 10 mg/5 mg/25 mg, capsule rigide: 36 mesi SARASVATI 10 mg/10 mg/25 mg, capsule rigide: 36 mesi

 

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

Indice

Conservare a temperatura inferiore a 30°C

 

06.5 Natura e contenuto della confezione

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28 capsule rigide in confezioni blister in PA-AL-PVC (laminato) e foglio d’alluminio, in astuccio di cartone.

 

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

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Nessuna istruzione particolare.

Il medicinale non utilizzato e i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.

 

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

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Neopharmed Gentili S.p.A.

Via San Giuseppe Cottolengo, 15 – 20143 Milano

 

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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045873027 “5 mg/5 mg/12,5 mg capsule rigide” 28 capsule in blister PA-AL-PVC –AL
045873039 “5 mg/5 mg/25 mg capsule rigide” 28 capsule in blister PA-AL-PVC -AL
045873041 “10 mg/5 mg/25 mg capsule rigide” 28 capsule in blister PA-AL-PVC -AL
045873066 “10 mg/10 mg/25 mg capsule rigide” 28 capsule in blister PA-AL-PVC –AL

 

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

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Data della prima autorizzazione: 20 Febbraio 2020

 

10.0 Data di revisione del testo

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Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: 09/04/2024

 


 

PRESCRIVIBILITÀ ED INFORMAZIONI PARTICOLARI

Informazioni aggiornate al: 29/07/2024
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Sarasvati – 28 caps 5+5+12,5 mg (Ramipril+amlodipina Besilato+idroclorotiazide)
Classe A: Rimborsabile dal SSN (gratuito o con ticket per il paziente) Nota AIFA: Nessuna   Ricetta: Ricetta Ripetibile Tipo: Etico Info: Nessuna ATC: C09BX03 AIC: 045873027 Prezzo: 5,83 Ditta: Neopharmed Gentili Spa


Sarasvati – 28 caps 5+5+25 mg (Ramipril+amlodipina Besilato+idroclorotiazide)
Classe A: Rimborsabile dal SSN (gratuito o con ticket per il paziente) Nota AIFA: Nessuna   Ricetta: Ricetta Ripetibile Tipo: Etico Info: Nessuna ATC: C09BX03 AIC: 045873039 Prezzo: 5,83 Ditta: Neopharmed Gentili Spa


Sarasvati – 28 caps 10+5+25 mg (Ramipril+amlodipina Besilato+idroclorotiazide)
Classe A: Rimborsabile dal SSN (gratuito o con ticket per il paziente) Nota AIFA: Nessuna   Ricetta: Ricetta Ripetibile Tipo: Etico Info: Nessuna ATC: C09BX03 AIC: 045873041 Prezzo: 6,88 Ditta: Neopharmed Gentili Spa


Sarasvati – 28 caps 10+10+25 mg (Ramipril+amlodipina Besilato+idroclorotiazide)
Classe A: Rimborsabile dal SSN (gratuito o con ticket per il paziente) Nota AIFA: Nessuna   Ricetta: Ricetta Ripetibile Tipo: Etico Info: Nessuna ATC: C09BX03 AIC: 045873066 Prezzo: 8,71 Ditta: Neopharmed Gentili Spa